Che la terra le sia infine lieve, cara Marina Ripa di Meana

Marina Ripa di Meana mi era simpatica.
Mi era simpatica in quel modo istintivo (e a volte ingovernabile) in cui apprezzo le persone che hanno un carattere forte, deciso, indomabile.
Mi era simpatica perché la consideravo una persona fuori dagli schemi: molto spesso era sopra le righe risultando perfino eccessiva, è vero, ma era dotata di un’intelligenza vivace che mi piaceva.
Era una persona caratterizzata dai forti contrasti, esuberante quanto controversa. Il carattere a volte diventava caratteraccio, come capita a tutti coloro che vivono di estremi, ma credo non abbia mai peccato di una cosa: essere banale.
Non riuscivo a provare antipatia nei suoi confronti nemmeno quando si esibiva in quei suoi eccessi: come mi aveva fatto arrabbiare con le sue esternazioni a proposito della legge per i matrimoni delle coppie omosessuali, eppure la simpatia superava infine i contenuti delle sue tante battaglie che a volte condividevo e altre volte no.
Perché sto imparando – faticosamente – che per apprezzare una persona non è necessario approvare le sue azioni in toto: si può essere in disaccordo, parziale o perfino quasi totale, eppure stimarne e rispettarne l’audacia, la passione, la dedizione, la convinzione.
Ed ecco quindi che stimavo Marina Ripa di Meana esattamente come stimavo Cayetana de Alba, con luci e ombre (che tutti, peraltro, abbiamo), senza la necessità di approvare ogni parola e ogni gesto, con quella ammirazione che sento per le menti e le persone libere. Quelle che sono libere di essere sé stesse, un’audacia che agli occhi di molti appare talvolta come arroganza.
Provocatrice – l’hanno spesso definita; combattiva e battagliera – preferisco dire io, pur dubitando che un paio di parole possano descriverla, racchiuderla, raccontarla.
Guerriera – l’ha definita la figlia Lucrezia Lante della Rovere in un post affettuoso nel suo account Instagram, con una foto tanto bella, tenera e rappresentativa che mi sono permessa di prenderla in prestito.
In fondo, avevamo alcune cose in comune, la signora Marina Ripa di Meana e io.
Avevamo in comune l’allergia verso l’omologazione e – cosa buffa – abbiamo avuto modi comuni di manifestare tale allergia nelle piccole cose: l’amore per la moda un po’ alternativa e l’amore per cappellini, gioielli e bijou oltre misura e stravaganti.
Avevamo in comune l’anticonformismo e il desiderio di abbattere quel finto perbenismo, quel falso moralismo e quell’ipocrisia spesso imperanti – ahimè: lei è stata una donna che ha sfidato le convenzioni, che ha anticipato i tempi con scelte e comportamenti molto criticati e che oggi, invece, sono diventati normali. Si è goduta la vita e penso che abbia anche sofferto.
Ed è proprio per il suo saper essere tanto audace che non compresi le esternazioni sui matrimoni gay: forse, la spiegazione è da ricercare proprio nel fatto che fosse talmente sincera e talmente sé stessa da non temere né le critiche né le antipatie. Di sicuro, non le interessava essere politically correct e non aveva paura di essere contro.
A ogni modo ho affermato che occorre accettare una persona con luci e ombre e dunque confesso che se ero in dubbio circa il fatto di scrivere o meno questo post non è stato certo per quello o per altri episodi, bensì semplicemente perché non ero certa di riuscire a trovare la chiave giusta.
L’ho trovata invece ieri, guardando un frammento del video che Marina Ripa di Meana ha voluto lasciare come sua ultima testimonianza.
«Fatelo sapere» dice in quel video, con la voce rotta dalla fatica e dal dolore eppure con un ardore che è stato vivo fino in fondo.
E allora io accolgo il suo invito, fatelo sapere, e lo faccio con slancio, con passione, con ardore e con sincerità.
E le faccio volentieri spazio in questo mio umile luogo virtuale.
E dunque facciamolo sapere che la speranza di salvarsi dal cancro è data dalla medicina e dalle cure.
Riporto da una sua intervista al Corriere della Sera:
«Non ne ho mai fatto mistero. Non c’è nulla di cui vergognarsi. Se posso essere utile con la mia testimonianza, racconto la mia storia. Mi curo da anni e non sempre è stato semplice. La chemioterapia non è stata una passeggiata, ho passato momenti difficili, ma sono terrorizzata da chi dice che la chemioterapia fa male: ciarlatani, gente senza scrupoli che propone cure alternative e peraltro a scopo di lucro, perché costano e anche tanto. La mia nuova battaglia è questa, a favore della prevenzione dei tumori, che può salvare la vita: per questo è importante “vivere bene” e fare i controlli previsti. E a favore delle terapie ufficiali, contro i “venditori di bufale”.»
E facciamolo sapere che oggi, in Italia, si può scegliere la sedazione profonda, in ospedale o a casa, così come ha scelto lei dopo 16 anni di lotta contro il tumore.
«Fate sapere ai malati terminali che c’è un’alternativa al suicidio assistito in Svizzera» dice Marina Ripa di Meana nel video del quale ho accennato e del quale vi lascio il link.
Devo avvisarvi, è un video forte dal punto di vista emotivo. Eppure, secondo me, va visto.
Perché credo nel progresso, nella scienza, nella medicina.
Perché credo nella libera informazione che dà la possibilità più grande di tutte, quella di scegliere ciò che è più giusto per noi stessi.
Ecco, Marina cara, grazie per avermi suggerito lei stessa il modo giusto per darle un ultimo saluto e ora importa solo che lei e io condividessimo ciò che più conta: l’amore per la vita e l’amore per una vita che sia degna di essere vissuta.
Fino in fondo, fino all’ultimo respiro.
Che la terra le sia davvero e infine lieve.

