Il meglio (e il peggio) della mia Settimana della Moda

Viene preparata a lungo da tutti gli addetti al settore, poi arriva e passa in un attimo: mi riferisco alla Settimana della Moda.

Quella appena terminata ha visto andare in scena (anzi, in passerella) le collezioni relative al prossimo autunno / inverno 2015 – 2016 e così ora sappiamo come ci vestiremo o almeno come gli stilisti ci vestirebbero: non solo, come ormai puntualmente accade a ogni stagione, la settimana è stata accompagnata da un carico di polemiche e discussioni di ogni genere e grado.

Quanto a questo clima di critica, prendo la mia parte di colpa: abitualmente preferisco essere costruttiva e dare spazio a ciò che mi piace, ma oggi desidero spendere anch’io qualche parola su alcuni comportamenti e atteggiamenti che mi hanno lasciato un’impressione molto negativa, purtroppo.

Già, confesso che è stata una settimana dolce e amara allo stesso tempo, ricca di luci ma anche di ombre: nonostante lo scorso ottobre abbia già scritto un altro articolo piuttosto dettagliato sulla questione accrediti, non riesco a stare zitta e desidero tornare a evidenziare un paio di concetti che esulano da qualsiasi distinzione di settore e che dovrebbero appartenere a tutti, qualsiasi mestiere si faccia.

Partiamo dalle ombre, perché preferisco occuparmi subito della parte brutta e riservarmi quella bella alla fine: spero che, mandato giù il boccone amaro, mi rimanga in bocca soltanto il dolce.

Sabato scorso, avrei dovuto presenziare a una sfilata alla quale tenevo molto: sono arrivata (in anticipo) tutta contenta (povera illusa) col mio bravo foglio che diceva “Confermo l’accredito per la sfilata di XXX. La presente mail varrà come invito ufficiale all’evento”.

Credevo che parole tanto chiare non potessero lasciare spazio ad alcun disguido, ma mi sbagliavo: dopo una lunghissima attesa, sono stata fatta entrare a sfilata già iniziata.

L’aggravante è che non ero la sola, lo stesso trattamento è stato riservato a molti, tutti lì col mio stesso scopo (assistere alla sfilata per poi poterne scrivere): così, una volta dato il via libera con vergognoso ritardo, mi sono ritrovata mio malgrado a correre in mezzo a una piccola folla (non ho potuto evitarlo, pena essere travolta) e, una volta arrivata in sala, ho trovato un muro umano davanti a me.

Ho visto la sfilata in punta di piedi, cercando di ritagliarmi un angolo di microscopica visuale tra spalle, teste e cappelli. Ogni tanto, fungevo anche da punto di appoggio: qualcuno piazzava il gomito sulla mia testa per riuscire ad allungare il braccio e scattare una foto col proprio smartphone. Non ho detto nulla, eravamo tutti nella stessa barca.

Ma sapete qual è la cosa che mi ha dato più fastidio? Ho dato uno sguardo alla sala e ho visto che c’erano molti, moltissimi posti vuoti.

