Space Girls, Space Women: lo sguardo e il contributo femminile allo Spazio

Per gentile concessione del Museo da Vinci, dalla mostra Space Girls, Space Women: l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti

L’ho scritto tante volte: non potrei vivere di sola moda perché i miei interessi sono molteplici e variegati.

Sono curiosa verso la vita e occuparmi esclusivamente di moda equivarrebbe a sedermi a tavola e gustare un solo tipo di pietanza, ignorando tutti gli altri sapori: lo considererei noioso e monotono.

È vero, ho alcuni piatti preferiti e ai quali non rinuncerei mai ma, visto che sono una buongustaia, non potrei nutrirmi solo di quelli: parallelamente, nonostante io ami follemente la moda che considero una potente forma di linguaggio, non potrei mai limitarmi a essa ignorando altre modalità di comunicazione altrettanto capaci di raccontare i molteplici aspetti della storia umana, del costume e della società.

Sono dunque molto felice ogni volta in cui prestigiose istituzioni quali il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci mi invitano alle anteprime stampa, dandomi l’opportunità di incontrare e ascoltare esperti di diversi ambiti culturali: mercoledì scorso, sono stata invitata all’anteprima che ha introdotto Space Girls, Space Women – Lo Spazio visto dalle Donne, ovvero una splendida mostra che racconta lo sguardo e il contributo femminile all’esplorazione dello Spazio.

Per raccontare il ruolo delle donne nella ricerca spaziale, un gruppo di fotografe ha realizzato una serie di scatti in tutto il mondo: sono stati raccolti in una mostra voluta in Italia dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e inaugurata il 20 aprile al Museo da Vinci, qui a Milano. Seguirà una seconda inaugurazione a Roma, nel mese di maggio, proprio nella sede dell’ASI.

Prima di raccontarvi i principali fatti e dettagli della mostra, desidero però dirvi perché ho scelto di parlarne qui nel blog.

E partirò affermando di essere cresciuta con il mito della scoperta, dell’ignoto e dello Spazio.

Da ragazzina, ho divorato i libri di Jules Verne, uno dei padri della fantascienza moderna: i suoi romanzi – da Viaggio al centro della Terra a Ventimila leghe sotto i mari passando per Dalla Terra alla Luna, scritto nel 1865, più di 100 anni prima dell’allunaggio del 1969 – mi tenevano con il fiato sospeso, mi trasportavano in mondi lontani e mi facevano sognare.

In seguito, è toccato a Isaac Asimov e a diversi dei romanzi e racconti con i quali il celebre scrittore ha ipotizzato la storia futura dell’umanità.

Lo Spazio, dunque, è uno degli interessi più grandi che ho e il Museo da Vinci ha già in passato dato piena soddisfazione a questa mia sconfinata passione come quando, il 28 ottobre 2014, mi sono ritrovata ad ascoltare il grande astronauta Eugene Cernan, completamente affascinata dal suo carisma.

L’occasione di incontrarlo mi è stata data grazie alla serata di inaugurazione dell’Area Spazio, esposizione permanente del Museo.

Tale area è pensata come un viaggio interattivo tra oggetti, luoghi, personaggi, curiosità e tecnologie relative all’astronomia e all’esplorazione del cosmo: Eugene Cernan – comandante della missione Apollo 17 nel 1972 e tutt’oggi ultimo uomo ad aver lasciato la Luna – è stato l’ospite d’onore dell’inaugurazione.

Il secondo motivo per cui ho scelto di parlare di Space Girls, Space Women è altrettanto importante: sono migliaia le donne che operano nel settore spaziale, poche quelle che guidano i vertici di enti e società del settore.

La ricerca è un ambito in cui la crescita della presenza femminile ha segnato un forte incremento: eppure, se dalla prima donna nello spazio nel 1963 tanta strada è stata fatta (l’astronauta sovietica Valentina Vladimirovna Tereškova, classe 1937, oggi 80enne), è altrettanto vero che molta, ancora, ne resta da fare.

Ben venga, dunque, questa mostra, perché quello che oggi prende spesso il nome di women empowerment è un ambito che mi sta molto a cuore: se aggiungo la passione che da sempre nutro per Spazio e ricerca, la miscela diventa esplosiva e l’attrazione è pressoché irresistibile.

Magnetica, direi, proprio come quella esercitata da alcuni corpi celesti.

