Mukako e la scatola che restituisce tempo

Ultimamente, quando qualcuno mi chiede di dare una definizione del mio blog, sorrido.

Un po’ perché ho sempre provato antipatia per le definizioni, un po’ perché mi chiedo io stessa come si dovrebbe definire un blog che, piuttosto che di un genere unico e prestabilito, tende piuttosto a occuparsi del talento e del saper fare qualsiasi forma essi assumano.

Ogni volta in cui scrivo di detestare la suddivisione per generi e i limiti che spesso ci imponiamo da soli sono serissima e gli articoli presenti su questo blog ne sono una prova lampante e concreta: qualche giorno fa, per esempio, ho parlato di un progetto di design che include perfino dei sex toy, oggi mi accingo a parlare di infanzia, anzi, di primissima infanzia, di tutti quei bambini che ancora necessitano dei pannolini.

So perfettamente che qualcuno si chiederà “pannolini su un blog che comunque parla principalmente di moda?” e so altrettanto bene che se qualcuno tra i miei amici di lungo corso, quelli che mi conoscono bene, sta leggendo queste righe, probabilmente esploderà in una sonora e fragorosa risata: la Manu e i neonati, tutto nello stesso articolo? Quasi più buffo della possibilità che i pannolini stiano su un blog di moda.

In effetti, tra gli amici, sono piuttosto nota per una certa allergia verso i bambini, allergia che ammetto di nutrire: non sono ai livelli di Erode, intendiamoci, ma in effetti non sono madre, non ho mai desiderato esserlo e non dimostro particolare pazienza o slancio verso i pargoli.

Però è altrettanto vero che sono zia e che ho una nipotina che adoro (e alla quale ho cambiato qualche pannolino) ed è vero che alcune mie care amiche sono mamme e che quindi so bene quanto sia difficile e non economico destreggiarsi tra pannolini, pappe e quant’altro.

Dunque, tornando alla mia antipatia verso i compartimenti stagni, vi dico: perché non parlare di pannolini se esiste un buon motivo per farlo?

Il buon motivo è il fatto che mi sono innamorata di una startup geniale messa a punto da due giovani donne in gamba: come tengo a sottolineare ancora una volta, il talento è talento e può essere applicato a tutto, a un abito, a un oggetto di design o a un progetto che, prima di tutto, prima ancora di vendere pannolini, contiene un’idea, un concetto importante, quello di ottimizzare il tempo e di metterlo a frutto nel modo migliore.

E si sa, il tempo è sempre troppo poco e non è mai sufficiente per tutto quello che vorremmo fare: la mia ammirazione per chi sa escogitare mezzi per ottimizzarlo è sconfinata.

Mukako mi dà quindi ottimi motivi per parlare di pannolini, anzi, in verità di un abbonamento per la fornitura di pannolini.

Genitori in ascolto regalatemi cinque minuti del vostro tempo, per favore, e vi prometto che cercherò di non sprecarlo e di farlo rendere al meglio, in nome del rispetto che nutro verso il suo essere tanto prezioso: non intendo tediarvi addentrandomi in dettagli tipo modelli o taglie, cose nella quali siete indubbiamente più ferrati rispetto all’inesperta sottoscritta, bensì desidero condividere con voi un nuovo punto di vista e, conseguentemente, un nuovo servizio.

Mukako nasce proponendosi una missione speciale: restituire tempo ai genitori affinché essi non restino schiacciati dalle molteplici incombenze quotidiane.

L’idea nasce da una madre alle prime armi: un giorno di pioggia, da sola in casa e col bambino che piange, si accorge di aver finito la scorta di pannolini. Per fortuna, un’amica finlandese accorre in suo soccorso e così l’emergenza viene risolta. Già, ma fino a quando?

Le due amiche iniziano a riflettere su come e quanto l’arrivo di un neonato stravolga la vita dei genitori: le cose da fare aumentano a dismisura, il tempo vola tra una poppata e un cambio di pannolino e una mamma non ha mai abbastanza aiuto, per quanto la famiglia possa starle vicino.

L’amica finlandese pensa a come tutto è diverso nel suo paese dove esistono moltissimi aiuti concreti alle famiglie: in effetti, secondo un rapporto di Save the Children, le mamme finlandesi sono le più felici al mondo.

Tra i vari aiuti che ricevono c’è la Baby Box: si tratta di una scatola di cartone, usata anche come culla, contenente vestitini, giocattoli e altri prodotti per il bebè in arrivo.