Chicca Lualdi FW 15-16
Chicca Lualdi FW 15-16
Simonetta Ravizza FW 15-16
Simonetta Ravizza FW 15-16
Stella Jean FW 15-16
Stella Jean FW 15-16
Stella Jean FW 15-16
Stella Jean FW 15-16
Stella Jean FW 15-16
Stella Jean FW 15-16
Vladimiro Gioia FW 15-16
Vladimiro Gioia FW 15-16
Io e la mia amica e collega Alessia Foglia da Vladimiro Gioia <em>(ph. credit ufficio stampa V. Gioia)</em>
Io e la mia amica e collega Alessia Foglia da Vladimiro Gioia (ph. credit ufficio stampa V. Gioia)
Io e la mia amica e collega Alessia Foglia da Vladimiro Gioia <em>(ph. credit ufficio stampa V. Gioia)</em>
Io e la mia amica e collega Alessia Foglia da Vladimiro Gioia (ph. credit ufficio stampa V. Gioia)
Io e la mia amica e collega Alessia Foglia in Vladimiro Gioia <em>(ph. credit A. Foglia)</em>
Io e la mia amica e collega Alessia Foglia in Vladimiro Gioia (ph. credit A. Foglia)
Io in Vladimiro Gioia <em>(ph. credit ufficio stampa V. Gioia)</em>
Io in Vladimiro Gioia (ph. credit ufficio stampa V. Gioia)
Io e la mia amica e collega Eleonora Lanzetti da Vladimiro Gioia <em>(ph. credit ufficio stampa V. Gioia)</em>
Io e la mia amica e collega Eleonora Lanzetti da Vladimiro Gioia (ph. credit ufficio stampa V. Gioia)
CO|TE FW 15-16
CO|TE FW 15-16
Alla prima collezione <em>ready-to-wear</em> Capucci, l’abito <em>Ventagli</em> (datato 1980) del Maestro Roberto Capucci
Alla prima collezione ready-to-wear Capucci, l’abito Ventagli (datato 1980) del Maestro Roberto Capucci
Alla prima collezione <em>ready-to-wear</em> Capucci, l’abito <em>Ventagli</em> (datato 1980) del Maestro Roberto Capucci
Alla prima collezione ready-to-wear Capucci, l’abito Ventagli (datato 1980) del Maestro Roberto Capucci
Alla prima collezione <em>ready-to-wear</em> Capucci, l’abito <em>Ventagli</em> (datato 1980) del Maestro Roberto Capucci
Alla prima collezione ready-to-wear Capucci, l’abito Ventagli (datato 1980) del Maestro Roberto Capucci
Horo FW 15-16
Horo FW 15-16
Horo FW 15-16
Horo FW 15-16
Philippe Model FW 15-16
Philippe Model FW 15-16
Philippe Model FW 15-16
Philippe Model FW 15-16

Dicono che la moda vada veloce e che tendenze, gusti, stili cambino rapidamente; peccato che non cambino altrettanto velocemente le cose brutte e le pessime abitudini, come quella – appunto – della gestione degli accrediti nonché – in questo caso – degli ingressi alle sfilate.

Già, perché c’è un’ulteriore sfumatura tra essere accreditati ed entrare veramente: una povera illusa (sempre io, e dire che non sono più una novellina) credeva invece fosse sufficiente aver fatto la richiesta d’accredito secondo procedura canonica e credeva che aver ricevuto un chiaro  (torno a citare le parole “la presente mail varrà come invito ufficiale”) fosse conferma (non oso dire garanzia) del fatto che sarebbe entrata e invece… no, non è così.

Figuratevi che ho perfino controllato il significato attribuito all’espressione “invito ufficiale” su un paio di vocabolari: chissà, magari potevo aver frainteso. E invece, sembrerebbe che, almeno in teoria, tali parole abbiano tuttora il significato che attribuivo loro.

L’episodio che vi sto raccontando testimonia la gestione pessima e deludente di quello che doveva essere uno dei momenti più importanti dell’intera Settimana della Moda, l’esordio importante di una brava stilista in un luogo prestigioso: ovviamente, questi signori non sono gli unici e il loro caso è l’emblema di una nuova tendenza che potrei chiamare “invito tutti e poi vedo chi fare entrare”.

(Devo specificare che, quando viene scelta questa strada, entra poi chi è considerato più figo – si può scrivere? – secondo canoni che, talvolta, nulla c’entrano con l’essere in grado di guardare con sguardo analitico o almeno interessato la sfilata? Se cercate in rete, ci sono tante foto di persone considerate fighe – ci sono ricascata, l’ho scritto di nuovo – beccate a fare altro – soprattutto smanettare con lo smartphone – anziché guardare la passerella, sebbene vistosamente sedute in prima fila.)

Provo tanta rabbia e tanta delusione, perché quella sfilata era bellissima (per quel poco che sono riuscita a vedere) e meritava di essere vista, per bene, per poter poi essere raccontata, per bene.

