Milano Fashion Week: Stella Jean FW 2015-16

Confesso senza alcun imbarazzo un mio grande limite: non capisco – e non capirò mai, credo – certi meccanismi.

Vi faccio un paio di esempi.

Il primo è il debutto di Alessandro Michele in veste di direttore creativo per Gucci. La sfilata autunno / inverno 2015 – 16 da lui firmata ha segnato una svolta netta, un taglio deciso rispetto ai 10 anni di regno di Frida Giannini, colei che l’ha preceduto, e ha così scatenato le critiche di molti, soprattutto conservatori e nostalgici.

Il secondo esempio è quello di Stella Jean: il suo autunno / inverno 2015 – 16 conduce fino ai lontani altipiani dell’Himalaya, eppure i soliti criticoni (saranno gli stessi di Gucci?) se ne escono affermando che la stilista fa sempre le stesse cose e che ha solo cambiato paese.

È questo ciò che non capisco: se si rompe con la tradizione, c’è chi grida subito allo scandalo ma, contemporaneamente e in maniera diametralmente opposta, si critica anche chi rimane fedele a sé stesso.

Decidiamoci, signori miei: cosa vogliamo? Tradizione o innovazione? Rottura col passato o continuità?

Volete sapere cosa penso? Le due cose possano tranquillamente coesistere e la necessità dell’una o dell’altra può essere valutata a seconda del contesto.

Mi piace che un brand con una lunga storia alle spalle apra le finestre per fare entrare aria nuova; mi piace che una stilista giovane costruisca un percorso all’insegna della riconoscibilità, rimanendo fedele – almeno per ora – a quelli che sono diventati il suo stile e la sua impronta. Questo, a mio avviso, denota carattere, personalità, idee chiare e un progetto ben preciso.

Quindi non ditemi frasi tipo “Stella Jean è sempre uguale”, vi prego, anche perché il suo stile carico di riferimenti e commistioni a me piace da impazzire.

Come ho già accennato, per la prossima stagione fredda la stilista sceglie lo scenario dell’Himalaya – in particolare quello indiano – e privilegia la strada di una certa disobbedienza: la sua donna, infatti, fa propri e reinterpreta capi della quotidianità maschile dando il via a un’invasione di campo di generi.

Forme estremamente femminili si sovrappongono ad altre prepotentemente maschili annullando ogni passaggio intermedio, ogni via di mezzo, ogni compromesso: quello delle identità non è più un gioco, ma la consapevolezza di una natura in perenne movimento, mutazione e trasformazione.

Dai cappotti colorati, spesso lunghi fino ai piedi, spuntano rigorose camicie a righe da abbinare a pantaloni fluttuanti e oversize: Stella contamina il tartan, il principe di Galles, il tweed e altri tessuti classici con lo stile indiano a tratti perfino un po’ bollywoodiano.

Non mancano i rimandi alle divinità induiste e si gioca coi volumi con estrema naturalezza: ora si fanno ampi, ora diventano accostati alla figura.

Lo yak, il bue asiatico, risorsa vitale di intere comunità, si trasforma in simbolo pop: la stilista riprende i decori sgargianti e chiassosi coi quali l’animale viene spesso adornato e li riporta sui suoi capi, soprattutto sui capispalla. Sempre dalle atmosfere degli altipiani himalayani, prende in prestito la stratificazione di stoffe e di forme.

Con lei, tale stratificazione non è più, però, solo un fatto funzionale: indispensabile per i nomadi di quelle zone per poter sopravvivere agli sbalzi climatici, sulle sue donne diventa piuttosto l’ennesima trasformazione che fa sì che i capi acquisiscano un senso più ampio nel momento della combinazione.

Lo styling – ovvero il creare l’insieme e l’abbinare i diversi capi tra di loro – diventa così l’elemento chiave di tutto e crea la narrazione: i capi sono equiparabili a singole parole e vengono organizzati in outfit e dunque in frasi, trasformando la collezione in un vero e proprio racconto.

Tale racconto è completato da tutta una serie di accessori tra i quali ci sono nappine, bracciali in ferro battuto dipinti a mano (da portare non sul nudo polso ma sopra maglioni e cappotti) e bijou coloratissimi che raffigurano gli elementi della tradizione Moghul, dinastia imperiale che dominò in India.

