Piccola fuga in Costa Azzurra tra Biot e Nizza
Una cosa che mi piace fare è guardare ciò che conosco e che mi è familiare da un differente punto di vista.
Per questo non mi stanco mai, per esempio, di tornare in alcuni luoghi che amo: sono sicura che, ponendomi nei loro confronti con mente e cuore aperti, troverò sempre nuovi modi di viverli. E poi penso che, pur conoscendo bene un posto, c’è sempre qualcosa che ci sfugge e questo vale anche per la città o il paese nella quale viviamo: esiste sempre una prospettiva diversa attraverso la quale vedere cose, persone e luoghi.
E così, quando sono stata invitata per un tour in Costa Azzurra, ho accettato con grande entusiasmo: nonostante conosca abbastanza bene quella zona, ero certa che avrei avuto l’opportunità di fare nuove scoperte e così, infatti, è stato.
Una delle scoperte principali di questo piccolo viaggio è stata la cittadina di Biot, incantevole perla che si trova tra Nizza e Cannes, a pochi minuti dal blu intenso del Mar Mediterraneo.
La prima meraviglia regalatami da Biot è il museo Fernand Léger, museo interamente dedicato all’omonimo artista.
La presenza del museo non è casuale: Fernand Léger (nato in Normandia nel 1881, vissuto a Parigi ed esule negli Stati Uniti prima di ritornare in Francia) soggiornò regolarmente a Biot e nel 1955, pochi mesi prima della sua morte, acquistò il terreno su cui oggi sorge il museo.
Il suo intento era quello di installarvi delle grandi sculture in ceramica policroma alle quali stava lavorando: dopo la sua scomparsa, la vedova Nadia e Georges Bauquier, assistente e amico dell’artista, decisero di omaggiare la memoria di Léger con un museo a lui dedicato. La prima pietra fu posata nel 1957 e l’edificio fu completato e inaugurato nel 1960.
Sette anni più tardi, Nadia Léger e Georges Bauquier offrirono l’edificio, il parco che lo circonda e tutta la collezione lì custodita allo stato: il museo accoglie oggi più di 600 opere di Fernand Léger tra pitture, sculture, ceramiche, film e fotografie.
La collezione copre integralmente la carriera dell’artista, dal suo debutto segnato dall’influenza di Paul Cézanne fino alle ultime grandi composizioni degli anni ’50: il museo conserva inoltre gli arazzi che ben testimoniano, insieme alle pitture e alle ceramiche, l’estrema versatilità di Léger che, attraverso le forme contrastanti e il dinamismo del colore, ha voluto raccontare la poesia degli oggetti e la bellezza secondo lui racchiusa nelle grandi città moderne.
Anche il giardino del museo ha un ruolo preciso: caratterizzato da grandi alberi (cipressi, ulivi e pini), ha una morfologia che offre diversi punti di vista sulle opere monumentali nonché sull’edificio stesso.
Ho visitato il museo di sera, in un’apertura speciale pensata per il gruppo del quale ho fatto parte, composto da giornalisti e blogger: abbiamo avuto la fortuna di essere guidati dalla direttrice del museo che con autentica passione ci ha illustrato alcune tra le opere principali.
Dopo l’interessantissima visita, abbiamo cenato in una delle sale: confesso che è stato emozionante, non mi era mai capitato di cenare tra le opere di un museo, senza contare la magia del giardino con le opere monumentali sulle quali nel frattempo era scesa la sera con le sue luci soffuse.
Voto al museo 10 e lode, insomma: se come me siete degli appassionati di arte e bellezza, vi raccomando calorosamente di visitarlo.
Non ve ne pentirete, credetemi.
Biot è stato il luogo che mi ha ospitata anche il giorno seguente.
La prima tappa è stata la vetreria artistica Pierini guidata da Robert e Antoine, padre e figlio.
Monsieur Robert è il fondatore e le maître, il maestro: Antoine, classe 1980, segue oggi le sue tracce dopo un lungo apprendistato e stage significativi presso i più importanti nomi della vetreria moderna.
