MAD Zone, benvenuti in una follia che è tutta salute

Chi mi conosce bene e chi legge abitualmente A glittering woman sa che esistono cose in grado di farmi perdere l’aplomb che, di solito, mi accompagna.

Una di queste cose è l’uso improprio di determinate parole o espressioni: credo di avere già scritto quanto mi infastidisca, per esempio, l’abuso di termini quali icona e mito. Iconico o mitico sono aggettivi oggi attribuiti con grande generosità: peccato che, invece, poche cose e poche persone lo siano realmente e dunque simili definizioni andrebbero dosate con grande parsimonia.

Purtroppo, oggigiorno esiste questa tendenza: se si prende di mira una parola si tende a metterla ovunque.

Vi faccio un altro esempio: è di moda definire come concept store diversi tipi di spazi commerciali, soprattutto quelli specializzati in merci di vario genere. E così, d’un tratto, molti negozi sono – o sono diventati – concept store.

Io non ci sto: concept store ha un significato molto preciso, è un’espressione bellissima che presuppone e prevede un’idea e una progettualità, dunque non può essere usata a casaccio per qualsiasi negozio che semplicemente venda diversi tipi di merce. Non basta questo per essere un concept store: se non ci sono un filo conduttore preciso e un progetto di respiro più ampio occorrerebbe piuttosto parlare di negozi multimarca e lo dico con tutto il rispetto possibile, sia ben chiaro. In caso di spazi di dimensioni maggiori o con ancora maggiore varietà di prodotto, si può parlare di grandi magazzini o department store per chi preferisce l’inglese.

Qualcuno penserà che sono una pesantissima brontolona, ma a mia discolpa posso dire che amo a tal punto le parole che mi piace che vengano rispettate: al contrario, non amo la confusione né apprezzo il qualunquismo e il pressapochismo che spesso vanno di moda al pari delle parole mito e icona.

Il concept store è in effetti un punto vendita caratterizzato da un certo livello di eterogeneità, ma tale eterogeneità non riguarda solo la merceologia, ma anche e soprattutto la gestione. L’obiettivo di un concept store è quello di offrire un’esperienza di esplorazione e di scoperta attraverso una pluralità di suggestioni che vanno dalla varietà di prodotti esposti all’architettura stessa dell’ambiente, dalla capacità di offrire accoglienza alla voglia di condivisione: è un’idea, dunque, un pensiero, un concetto – un concept, appunto – prima ancora di essere un luogo fisico e di acquisto. Diventa un reale e vivo punto di incontro e di scambio tra chi offre e chi cerca.

Il concetto alla base può essere di vario tipo e questo è un altro punto meraviglioso in quanto presuppone libertà e fantasia: non ci sono limiti e non ci sono regole in questo, ma un concetto – qualsiasi esso sia – deve esistere. E per dimostrare tale teoria citerò due esempi completamente diversi tra loro.

Il primo è quello del grande e rimpianto Elio Fiorucci: in altri articoli (uno qui nel blog) ho già raccontato di come lui fu un precursore dei concept store in Italia e lo fu addirittura negli anni ’70. Ciò che caratterizzava i suoi spazi era proprio il suo essere un anticipatore, un ricercatore, uno sperimentatore e un cacciatore di nuove tendenze dotato di fiuto, autentica ironia, sense of humour, capacità di cogliere la modernità e i cambiamenti.

Il secondo esempio – quasi diametralmente opposto – è quello offerto da Ralph Lauren: lo stilista statunitense aprì negli anni ’80 (Wikipedia specifica 1986) una serie di concept store partendo da New York. L’idea che guidava il progetto era quella di esprimere e rappresentare un lusso patriottico e tradizionale con radici anglosassoni: Mr. Lauren ricreò in un ambiente arredato come una casa il suo stile, ovvero le scelte che avrebbe fatto per sé stesso e pertanto aprì il proprio mondo ai suoi clienti.

Considerata la diversità – il primo caratterizzato dall’evoluzione continua e il secondo da una stabile tradizione – cosa accomuna i due esempi facendo di entrambi dei concept store? La presenza di uno stile preciso, di un’idea caratterizzante, di un’identità forte nonché la capacità di comunicare e infondere il tutto in ogni dettaglio.

Il concept store, dunque, non genera confusione, quella che non mi piace; al contrario, incute sicurezza perché trasmette un pensiero a 360°.

Per aprire un concept store vero occorre essere disposti a investire in un capitale economico e anche di emozioni, occorre avere la voglia di raccontare un’idea e uno stile, trasmettendoli e condividendoli, occorre avere la voglia di raccontare i prodotti e le storie che essi celano. Ecco perché sono così severa e parsimoniosa per quanto riguarda l’uso di tale definizione.

Questa lunga premessa (perdonatemi) è per raccontare che alcuni giorni fa ho avuto il piacere di conoscere in maniera approfondita un vero e interessantissimo concept store milanese e ho avuto la fortuna di farlo con la guida di colei che l’ha fondato, pensandolo e poi realizzandolo: questo posto si chiama MAD Zone ed è la creatura di Tania Mazzoleni.

Gli scatti che ho realizzato mercoledì 25 maggio in occasione della mia <em>MAD Zone experience</em>
Gli scatti che ho realizzato mercoledì 25 maggio in occasione della mia MAD Zone experience

MAD Zone è un po’ negozio, un po’ salotto (nel senso più autentico del termine) e un po’ laboratorio di moda, arte e design.

