Io, fifona, in pista con Michela Cerruti (e sono sopravvissuta)

Prevedono da giorni che nevicherà abbondantemente su tutto il nord Italia e ieri, in effetti, qui da me c’è stato un primo assaggio. Per fortuna, la neve all’inizio intensa si è presto trasformata in pioggia.
Se pensate che mi lanci in un’ode romantica, siete fuori strada: non amo l’inverno e non amo la neve, soprattutto in città.
Al limite, è bella in montagna, sempre che si ami sciare o sempre che si abbia l’opportunità di starsene davanti a un caminetto acceso, in buona compagnia e con qualcosa di caldo da sorseggiare.
Proprio l’inverno, tra l’altro, è una delle cause dell’incidente che ho avuto qualche anno fa: persi il controllo dell’auto su una lastra di ghiaccio. Capite, dunque, perché io non gioisca nel vedere la neve fuori dalla finestra.
Forse la mia paura verso neve e ghiaccio dipende anche dal fatto che io sia una guidatrice per necessità e non per passione. Mi colloco infatti tra coloro che guidano per essere liberi e per non dipendere da nessuno, ma non per inclinazione naturale.
Ho preso la patente tardi, a 22 anni: abitando in centro a Milano, non ho sentito l’esigenza di guidare e avere l’auto fino al momento in cui i miei hanno invece deciso di prendere casa fuori città.

Queste riflessioni in ordine più o meno sparso mi hanno portato alla mente un’esperienza della quale non ho mai parlato qui nel blog. La scorsa estate ho avuto l’opportunità di conoscere Michela Cerruti, grande campionessa automobilistica, e di salire al suo fianco, in pista, su un’auto da corsa.

Avete voglia di sentire una storia che, per una volta, non parla nemmeno lontanamente di moda?

Quando è arrivato l’invito per correre in pista con Michela Cerruti ho avuto un attimo di panico. Ve l’ho detto, nutro diffidenza verso le auto (e la velocità).
E poi non capisco assolutamente nulla di motori: figuratevi, distinguo le macchine in base a colori e dimensioni.
Tuttavia, una parte di me è stata subito pericolosamente attratta dall’esperienza: correre in pista su un’auto da gara suonava allettante perfino per una (fifona e incompetente) come me.
Senza contare la curiosità di conoscere una donna pilota: una contrapposizione interessante, da una parte la sottoscritta (ripeto, fifona e incompetente), dall’altra lei (cuor di leone e vero talento). Sapete come la penso (i limiti sono barriere da abbattere) e così ho deciso di accettare la… terapia d’urto.
Per fortuna avevo poco tempo per decidere, altrimenti, forse, sarei ancora qui a pensarci, magari sfogliando una margherita… vado o non vado… vado o non vado…

A ogni modo: nelle poche ore a mia disposizione (dal pomeriggio della decisione alla mattina dopo, subito in pista in tutti i sensi), ho deciso di documentarmi.
Classe 1987, Michela Cerruti è una sportiva da sempre e, prima di approdare all’automobilismo, ha collezionato successi nello sci e nell’atletica leggera.
Il passaggio ai motori è avvenuto nel 2006: un corso di guida sicura con Mario Ferraris ha fatto emergere il suo talento innato.
Nel 2008 Michela ha esordito nel Campionato Italiano Turismo Endurance in coppia proprio con Ferraris e nel 2010 ha deciso di cimentarsi nel Superstars International Series.
Il 2011 è stato l’anno di un risultato straordinario: a Monza, Michela ha realizzato un 1° posto entrando nella storia della Superstars Series come prima e unica donna a conquistare il gradino più alto del podio.
Nel 2012 è diventata pilota ufficiale per il Team Bmw Italia Roal Motorsport: al Circuito del Mugello ha conquistato la vittoria assoluta e anche in questo caso è stata la prima donna a vincere una gara nella storia del Campionato Italiano GT.

Ve lo dico francamente: da una parte, cotanto curriculum mi ha rassicurata ma, dall’altra, mi ha impressionata ancora di più.
Quando sono arrivata al circuito di Vairano, teatro della nostra prova (ero con un team di giornalisti sportivi, sicuramente più preparati di me), quando ho sentito il rombo delle auto e quando ho visto Michela partire col primo passeggero… la tensione si è decisamente trasformata in panico!
E mentre aspettavo il mio turno, mi sono sentita un po’ come quelle povere aragoste che aspettano il loro momento nella vasca di un ristorante (o almeno come immagino che si sentano vedendo finire le “sorelle” a bollire in pentola). Ho reso l’idea?

La svolta è stata fare una pausa e andare tutti a pranzo con Michela. Ho potuto scoprire la persona dietro i dati tecnici che mi ero anche preoccupata di trascrivere sul mio fido iPad.
Nulla ha più potere su di me dell’entrare in empatia con una persona.