Doveva essere la mia ennesima storia d’amore con un talento in fiore e invece, lo ribadisco, non ho visto quasi nulla: mi ritrovo con qualche foto pessima e con l’ufficio stampa in questione che è completamente sparito dopo la brutta figura fatta.

Qui, dunque, non parliamo più di accrediti e di logiche non sempre comprensibili o condivisibili: parliamo di educazione di base, quella che dovrebbe essere impartita e acquisita durante i primi anni di vita e portata con noi sempre, per il resto della nostra esistenza, applicata a qualsiasi campo.

Di solito, al termine della Settimana della Moda, ho bisogno di un po’ di tempo per comporre il quadro completo e per mettere a fuoco ciò che ho visto, sentito, vissuto: stavolta, invece, ho voglia di parlarne subito, a caldo. D’altro canto, sostengo con convinzione che le prime routine che amo abbattere sono proprio le mie.

Dopo una prima esternazione fatta su Facebook il giorno stesso, mi sono chiusa nel silenzio, a riflettere: oggi, condivido con voi le mie conclusioni.

Non ripeterò perché ritenessi importante poter assistere alla sfilata, ho già ampiamente dibattuto questo punto: stavolta parto da educazione e rispetto, appunto, nonché dalla sacralità di concetti quali ospitalità e accoglienza.

Quand’ero piccina, tra i tanti insegnamenti ricevuti, ce n’era uno al quale mia mamma teneva particolarmente: voleva che imparassi che l’ospite è sacro.

E così mi ha trasmesso il principio che, quando si invita qualcuno, tale persona deve essere trattata al meglio, con educazione, riguardo, attenzione e rispetto.

Evidentemente, alcuni (sottolineo alcuni) uffici stampa non la pensano così, in quanto mi sembra evidente che il loro atteggiamento non denoti educazione, riguardo, attenzione e rispetto.

Non è affatto educato mandare un invito e / o confermare una richiesta e poi negare l’accesso.

Non è affatto riguardoso lasciare ad attendere delle persone senza far capire loro il perché ciò avvenga e quale sia il problema (ripeto: in quella sala c’erano molti posti liberi).

Non è affatto attento far entrare le persone a sfilata iniziata: è come invitare a cena un gruppo di persone, far sedere a tavola metà di loro e lasciare l’altra metà sulla porta a guardare chi mangia.

Non è affatto rispettoso sparire a danno ormai fatto e non farsi sentire nemmeno per una semplice e potente parola di 5 lettere: scusa. Aggiungo che non è maturo né responsabile né professionale.

Philippe Model FW 15-16
Philippe Model FW 15-16
Maison About FW 15-16
Maison About FW 15-16
Da Maison About coi miei colleghi e amici Alessia Foglia e Andrea Tisci: con noi lo staff del brand e dell’ufficio stampa <em>(ph. credit ufficio stampa Maison About)</em>
Da Maison About coi miei colleghi e amici Alessia Foglia e Andrea Tisci: con noi lo staff del brand e dell’ufficio stampa (ph. credit ufficio stampa Maison About)
Angelo Marani FW 15-16
Angelo Marani FW 15-16
Angelo Marani FW 15-16
Angelo Marani FW 15-16
Angelo Marani FW 15-16
Angelo Marani FW 15-16
Orciani FW 15-16
Orciani FW 15-16
Orciani FW 15-16
Orciani FW 15-16
Orciani FW 15-16
Orciani FW 15-16
Hanita FW 15-16
Hanita FW 15-16
Da sinistra: Alessia Foglia, io e Valentina Fazio in un momento di relax <em>(ph. credit A. Foglia)</em>
Da sinistra: Alessia Foglia, io e Valentina Fazio in un momento di relax (ph. credit A. Foglia)
Da sinistra: i miei piedi, quelli di Valentina Fazio e quelli di Alessia Foglia con uno dei tombini di <em>Sopra il Sotto,</em> progetto artistico <em>open air</em> <em>(ph. credit V. Fazio)</em>
Da sinistra: i miei piedi, quelli di Valentina Fazio e quelli di Alessia Foglia con uno dei tombini di Sopra il Sotto, progetto artistico open air (ph. credit V. Fazio)
Nicholas K FW 15-16
Nicholas K FW 15-16
Nicholas K FW 15-16
Nicholas K FW 15-16
Collana di Giulia Boccafogli
Collana di Giulia Boccafogli
Collane di Uli Rapp
Collane di Uli Rapp
Creazioni Comediluce
Creazioni Comediluce
Creazioni Settanta Bijoux
Creazioni Settanta Bijoux
Anelli (da portare in coppia su mano destra e sinistra) e orecchino di Giulia Barela
Anelli (da portare in coppia su mano destra e sinistra) e orecchino di Giulia Barela