Per gentile concessione del Museo da Vinci, ecco altri due scatti dalla mostra <em><strong>Space Girls, Space Women.</strong></em> In alto: Fatoumata Kebe sta preparando una tesi di dottorato in astronomia all’Osservatorio di Parigi. Lavora sui rottami spaziali, resti delle attività umane nello Spazio. In basso: la scienziata Francesca Esposito raccoglie i dati dalla stazione meteorologica il giorno dopo una tempesta di sabbia. La strumentazione del programma ExoMars è stata posizionata nella regione desertica del Merzouga in Marocco (ai margini del deserto del Sahara) per studiare alcuni parametri comuni alla superficie marziana.
Per gentile concessione del Museo da Vinci, ecco altri due scatti dalla mostra Space Girls, Space Women. In alto: Fatoumata Kebe sta preparando una tesi di dottorato in astronomia all’Osservatorio di Parigi. Lavora sui rottami spaziali, resti delle attività umane nello Spazio. In basso: la scienziata Francesca Esposito raccoglie i dati dalla stazione meteorologica il giorno dopo una tempesta di sabbia. La strumentazione del programma ExoMars è stata posizionata nella regione desertica del Merzouga in Marocco (ai margini del deserto del Sahara) per studiare alcuni parametri comuni alla superficie marziana.

Accompagnata da una app multimediale per smartphone con quiz, testimonianze e giochi educativi, la mostra Space Girls, Space Women nasce grazie a Sipa Press (una delle principali agenzie di foto-giornalismo al mondo) e dalla collaborazione tra la consulente e astrofisica Fiorella Coliolo e il direttore di produzione Benoit Delplanque.

Il progetto è stato inoltre reso possibile grazie all’Agenzia Spaziale Europea (ESA), partner fondatore del progetto, e al supporto di altre istituzioni europee.

Da Nairobi a Mosca, da Bangalore a Monaco, da Milano al deserto dell’Atacama che si estende dal Perù al Cile, la mostra narra il punto di vista femminile a proposito dello Spazio, di oggi e di domani, attraverso un’originale esposizione, fotografica e multimediale.

Space Girls, Space Women diventa in questo modo un importante progetto umano e scientifico: grazie alla fotografia, esso mira non solo a promuovere il ruolo delle donne nel settore spaziale, ma anche a stimolare l’interesse delle giovani generazioni verso le cosiddette materie STEM (acronimo di science, technology, engineering e mathematics), a mostrare la varietà dei mestieri nel settore spaziale e infine a promuovere i progetti spaziali italiani ed europei.

«La scelta dell’ASI di proporre anche in Italia la mostra fotografica rientra nell’obiettivo di ampliare quanto più possibile la conoscenza dello Spazio, permettendo alle donne di avere una maggiore consapevolezza delle possibilità del loro ruolo nella ricerca. Vogliamo inviare un messaggio a un mondo che sembra non evolvere nella parità di genere altrettanto in fretta quanto i risultati scientifici e tecnologici che sa raggiungere. In Italia la differenza di genere è ancora un problema, anche nel mondo della ricerca. Ed è un paradosso perché nella ricerca della conoscenza non dovrebbe esistere distinzione tra uomo e donna, perché è il merito che fa progredire e affrontare sempre nuove frontiere. E la ricerca della conoscenza non ragiona di distinzione di genere, ma di qualità.»

È la dichiarazione assai eloquente di Anna Sirica, direttore generale dell’Agenzia Spaziale Italiana: lo ha ribadito anche in occasione della conferenza alla quale ho assistito, mentre annuivo e ascoltavo completamente conquistata.

Dello stesso avviso è anche Fiorenzo Galli, direttore generale del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia che ha raccontato con orgoglio come più del 60% del personale che lui stesso dirige sia composto da donne: ha inoltre dato tre ottimi motivi per spiegare perché è stato deciso di ospitare la mostra.

«Il Museo ha scelto di ospitare questa mostra perché incrocia tre nostri punti di lavoro. L’attenzione ai temi dello Spazio e alle attività di ESA e ASI, attraverso le mostre temporanee, i weekend speciali e gli incontri con esperti che integrano l’esposizione permanente. La sensibilità verso l’inclusione di genere nelle STEM tramite attività e format originali, in collaborazione con l’industria, la ricerca e la scuola, che si concretizza nel progetto europeo Hypatia, di cui il Museo è hub per l’Italia. L’uso di linguaggi diversi come la fotografia, l’arte contemporanea, il cinema, per rappresentare e raccontare personalità e visioni della scienza contemporanea. Tutto questo inoltre è in sintonia con la dedica del Comune di Milano del mese di aprile a #STEMintheCity, un programma di eventi per supportare le carriere scientifiche delle ragazze».

Entrando in dettagli pratici quali tempi e modalità, segnalo che la mostra Space Girls, Space Women resterà aperta al pubblico fino al 20 giugno 2017 nel suggestivo ambito del chiostro: la visita è compresa nel biglietto d’ingresso al Museo da Vinci.