Questa ragazza ha la capacità di trasmettere calma: è grintosa e piena di entusiasmo.
La velocità ce l’ha nel sangue. Suo papà Aldo, conosciuto come Baronio, ha collezionato vittorie nei più importanti campionati di vetture turismo degli Anni Settanta.
Ci ha raccontato di essere cresciuta pensando che andare in macchina in un certo modo fosse del tutto normale. Ci ha confessato di aver fatto le gare di “piega” con il motorino truccato e di aver avuto una 500 che lei aveva fatto tingere di viola.

Michela è vincente perché pensa da vincente e perché vincere le piace. Sorridendo, ci ha raccontato che da bambina si arrabbiava se una ragazzina andava più veloce di lei nelle gare di corsa.
Qualcuno le ha chiesto se abbia mai paura: con grande tranquillità e sguardo limpido, ha risposto di non averne.
Le ho creduto e, d’un tratto, ho capito che Michela e io abbiamo più cose in comune di quanto mai avessi potuto pensare. Condividiamo la voglia di abbattere limiti e pregiudizi (credo non sia facile essere donna, per giunta giovane-bella-simpatica-intelligente, e fare il pilota) ed entrambe abbiamo la voglia costante di fare bene. Per noi stesse prima che per chiunque altro.

Quando siamo tornati alla pista, ho deciso che avrei provato a spegnere i recettori della paura.
Che avrei provato a lasciare a terra tutte le mie paure e che sarei salita in auto con lei con la testa sgombra, cercando solo di godermi un’occasione probabilmente unica.

Quando sono entrata nell’abitacolo, mentre mi assicuravano al sedile, lei si è voltata e mi ha sorriso.
E poi è riuscita a fare il miracolo. Mi sono divertita.

Nonostante la temperatura all’interno dell’auto superasse i 60°, nonostante le tuta mi opprimesse, nonostante le curve affrontate con una grinta da attacco cardiaco (per me), nonostante le marce scalate solo in extremis, nonostante la velocità folle, nonostante i 500 cavalli su cui ero seduta… nonostante tutto questo… sì, mi sono divertita!
Scrivo “nonostante” ma forse farei meglio a scrivere “grazie a”.

Alla fine dei nostri giri, sono scesa sorridendo e in condizioni migliori di alcuni colleghi d’avventura che erano partiti più baldanzosi e che, scendendo dalla vettura, avevano invece confessato di aver avuto un po’ di fastidio. Una bella soddisfazione, lo ammetto.

Per una volta, insomma, con le macchine ho vinto io e ho vinto solo grazie a Michela Cerruti, la campionessa che è già stata notata da Jean Todt e Bernie Ecclestone.
Quando un giorno sarà in Formula Uno – perché è lì che arriverà, ne sono certa – potrò dire “lei è la persona che mi ha tolto per un giorno la paura di correre”.

E che nessuno dica a Michela che la terapia d’urto non è stata definitiva e che ora sono qui a scongiurare che non nevichi…
Chissà cosa penserebbe di questa cosa, lei che ha una laurea in psicologia.

O magari potrebbe pensare di somministrarmi un richiamo della terapia, come si fa con certi vaccini.
E sapete cosa vi dico? Potrei anche accettare.

Sebastian Vettel… scansati.

Manu

 

 

*** Tutte le foto nel testo sono di Marco Antinori ***

 

 

Il mio racconto fotografico via Instagram 🙂

Con il mio nuovo idolo!
Con il mio nuovo idolo!

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Questo è il video della giornata. Dal minuto 2:20 circa ci sono io in macchina con Michela… non perdetevi le mie facce!

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Il mondo di Michela Cerruti sul web:

Qui il suo sito, qui la pagina Facebook, qui Twitter, qui Instagram

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

Glittering comments

Guapita Tondita
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Manu, che bello il tuo racconto: coinvolgente al massimo. Mi sono sentita un pochino come te, io che a (quasi…mancano 3 mesi e 27 giorni) 30 anni non ho ancora preso la patente perchè al volante tremo come un Furby! Chissà se conoscendo la Cerruti mi potrebbe passare…mah. Tanti baci

emanuela
Reply

Cara la mia Guapita, non è mai troppo tardi per nessuna cosa: ci metto io una buona parola per la terapia Cerruti e vedrai che la tremarella da Furby (questa mi piace un sacco) passa anche a te!
A parte gli scherzi, una super e speciale come te non può non avere la patente: ripeto, non sarò mai una guidatrice appassionata, ma guidare è troppo utile e significa indipendenza e libertà di movimento, per quanto i mezzi pubblici possano essere organizzati e capillari.
Grazie per le tue parole e per aver letto: sono felice.
Tanti (ma proprio tanti) baci a te,
Manu 🙂

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