A questo punto, mi restano due cose da fare.

La prima è abbattere un’altra delle mie convinzioni: che io stia sbagliando nel pensare che è importante vivere sensazioni sulla propria pelle in modo tale da poterle poi condividere?

Dovrei rassegnarmi a vedere le sfilate dalla saletta situata presso il Fashion Hub di Camera Moda, saletta alla quale hanno accesso giornalisti e blogger in occasione della Settimana della Moda? Mi dicono alcuni colleghi che detta sala sia anche molto confortevole e dotata perfino di un bel buffet sempre a disposizione.

Oppure dovrei guardare le sfilate da casa in streaming?

Sul serio occorre arrivare a questo per evitare la mancanza di rispetto verso il lavoro che si tenta di svolgere?

Beh, mentre che ci sono, allora, potrei anche chiudere il blog, visto che io, invece, ho gran rispetto verso chi mi fa il dono di leggere queste pagine e visto che continuo a pensare che sia legittimo il desiderio di vivere ciò che si vuole poi raccontare.

Magari sbaglio, per carità, ma nessuno streaming, nemmeno live, sostituirà il brivido che provo ogni volta in cui inizia una sfilata e io sono lì, in sala, ad assistere e ad emozionarmi col sogno di poter poi restituire il tutto a chi leggerà i miei post.

La seconda cosa che posso fare è informare mia mamma che ciò che mi ha insegnato non corrisponde a realtà o che non va più di moda. L’ospite non è affatto sacro, mamma, non in questa strana realtà che vivo.

A parte queste considerazioni tra il serio e il faceto, sostengo che alcuni (e torno a sottolineare alcuni) uffici stampa dovrebbero imparare a gestire queste situazioni e dovrebbero imparare ad affrontare i fallimenti: capita a tutti di sbagliare, a fare la differenza è come ci si comporta dopo.

Sparire nel silenzio non è un’opzione nemmeno lontanamente accettabile.

Credo avrete notato che non sto facendo nomi e vi spiego perché: non scriverò nulla di questa sfilata. Se in passato e nel caso precedente (articolo accrediti) ho fatto i nomi è perché, invece, avevo deciso di dare precedenza alla recensione (del tutto positiva) della collezione.

Ma stavolta sono stufa di atteggiamenti irrispettosi e disattenti, quindi la mia decisione è questa, non scriverò: dovrei forse elemosinare anche foto e comunicato?

No, grazie, è sufficiente così, tuttavia non voglio danneggiare la stilista e il suo talento: credo che l’ufficio stampa abbia già fatto un bel danno tutto da solo e non voglio aggiungermi citando in chiaro i nomi – né dell’una né dell’altro.

Se qualcuno capirà a chi mi sto riferendo, ciò è ancora una volta merito dell’ufficio stampa (sono ironica, sì), visto che è riuscito a far parlare (nel bene e purtroppo nel male) mezzo web.

Qualcuno scrisse “bene o male non importa, l’importante è che se ne parli”: io non sono d’accordo e dissento vivacemente, ma tanto chi sono? Solo una fuori tempo e fuori moda che crede ancora scioccamente in valori quali educazione e rispetto.

