Piccola wunderkammer nata nel 2013 e amministrata con il sorriso da Emanuela Pirré, “fashion something” ma mai victim
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100 happy days: parte 3, ho vinto la sfida con me stessa
Ultimamente ho spesso in mente un vecchio adagio che dice “un dolore condiviso è dimezzato, mentre la felicità condivisa è raddoppiata”.
Più passa il tempo e più mi accorgo che è proprio così, come in una sorta di osmosi. Anche per questo mi è piaciuto partecipare al gioco 100 happy days, perché mi sono resa conto che aver condiviso i miei momenti felici ha fatto bene a me e talvolta perfino anche ad altre persone.
Alla fine ce l’ho fatta, sono arrivata al mio centesimo giorno felice: in cosa consiste il gioco-sfida? Nel trovare in ogni giorno un momento che ci abbia resi felici, rappresentandolo attraverso una foto da condividere sui social network.
Sapete, 100 happy days non mi ha affatto delusa in quanto l’ho affrontato – credo – con le aspettative giuste: non credevo, infatti, che mi avrebbe cambiato la vita, mi aspettavo solo un buon esercizio. Così è stato: come ho già scritto in precedenza, se facciamo attività fisica per rendere il nostro corpo più tonico e scattante, perché non fare altrettanto col buonumore e l’ottimismo, perché non allenare anche loro?
Oggi sono ancora più convinta che sia cosa utile e credo che il giochetto mi abbia insegnato alcune cose utili: essere più comprensiva con me stessa, darmi tregua, perdonarmi un po’ di più, tormentarmi di meno, non imputarmi sempre tutte le colpe, tirare il fiato.
Per me questo non è un periodo fantastico (e temo che sia la stessa cosa per molti) e, contrariamente ad alcune persone, non tendo a imputare la colpa di ciò agli altri, bensì a me stessa, caricandomi di milioni di responsabilità. Beh, diciamo che la sfida è stata utile per ri-sintonizzarmi con me stessa: ho capito che, nonostante abbiamo una grande responsabilità su come decidiamo di impostare la nostra vita, può capitare che i nostri successi o i nostri fallimenti non dipendano sempre e solo da noi.
Occorre imparare ad accettare anche questo, esattamente come chi dà la colpa della propria sfortuna agli altri o alla vita crudele dovrebbe invece imparare a prendere in mano la propria esistenza con maggior grinta.
Come al solito, virtù e ragione stanno nel mezzo e non hanno ragione assoluta né gli interventisti/ottimisti (gruppo al quale appartengo) né i fatalisti/pessimisti. Stamattina, grazie a un nuovo amico, ho letto queste parole tratte da un romanzo di Robert Anson Heinlein: “Non diventare mai pessimista: un pessimista l’azzecca più spesso di un ottimista, ma un ottimista si diverte di più. E nessuno dei due può cambiare la marcia degli eventi.”
Parole capitate a fagiolo, come si suol dire.
Se state pensando “per imparare a essere più indulgente con te stessa, avevi bisogno di un gioco?”, non ho problemi ad ammettere la mia debolezza: sì, ne avevo bisogno o comunque mi ha fatto bene.
Proprio io che sono allergica alla routine, ho trovato giovamento a fare qualcosa che per me è inconsueto: darmi un appuntamento fisso mi ha infatti costretta a rallentare e focalizzare. E anche ora che il giochetto è finito, noto che la forma mentale che mi ha dato continua e continuo a cercare – senza affanno, in relax – ciò che mi rende felice, anche se magari non lo condivido attraverso i canali social.
Trovo che tutto ciò che ci dà giovamento – se non arreca male agli altri, ovviamente – sia positivo e sia da accogliere con un benvenuto, sebbene mi renda conto che è buffo che io abbia trovato detto giovamento in una routine, cosa che di solito detesto, lo ripeto. Credo abbia ragione chi afferma che, quando aspiriamo a un obiettivo che non riusciamo a raggiungere, sia necessario cambiare qualcosa nel nostro abituale modo di pensare, vivere e agire. In fondo, sono sempre stata una fan dell’auto-disciplina (anche se a volte indulgo).
Morale: consiglierei ad altri di partecipare a 100 happy days? Sì, lo consiglierei esattamente come consiglierei a tutti di fare attività fisica.
Come minimo, otterrete un magnifico album virtuale di 100 momenti da ricordare 😉
E, a proposito, devo ricominciare a fare attività fisica, ultimamente mi sono impigrita – e non è da me.
Ecco, questa sarà una nuova sfida.
Manu
Coi due post precedenti vi avevo mostrato i miei primi 68 happy days: ecco gli ultimi 32.
Se volete guardare le foto su Instagram, potete andare sul mio account (trovate il link qui in fondo) oppure potete cercare l’hashtag #100agwhappydays
🙂 The End 🙂
Qui trovate la prima parte e qui la seconda dei miei 100 happy days.
Se volete cimentarvi anche voi, qui trovate il sito 100 happy days in tantissime lingue, perché è un progetto globale, e qui la pagina Facebook. Potete anche cercare l’hashtag #100happydays sui vari social network: vi avviso, su Instagram troverete più di 21 milioni di post: un vero fenomeno virale 🙂
Se volete entrare a far parte in maniera attiva, non solo come sfidanti, qui trovate tutti i modi in cui potete farlo. Se volete sapere di più della fondazione dietro al progetto, date un occhio qui.
Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web.
Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce.
Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi.
Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore.
Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere.
Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.