Azzedine Alaïa, «Non sono un designer, sono un couturier»

Quando un anno fa, il 18 novembre 2017, il grande couturier Azzedine Alaïa si è spento, non ce l’ho fatta a dedicargli un articolo così come ho invece fatto spesso da quando ho inaugurato A glittering woman, rendendo omaggio a grandi personalità che hanno avuto un ruolo importante nella mia formazione, dalla moda alla musica passando per la letteratura.

E se non ce l’ho fatta è perché in quel momento non ho proprio avuto cuore, lo confesso, in quanto mi sono resa conto che sempre meno sono i couturier e gli stilisti ancora in vita e dei quali si possa dire che abbiano dato un loro forte e indimenticabile contributo alla moda, un’impronta senza la quale, oggi, non solo lo stile, ma anche (e soprattutto) il costume e la società sarebbero diversi.
E questa consapevolezza mi lascia attonita, mi atterrisce…

Quando la scorsa estate ho saputo che, durante la Milano Fashion Week, la mia città avrebbe reso omaggio ad Alaïa ospitando dopo Parigi la tappa italiana di una splendida mostra, non ho avuto alcun dubbio: è così che avrei chiuso l’edizione settembrina della settimana dedicata alla moda.

Lunedì 24 settembre, in una mattinata quieta, nella calma assoluta di Palazzo Clerici (uno dei luoghi che preferisco a Milano, in particolare la Sala degli Arazzi con gli affreschi di Giambattista Tiepolo), mi sono dunque goduta un impareggiabile momento di bellezza assoluta, visitando la mostra Azzedine Alaïa Couture Sculpture.

Vi confesso una cosa che, in contemporanea, mi dà una fitta di gioia e una di tristezza: trovarmi al cospetto del Maestro (lui era fortemente lì, tra i suoi abiti) è stato decisamente il momento più intenso di quei giorni – e questo mi dà gioia.
Perché la tristezza, allora?
Perché i capi e la maestria di Alaïa spiccavano come diamanti in quel sontuoso salone, sottolineando la (grande) differenza rispetto a ciò che avevo visto in quei giorni caotici, ovvero poca (vera) bellezza, poca (vera) originalità, poca novità, poca personalità; pochi stilisti che – come scrivevo in principio – faranno una reale differenza lasciando qualcosa di davvero indimenticabile nella moda, nel costume, nella società.

E tutto ciò mi rende triste, perché non è certo ciò che vorrei vedere: vorrei vedere più coraggio e più passione, quella che hanno avuto uomini come Alaïa e che stanno scomparendo, purtroppo, lasciando spazio a una generazione che poco di indimenticabile ha da dire e da mostrare.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

Bizzarro è che la settimana della moda sia per me iniziata e finita nello stesso modo: è iniziata con il sogno klimtiano di Curiel (il mio articolo qui) ed è terminata con la meraviglia assoluta del maestro Alaïa.

Due ottimi esempi di ciò che è per me la Moda con la M maiuscola

Devo accontentarmi di questo? Devo farmelo bastare? Mah… accontentarmi non è mai stato un atteggiamento che mi rappresenti…

A ogni modo: mentre giravo rapita tra capolavori – quelli del couturier e quelli di Palazzo Clerici, un matrimonio perfetto e di grande impatto, un abbinamento che toglieva il fiato e che mi dava perfino una leggera vertigine – ho deciso che, se non avevo scritto in occasione della scomparsa di Alaïa, lo avrei fatto per il primo anniversario di tale dolorosa e incolmabile mancanza.

Perché – come ho spiegato in un’altra occasione – per me scrivere è il modo di sottolineare la felicità ma anche di esorcizzare il dolore e dunque, nonostante tutto, ciò che mi sembra più doloroso e insopportabile è veder andare via un grande maestro senza dedicargli il giusto tributo.

Non ho però alcuna intenzione di scrivere una biografia: per quella, vi rimando all’esaustiva sezione sul sito Alaïa.

No, oggi, 18 novembre 2018, esattamente a un anno dalla scomparsa di Azzedine Alaïa, desidero semplicemente condividere con voi – e spero soprattutto con chi non ha avuto occasione di visitarla – il ricordo di una mostra meravigliosa dedicata a un couturier che, senza alcun dubbio, deve essere celebrato e ricordato.

Nella presentazione della mostra, Olivier Saillard (storico della moda e curatore, persona eclettica e interessante che meriterebbe a sua volta un articolo…) cita una frase che Alaïa era solito dire a proposito degli abiti.

«Mi piacciono quando sono belli e senza tempo, senza troppi dettagli, ornamenti o colori che li datino. Più sono semplici, più sono difficili da creare.»