Il vetro è un po’ il suo destino visto che è cresciuto in una cittadina che ha una profonda tradizione nella lavorazione di questo materiale e visto che questa stessa tradizione appartiene saldamente alla sua famiglia: ci sono foto che lo ritraggono a 10 anni già alle prese coi primi esperimenti e aveva 20 anni quando ha deciso che la sua strada sarebbe stata la sfida e il continuo confronto con la materia fusa, ribelle quanto versatile.
Antoine ha presto rivelato un grande talento e la sua ascesa è stata veloce: si è orientato verso uno stile sobrio ed elegante nato dall’osservazione della natura.
Ama la contaminazione tra i vari materiali e non esita a mixare vetro, legno, pietra e metallo: nelle sue creazioni integra talvolta anche argento e oro. Si può definire un artista a 360° e non esita se si tratta di adottare tecniche differenti: scolpisce, incide e sabbia fino a ottenere gli effetti che desidera.
È uno dei pochi giovani maestri vetrai le cui opere vengono regolarmente esposte in tutte le gallerie europee e anche negli Stati Uniti e in Canada, tanto che alcune sue opere sono già entrate a far parte delle collezioni di diversi musei.
L’atelier Pierini si trova in quello che era un mulino secolare: si apre un portone ed ecco che appaiono i forni installati in una zona tranquilla nel giardino.
Vedere lavorare Antoine è stato un privilegio: quando il padre Robert ha chiesto se qualcuno desiderasse cimentarsi in un piccolo esperimento, non gliel’ho fatto ripetere due volte e mi sono offerta volontaria.
Io, io io! Scusate, quando mi ricapita un’occasione del genere?
Devo dirvi che soffiare il vetro è difficilissimo: pensavo fosse necessario essere vigorosi e così, quando ho avvicinato le labbra alla pesante canna di metallo aiutata da monsieur Robert, ho soffiato con quanto fiato avevo in corpo.
Ovviamente, il mio era un pensiero sciocco: il vetro, miracolo di leggerezza, non ha bisogno di forza bensì di grazia e perizia.
Risultato: ho ottenuto una bolla abnorme e sgraziata e ho fatto sorridere papà Pierini che, nonostante cercasse di restare serio, aveva un guizzo divertito negli occhi. Avrà pensato che io sia un’inetta o magari ha pensato che fossi stata coraggiosa, vista la mia totale incompetenza.
Dal canto mio, comunque, mi sono divertita e ho avuto la conferma che è meglio che continui ad ammirare il vetro e a fare altre cose, lasciando spazio ai veri maestri.
Insomma, da grande non farò il maestro vetraio – temo: un’altra possibile carriera stroncata sul nascere 😉
Dopo l’atelier Pierini, è stata la volta della visita alla Verrerie de Biot, altra eccellenza nella tradizione del vetro.
La Verrerie de Biot è stata fondata nel 1956: dovete sapere che la lavorazione del vetro in Costa Azzurra e in particolare in Provenza ha una storia lunga circa un migliaio di anni, ma era sparita alla fine dell’Ottocento ed è stata proprio questa vetreria a segnare la sua rinascita attraverso un particolare tipo di vetro detto bullé, letteralmente vetro con bolle.
Qui sono infatti riusciti a intrappolare milioni di piccole bolle in due strati di vetro, facendo di un difetto (le bolle) un pregio: quest’ultime sono oggi un segno distintivo, inconfondibile e rendono unico ogni pezzo.
La tecnica è tutt’altro che facile: i giovani apprendisti iniziano la formazione verso i 18 anni e ci vogliono circa 10 anni e ben 7 diversi gradi per diventare maestro vetraio (e io che da Pierini ho osato soffiare da autentica e inesperta profana!).
La Verrerie de Biot è fortemente specializzata in vetri per la tavola: bicchieri, bottiglie, caraffe, brocche e altro ancora rendono omaggio al piacere della convivialità attraverso infinite forme e colori.
Il sito produttivo della vetreria comprende un laboratorio nel quale ho avuto modo di osservare una tecnica diversa rispetto a quella di Pierini, un museo che si propone di salvaguardare le tecniche di lavorazione del vetro, sia quello soffiato sia quello con le bolle, e una galleria che presenta una nutrita raccolta di opere in vetro provenienti da tutto il mondo.