Allo scopo di valorizzare le competenze e la maestria delle produzioni artigianali, Stella Jean prosegue anche stavolta la sua collaborazione col programma Ethical Fashion Initiative di International Trade Centre, un’agenzia gestita in comune da Nazioni Unite e World Trade Organization: tale collaborazione ha favorito l’introduzione dei tessuti fatti a telaio a mano dalle donne dei villaggi del Burkina Faso e del Mali e dei gioielli realizzati da artigiani haitiani.

L’occhio attento di Stella che guarda ben oltre qualsiasi piccolo confine non mi sorprende, in quanto la stilista è una vera cittadina del mondo: di origini italo-haitiane, è nata e lavora a Roma, dove vive con i suoi due figli ed è cresciuta in una famiglia multi-culturale nella quale arte, moda e bellezza sono sempre state presenze quotidiane.

Dopo aver iniziato a lavorare sfilando come modella per Egon Von Fürstenberg, ha scoperto la sua vera vocazione, quella creativa, e da lì è stata una continua escalation: nel luglio 2011 si è distinta a Roma tra i vincitori del prestigioso concorso “Who Is On Next?”, nel settembre 2012 ha debuttato a Milano con una sfilata organizzata in collaborazione con White e nel settembre 2013 è stata scelta da Giorgio Armani per sfilare come ospite negli spazi dell’Armani Teatro, consolidando in tal modo il suo ruolo di esponente di prestigio della new wave italiana.

Oggi, Stella Jean continua a portare avanti la sua visione attraverso la quale estetica, etica e sociale dialogano: continua a unire paesi, culture e tradizioni anche lontane tra loro con uno spirito libero e nomade, disobbediente e un po’ anarchico.

Altro che essere uguale a sé stessa, parole del tutto inadatte a descrivere il mondo sfaccettato della stilista.

Le sue collezioni sono per me allegria e gioia di vivere; sono un invito a conoscere il mondo e ad osservarlo attraverso un magico caleidoscopio.

Con lei, torno bambina, come quando mia mamma mi comprava le girandole che tanto amavo: ci soffiavo sopra e amavo guardare il turbinio di colori.

Oggi amo farlo con le sue sfilate: apro occhi, cuore e mente e mi lascio trasportare dalla magia che si ripete.

Manu

 

 

 

Ringrazio Studio Re per le foto di sfilata inserite nel testo (credit: SGP Stefano Guindani Photo).

Ecco invece qui sotto alcune foto fatte da me in backstage.

La stilista Stella Jean risponde alle domande in backstage
La stilista Stella Jean risponde alle domande in backstage

 

 

Per maggiori informazioni e per approfondire:

Qui il sito di Stella Jean, qui la pagina Facebook, qui Twitter e qui Instagram

La sezione New Talents del sito della Camera Nazionale della Moda dove potete trovare anche Stella Jean: qui

Qui il mio racconto della collezione primavera / estate 2015 di Stella Jean

 

 

A proposito di ITC – International Trade Centre e di Ethical Fashion Initiative

Ethical Fashion Initiative è uno dei programmi di punta dell’International Trade Centre, agenzia congiunta delle Nazioni Unite e della World Trade Organization: Stella Jean collabora con tale programma per produrre manufatti in condizioni etiche ed eque, con artigiani africani e haitiani.

Il 12 giugno 2014, Stella ha preso parte al 50° anniversario di International Trade Centre a Ginevra dove è stata invitata a partecipare al panel discussion “The Power Of Empowered Women” al Palazzo delle Nazioni Unite e, nello stesso giorno, ha presentato al World Trade Centre i capi creati grazie alla collaborazione con il progetto Ethical Fashion Initiative.

Ethical Fashion Initiative crea un link tra i maggiori talenti mondiali della moda e gli artigiani marginalizzati, la maggior parte dei quali sono spesso donne: attivo dal 2009, il programma ha già consentito a migliaia di artigiani che vivono in distretti urbani e rurali poveri di connettersi con la catena globale della moda, portando avanti collaborazioni creative a lungo termine in tutto il mondo con brand tra i quali ci sono Vivienne Westwood e Stella McCartney.

In virtù del motto “NOT CHARITY, JUST WORK”, Ethical Fashion Initiative promuove una più equa industria della moda.

Qui trovate la pagina Facebook del programma e qui l’account Instagram con ulteriori dettagli degli accessori realizzati per e con Stella Jean.

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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