Pensate, la Baby Box è nata nel lontano 1938 (1938!) per i genitori più indigenti e dal 1949 viene offerta dal governo (questa è civiltà! ci svegliamo qui in Italia?) a tutti i novelli genitori i quali possono scegliere in alternativa di ricevere l’equivalente importo in denaro: quasi nessuno lo richiede, però, perché il vantaggio, oltre che economico, è realmente il risparmio di tempo – un vantaggio dal valore inestimabile.

Ed è così che è scattata l’idea: il nocciolo fondamentale è il supporto concreto nonché il risparmio di tempo ed è da lì che Mukako ha deciso di partire.

Mukako è una parola inventata e deriva dalla fusione di due parole finlandesi, mukana e laatikko, che significano rispettivamente insieme e scatola: vuole significare la scatola che accompagna, che aiuta nella crescita dei figli, che restituisce tempo alla persona e alla famiglia.

Mukako risponde alla necessità di tempo e aiuto dei neo genitori e porta in Italia la scatola del tempo, una fornitura di pannolini che viene spedita a domicilio ogni 4 settimane: si sceglie la marca che si preferisce, la durata della fornitura e, inserendo i dati di nascita e peso del bambino, vengono automaticamente calcolate la taglia e la quantità necessarie, aggiornate prima di ogni spedizione.

È possibile scegliere una fornitura a termine oppure un abbonamento che offre il vantaggio di non dover più pensare né all’acquisto di pannolini né al portarli dal supermercato fino a casa né al dover capire ogni volta quali e quanti comprarne: anche con la formula abbonamento, c’è un’estrema flessibilità ed è possibile richiedere di anticipare o posticipare la spedizione o di sospendere l’abbonamento anche temporaneamente.

Nella scatola del tempo sono incluse delle simpatiche e utili sorprese e può essere un regalo originale.

Le idee di Mukako non finiscono qui e c’è già l’intenzione di sviluppare nuove linee di prodotto adatte a raggiungere lo scopo che il progetto si propone, la restituzione del tempo: presto sarà in arrivo la scatola della nascita, una vera e propria Baby Box italiana con tutto l’occorrente per dare il benvenuto al neonato. Meno male che qualcuno – finalmente! – ha pensato di farlo!

Come accennavo in principio, Mukako è un’iniziativa messa a punto da due giovani donne in gamba, mamme e imprenditrici: ho avuto il piacere e l’onore di conoscerne una di persona in un pomeriggio di sole qui a Milano e, durante una chiacchierata davanti a una spremuta, è riuscita a trasmettermi tutto il suo entusiasmo e a farmi entrare nel cuore del progetto.

Per questo e solo per questo ho deciso di portare la loro idea qui su A glittering woman, con lo spirito e la volontà – ancora una volta – di condividere con chi legge cose in cui credo.

Tengo a segnalare che qualcuno molto più importante e competente di me ha reputato che questo progetto abbia ottime basi: Mukako è stata certificata startup innovativa grazie al suo alto contenuto tecnologico e grazie all’innovazione di prodotto messa al servizio delle famiglie (date un occhio al sito e immaginate l’organizzazione tecnica e logistica necessaria), tanto che il progetto è stato avviato col contributo della Regione Lombardia.

Questo non cambierà la mia (inesistente) attitudine verso la maternità (lo scrivo soprattutto per mia mamma che aspetta di diventare nonna per la seconda volta e per mia sorella che ancora spera di diventare zia), tuttavia penso con grande convinzione che Mukako sia una bella dimostrazione del talento, del coraggio, dell’iniziativa e del genio nei quali credo e che voglio sostenere sempre, infischiandomene altamente di generi e definizioni.

Manu

 

 

 

Per maggiori informazioni e per approfondire:

Qui trovate il sito Mukako e qui la pagina Facebook.

 

 

 

Giusto per curiosità…

Se volete approfondire circa il maternity package del governo finlandese, qui trovate la storia raccontata da Wikipedia e qui trovate la pagina dedicata sul sito di Kela, l’istituto per la previdenza sociale in Finlandia.

Devo ringraziare Mukako per avermi fatto scoprire questa realtà che non conoscevo: sapevo dell’attenzione del paese nordico verso le questioni sociali, ma non conoscevo nel dettaglio la questione Baby Box. Ecco cosa amo del fare blogging: offre la possibilità di approfondire argomenti sui quali non si è specialisti scoprendo così nuovi mondi 🙂

Immagini di archivio della <em>Baby Box</em> finlandese
Immagini di archivio della Baby Box finlandese

 

 

 

 

 

Le foto che corredano questo articolo ritraggono me e mia nipote Alissa a Forte dei Marmi in novembre 2008, a dimostrazione che, anche le donne meno dotate di istinto materno come la sottoscritta, hanno un  che si scioglie per qualcuno 🙂

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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