Roberto Ferrari e le maschere che (talvolta) portiamo

Ho deciso fin da subito quale sarebbe stata la linea di questo blog: la sincerità, esattamente come in un diario, esattamente come nelle Smemoranda che riempivo da ragazzina e che facevo diventare monumentali tanto le riempivo di ricordi e cose raccolte. Non voglio avere bisogno di indossare una maschera o di mettermi il mio vestito migliore per mostrarmi a voi: voglio solo essere me stessa.
Per questo non ho paura di confessarvi di aver avuto un macigno sul cuore: negli ultimi giorni, avevo dei brutti pensieri in testa, cose che riguardano il lavoro e che mi lasciano l’amaro in bocca, tanto da appannare perfino la voglia di scrivere.
Poi, ieri ho partecipato a un workshop su comunicazione e giornalismo di moda: una persona speciale ha detto cose che mi hanno profondamente colpita. Per esempio, che dobbiamo essere i primi sostenitori di noi stessi. E che la cultura deve essere il primo amore di chi fa moda con un’apertura a 360° verso tutto ciò che ci circonda. Condivido questi concetti, profondamente, e riascoltarli ha riacceso in me la voglia di lottare, quella voglia che per un paio di giorni si era un po’ appannata esattamente come un vetro sopra al quale qualcuno aliti.
In omaggio a quella persona speciale nonché contro coloro che tentano di distruggere la fiducia in noi stessi, riparto oggi da un post che non parla né di abiti né di accessori ma che tenta di abbattere – ancora una volta – quegli stupidi compartimenti stagni che tanto detesto.
Amo la bellezza della vita a tutto tondo: nutro infinita curiosità, attrazione e voglia di conoscenza verso qualsiasi modalità di espressione e comunicazione e se apprezzo meraviglie quali la musica e l’arte lo devo anche all’educazione che – per fortuna – ho ricevuto dai miei genitori. Ricordo, per esempio, con grande gioia che, quando ero piccola, la domenica mattina in casa nostra c’era sempre musica, di tanti generi: rammento Madama Butterfly che da allora è rimasta una delle mie opere preferite. Credo che quel meraviglioso 33 giri si sia quasi consumato.
Nella continua contaminazione di settori e linguaggi, oggi voglio farvi conoscere un mio amico che si chiama Roberto Ferrari e che è una delle persone più sfaccettate che io abbia mai conosciuto.
Mi convinco sempre più che le persone si scelgano tra loro per affinità elettive. Certo, nel breve termine c’è sempre un concorso più o meno casuale di eventi: Roberto e io, per esempio, ci siamo conosciuti perché siamo stati colleghi. Ma l’amicizia vera è quella che sopravvive quando questo concorso cessa: non lavoriamo più insieme da diversi anni, ormai, eppure la nostra amicizia è continuata perché tra noi è sempre esistita un’affinità di interessi e di visioni.
Roberto ama esprimersi attraverso diverse forme d’arte: ciò che è strano è che per molti anni ha fatto lavori che non erano affatto artistici, eppure è sempre riuscito a conservare quella fiamma che aveva in sé. Ora, finalmente, è libero di lasciarla ardere e così ci siamo incontrati, in un sabato un po’ grigio, per parlare un po’ della sua seconda vita.
Ci tengo a raccontarvi qualcosa di lui, giusto per introdurvelo: quand’era ragazzo, dopo gli studi in Italia, ha trascorso un paio di anni in Regno Unito, precisamente a Bath, dove di giorno lavorava e di sera frequentava la scuola d’arte. Lì è nata la sua passione per il disegno: un’altra curiosità che ben lo descrive è che ha avuto una piccola compagnia di teatro sperimentale con due suoi compagni.
Nel tempo, ha unito la passione per il disegno alla grafica digitale: attraverso appositi programmi, ha iniziato a rielaborare alcuni suoi disegni, anche di molti anni prima, oppure foto – altra sua grande passione. La rielaborazione può essere minima o anche molto forte.

Roberto Ferrari – rielaborazione
Roberto Ferrari – rielaborazione
Roberto Ferrari – rielaborazione
Roberto Ferrari – rielaborazione

L’ho scritto in passato, non sono un critico d’arte e non pretendo di esserlo: il mio approccio all’arte è emozionale, quindi voglio parlare esclusivamente delle mie sensazioni davanti alle opere di Roberto che per alcuni versi mi ricordano la Pop Art, per esempio per quanto riguarda il concetto della manipolazione dell’immagine.
Sono molto intrigata dall’idea che lui dia un nuovo piano interpretativo ed espressivo a ritratti fatti originariamente a matita o con macchina fotografica: a incuriosirmi è anche la scelta dei volti bianchi dati ai protagonisti. Roberto mi ha spiegato che il volto bianco è per lui il simbolo della fragilità e della maschera che la società spesso ci impone di indossare, esattamente come avviene in alcuni tipi di teatro. “I visi diventano maschere che si ha quasi l’impressione di poter grattare via”, dice Roberto.
Un altro elemento interessante è quello delle scritte e dei simboli, che hanno un significato doppio: da una parte sono segni di protesta (“perché ci sono sempre centomila ragioni per protestare”), dall’altra sono rimandi al mondo dell’infanzia, quella dimensione speciale e irripetibile nella quale non esistono limiti alla nostra libertà di espressione.
Altro nucleo forte della sua opera è l’attenzione verso il potere dello sguardo, “spesso più evocativo di tante parole”. Non posso che essere d’accordo con lui.
Vi svelo – a questo punto – un piccolo retroscena. La voglia di raccontarvi Roberto Ferrari è scattata quando lui ha pensato di rielaborare un mio ritratto fotografico fatto da un’altra amica e trovato in rete. Non ne sapevo nulla: è stata una sorpresa, un regalo. Voglio condividere questa rielaborazione e anche un’altra, partita invece da un suo stesso disegno: credo che il modo più efficace per farvi incontrare e conoscere Roberto sia proprio quello di mostrarvi un paio di suoi lavori col raffronto tra prima e dopo.

Roberto Ferrari – disegno originale a matita
Roberto Ferrari – disegno originale a matita
Roberto Ferrari – rielaborazione grafica del suo stesso disegno
Roberto Ferrari – rielaborazione grafica del suo stesso disegno
Un mio ritratto fotografico firmato da Alessandra Pepe (Milano Fashion Week, 18-09-2013) e che Roberto Ferrari ha pensato di rielaborare
Un mio ritratto fotografico firmato da Alessandra Pepe (Milano Fashion Week, 18-09-2013) e che Roberto Ferrari ha pensato di rielaborare
La rielaborazione grafica fatta da Roberto Ferrari
La rielaborazione grafica fatta da Roberto Ferrari

Sapete, dopo aver visto il ritratto e osservato il mio volto diventato bianco, mi sono chiesta se anch’io porto una maschera. Credo che la risposta sia a volte e che sia quando sento di dovermi proteggere, un po’ come è successo in questi giorni, quando avevo smarrito la gioia di scrivere, perché scrivere – per me – è come mostrarmi nuda.
Mi piace il fatto che l’arte di Roberto mi abbia condotta a riflettere su queste cose.

Quindi grazie, caro amico.
Manu

P.S.: volete sapere il nome della piccola compagnia teatrale di Roberto Ferrari? “Liberazione o morte”. Credo non ci sia nient’altro da aggiungere se non che, se volete contattarlo direttamente, potete scrivergli all’indirizzo robiferry68@yahoo.it

 

 

 

*** Grazie a D.D.P. per avermi aiutata a uscire da un pantano di emozioni che mi avevano paralizzata ***

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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