E come spiegavo in principio, l’esibizione milanese sarà accompagnata da un allestimento parallelo a Roma, nella sede dell’ASI, una grande opera architettonica dalle forme spettacolari aperta alla contaminazione con le arti figurative, cinematografiche ed espositive che comprenderanno anche la prossima apertura di un museo permanente sullo Spazio.

I miei scatti all’inaugurazione del 19 aprile: la mostra fotografica <em><strong>Space Girls, Space Women</strong> </em>è ambientata nel chiostro di San Vittore al Corpo, l’ex monastero benedettino che dagli Anni Cinquanta del secolo scorso ospita il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci.
I miei scatti all’inaugurazione del 19 aprile: la mostra fotografica Space Girls, Space Women è ambientata nel chiostro di San Vittore al Corpo, l’ex monastero benedettino che dagli Anni Cinquanta del secolo scorso ospita il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci.

Sapete, tra le scienziate intervenute all’inaugurazione di Space Girls, Space Women sono rimasta molto colpita da Francesca Esposito, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (in acronimo INAF), il principale ente di ricerca italiano per l’astronomia e l’astrofisica.

Francesca è una delle donne ritratte (potete vederla in una delle foto qui sopra) e ci ha raccontato del suo impegno, delle sue speranze, della sua passione.

Ha raccontato di come abbia collaborato alla costruzione di un’apparecchiatura, un collettore di polveri che serve a studiare le tempeste di sabbia su Marte; ha raccontato dei suoi periodi di sperimentazione nel deserto del Sahara, il luogo sulla Terra che più di tutti ricorda le condizioni del pianeta rosso.

L’apparecchiatura costruita da Francesca e dai suoi colleghi era a bordo della Schiaparelli, la sonda spaziale che purtroppo si è schiantata lo scorso anno nel tentativo di atterrare proprio su Marte: ora la scienziata sta lavorando a un nuovo collettore che farà parte delle apparecchiature di una prossima missione prevista per il 2020.

Mentre ascoltavo, anzi, mentre letteralmente bevevo ogni singola goccia degli incredibili racconti di Francesca sentendomi eccitata esattamente come quando leggevo Jules Verne da ragazzina, ho ripensato proprio a quei miei sogni adolescenziali e confesso di aver sentito una fitta di rimpianto.

Contrariamente a quanto ha fatto Francesca, io non ho inseguito quei sogni ed è un peccato, perché non realizzerò mai le mie fantasie di esplorazione e conquista.

Eppure, posso ascoltare persone come lei, come questa meravigliosa scienziata, e posso divulgare le loro parole, rivolgendo un invito – diretto, personale, accorato – ai più giovani tra i miei lettori, alle ragazze e ai ragazzi.

Vi invito a realizzare le vostre aspirazioni indipendentemente dal fatto di appartenere al genere femminile o maschile: basta favole e bugie, non esistono mestieri per donne e mestieri per uomini perché devono esistere distinzioni solo in base a meriti e capacità, come ha sottolineato alla perfezione Anna Sirica.

Cito nuovamente: «Nella ricerca della conoscenza non dovrebbe esistere distinzione tra uomo e donna, perché è il merito che fa progredire e affrontare sempre nuove frontiere. E la ricerca della conoscenza non ragiona di distinzione di genere, ma di qualità.»

Non mettete dunque il vostro futuro in mano a nessuno se non a voi stessi, decidete di tale enorme capitale del quale godete – il futuro – in autonomia e in libertà, assecondando e ascoltando i vostri sogni, le vostre inclinazioni, le vostre capacità.

Lasciatevi ispirare in questo cammino da mostre belle e importanti come Space Girl, Space Women.

E non siate spaventati dalle differenze, di nessun tipo: la differenza è ricchezza, così come lo è una più bilanciata presenza di genere.

Manu

 

 

 

 

 

Per chi vorrà vivere l’esperienza Space Girls, Space Women:

Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci

Via San Vittore 21, Milano

Orari: da martedì a venerdì 9:30-17 | sabato e festivi 9:30-18:30

Qui trovate il sito del Museo, qui la pagina Facebook, qui Twitter, qui Instagram e qui il canale YouTube

La mostra Space Girls, Space Women è realizzata con il patrocinio del Comune di Milano.

L’esposizione è stata realizzata grazie a Sipa Press con il contributo dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA): CNES, ASI, NEREUS, La Cité de l’Espace e GSA sono altresì co-produttori della mostra, mentre Universcience ha realizzato con ESTIM l’applicazione multimediale.

Segnalo infine che la mostra è inserita nel programma del Milano Photofestival 2017.

 

 

 

 

 

… A proposito di Samantha Cristoforetti, aviatrice, ingegnere, astronauta militare italiana, prima donna italiana negli equipaggi dell’Agenzia Spaziale Europea e protagonista della foto di apertura: qui potete leggere un mio articolo su di lei scritto per SoMagazine

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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