Manu

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

Glittering comments

Lu
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Cara Glitter/ Manu,
Leggo,sempre con piacere I tuoi post e ti seguo su Instagram.
Anche io ho ammirato la signora Marina, anche io non ho condiviso alcune sue scelte; ma l ho sempre giudicata una creatura libera, exlege, sciolta dalle convenzioni e dagli schemi consueti, coraggiosa e anche sfrontata.
Grazie per essere riuscita a ricordarla con rispetto e leggerezza di tratto.

Manu
Reply

Cara Lu,
Sai che – a mia volta – leggo i tuoi commenti su Instagram con interesse? Sei sempre pertinente, attenta, stimolante e spesso mi strappi un sorriso (in senso più che buono!).
Grazie anche per questo tuo commento, per le tue parole sulla signora Marina, parole molto intelligenti, che la raccontano bene e che condivido. Completamente.
E grazie per aver detto che l’ho ricordata con rispetto e leggerezza di tratto.
Buona serata e ai nostri prossimi scambi,
tua Glitter/Manu 🙂

Anonima67
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Dovresti proprio vergognarti di chiamare amore per la vita ciò che invece puzza di scelta di morte!

Manu
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Cara Anonima67,
Per prima cosa, ti ringrazio per aver commentato: qui, in questo spazio libero, tutte le opinioni sono le benvenute, anche quelle distanti dalle mie, poiché cerco di avere rispetto di tutti. Ci provo, almeno.

Tuttavia, mi preme darti una notizia: no, non mi vergogno affatto.
Non solo, commenti come il tuo mi rendono più salda nelle mie idee, facendomi comprendere quanto bisogno ci sia di parlare di certe cose e di fare informazione (nel mio piccolo, ovviamente): ti spiego perché affermo ciò.