Anche qui come da Pierini, ho avuto l’onore di avere come guida Anne Lechaczynski, membro della famiglia che ha preso in mano la vetreria nel 1973 e che ancora oggi la conduce con successo con l’obiettivo di far conoscere l’artigianato d’arte nell’epoca contemporanea.
Lasciata anche la seconda vetreria, è venuto il momento di una bella passeggiata nel cuore antico di Biot, tra piccole strade quiete, sculture, fiori di ogni colore, vecchie case in pietra tenute alla perfezione, ristoranti che propongono i colori e i sapori della cucina mediterranea e deliziosi café che invitano a una sosta.
Biot è davvero un paradiso tutto da scoprire, l’essenza della Costa Azzurra nella sua forma migliore, una dimensione quieta, rilassata e quasi privata: qui si ha la sensazione che nulla di male possa accadere, che il caos sia lontano anni luce e che lasci il posto a pace e bellezza assolute.
A questo punto, è arrivata l’ora di pranzo e si siamo spostati verso il mare in direzione di un altro post veramente degno di nota: si chiama Beau Rivage, si trova a Nizza ed è bar, ristorante e beach club con spiaggia privata.
Pensate che è stato fondato nel lontano 1860, in contemporanea con l’hotel omonimo: nel 2010 è stato completamente distrutto da una violenta mareggiata, ma lo spirito di squadra e la voglia di rialzarsi hanno fatto sì che la dura prova fosse trasformata in una possibilità. Lo stabilimento è stato completamente ripensato e oggi è più bello di prima.
I francesi hanno un’espressione che mi piace molto, pieds dans l’eau: indica tutti i posti lungomare dove si ha la sensazione di avere i piedi nell’acqua.
Ecco, questo club dà perfettamente tale tipo di sensazione con una vista impagabile, una buona dose di tranquillità e un’ottima cucina.
Purtroppo, è arrivato anche il momento di riguadagnare la strada di casa: Thello (il nuovo treno che collega Milano e Marsiglia facendo tappa in molte cittadine della costa, sia sul versante italiano che su quello francese) mi ha portata via dal mio adorato mare e dalla mia amata Costa Azzurra.
Ma tanto, prima o poi, come ho scritto anche in uno dei post dedicati lo scorso anno alla Bretagna, altra regione francese che adoro, io ritorno: i colori, i suoni e il profumo del mare sono un’irrinunciabile parte di me.
Manu
Se vi ho incuriositi e se volete approfondire, ecco qualche piccolo suggerimento
Qui trovate il sito dell’Ente del Turismo Francese, qui la pagina Facebook e qui Twitter.
Qui trovate il sito Côte d’Azur Tourisme.
Qui trovate il sito Biot Tourisme.
Qui trovate il sito Nice Tourisme.
Ho viaggiato col treno Thello e sono stata ospite del Marineland Resort, nuovissimo hotel situato all’interno dell’omonimo parco.
Musée Fernand Léger: qui trovate il sito e qui la pagina Facebook.
La vetreria Pierini: qui trovate il sito e qui la pagina Facebook. Qui il sito di Antoine Pierini e qui il suo canale YouTube.
La Verrerie de Biot: qui trovate il sito.
Il club Beau Rivage a Nizza: qui trovate il sito e qui la pagina Facebook.
Altri miei articoli sulla Francia: li trovate qui.
Il mio ringraziamento speciale va all’Ente e agli Uffici del Turismo che hanno reso possibile e gradevole il soggiorno nonché ai partner che ci hanno coccolati e accolti. Merci avec tout mon ♥
Tutte le foto sono miei scatti ad eccezione dell’ultima e di quelle che mi ritraggono sotto ognuna delle quali è indicato il relativo credito.
E a proposito di foto, voglio condividere con voi un retroscena che riguarda la qualità e la definizione delle mie immagini che, purtroppo, non è alta e vi spiego perché: il mio fidato iPad mi ha abbandonata senza preavviso. Mentre ero sul treno, lo schermo si è fatto tutto azzurro ed è stato inutile qualsiasi tentativo di… rianimarlo, spegnendolo, riaccendendolo o resettandolo. Mancava poco che gli facessi la respirazione bocca a bocca, dopodiché, disperata, mi sono rassegnata a fare le foto col mio vecchissimo iPhone che è in corso di sostituzione.
