Le Gocce di Gioia – di nome e di fatto – di Irene, gioielli per il cuore

Quando sento parlare del web come quintessenza dei mali del mondo, francamente resto un po’ perplessa.
Ripeto sempre un concetto agli studenti di Accademia del Lusso ai quali tengo corsi di editoria e comunicazione della moda con focus specifico sulla loro evoluzione via web: il web è solo un mezzo, è solo uno strumento.
Non ha un’anima in quanto non è un essere vivente, pertanto non è di suo buono o cattivo, intelligente o stupido, onesto o disonesto, ingenuo o furbo.
Siamo noi a conferirgli un’anima a seconda dell’uso che ne facciamo, a seconda di ciò che da lui ci aspettiamo: per esempio, in qualità di nativa analogica e immigrata digitale (ovvero persona nata e cresciuta prima dell’avvento delle tecnologie), io ho dovuto conquistare il mio spazio poco a poco e mi aspettavo che, da curiosa di natura quale sono sempre stata, il web contribuisse ad annullare quelle barriere di qualsiasi tipo che ho sempre detestato e che mi facevano sentire limitata.
E questo ho avuto: ho ritrovato persone, ne ho conosciute altre che molto probabilmente non avrei potuto incontrare in altro modo, ho imparato tantissime cose, ho avuto accesso a molte informazioni e conoscenze.
Se dovessi dunque mettere sui due piatti di una bilancia positività e negatività avute dal web, il primo piatto sarebbe molto, molto, molto più pesante del secondo. Godrebbe di una superiorità schiacciante.

Nel piatto della positività, trovano decisamente posto i designer, i creativi, gli stilisti, gli artigiani e gli artisti che ho conosciuto proprio grazie al web: in questo folto gruppo, figura una giovane donna che si chiama Irene e che è la fondatrice di Gocce di Gioia, un progetto che mi ha trasmesso belle vibrazioni dal primo istante.

Quando ho intercettato Irene attraverso Instagram, non è servito molto tempo perché rimanessi affascinata dal suo lavoro: crea gioielli – anelli, collane, pendenti, spille – ricavati da francobolli rari o antichi, da frammenti di porcellane tra le quali quelle cinesi e danesi, da elementi naturali forniti dalla sua bella regione, la Toscana.

Poi, Irene ha pubblicato le foto di alcuni pendenti ricavati da un vecchio mazzo di carte da gioco: «quando le ho trovate – ha scritto – avevano un leggero odore di tabacco e mi hanno fatto pensare a serate fra amici di una vita».
Ho confessato tante volte che, nell’ambito dei monili, amo in modo particolare quelli vintage e quelli che vengono definiti gioielli contemporanei (ovvero quei gioielli che non sono più espressione di status symbol come un tempo e che non mettono necessariamente al centro la preziosità economica bensì il valore dell’idea e del progetto, diventando quasi oggetti d’arte): non è un caso se gioiello vintage e gioiello contemporaneo sono legati dal fatto di valorizzare ciò che a me più interessa, ovvero proprio il valore morale, il significato, il fatto di rappresentare un ricordo o un’idea o un concetto.
Alla luce di tutto ciò, mi sono immediatamente innamorata delle parole di Irene e dell’immagine che con esse ha saputo evocare, poi mi sono innamorata del risultato da lei ottenuto con quelle carte: così, il pendente con la donna di picche è ora parte della mia collezione (lo potete vedere qui indossato qui e qui).
Non poteva restare tutto solo e dunque, ben presto, ha avuto la compagnia di un anello anch’esso con il seme di picche (qui indosso la coppia).

Sono felice di sottolineare che il lavoro di Irene è molto preciso: le carte vengono tagliate in modo da valorizzarle al massimo e mi piace molto il fatto che resti visibile anche il retro, il tutto debitamente protetto.
Ottima anche la scelta di catenine con maglie molto luminose.

