Alice Tamburini: così materica, così poetica

Durante la settimana della moda, ho ricevuto un messaggio da un amico: mi invitava ad andare a curiosare alla presentazione di una sua ex-compagna di studi. Mi fido molto di lui e quindi gli ho dato ascolto: sono felice di averlo fatto, perché è grazie a Roberto Neri che ho scoperto Alice Tamburini e la sua Collezione Materica.

Alice ha una formazione da architetto (e sempre più spesso, ultimamente, mi capita di incontrare persone che si muovono ai confini tra moda e architettura): la passione per la materia, soprattutto quella dei tessuti ricercati, e per le forme strutturate si può rintracciare in queste sue origini. Per lei l’abito è una sorta di moderna armatura, una struttura che conferisce identità alla figura e le piace definire il suo lavoro “aggressione della materia”: a emozionarla sono soprattutto gli artisti e tra loro chi riesce a deformare la forma e chi sa creare opere senza tempo. È questo ciò che vuole a sua volta realizzare, ovvero abiti senza tempo, vere opere in movimento: vuole dare voce a un desiderio umano, quello di rendere concreto ciò che è friabile ed eterno ciò che è transitorio e vuole applicarlo alla moda per farla passare da cosa effimera e stagionale a cosa duratura e senza tempo. Le sue ispirazioni? “Alberto Burri coi suoi Cretti, Antoni Gaudí con la Sagrada Família (simbolo delle magnifiche cattedrali gotiche ma anche simile ai castelli di sabbia costruiti dai bambini in riva al mare), i giardini di Roberto Burle Marx (architetto paesaggista e botanico brasiliano) e gli abiti scultorei di Roberto Capucci”. Devo dire che il nome di Capucci in mezzo a grandi artisti e architetti non mi sorprende affatto.

Alice ama le forme pure “perché si prestano a descrivere l’indescrivibile: (…) l’attrazione verso queste forme e l’attitudine a disegnarle mi ha portato a creare gli abiti”. E aggiunge: “estrapolare la forma vivente dalla materia inerte, così si crea un abito, originaria abitazione dell’uomo”. La materia che ha prediletto per questa collezione è non a caso il Tweedy, un tessuto con fili di poliestere da bottiglie di pet riciclato. “Ogni forma è deformata dal nostro corpo, ma anche dai nostri ricordi. Amo la materia che ha molte vite: più che il riciclo mi affascina la risurrezione”.

La Collezione Materica si declina in 5 tematiche: Specchio (“quando mi guardi crederai di essere in una sala del Palazzo d’Inverno, a San Pietroburgo, in un nevoso Ottocento… ricorda, gli specchi possono essere baci di cristallo”), Nuvola (“chi può dare forma al vento è un prestigiatore… le nuvole sono le predilette fondamenta per innalzare castelli, edificare borghi”), Corazza (“credi che sia inossidabile, eppure, se tocchi il nodo nel suo covo perfetto, puoi sciogliermi”), Lastra (“come il ghiaccio conserva vite avvenute millenni fa, saprò custodirti, non un abito, ma la forma che ha l’invisibile”) e Luce (“la luce non ha forma ma precisa i confini di tutte le forme… ho deciso di fare il contrario, ho raccolto la luce, l’ho vendemmiata, con mani agricole, costruendo delle vesti per cavalieri celesti”). Per realizzare le sue tematiche, Alice sceglie la seta perché “ha una storia, nasce da una morte, è preziosa e costa sangue” e l’organza, considerata una sua rarefazione: “è come se la seta venisse annacquata, rarefatta e resa vetro… ecco, si, l’organza è seta vetrificata”. Ogni tessuto nasce da un intreccio di fili: “è come una costruzione metallica, una solida rete, ha un verso più resistente e uno più cedevole e questo è molto importante”.

