Se la Ypsilon ELLE mi fa riflettere ben oltre i motori

Talvolta, quando vado a un evento o a una presentazione, non riesco a metterli subito a fuoco pur trovandoli interessanti: si accende una spia luminosa e sento che c’è dell’altro, ma non riesco a trovare il bandolo della matassa, non riesco a capire cosa ci sia oltre il primo messaggio evidente. Credo capiti un po’ a tutti noi, magari dopo aver letto un libro, visto un film oppure dopo aver fatto un discorso con un amico.

In questi casi, mi regalo tempo. Rifiuto di scrivere fino a quando non riesco a catturare quella sensazione, fino a quando non riesco a comprenderla, a farla mia, a darle un nome. Il tempo aiuta perché fa depositare il pulviscolo e, quando ciò finalmente accade, rimane in evidenza quanto mi era sfuggito in un primo momento.

Mi è capitato di nuovo giovedì scorso, quando sono stata invitata alla presentazione della nuova Lancia Ypsilon ELLE, una serie speciale che nasce dalla rinnovata partnership con il magazine Elle, testata del gruppo Hearst. È un’autovettura che ha immediatamente colpito il mio senso estetico, espressamente progettata per catturare l’attenzione del pubblico femminile.

Ho ascoltato la presentazione con interesse: la macchina è nata da scelte accurate, attenzione alla qualità e amore per i dettagli con vernici, materiali, tessuti e finiture studiate ad hoc. Tuttavia, mentre ascoltavo i dettagli tecnici, ero sicura che ci fosse un ulteriore piano di lettura, qualcosa di più ampio che in quel momento mi sfuggiva.

Ho raccontato in un’altra occasione che il mio rapporto con le auto è piuttosto scarso. Sono una guidatrice per necessità e non per passione, ho paura della velocità e in genere distinguo le vetture in grandi e piccole nonché in chiare e scure. So che facendo queste affermazioni rischio che qualcuno pensi “la classica donna”. Vi sbagliate, cari amici, e almeno per due motivi. Il primo è che le donne, oggi, contrariamente a me, sono molto interessate alle macchine e ne conosco almeno due o tre che sono molto competenti anche dal punto di vista tecnico. Il secondo è che, pur essendo una classica donna (ebbene sì, lo ammetto), perfino io non sono del tutto immune al fascino dei motori.

Dicono che la curiosità sia donna: beh, se la curiosità è intesa come apertura verso il mondo, allora sì, mi riconosco in questa caratteristica. Ho sempre rifiutato di chiudermi in un settore specifico (che nel mio caso potrebbe essere quello della moda) perché sono troppo interessata a tutto ciò che accade attorno a me, motori inclusi, soprattutto se una casa automobilistica decide di dialogare espressamente col pubblico femminile. Se non fossi curiosa e aperta, lo scorso anno, per esempio, non avrei accettato di correre in pista con la grande campionessa Michela Cerruti nonostante la mia paura.

Comunque state tranquilli, non mi lancerò nell’esposizione di dati tecnici: sono certa che ci saranno reportage dettagliati ed esaustivi sulle riviste specializzate. Va bene essere trasversali, ma non voglio rubare il mestiere a nessuno, soprattutto senza averne le competenze.

Desidero invece tornare a giovedì scorso, alla sera della presentazione, e soprattutto a quel qualcosa che non riuscivo ad afferrare.

Mi piacerebbe avere la vostra compagnia per avventurarci su un piano di lettura diverso.

Sapete, in questi giorni, continuavo a ripensare al dibattito che aveva introdotto la presentazione della Ypsilon ELLE, un interessante scambio tra Eugenio Gallavotti, vicedirettore di Elle, e Raffaele Morelli, noto psichiatra e psicoterapeuta.

In particolare, ero rimasta colpita da un’affermazione di Morelli: “Quando una donna è a suo agio riesce a liberare la creatività. La donna è l’unico essere del creato che può cambiare forma restando sé stessa, perché è poggiata sul cambiamento e sulla trasformazione”.

Poi, ieri, ho improvvisamente messo insieme una serie di fatti.

Accendendo il pc, Google mi ha ricordato che ricorrevano 108 anni dalla nascita di Hannah Arendt, filosofa, storica e scrittrice tedesca naturalizzata statunitense. Sotto il regime nazista, la Arendt fu privata dei diritti civili a causa delle sue origini ebraiche: dopo una breve carcerazione, emigrò negli Stati Uniti. Lì lavorò come giornalista e pubblicò opere importanti su natura del potere, politica, autorità e totalitarismo.