Tornata a casa, ho preso appuntamento con Apple e mi sono preparata al peggio. Al centro assistenza, un ragazzo gentilissimo ha preso il mio iPad, l’ha guardato, ha pigiato l’accensione, poi ha picchiettato brevemente e rapidamente sul video: a quel punto, l’apparecchio era di nuovo perfettamente funzionante.
Alla domanda “Come ha fatto? Cosa era successo?”, lui ha risposto tranquillo: “Era solo andato in mega zoom. Succede se ci si picchietta su con tre dita per due volte di seguito. Si sblocca allo stesso modo”.
Per questo lo schermo era tutto azzurro: era il mio sfondo in una zona senza icone (sfortuna doppia). E io ho perso almeno un anno di vita e ho fatto foto bruttine con l’iPhone per un problema che non era un problema. Mi sento una scema, non sapevo di questa funzione e non ho la più pallida idea di come abbia potuto fare quel gesto, del tutto casualmente, tra milioni di gesti possibili.
Non solo: credo che il tecnico Apple stia ancora ridendo oppure che abbia scritto uno stato su Facebook burlandosi di me…
Io rincaro la dose con questa pubblica confessione, ma d’altro canto, se non ho paura di pubblicare foto (ridicole) in cui (maldestramente) soffio il vetro, è chiaro che non ho paura nemmeno nel fare rivelazioni che non mi fanno certo brillare per particolare genialità…
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Manu
Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.
Glittering comments
Carissima Manu comincio subito con lo scriverti che le tue foto sono bellissime!! Ricche, dettagliate ,hanno raccontato perfettamente tutto ciò che hai scritto (come sempre con dovizia di particolari) ed hanno trasmesso emozioni straordinarie. Le tue parole sono state il testo di una canzone e le foto la musica che le ha accompagnate. Mi hai incantato ..il museo Léger..i maestri vetrai e la tua performance da bambina al Luna park che ha realizzato una mega bolla (stupende le bottiglie storte la cui bellezza si sottrae dispettosa alla funzionalità…insomma bottiglie CAPOVOLTE !), le stradine e gli angoli meravigliosamente vestiti di colori e vibrazioni, il mare da toccare con i piedi ..bellissimo! Anche io amo tornare nei posti già visitatati. Possono anche essere rimasti identici rispetto a quando li ho visitati precedentemente, ma sono i miei occhi e il loro modo di percepire le immagini che vedono con sguardo nuovo il “già visto”. Perché io credo che le esperienze ci fanno cambiare pelle ,ci fanno fare la “muta” come succede agli animali e quindi ogni cosa a noi apparentemente conosciuta, diventa nuova alla nostra anima ri-vestita di giovani piume. Amo tantissimo anche rivedere film e rileggere libri.Scorgo sempre frasi, emozioni, parole, immagini sfuggite a letture o visioni precedenti. Eppure erano là, sono sempre state là..ma sono io che pur non cambiando, rivelo pian piano angoli della mia anima che si illuminano. Grazie per condividere con noi “seguaci” le tue emozioni e avventure. Un abbraccio grande Florisa capovoltissima
Vedi, Florisa carissima, le tue parole sono la dimostrazione che qui, in questo piccolo spazio virtuale, i ruoli si invertono facilmente e non esistono né seguiti né seguaci.
Io stessa divento una tua seguace nel momento in cui leggo un tuo commento, perché le tue parole sempre bellissime, sempre potenti, sempre accurate mi rapiscono e mi regalano emozioni e sorrisi.
Riesci a incantarmi, cara la mia Florisa capovolta, anzi, capovoltissima.
Sarà che sono capovolta anch’io ma mi ritrovo in ogni singola parola che mi scrivi.
Anch’io amo rileggere libri e rivedere film, anch’io ci trovo nuovi dettagli.
E anch’io credo che le esperienze ci facciano cambiare pelle: ho perso il conto di quante ne ho già cambiate esattamente come fa un serpentello (non velenoso, lo giuro, bensì uno di quelli piccoli e innocui, un po’ albini perché se ne stanno nascosti tra le rocce).
Lo vedi? Ma quanto è bello questo scambio che non prevede ruoli fissi?
Grazie un milione di volte e un abbraccio fortissimo,
Manu