Una frase perfetta: perfetta per il lavoro del Maestro, perfetta per i suoi abiti, calzante (a pennello!) per quella che è anche la mia visione della Moda.

Lo dimostrano i 21 abiti che sono stati selezionati da Saillard: Alaïa non ha mai smesso di creare abiti perfezionandoli con passione fin dalla collezione di debutto a suo nome nel 1979 (per quanto aveva iniziato a cucire orli negli Anni Cinquanta già a Tunisi, sua città natale, mentre era ancora studente per mantenersi agli studi) e continuando lungo tutta la carriera, inseguendo quel suo desiderio di essere atemporale.

E c’è riuscito.

Gli abiti portati a Palazzo Clerici spaziano dal 1981 al 2017 coprendo dunque un arco di 36 anni, eppure sono assolutamente atemporali: un suo capo del 1981 potrebbe essere stato creato nel 2017 e viceversa, a dimostrazione che la bellezza autentica e che la moda ben fatta superano il tempo.
Un capo davvero bello nel 1981 può continuare a esserlo nel 2017, riuscendo perfino a non essere vintage.

A indossare i 21 abiti altrettanti manichini-scultura, forgiati pensando al fisico mozzafiato dell’amica e musa Naomi Campbell.

Eppure, nonostante l’omaggio a un fisico tutt’altro che trasparente e, al contrario, dirompente (evviva!), i manichini hanno dato l’impressione di scomparire per lasciare la sensazione che gli abiti fluttuassero sospesi a mezz’aria…

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Emanuela Pirré (@aglitteringwoman) in data:

Pensate che già nel 2007, dimostrando lungimiranza e in assoluta coerenza con la sua vita intensa, fortemente ispirata non solo dalla moda ma dall’arte, dal design, dall’architettura, dalla musica e dal teatro, il Maestro aveva iniziato a preservare le sue creazioni e le sue preziose collezioni (è stato un appassionato collezionista per tutta la sua esistenza) fondando l’Association Azzedine Alaïa insieme a Carla Sozzani (editrice e amica carissima per oltre 40 anni) e a Christoph Von Weyhe (pittore e compagno di una vita).

L’obiettivo dell’Association Azzedine Alaïa (qui, se volete, trovate l’account Instagram per poterne seguire il lavoro) è quello di costruire un ponte tra tutte le forme di cultura per facilitare ricerca e studio (a tal proposito, guardate poi la nota finale).

Che fosse cotone oppure chiffon, Azzedine Alaïa sapeva modellare il tessuto alla perfezione, dando forma e vita a vere e proprie sculture che hanno dato il più che meritato titolo alla mostra, Couture Sculpture.

«Non sono un designer, sono un couturier», diceva di sé: è vero e così, infatti, l’ho anch’io ostinatamente definito in tutto questo omaggio.
Non uno che semplicemente disegnava bensì che creava, che costruiva – letteralmente – gli abiti, che li modellava, che li scolpiva.

Perché, oggigiorno, parole come sarto, couturier, designer e stilista vengono usate l’una per l’altra ma – ahimè – non sono affatto tutti sinonimi tra loro…

Ma Alaïa, classe 1935, ex studente di Belle Arti (per questo tanto amava il nero che gli ricordava i blocchi di pietra e il bianco che gli ricordava il gesso e lo stucco), era un vero couturier, l’erede di tutti coloro che, con perfetta padronanza, erano in grado di seguire ogni singola fase del processo creativo, dall’idea dell’abito alla confezione finale passando per il cartamodello.

Le sono grata, Maestro, per la bellezza senza tempo che ci ha lasciato.

Mi chiedo soltanto cosa ne sarà della Moda quando l’ultimo dei couturier sarà scomparso.

Manu

 

 

Se volete sapere e vedere altro del Maestro Azzedine Alaïa…

Attualmente in corso è la mostra L’Alchimie Secrète d’una Collection, ancora una volta curata da Olivier Saillard e aperta fino al 6 gennaio 2019 a Parigi (qui trovate i dettagli, le foto e un video).

La mostra è ospitata al civico 18 di Rue de la Verrerie a Parigi, il luogo in cui il couturier viveva e lavorava e oggi sede dell’Association.

E, sempre nelle stesso spazio, lo scorso 10 novembre è stata inaugurata una libreria arredata con oggetti provenienti dalle collezioni di Alaïa: si possono trovare libri d’arte nonché libri di moda e di fotografia (qui, qui e qui potete dare un’occhiata – orari di apertura dalle 11 alle 19 tutti i giorni).

 

 

 

 

 

A glittering woman è anche su Facebook | Twitter | Instagram

 

 

 

 

 

Spread the love

Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

Lascia un commento

Nome*

email* (not published)

website

error: Sii glittering... non copiare :-)