Gli <em>evergreen</em> di Pokemaoke
Gli evergreen di Pokemaoke
Lo stilista Mauro Gasperi racconta la sua collezione FW 15-16
Lo stilista Mauro Gasperi racconta la sua collezione FW 15-16
Mauro Gasperi FW 15-16
Mauro Gasperi FW 15-16
Mauro Gasperi FW 15-16
Mauro Gasperi FW 15-16
Sergei Grinko FW 15-16
Sergei Grinko FW 15-16
Sergei Grinko FW 15-16
Sergei Grinko FW 15-16
La performance della cantante Viktoria Modesta alla sfilata FW 15-16 di Sergei Grinko
La performance della cantante Viktoria Modesta alla sfilata FW 15-16 di Sergei Grinko
Sergei Grinko FW 15-16
Sergei Grinko FW 15-16
Emozione e poesia alla sfilata I’M Isola Marras FW 15-16
Emozione e poesia alla sfilata I’M Isola Marras FW 15-16
Emozione e poesia alla sfilata I’M Isola Marras FW 15-16
Emozione e poesia alla sfilata I’M Isola Marras FW 15-16
La collezione di Giulia Marani FW 15-16 nasce dalla collaborazione con l’artista Nicola Felice Torcoli
La collezione di Giulia Marani FW 15-16 nasce dalla collaborazione con l’artista Nicola Felice Torcoli
Opere dell’artista Nicola Felice Torcoli alle quali Giulia Marani si è ispirata per la sua collezione FW 15-16
Opere dell’artista Nicola Felice Torcoli alle quali Giulia Marani si è ispirata per la sua collezione FW 15-16
Alberto Zambelli FW 15-16
Alberto Zambelli FW 15-16
Alberto Zambelli FW 15-16
Alberto Zambelli FW 15-16
Alberto Zambelli FW 15-16
Alberto Zambelli FW 15-16
Lo stilista Alberto Zambelli raggiante al termine della sua sfilata
Lo stilista Alberto Zambelli raggiante al termine della sua sfilata
Alberto Zambelli FW 15-16
Alberto Zambelli FW 15-16
Fatima Val FW 15-16
Fatima Val FW 15-16
Fatima Val FW 15-16
Fatima Val FW 15-16

Per fortuna, però, se da una parte la Settimana della Moda comporta questo carico di amarezza, dall’altro ci sono le cose buone ed è qui che volevo arrivare: ci sono i sorrisi, le parole, i ringraziamenti, gli abbracci degli stilisti e dei designer che seguo da anni e coi quali ho costruito un rapporto.

Tutti loro mi hanno accolta con calore nei backstage delle sfilate o in occasione delle presentazioni.

Li ringrazio per la voglia di confrontarsi, di raccontarsi, di conoscere la mia opinione: è questa la parte bella e sana, quella che nessuna mancanza di nessun ufficio stampa potrà mai cancellare, per fortuna.

Anzi, vi dirò di più: a questo gruppo appartengono non solo gli stilisti, ma anche i membri di altri uffici stampa, anche in questo caso persone con le quali il rapporto si è fatto saldo nel tempo e oggi è uno scambio reciproco e alla pari.

Tali persone mi invitano e poi mi accolgono, questa è la differenza e non è nemmeno tanto sottile: non mi invitano per lasciarmi alla porta. Fanno il loro lavoro, bene, e mi mettono in grado di fare il mio.

A tutte queste persone – stilisti, designer, addetti uffici stampa – dico un grande grazie perché, se alla fine il mio bilancio resta comunque positivo, è merito loro.

Vi racconto un altro fatto, anche in questo caso senza fare nomi: in occasione di una delle ultimissime sfilate, lo stilista si è commosso fino alle lacrime per le parole di stima e apprezzamento che gli ho rivolto in backstage.

Non sto esagerando, dai suoi occhi sono scese lacrime di gioia, eppure non sono certo stata la prima a dirgli che è bravo né faccio parte di una prestigiosa testata (purtroppo): semplicemente, ha sentito la mia sincerità e la mia emozione e tra noi c’è stato uno scambio autentico.

Vedere la sua profonda commozione espressa con spontaneità e umiltà mi ha fatto ricordare perché amo tanto questo lavoro, perché cerco di farlo con passione e dedizione, perché insisto a chiedere gli accrediti per le sfilate: perché desidero dare spazio e voce a persone come lui.

