Lazycrab, storia del marchio di Chiara e Angela e perché l’ho scelto

Oggi desidero raccontarvi una bella storia, tutta italiana e tutta al femminile.

Le protagoniste si chiamano Chiara e Angela.
Chiara si occupa di produzioni audiovisive e fotografiche per una istituzione importante, mentre Angela è una libera professionista: è designer grafica e si occupa di loghi, brochure, pubblicità oltre a insegnare in un corso di interior design al Politecnico di Milano.
A legarle è una bellissima amicizia ventennale, ad accomunarle – tra le altre cose – è una fertile creatività: negli anni hanno portato avanti diversi progetti e idee fino a quando, alla fine nel 2016, è scattato in loro l’amore per il beachwear nonché la voglia di darne una personale interpretazione attraverso un loro brand.

È nato così Lazycrab, «senza troppi ragionamenti ma da semplici chiacchiere e risate», come mi hanno raccontato: nel nome si nasconde un simpatico granchietto, crab in inglese, che è stato anche il protagonista della prima capsule collection lanciata nell’estate 2017.

Il logo del marchio è formato dal lettering Lazycrab inserito in un cerchio che vuole avere la forma di un sassolino: parallelamente, il granchio si è trasformato in una stampa all-over fatta da una miriade di sassolini sui quali sono adagiati altrettanti piccoli crostacei, come potete vedere qui sotto.

Ogni nuova grafica Lazycrab nasce esclusivamente dalle teste, dalle mani e dalle matite di Chiara e Angela: nel 2018 nasce il sassolino con il pesciolino e quest’anno è la volta di una piccola libellula.

La loro creatività è in costante divenire ed è tutto un fermento di idee alle quali però è stato deciso di dare un ordine piuttosto preciso, delineando varie collezioni a partire da quella che si chiama Dots: comprende tutte le stampe create con la modalità del sassolino, quelle che raccontano l’identità del brand diventandone anche l’icona rappresentativa.
C’è poi la collezione Maxi, con pattern appunto maxi come l’ananas, le balene, le meduse e molte altre, ma esisterà presto anche la versione e la collezione Mini, realizzata finora solo nella prima capsule collection.
E poi c’è Special, collezione perfetta per concretizzare l’inarrestabile voglia di creatività di Chiara e Angela che, ogni anno, si immergono in nuovi mondi: stavolta, per esempio, tocca alle stampe animalier, ovviamente interpretate in puro stile Lazycrab.

Oltre ai pattern, altra caratteristica di Lazycrab è il fatto che lavorazione e tessuti, scelti attentamente, siano severamente italiani: in dettaglio, il primo passaggio è Made in Milano, dove le due amiche e socie vivono e lavorano, mentre la prototipia (la realizzazione del prototipo) e la successiva produzione e confezionamento sono Made in Rimini grazie ad alcune aziende con le quali Chiara e Angela hanno stretto una bella collaborazione, piccole realtà capaci di curare al meglio tutti i dettagli.

La semplicità e la pulizia dei modelli sono appositamente pensate per mettere in evidenza le grafiche che sono allo stesso tempo eleganti e divertenti: le tecniche di stampa vengono scelte per far risaltare al meglio colori e abbinamenti.
Lazycrab unisce così Milano e Rimini, due città laboriose, all’insegna di un motto ben preciso: meno quantità ma più qualità.

Tra l’altro, se avete voglia di toccare con mano la qualità Lazycrab, segnalo una bella occasione per chi si trova a Milano: martedì 4 e mercoledì 5 giugno, dalle 09:30 alle 18:30, potrete trovare questi costumi in un pop-up store presso GNC in via Cusani 9.

Non parlo spesso di beachwear qui in A glittering woman e quindi desidero spiegarvi, miei cari lettori, perché ho scelto invece di accogliere Lazycrab (a proposito, inizio intanto a lasciarvi il sito nel quale trovate anche lo shop online nonché la pagina Facebook).

Chi legge abitualmente il blog o frequenta i miei social, soprattutto Instagram, sa quanto io ami raccontare storie di talento e capacità: nella storia e nel progetto di Chiara e Angela ce n’è, decisamente, dell’uno e dell’altra insieme a una dose di grande energia e insieme ad amicizia e solidarietà tra due donne, sentimenti nobili trasformati in un business concreto.

Ciò basterebbe dunque a giustificare il post, ma in realtà c’è anche altro.

Dovete sapere che, da qualche anno, ho un rapporto diciamo non idilliaco con il mio corpo: sono minuta di costituzione e, avendo sempre fatto sport, ero ben proporzionata, magra in modo sano e corretto; ora, però, un po’ per gli anni che passano e un po’ perché sono fondamentalmente una persona poco disciplinata in molte mie abitudini, non mi riconosco più molto nel mio corpo che sta cambiando in un modo che non mi piace granché.
Il bello è che comprendo (e apprezzo) solo ora quanto fortunata io sia stata in passato: noi donne siamo talvolta così, passiamo la giovinezza a farci un sacco di complessi poi, in età matura, comprendiamo quanto i doni di Madre Natura fossero speciali…
Naturalmente, ciò che mi causa maggiori problemi è indossare un costume: da diverse stagioni ne scelgo di molto coprenti, soprattutto nella parte inferiore, e non vi dico come sono contenta che stiano circolando tante culotte alte in vita e non sgambate.
La cosa buffa (buffa si fa per dire… ridicola forse è un aggettivo più idoneo) è che, da diversi anni, conduco una campagna di educazione per l’auto-accettazione e contro il cosiddetto body shaming, sia attraverso i magazine che negli anni mi hanno dato fiducia sia attraverso questo spazio: è una campagna sincera e alla quale tengo molto, peccato però che io poi non applichi la stessa comprensione o indulgenza nei miei confronti.