MAD sta per pazzo, come da traduzione letterale dall’inglese, e in effetti bisogna avere un pizzico di (sana) follia e di (buona) capacità di vedere oltre per gestire uno spazio di questo tipo; bisogna essere un po’ visionari per portare avanti un progetto così impegnativo.

Tania è così e ha tutte queste capacità: laureata in Lettere Moderne con indirizzo Critico, Filologico e Letterario, ha intrapreso diverse strade professionali grazie ai suoi molteplici interessi.

Ha avuto esperienze come giornalista, scrittrice e imprenditrice; ha lavorato in televisione per alcune emittenti private ed è stata speaker e autrice di programmi radiofonici.

È da sempre interessata alle tendenze legate a moda, costume e società: è proprio la passione per la ricerca in questi ambiti ad averla portata a collaborare con alcune testate tra le quali il quotidiano free press Leggo per il quale ha curato una rubrica dedicata ai trend.

Nel 2009 ha prodotto una linea di abbigliamento femminile ispirata agli anni ‘70 e al concetto del pezzo unico: dal 2013 è impegnata nello sviluppo del progetto MAD Zone in cui ricopre il ruolo di talent scout per dare spazio a stilisti e designer emergenti.

“MAD Zone è un luogo meraviglioso e allo stesso tempo reale, fatto di passione e istinto. Un contenitore di storie e di oggetti unici che nascono da idee folli e visionarie.”

Così Tania descrive il suo concept store che si è ritagliato uno spazio nella vivace zona di Brera: ogni storia custodita è unica e speciale e tutte hanno in comune il fatto di essere l’espressione tangibile di un tempo speso con grande passione nella costruzione di un abito o di un accessorio oppure nella progettazione di un’opera d’arte o di un oggetto di design.

Come ogni racconto, come un puzzle fatto di tante tessere, MAD Zone si evolve ogni giorno in una ricerca continua.

Se è vero che sono tanti i talenti emergenti della moda, del design e dell’arte che provengono da tutto il mondo e che meriterebbero di trovare un loro spazio, MAD Zone offre loro proprio questo: si propone come luogo di incontro con un pubblico curioso, appassionato, attento e desideroso di conoscere nuove storie da ascoltare e fare proprie, magari indossandole e dunque diventandone testimoni diretti.

Mi piace pensare che luoghi come MAD Zone contribuiscano a far evolvere l’idea di negozio classico che tutti abbiamo in mente e magari quel concetto un po’ travisato e abusato di concept store.

Lo fa trasformando il modo di vivere un abito, aiutandoci a leggerlo: parlate con Tania e capirete ancora meglio cosa intendo.

Lo fa trasformando il contatto con l’arte in un rapporto diretto grazie ai tanti appuntamenti che vengono organizzati e durante i quali artisti e designer incontrano gli ospiti presentando il proprio lavoro.

Contaminazioni, incontri, dialogo, condivisione: se dovessi racchiudere MAD Zone in un concetto e in poche parole, credo che sceglierei queste.

Sono parole che amo e che rispetto così come le sa rispettare Tania che è stata capace di creare uno spazio nel quale è bello dapprima perdersi e poi ritrovarsi, magari proprio grazie alla guida di colei che ne è l’anima e l’artefice.

Non cito tutti i nomi presenti proprio perché lo store è in continua evoluzione e anche perché non voglio svelare troppo, mi piacerebbe che ognuno – se possibile e quando ci sarà occasione – scoprisse lo spazio secondo la propria sensibilità: vi dico che ho piacevolmente ritrovato molti nomi che conosco e che seguo. Sono stata felice di scoprire che questi talenti hanno trovato una casa fisica grazie a Tania.

Tra le proposte, ci sono anche linee personalizzate nate da collaborazioni esclusive con stilisti e designer: inoltre, al piano inferiore (lo store si sviluppa su due livelli) è presente un curatissimo angolo dedicato alla profumeria artistica, poche etichette di nicchia selezionate con estrema attenzione. Perché il profumo si indossa proprio come un abito.

Considerato il fatto che sono e sarò sempre innamorata di Elio Fiorucci, incontrare e conoscere una persona come Tania equivale ad alimentare in me una speranza, ovvero che esistano ancora sperimentatori e anticipatori così come lo era lui.

MAD Zone è davvero esplorazione, scoperta e pluralità di suggestioni che ruotano attorno a un’idea, quella – appunto – di dare casa alle belle storie e al talento (toh, quello che è anche il mio chiodo fisso).

Ecco perché si può affermare che è un vero, autentico, genuino concept store.

Brava Tania, la tua zona folle mi piace molto.

Manu

 

 

 

 

Per maggiori informazioni e per approfondire:

MAD Zone si trova in via Brera 2 a Milano

Orari di apertura: lunedì 15:30 – 19:30 | dal martedì al sabato 10:30 – 19:30

Qui trovate il sito di MAD Zone, qui la pagina Facebook e qui l’account Instagram.

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

Glittering comments

Cristina
Reply

A questo punto Manu sono veramente curiosa..non mancherò di visitare il MAD la prima volta che verrò a Milano. Devo anche dare un’occhiata all’angolo dedicato alla profumeria artistica!
Grazie per la bella segnalazione

Manu
Reply

Come sempre, cara Cristina, sono io che ringrazio te per la tua preziosa attenzione.
A mio avviso, MAD Zone vale una visita, anzi, più di una: sono curiosa di conoscere l’impressione che ne avrai tu.
Un abbraccio,
Manu

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