Coco Chanel e la lotta (continua) contro la volgarità

È un giorno qualunque di mezza estate.
Sono felice: faccio parte di una commissione d’esame e sto ascoltando ragazzi in gamba, pieni di talento e passione.
Sfoglio le loro tesi una dopo l’altra e trovo tanti spunti interessanti, nuove idee che si posano come semi nel terriccio fertile della mia testa.
Poi, d’un tratto, leggo una frase, quella della foto qui sopra: scatto velocemente col mio iPad, affascinata.
Abitualmente, non sono il tipo di persona che condivide su Instagram o su Facebook le frasi celebri, eppure questa mi colpisce con forza.
Tutto ciò è successo pochi giorni fa e oggi mi ritrovo a pensare ancora a quelle parole, alla loro forza e alla verità che per me rappresentano.
Penso da sempre che il lusso non risieda in ciò che è materiale; purtroppo, però, oggi si confondono molto spesso le cose e molti ricercano il lusso proprio nella sfacciata ostentazione di fasti e ricchezze.
Un errore grossolano: così si scivola nella volgarità, mentre – come affermava saggiamente Coco Chanel – il lusso esiste solo dove la volgarità è assente e solo dove c’è invece eleganza.
Usando il termine eleganza, mi riferisco al suo senso puro: non dimentichiamo che tale parola deriva dal latino eligere, cioè scegliere.
L’eleganza più autentica, dunque, sgorga da un’azione esatta: il sapere scegliere, l’eleggere. È un’arte di vivere e di pensare che va ben oltre ciò che indossiamo.
Diana Vreeland, altra importantissima icona della moda e figura autorevole che aveva dimestichezza col concetto di eleganza, non credeva, per esempio, necessariamente nel cosiddetto buon gusto. “Abbiamo tutti bisogno di un po’ di cattivo gusto. È la mancanza totale di gusto che non condivido”, era solita ripetere.
La volgarità non è (o non è solo) un vestito di poco gusto, qualche parolaccia, un’esternazione o una battuta poco felice: è un concetto molto più sottile, strisciante, subdolo, insinuante. Per questo spesso ci imbroglia e ci distrae.
La volgarità peggiore è quella d’animo, dei cattivi pensieri, dei cattivi sentimenti e tale volgarità – ahimè – ha un’ampia gamma di sfumature.
Si nasconde nell’esibizionismo, nell’ostentazione, nell’eccesso.
Nell’arroganza, nella prepotenza, nella tracotanza, nella superbia, nella presunzione.
Nella disonestà, nella scorrettezza, nella mediocrità, nella maldicenza, nella meschinità, nell’invidia.
Quanto aveva (e ha) ragione Mademoiselle Coco, la volgarità è una gran brutta cosa e va combattuta, senza sosta, senza arrendersi.
Nel mio piccolo, ci provo: come dice lei, rimango in gioco per combatterla e provo a tenere lontani dal mio animo quei sentimenti, provo a tenere lontane le persone che ne sono portatrici.
Non è facile, ma almeno ci provo. Con tutta me stessa.

Manu

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

Glittering comments

Monica
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Sempre coerenti i tuoi scritti Manu,ti leggo.
Un abbraccio.
Monica

Manu
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Grazie, Monica cara.
Le tue parole mi fanno piacere in quanto citi una cosa alla quale tengo tantissimo: la coerenza.
Se è questo ciò che vedi in me, non posso che esserne molto, molto felice.
Grazie ancora, per il commento e per la lettura.
Buona settimana,
Manu