La scorsa estate ho lavorato proprio su me stessa pubblicando qualche scatto in costume per dimostrare che voglio combattere i pregiudizi non solo con il mio lavoro (=scrivere), ma anche mettendoci la faccia… letteralmente. E lavorando contro i miei pregiudizi, quelli che, impietosamente, dirigo non contro altri ma contro me stessa.

Il beachwear di Chiara e Angela mi piace moltissimo anche per questo motivo: nonostante l’inclemenza verso me stessa, nonostante ammetta che sia pressoché impossibile che, oggi, un costume possa riuscire a farmi sentire a mio agio al 100%, trovo che il marchio Lazycrab abbia avuto successo in un’impresa difficilissima, quella di creare costumi che reputo interessanti.

A costo di attirarmi simpatie, devo infatti confessarvi che se parlo poco di beachwear è perché (disagi personali a parte) lo trovo stilisticamente poco interessante, noioso, scontato, banale: pensare a Chiara e Angela che disegnano granchi, ananas, pesci bilanciando con cura e attenzione proporzioni e cromie mi mette invece buonumore, curiosità e perfino la voglia di provare a indossare un loro costume.
Io, naturalmente, impazzisco per i loro modelli interi (trovo siano perfetti per chi non si sente più bellissima ma non vuole assolutamente rinunciare a sentirsi attraente e a piacersi), ma apprezzo ugualmente i bikini che hanno creato (li trovo molto ben proporzionati) e mi piace l’idea che ogni donna possa pertanto trovare il Lazycrab più giusto per sé.

Questo è un periodo in cui noi donne siamo (giustamente!) invitate a uscire letteralmente alla scoperto e a farlo esattamente così come siamo, senza vergogna: io sono ovviamente d’accordo.
Ancora una volta affermo con energia che l’accettazione del proprio corpo ha molte declinazioni e che non ne esiste una giusta e una sbagliata, così come non esiste una taglia giusta o sbagliata o un modello di costume giusto o sbagliato.
Sicuramente l’auto-accettazione non passa dallo scimmiottare modelli di abbigliamento e di comportamento che non ci appartengono: ciò che è importante è che ogni donna scelga ciò che la fa stare tranquilla e a proprio agio nel proprio corpo (lo stesso vale per gli uomini, naturalmente) .
E l’importante è poter riconoscere la nostra bellezza non nello sguardo di chi ci guarda, ma nel nostro, allo specchio e ogni giorno, perché – come ho detto parlando di me stessa – i giudizi peggiori sono quelli che rivolgiamo verso noi stessi e i peggiori giudici di noi stessi… siamo spesso proprio e ancora noi.

Sentitevi libere, care amiche, di scegliere il costume che vi fa sentire più a vostro agio, sia esso un intero o un bikini, una culotte o un perizoma: non permettete a nessuno di giudicare voi dalle vostre scelte ma, allo stesso tempo, ascoltatevi, rispettatevi e non limitatevi scimmiottando, lo ripeto, abitudini che non vi appartengono solo per sentirvi come le altre o accettate.

«Amore batte critica e deve essere così anche quando si tratta di noi stessi.»
Sono le parole che mi ha detto una volta una persona ed è ora di metterle in pratica con autentica convinzione, dedicando al nostro corpo uno sguardo amorevole, comprensivo e grato per essere l’involucro che ci accompagna ogni giorno.
Poi, se vogliamo fare qualcosa di più utile, anziché prendercela con lui, prediamocela con le nostre cattive abitudini – e cambiamole (questo è un auto-rimprovero, ebbene sì).

Un’ultima cosa.

«Be part of us» è il motto scelto da Chiara e Angela per coinvolgere la clientela in un’esperienza visiva e affettiva, invitando le fan del marchio a postare foto taggando il profilo Instagram ufficiale.

Ecco, credo mi cimenterò anch’io visto che, come vi dicevo, già lo scorso anno ho instagrammato qualche foto attraverso il mio profilo.
E sappiate che l’unica prova costume che farò sarà quella che ho avevo enunciato qui: godere in prima persona delle performance del mio Lazycrab, testandolo e sfidandolo al massimo.
Perché non siamo frutta o verdura da pesare al supermercato e perché è vera quella frase scherzosa che dice che «tutti abbiamo un fisico da spiaggia, basta avere un corpo e basta portarlo in spiaggia» 😉

Manu

 

 

 

Alcuni miei post – oltre a quello già citato e linkato qui sopra – a proposito delle mille forme della bellezza, a proposito della varietà dei modelli possibili, a proposito di giudizi affrettati e superficiali, a proposito di body shaming e outfit shaming, a proposito di parole fuori posto:

Qui mi sono cimentata in uno shooting… con cicatrici (le mie); qui parlo del calendario Beautiful Curvy; qui parlo di Renée Zellweger e della libertà di stare bene con noi stessi; qui parlo di Cayetana de Alba, di libertà e di ipocrisia; qui parlo di Clio Zammatteo insultata da Giovanni Veronesi perché cicciona e di due modelle speciali, Winnie Harlow alias Chantelle e Jamie Brewer; qui parlo di una pubblicità Saint Laurent ritirata in quanto accusata di mostrare una modella irresponsabilmente magra; qui parlo di Cara Delevingne e di quanto sia facile giudicare le scelte altrui; qui parlo di quanto mi siano sgradite espressioni tipo «sei cessa» o «fai schifo»; qui parlo di come perfino Barbie possa essere un mezzo per cambiare alcuni stereotipi.

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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