E allora, decido di spegnere i riflettori sul resto.

Ecco perché mi sono lasciata il dolce in fondo, perché è così che questa Settimana della Moda deve finire.

Ecco perché il peggio è tra parentesi, perfino nel titolo del post: ho voluto esorcizzare la parte brutta parlandone, ma desidero relegarla a un ruolo marginale, a poco più di una parentesi, appunto.

Ecco perché nelle foto che intervallano queste righe non trovate traccia delle cose brutte, bensì solo di quelle belle: non lascio al peggio il potere di rovinare tutto. Desidero che i miei ricordi profumino solo di buono e di bello.

Le cose brutte non meritano ulteriore tempo né attenzione e, da adesso in poi, per quanto mi riguarda, tornano nel silenzio nel quale devono stare e nel quale qualcuno si è già chiuso da solo.

Manu

 

 

P.S. (1): Tornando al nucleo della mia passione, vi segnalo che, a partire da settimana prossima, troverete qui sul blog i racconti con foto e dettagli delle collezioni che ho visto 🙂

P.S. (2): Vi lascio il link a un pezzo scritto dal collega Fulvio Aniello, a dimostrazione che non sono l’unica a pensare certe cose. Fulvio ti stimo e spero che altri abbiano il coraggio di uscire dal coro perché, durante la Settimana della Moda, ho parlato con tanta gente scontenta. Anzi, se ci sono colleghi che stanno leggendo questo post e che ne hanno scritto a loro volta uno, li invito a segnalarmi il link nei commenti.

P.S. (3): Già che ci siamo… se volete leggere anche ciò che penso degli accrediti, trovate il mio punto di vista qui. Qui, invece, trovate lo stato che ho pubblicato su Facebook sabato scorso.

P.S. (4): Avete presente quando qui sopra parlo di prima fila (o front row, per chi preferisce l’inglese) alle sfilate? Ecco una delle tante foto che circolano in rete, guardate qui. Su 9 persone, 4 guardano esclusivamente il proprio smartphone, 1 sbircia su quello della vicina, 3 guardano a destra (1 con occhiali da sole…) e 1 ha lo sguardo perso a sinistra (quale sarà la direzione giusta? destra o sinistra? mah…). No comment, per oggi ho parlato anche troppo.

 

 

 

 

 

Tutte le foto sono miei scatti con la sola eccezione di quelle sotto alle quali è indicato un credito diverso

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

Glittering comments

Gaetano
Reply

Cara Emanuela, posso confessarti una cosa? L’ho sempre pensata sin dalla prima volta che ti ho incontrata. Sei una donna di una eleganza come poche, educata ma allo stesso tempo mai finta o ipocrita, ironica e pungente allo stesso momento. Ti leggo spesso e ció che traspare è una grande passione verso ció che fai, oltre che la competenza e… (non è una cosa così scontata) la padronanza della lingua italiana che hai dal punto di vista lessicale e grammaticale. Brava, continua così!!! Forzaaaaaa Un caro saluto, Gaetano

Manu
Reply

Carissimo Gaetano,
non ho parole sufficienti per dirti quale gioia sia per me questo tuo intervento qui sul blog: sappi che mi hai fatto un regalo.
Anch’io ti confesserò una cosa, la stima è reciproca e credo che a te spetti un grande compito: sei uno di quei giovani che reputo in gamba e che – spero – potranno contribuire a cambiare un sistema che, oggi, appare un po’ malato e bisognoso di qualche sistemazione.
Questa è una grossa responsabilità, lo so, ma credo che persone come te, preparate, appassionate ed educate (per fortuna, tu e altri dimostrate che certi valori esistono e servono ancora), possano farcela.
Intanto, io tengo duro, per quello che posso.
Grazie ancora e ti auguro la migliore delle giornate,
Manu

Antonella Fenili
Reply

Mi ha fatto piacere che tu abbia concluso l’articolo con la nota dolce; per tutta la questione accrediti, da profana, mi chiedo una cosa: ma lo stilista è al corrente di come lavora il proprio ufficio stampa? E’ consapevole che persone (perchè di questo è fatto un ufficio stampa!) che lavorano in questo modo creano un danno d’immagine allo stilista? E che questa non è serietà e neppure metodo di lavoro? Tua mamma ti ha ben insegnato, l’ospite è sacro, e a maggior ragione lo è quando è accompagnato da un invito. Se fossi uno stilista non tollererei un comportamento del genere nei confronti di una persona che è stata invitata a mio nome, e che è lì per svolgere il proprio lavoro…….avete pensato a qualche forma di boicottaggio?