Così, dopo la prima positiva esperienza, ho continuato a seguire Irene e il suo Gocce di Gioia con stima e simpatia sempre crescenti.
Oltre ad apprezzare la precisione e la qualità del suo lavoro, ho imparato ad amare la cura e la passione che Irene dedica a tutto ciò che fa e che ben trapelano anche dalle parole con le quali accompagna le immagini delle sue creazioni.
Le parole sono scelte con cura, garbo, delicatezza e con esse, pian piano, la nostra artista rivela qualcosa di sé e ci apre il suo mondo.

«Mio nonno era decoratore alla Ginori e quel piatto è una prova colore, di quelle che ogni tanto portava a casa. Si era rotto ma non volevo buttarlo, quindi restava là, nella credenza. Finché ho deciso di trovare un modo per continuare a utilizzarlo. È così che nasce ‘gocce di gioia’. Semplicemente!»
Così scrive Irene a proposito di un certo piatto ed è così che, semplicemente, racconta com’è nato il suo progetto.

«Le mie mani mi ricordano che, prima di tagliare un pezzo di porcellana, dovrei indossare i guanti. Eppure mi sembra che i guanti mi tolgano la sensibilità, come se, ancor più che con la vista, una tazza ormai in frantumi, la dovessi ‘guardare’ con il tatto. Guardarla, per trasformarla in ciondoli che vorrei possano ricordare a chi li indossa che c’è sempre una nuova possibilità per tutto. Un nuovo inizio. Anche da un mucchio di cocci.»
Così ha scritto sotto un’altra foto: capite perché mi sono innamorata di lei, del suo lavoro, del suo modo e dei suoi modi, della sua poetica, riconoscibile e che fa sì che Irene si stia ritagliando un suo meritato e preciso posto tra artigiani e artisti?

E mi sono innamorata a tal punto di Gocce di Gioia da decidere di affidare a Irene un progetto customizzato molto, molto speciale – quello che vedete nella foto qui sopra.

Da tanti anni possiedo delle foto che sembrano micro Polaroid: mia mamma mi ha raccontato che sono delle specie di provini che un tempo venivano consegnate insieme alle foto.
Le foto risalgono a quando avevo pochi mesi e ritraggono me, mia mamma e mio papà in una primissima vacanza al mare: chi è particolarmente attento o affezionato può forse rammentare di averne vista una qui nel blog, in un post che racconta perché sono particolarmente grata alla mia mamma (e anche al mio papà, naturalmente).
Mia mamma possiede le foto originali che si trovano in un album di famiglia: a me ha donato i piccoli provini che, da anni, sono sulla mia scrivania nello studio che ho a casa.
Ero preoccupata dalla polvere e dall’usura del tempo e, soprattutto, mi dispiaceva tenerle lì, intrappolate su una scrivania dalla quale sono spesso lontana: secondo la logica del ‘dare una nuova possibilità e un nuovo inizio’, ho pensato di proporre a Irene di trasformarle in un ciondolo doppio e lei ha accettato con entusiasmo.
Ha lavorato benissimo e sono profondamente commossa dall’attenzione che ha messo nel rispettare e valorizzare le foto; sono altrettanto commossa dal risultato meraviglioso.
È nato un gioiello splendido e ora le mie foto sono protette per sempre.
Perdonatemi, non vado oltre perché mi sto emozionando di nuovo e non voglio cadere nel sentimentalismo perché voglio mantenere l’attenzione su Irene (però qui vedete una foto mentre indosso il mio pendente customised by Gocce di Gioia).

Credo non vi sia molto altro da aggiungere se non un ringraziamento a Irene per ciò che è, per ciò che fa, per come lo fa.
Grazie a persone come te, cara Irene, posso sostenere con vibrante entusiasmo e ferma convinzione che il web è una risorsa e una possibilità.

E se vi ho incuriositi, miei cari amici che a vostra volta rientrate in ciò che di positivo la rete offre, vi lascio più che volentieri l’account Instagram attraverso il quale seguire Irene e le sue Gocce di Gioia: qui.

Se volete sottoporle richieste, magari circa un vostro progetto customizzato, mandatele un messaggio: visto che è un’artista che non lavora su ciò che è pre-confezionato, si può ragionare con lei circa personalizzazioni e modifiche.
Sempre con gioia, garbo e positività – mi fido di voi.

Manu

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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