Subito dopo, su Facebook, ho letto la protesta appassionata da parte di Antonietta, una collega che stimo, circa il caso del ministro della salute belga. Antonietta si lamentava (giustamente, aggiungo) dell’ignominia di un sondaggio lanciato da un noto giornale e intitolato “Il Belgio ha assegnato il dicastero della salute ad una obesa. Secondo voi è un ministro credibile?”. Per la cronaca, il nome del ministro è Maggie De Block e, nonostante questa non sia né la sede né il momento giusto per parlarne, dico che sono d’accordo con la mia collega: è offensivo che un giornale si riferisca a lei non con nome e cognome ma con l’epiteto obesa.

Mi è tornata in mente anche una delle poche notizie belle degli ultimi tempi: lo scorso 10 ottobre, Malala Yousafzai è stata insignita del premio Nobel per la pace assieme all’attivista indiano Kailash Satyarthi, diventando con i suoi diciassette anni la più giovane vincitrice di un premio Nobel. Malala Yousafzai è una studentessa e attivista pakistana nota per il suo impegno per l’affermazione dei diritti civili e per il diritto all’istruzione delle donne: all’età di tredici anni ha fondato un blog col quale documentava il regime dei talebani pakistani. È sopravvissuta a un attentato nel quale è stata gravemente ferita.

Ho ripensato anche a Fatima Val, stilista protagonista del post precedente qui sul blog. Fatima è nata in Tatarstan, nella Federazione Russa, a circa 800 km a est di Mosca, una regione i cui confini naturali sono due fiumi e i Monti Urali. Non è dunque nata nel posto più comodo e privilegiato per essere una che voleva occuparsi di moda, eppure la cosa non l’ha affatto fermata: si è trasferita, ha studiato, ha inseguito con tenacia il suo sogno. Oggi ha una sua collezione che va in passerella a Milano e, con carattere e determinazione, stagione dopo stagione, presenta al mondo la sua idea di donna.

A questo punto, il pulviscolo si è abbassato ed è rimasto in evidenza il nucleo: Hannah Arendt, Maggie De Block, Malala Yousafzai, Fatima Val sono quattro esempi del cambiamento e della trasformazione che le donne sanno portare dentro e attraverso loro stesse, proprio come spiegava Morelli.

Non sto mescolando sacro e profano: di qualsiasi cosa si siano occupate o si occupino queste donne, c’è un unico filo che le unisce. Tutte hanno portato e portano il loro contributo, ciascuna nel proprio campo, affinché le cose cambino. Si sono rifiutate di sedersi a guardare. Non si sono fermate davanti a difficoltà e ostacoli. Hanno fatto, hanno agito. Si sono trasformate ed evolute. Sono state e sono protagoniste e non figuranti.

E a proposito di sacro e profano, cito le parole di Hélène Lazareff, colei che fondò proprio il magazine Elle nel 1945, parole ben più autorevoli delle mie e visione molto chiara: “Il nostro scopo è aprire appetiti a dare importanza a tutto ciò che è leggero e ironia a tutto ciò che è serio”.

Se lei era giunta a questo concetto già nel 1945, forse è ora – oggi – di smettere di trincerarsi dietro a certi maledetti compartimenti e pensare in termini più ampi.

(Per inciso: di origine ebrea, Hélène Lazareff nascque in Russia e si rifugiò in Francia a causa della rivoluzione. Un’altra donna tosta che credo sarebbe felice di sapere che Elle è oggi il giornale di moda più diffuso nel mondo con 45 edizioni internazionali. Chapeau!)

Le parole di Hélène Lazareff, inserite in una slide proiettata giovedì scorso, hanno posto un semino che oggi germoglia insieme a tutti gli altri.

Ecco cosa mi frullava in testa, un pensiero allora immaturo finalmente completato e messo a fuoco ieri grazie a queste donne di cui vi ho raccontato.

Che ci sia una questione femminile ancora aperta quanto a diritti e parità con l’uomo non è un mistero per nessuno; che ci siano tanti modi per lottare dovrebbe diventare cosa accettata.

Ce n’è bisogno ovunque, anche in Italia, anche nei paesi cosiddetti industrializzati, non solo in Pakistan, il martoriato paese di Malala Yousafzai.