Manu
Reply

Oh, Antonella cara, tu tiri in ballo argomenti estremamente importanti: grazie.
Vedi, la cosa che mi stupisce di più è che questi signori non abbiano realizzato che, a causa di questo comportamento, il danno più grande è stato quello causato a loro stessi e a colei che rappresentano.
A loro stessi perché rischiano di perdere credibilità: credo che non accadrà più, soprattutto se dovessero leggere questo post, ma secondo te come reagirei se ricevessi ancora un loro invito? Quanto potrà ancora valere, per me e per altri, la loro parola?
E il danno è soprattutto a scapito della giovane stilista, perché, ripeto, questa doveva essere la sua grande occasione: è stata fatta fruttare al massimo? Mi permetto di dire di no e mi permetto di dire che ciò mi rattrista.
Qui nasce un quesito: lei sa tutto ciò? Ne è al corrente? Mi piacerebbe tanto saperlo…
E infine, dici un’altra cosa giustissima: pensare a forme di boicottaggio, ovvero fare sistema, perché le cose si cambiano non da soli, ma in molti. Sono d’accordo e ne ho già parlato con alcuni colleghi.
Si riuscirà a fare qualcosa? Mah, chissà.
Io, intanto, ho provato a lanciare il sassolino nello stagno con questo post e con la decisione di non scrivere la recensione della sfilata: se mai si prende una posizione anche se scomoda, mai nulla cambierà. So che non farà una grande differenza che io scriva o non scriva, ma la fa per la mia coscienza: occorre fare e reagire e, almeno, ci provo, provo a fare la mia parte.
Ti ringrazio immensamente per queste tue importantissime riflessioni.
Buona giornata,
Manu

Giorgia
Reply

Ho trovato questo post solo ora e sono completamente d’accordo con te!
Mi muovo anch’io nella moda e mi scontro con problemi simili…
Giorgia

Manu
Reply

Cara Giorgia,
grazie per la tua testimonianza preziosa che dimostra come – purtroppo! – certi atteggiamenti oggi siano reiterati nel tempo e non soggetti – di nuovo purtroppo! – a scadenza.
Gli atteggiamenti divistici sono sempre più diffusi – e incomprensibili, per quanto mi riguarda.
Sai, se potessi, mi piacerebbe dire a coloro che li portano avanti una bella cosa: vorrei rendere loro noto che comportarsi così non li rende fighi e non fa affatto figo, anzi, tutt’altro.
Inoltre, insisto nel dire che, a mio avviso, esiste solo un modo per combattere tali atteggiamenti: unirsi e fare sistema.
Come avevo già scritto in un mio articolo sullo stato dell’editoria (qui), i professionisti seri dovrebbero allearsi per lottare contro la mediocrità. E i professionisti seri non conoscono fronte, stanno da una parte e dall’altra, sono tutti gli uffici stampa, i redattori e i blogger che lavorano con competenza e passione senza esibizionismi e ostentazioni inutili. Meno fumo e più arrosto, insomma.
Tra l’altro, proprio un paio di giorni fa, ho trovato un articolo interessante grazie a un mio caro amico e collega che si chiama Andrea Tisci: Andrea mi ha segnalato che qui Gabriele Valente Darcangeli tratta la questione con argomentazioni del tutto affini a quelle che ho esposto in questo post.
Evidentemente, non siamo visionarie tu e io, Giorgia: il problema è concreto ed esiste.
Ancora grazie di cuore.
Buona domenica,
Manu

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