Alice non lascia nulla al caso e sceglie anche l’ambientazione, perché “una collezione va messa in scena”. Il luogo che ha scelto è la Colonia Bolognese, recensita tra i beni culturali dalla Regione Emilia-Romagna e ora in disfacimento: fu costruita tra il 1931 e il 1932 sulla spiaggia al confine tra Rimini e Riccione ed è un edificio gigantesco, su due piani, con quattro padiglioni congiunti da corridoi. L’aspetto sgretolato e decadente rende il luogo affascinante. “Ispira commozioni… da lontano, è una scenografica crisalide da cui è impossibile intuire quale farfalla nascerà. Come i miei abiti, ora questo luogo può ospitare ogni ambizione, essere l’abitazione di ogni sogno. Uno scheletro in attesa del cuore, che siamo noi a dover innestare”. Le piace ricordare che proprio lì, sulla spiaggia che fronteggia la Colonia, due millenni fa i romani addestravano i cavalli che avrebbero sfondato la resistenza delle regioni della Cispadana: uno storico antico giura che proprio qui si allevassero i ghepardi importati dall’Etiopia, per poi condurli negli stadi francesi e spagnoli. “C’è qualcosa di onirico e di violento in questo luogo”, conclude Alice.

Ma la tenerezza torna quando Alice afferma che sua nonna è per lei il simbolo dell’eleganza assoluta. E mi spiega che i suoi capi portano nomi femminili, quelli delle donne per lei importanti.

E poi l’affermazione definitiva: “non parlo mai di moda né di tendenza, ma di eleganza, di gusto”.

Ecco, se avete mai letto qualcosa di mio, in precedenza, capirete perché mi sono innamorata di Alice in un istante. Alice incarna tutto ciò in cui credo, incarna la moda come la intendo io: linguaggio, espressione, contenitore di emozioni e di ispirazioni diverse, senza tempo e senza stagione. La moda che resiste ai trend, che li supera, che li cancella. So che lei non ama il termine moda eppure io lo voglio usare e usare nel suo significato più bello.

Guardate gli abiti di Alice con attenzione. Parte della loro bellezza risiede nel fatto che possano essere interpretati e abitati e nel fatto che ognuno possa vederci il proprio specchio, la propria nuvola, la propria corazza, la propria lastra, la propria luce. Sentirsi dama o cavaliere. Perdersi ai piedi di una scogliera o alle soglie di una cattedrale. Sciogliersi nel vento come una nuvola e riprendere forma nella luce.

Grazie, Alice, per questo sogno, per questo volo, per questo viaggio.

Se volete approfondire: qui il sito, qui la pagina Facebook, qui Instagram, qui Twitter. Io vi raccomando di seguirla, prima che ce la rubino dall’estero, come tanti altri nostri talenti: prima di Milano, Alice era già stata a Tokyo e a Parigi dove è tornata anche a fine settembre per l’importante salone Tranoï Femme, mentre in questi giorni è in partenza per Mosca.

Se dovessi racchiudere tutto il lavoro di Alice Tamburini in una sola parola, non avrei esitazioni e sceglierei poesia: è ciò che ho colto in lei ed è quello che mi è arrivato – sussurrato – attraverso i suoi capi.

Manu

P.S.: mai – credo – mi era successo di dare tanto spazio al virgolettato. Ma le parole di Alice erano perfette e io non volevo disturbare. A volte bisogna avere il coraggio di entrare in punta di piedi e di limitarsi ad ascoltare per riferire. Bisogna avere il coraggio di farsi da parte e limitarsi a essere testimoni, accettarlo, perché tutto il resto è superfluo.

 

Alla presentazione del 21 settembre…

I capi di Alice Tamburini portano nomi femminili, quelli delle donne per lei importanti.
I capi di Alice Tamburini portano nomi femminili, quelli delle donne per lei importanti.

 

Per tutte le foto dello shooting alla Colonia Bolognese ringrazio Alice Tamburini.

Le foto relative alla presentazione del 21 settembre sono miei scatti.

Grazie di cuore a Roberto Neri, amico e autore di Fashionsuggestionsfree, per avermi fatto conoscere Alice.

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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