E proprio questo era il secondo piano di lettura della serata, quello che non sono riuscita subito a delineare, quello che mi interessa di più e che voglio evidenziare.

Sebbene in un ambito diverso, anche Lancia ed Elle vedono le donne come nuove protagoniste. E per me questo è un segno.

Se nell’economia le cose si muovono in tale direzione, forse si può sperare che ciò indichi un cambiamento.

Se le scelte di marketing di un’importante casa automobilistica si rivolgono alle donne, forse si può sperare che ciò sia la spia di qualcosa di più ampio.

Anche perché questo non è un episodio singolo, si tratta di una seconda volta: la prima versione speciale di Ypsilon ELLE fu lanciata nel 2010, dunque è una tendenza che si riconferma.

Cosa ne dite, sono una visionaria ad aver visto un movimento che parte da tante donne di valore e arriva perfino alla Ypsilon ELLE?

Sono un’illusa, un’idealista, una sognatrice? Me lo dicono da quando avevo 14 anni, da quando andavo alle manifestazioni per l’8 marzo.

Mi piacerebbe che la questione femminile non avesse più ragione d’esistere; mi piacerebbe che un ministro – uomo o donna che sia – venga valutato per le sue competenze professionali e non per il suo fisico; mi piacerebbe che a 13 anni una ragazza pakistana potesse pensare solo alla scuola e agli amici.

Ma non è così, oggi non è ancora quel giorno.

Fino ad allora, fino a quel giorno, continuerò a cercare segni e continuerò a guardare a chi dà voce alle donne, sia una scrittrice, un’attivista, un ministro, una stilista, un giornale o una casa automobilistica. Perché tutto aiuta a focalizzare l’attenzione.

E – forse – sono meno illusa e più concreta di quanto si possa pensare: non si può negare che, soprattutto oggi, i cambiamenti sociali siano in parte veicolati e facilitati da quelli economici. Ecco perché mi rallegro per questa operazione in casa Lancia ed ecco perché in questa storia non vedo solo una bella auto ma la spia di un movimento più ampio.

Tutte queste riflessioni fatte partendo da una macchina? Ebbene sì.

Credevo di andare a una semplice presentazione e invece ne sono uscita con tanti di quei puntini da unire come non mi sarebbe successo nemmeno se mi fossi messa a fare uno di quei giochini omonimi su La Settimana Enigmistica 😉

E mi sono accorta che non vi ho nemmeno detto quanti chilometri fa la Ypsilon Elle con un litro di carburante. Sono incorreggibile.

Manu

 

P.S.: Oggi ho letto che LVMH, colosso del lusso francese, ha annunciato che le sue griffe basate negli Stati Uniti (tra le quali Marc Jacobs e Donna Karan) hanno siglato il documento delle Nazioni Unite che contiene i principi per lo sviluppo della parità di genere sul lavoro. “Siamo pienamente allineati con il principio sancito dalle Nazioni Unite secondo il quale ‘uguaglianza significa business’ e crediamo fortemente che facendo leva sulla diversità si possa guidare l’innovazione” – ha dichiarato Chantal Gaemperle, vice presidente delle Human Resources – “Metà dei presidenti dei nostri vari brand negli Stati Uniti sono donne, ma riconosciamo la necessità di continuare ad accrescere lo sviluppo delle opportunità all’interno della nostra organizzazione”. Forse, non sono poi così fuori strada con le mie riflessioni.

 

 

Se – mio blaterare a parte – vi è venuta voglia di conoscere meglio la nuova Lancia Ypsilon ELLE:

Qui il sito Lancia e qui la sezione dedicata alla Ypsilon Elle.

Parlando della casa automobilistica, vi segnalo un altro loro sito molto interessante: LanciaTrendVisions, un progetto di ricerca internazionale e di scouting che esplora le nuove tendenze di design, moda e cultura.

Il magazine Elle sul web: qui il sito e qui la pagina Facebook

 

 

 

 

Tutte le foto sono miei scatti fatti in occasione della preview Ypsilon ELLE del 9 ottobre

 

 

 

 

Se vi va, potete seguire A glittering woman su Facebook | Twitter | Instagram

 

 

 

 

Spread the love

Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

Lascia un commento

Nome*

email* (not published)

website

error: Sii glittering... non copiare :-)