Non mi vergogno perché la scelta che ha fatto Marina Ripa di Meana è coraggiosa, a mio avviso, e non puzza affatto di morte – come invece sostieni tu.
Marina Ripa di Meana ha deciso di mostrarsi, per un’ultima volta, per quello che era, una signora malata e al termine del proprio percorso.
Sottolineo ciò perché molte persone vanitose (e lei lo era, ammettiamolo) preferiscono negarsi per essere ricordate al meglio: sicuramente, lo avrebbe preferito anche lei, eppure ha sacrificato e messo da parte apparenza e vanità poiché il messaggio che voleva lasciare era molto più importante. Chapeau.
La donna che la accompagna nel video, Maria Antonietta Farina Coscioni, moglie di Luca, ha fatto in modo che Marina non si suicidasse in Svizzera, l’ha informata e l’ha accompagnata nel percorso.
La terapia del dolore e la sedazione profonda permettono dignità e qualità della vita fino all’ultimo (dignità e qualità, parole che non ho scelto a caso): non fanno guarire, purtroppo, ma modificano nettamente la percezione del dolore.
Esiste in moltissime persone – e mi pare tu ne faccia parte, cara Anomima67 – una sorta di convincimento che vuole che nella sofferenza risieda un valore aggiunto: questo convincimento (religioso o morale, non mi interessa) ha rallentato una cultura – quella della libertà di scelta – e ha nascosto una variabile importante. Ha convinto molti (compresa Marina Ripa di Meana) che quando il dolore è fortissimo non ci sia una soluzione o che la soluzione sia il suicidio.
Non è vero: esiste una strada senza dolore. E per fortuna, Marina ha incontrato Maria Antonietta e ha voluto condividere tutto ciò con noi.
E per fortuna, oggi, sempre più medici trovano questo protocollo indolore la scelta migliore e la propongono ai malati terminali.
«Fatelo sapere» è il messaggio di Marina Ripa di Meana – e io lo accolgo, con orgoglio, altro che vergogna.

Non mi vergogno affatto di professare l’amore per una vita degna, dignitosa e libera dal dolore che non è né necessario né ineluttabile.
Lo dico ai malati terminali e ai loro parenti. Lo dico perfino ai medici.
Quando si è terminali, la morte è ineluttabile – quella sì, purtroppo: il problema è il modo, il dolore nonché gli ostacoli ottusi e i convincimenti a priori. I preconcetti.
Per un medico c’è talvolta anche il timore di affrontare l’argomento, di apparire poco etico proponendo la somministrazione di farmaci che qualcuno considera droghe: in realtà, la terapia del dolore pone la persona in condizione di parlare, disporre le proprie volontà, prendere commiato.
Il malato terminale sotto farmaci accuratamente e scrupolosamente dosati da un medico non è offuscato, è vigile: che male c’è a morire lucidi ma senza dolore?
È di questo che parlo.
È questa la tesi che sostengo senza vergognarmi.
Perché, se un giorno capitasse a me o a qualcuno che amo, è questa la strada di dignità che sceglierei per me e che proporrei a chi amo.
Questa è vita. Questo è amore per la vita. E nulla «puzza di scelta di morte» in tutto ciò.
Tutto ciò è dignità, consapevolezza, libertà, qualità.

Posso permettermi di chiudere dandoti un consiglio?
Nel bene e nel male, io ho il coraggio di espormi per le mie idee, ho il coraggio di metterci la faccia.
Ecco, posso consigliarti di fare altrettanto e di non nasconderti dietro pseudonimi come Anonima67, dietro indirizzi e-mail falsi?
Perché ho rispetto di tutti, ma non mi piace chi si nasconde dietro l’anonimato intimando agli altri di vergognarsi.

Cordialmente,
Manu

Elena
Reply

❤️ Manu Grazie del tuo modo di scrivere ed esporti così professionale, educativo, sincero e stracolmo di quella ormai rara saggezza e bellezza d’animo che è in te. Ti stimo❣️ Affettuosamente,
Elena DC
Grazie 😘

Manu
Reply

Elena cara…
Non so se riesco a dire per bene quale regalo siano le tue parole.
Grazie, grazie, grazie con tutto il cuore.
Anche se possiamo apparire saldi, anche se possiamo apparire forti nelle nostre convinzioni… e perfino se lo siamo davvero… non siamo però isole e abbiamo bisogno degli altri. Sempre.
Abbiamo bisogno di sostegno, di conforto, di confronto. Magari anche di critica, anzi, senza magari, ne abbiamo bisogno, ma ciò che tanta gente non capisce è che gli insulti sono sterili.
Grazie per la tua stima e per il tuo affetto: me li stringo al cuore, preziosi.
Buona serata,
Manu con sorriso 🙂

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