florisa
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Cara Manu mi “rubo “un po’ di tempo lasciando il mio tavolo da lavoro dove si accumulano fogli, pasticche di acquerelli, matite , gomme da cancellare che quando le voglio ,non so perché ,si nascondono facendomi impazzire per poi ricomparire dispettose quando non sono più necessarie. Mentre mi prendo questa pausa per chiacchierare pur virtualmente con te, guardo distrattamente sul tavolo del pc dove sono sparsi i miei appunti sulle camicie bianche di Ferré a cui sto lavorando contemporaneamente ad altre mille cose..mi sento un po’ come la Dea Kalì con tante braccia. E penso che se c’è stato nel mondo della moda un creatore di fashion che mai e dico ..MAI …neanche per una frazione di secondo è scivolato nella volgarità ebbene quello è proprio lui . Non solo per il grande rispetto nei confronti della donna e del suo corpo che non ha mai ridicolizzato o esibito con facili e becere nudità (cosa in cui tutti sono scivolati prima o poi ), ma soprattutto per il grande valore che dava alla Cultura intesa come “connessione” fra esperienze, conoscenze, informazioni, popoli .E non si riferiva certo alla globalizzazione così come la si intende ora: l’appiattimento totale fra culture diverse, mettere il McDonald fra le tribù degli aborigeni, comunicare da un capo all’altro della stessa casa attraverso il telefonino o indifferentemente anche con l’Alaska…Ma Ferré pensava e lavorava in termini di “condivisione” ….Ecco per me la volgarità è proprio il contrario di questo: la non condivisione che si esprime attraverso l’incapacità di confronto civile, la discussione motivata da argomentazioni e non da strilli, offese, parolacce. E la mancanza di condivisione equilibrata può riguardare tutti gli argomenti ,dalla moda che non è più in grado di tornare ad essere un “modo di vivere ” ma solo una grossolana caccia all’acquirente assecondando spesso la volgarità dell’apparenza propinataci da tv e cinema, alla politica che è “divisione strillata e truffaldina” (per molti politici la condivisione è intesa nel dividersi mazzette e imbrogli ) . Insomma come hai scritto già tu la volgarità è l’assoluta mancanza della capacità di scegliere ,ma lasciarsi andare in un canale di scolo senza combattere per poterlo risalire.. ora torno alle mie illustrazioni mentre nel vicolo un tempo romantico in cui abito, una famiglia di albanesi sta strillando con il parente agli arresti domiciliari per spaccio e contrabbando…bacioni Florisa

Manu
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Ti vedo, sai, cara Florisa, intenta a lavorare a quel tavolo.
Ti vedo con gli occhi dell’immaginazione 🙂
Sono felice che tu abbia citato uno dei miei creatori preferiti in assoluto, il Maestro Gianfranco Ferré.
In questo contesto che vuole rendere omaggio all’eleganza senza tempo, lui è perfetto, ci sta come il cacio sui maccheroni (perdona il paragone dissacrante, credo che lui ne avrebbe sorriso).
Sono d’accordo con te, lui non cadde nemmeno per un istante nella volgarità e devo pensare che amasse molto le donne, visto che ha sempre creato per noi cose meravigliose. E mi inchino davanti alla sua visione di cultura come strumento di connessione: è la visione che – nel mio piccolo – ho anch’io.
Interessante anche la tua definizione di volgarità come “la non condivisione che si esprime attraverso l’incapacità di confronto civile”: sottoscrivo e aggiungo al mio elenco. Sono d’accordo anche col tuo sguardo sulla politica (purtroppo).
Tu riesci a mescolare verità, ironia, comicità e serietà: crei quadri che riesco a visualizzare tanto le tue parole sono vivide.
Mah, consoliamoci continuando a pensare a Ferré e dimentichiamo – almeno per un attimo – i vicini agli arresti domiciliari per spaccio e contrabbando (ecco, appunto, a proposito di volgarità…).
Ti bacio anch’io,
Manu
P.S. (1): Credo che la tesi che ha catturato la mia attenzione e che contiene la frase “responsabile” di questo post piacerebbe moltissimo anche a te, Florisa cara. Si focalizza sull’evoluzione della figura femminile nelle campagne pubblicitarie di Chanel dagli anni ’70 ad oggi con focus su quelle di Chanel N° 5. Molto interessante!
P.S. (2): Sai che mi sono accorta ora che il titolo di questo post ricorda un certo movimento politico degli anni ’70? Giuro che è un caso, indica solo quanto io sia agguerrita nei confronti della volgarità.

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