Basta un poco di… HONEY e anche l’inverno va giù!

Ogni anno, puntualmente, l’inverno riesce a cogliermi impreparata.

Non chiedetemi come ciò sia possibile, vi prego: non so rispondere, non capisco se sia io a essere sciocca e a illudermi che il fatidico momento del suo palesarsi possa essere procrastinato (possibilmente all’infinito) o se sia lui, l’inverno, tanto bravo (o piuttosto subdolo!) da non farmi intuire il suo imminente arrivo.

E così, mentre ancora sono impegnata a lasciarmi pervadere dalla dolcezza dell’autunno (stagione che adoro) e dagli affascinanti fenomeni che lo accompagnano (come il foliage), vengo raggiunta dalla prima stoccata a tradimento del temibile Generale Inverno. Temibile per me, almeno, visto che detesto il freddo intenso; dunque incasso il colpo, d’un tratto risvegliata dai primi brividi.

In questi giorni, però, la mia proverbiale distrazione ha avuto uno scossone e mi sono ricordata di dare un occhio meno disattento al calendario. Chissà, forse sarà stata la prima mattinata di nebbia oppure sarà stato il cambio dell’ora e il ritorno all’ora solare: non so perché quest’anno tali eventi abbiano attirato la mia attenzione più del solito, ma il punto è che ho realizzato che l’autunno è ormai agli sgoccioli e lo è soprattutto qui a Milano, non tanto per ragioni di puro calendario (sempre più spesso le stagioni seguono ritmi che non combaciano necessariamente con le date ufficiali), ma piuttosto perché sento che l’aria sta cambiando.

Sì, l’aria si è già fatta più pungente e presto i meravigliosi tappeti di foglie – oro, arancioni, rosse – spariranno.

E quindi? È il panico, o almeno tale è per me! Leggi tutto

VALEORCHID: poetica come un’orchidea, forte come un samurai

Devo stare calma.

Non devo lasciare che l’emozione si impossessi di me, anche se la mano mi trema un po’, perfino sulla tastiera.

O forse sto sbagliando. Forse dovrei lasciarmi andare, semplicemente.

Dovrei farlo perché – per me – la moda è un linguaggio, un modo di esprimermi. Dunque è fatta di emozioni, di sensazioni.

La moda per me è vedere un abito e sentire che è quello giusto, che è quello che mi farà stare bene. Come se fosse una pelle indossata da sempre.

La moda per me è una passione che sboccia improvvisa e inattesa, è un colpo di fulmine.

Alla luce di tutto ciò e grazie al lavoro che faccio e che mi porta a conoscere personalmente molti degli stilisti e dei designer dei quali parlo, spesso è per me difficile scindere l’abito (o il gioiello o le scarpe o la borsa) da colui o da colei che li ha creati, è difficile scindere la creazione da un bagaglio fatto di emozioni e sensazioni.

E allora – penserete forse voi – lascia fluire queste emozioni. Lasciare libere, falle correre, non le imbrigliare.

Ma, vedete, oggi c’è un’altra questione sul piatto della bilancia: la designer della quale desidero parlarvi è un’Amica, una di quelle con l’iniziale maiuscola. Per questo vorrei restare calma, distaccata; mi dispiacerebbe se qualcuno pensasse anche solo per un istante che il mio racconto e il mio parere siano influenzati e compromessi dall’amicizia anche perché – in realtà – non lascio mai che esse si mescolino.

E non per cinismo; al contrario, lo evito proprio per l’enorme rispetto che provo per entrambi, per l’amicizia e per il lavoro. E perché penso che la confusione non faccia bene, a nessuno dei due ambiti. Leggi tutto

Grinko FW 16-17, quando dubbio fa rima con buonsenso

Qualche giorno fa, conversando con una persona attraverso Facebook, mi sono ritrovata a esprimerle un mio pensiero ricorrente.

“Sono i dubbi a mantenerci vigili, curiosi, interessati.”

Non importa di cosa stessimo parlando, ciò che conta è che è un principio nel quale credo profondamente e fortemente: ho mie idee e opinioni che generalmente sono ben salde, eppure sono sempre disponibile a metterle in discussione, soprattutto quando incontro persone che, con buone argomentazioni, riescono a farmi cambiare punto di vista.

Penso insomma di essere una persona aperta al cambiamento e al confronto in un’ottica di crescita umana e professionale.

Se vi state (giustamente) chiedendo il perché di un simile esordio, ve lo spiego subito: stamattina, ben decisa a scrivere un post dedicato alla collezione autunno / inverno 2016-17 di Sergei Grinko, ho aperto il comunicato stampa e ho riscoperto il nome attribuito dallo stilista a detta collezione.

“Belief + Doubt = Sanity”, ovvero “Opinione + dubbio = Salute mentale”. Oppure buonsenso, se preferite.

Ho scritto riscoperto perché in realtà non è stata una sorpresa assoluta: avevo già notato il titolo (che è un vero e proprio manifesto programmatico) in occasione della sfilata alla quale avevo assistito lo scorso 24 febbraio. Confesso però che, nel frattempo, mi era passato di mente e devo dire che sono stata colpita dalla congruenza tra il pensiero di Sergei e il mio espresso attraverso parole affidate a Facebook. Leggi tutto

MFW: empatia (poca), metatarsi malconci e tanta bellezza, per fortuna!

Adoro girare la mia città – Milano – a piedi, anche quando si tratta di fare molti chilometri.
Trovo che, se il clima lo consente, muoversi a piedi sia il miglior modo per conoscere il luogo in cui si vive, senza contare i notevoli benefici per salute e spirito.
Datemi un paio di scarpe comode e per me camminare non solo non è un problema, ma è invece una gioia: in questi giorni, poi, Milano gode di un clima perfetto, né caldo né freddo, quel tempo che vorrei durasse tutto l’anno.

Dovete però sapere che mercoledì scorso, primo giorno di MFW (alias Milano Fashion Week alias Milano Moda Donna alias Settimana della Moda di Milano), ho sbagliato la fondamentale scelta delle scarpe.
Ho indossato un modello che di solito è piuttosto comodo, con una leggera zeppa interna: non avevo però immaginato di percorrere quasi 15 chilometri a piedi. Posso quantificarli con tanta precisione perché ho condiviso la giornata con un caro amico (che si chiama Andrea Tisci) il quale aveva un contapassi.
Ecco, diciamo che 15 chilometri a piedi rendono scomoda qualsiasi zeppa non dotata di plateau anteriore, come è il caso di quelle mie scarpe. E, tra l’altro, la cosa peggiore non è nemmeno il fatto di camminare, bensì quello di fare lunghe soste in piedi, fermi sul posto, esattamente come accade durante la MFW per sfilate, presentazioni, incontri ed eventi, con tutto il peso del corpo che grava pericolosamente su metatarso e tallone.
Risultato: mercoledì sera quasi piangevo per il dolore. E per la rabbia, perché ho una certa esperienza e, in realtà, non avrei dovuto farmi fregare come una principiante alle prime armi.

Di conseguenza, giovedì mattina, ho optato per un paio di comodi anfibi: avevo ancora i piedi doloranti, lo giuro, ma il metatarso, almeno, ha ringraziato.
E, comunque, non ho affatto rinunciato a camminare, anzi.
A un certo punto della giornata, però, ho avuto la malaugurata idea di prendere il filobus per recarmi da una sfilata a una presentazione: ero di corsa e tra i due luoghi c’era una certa distanza.
Direte voi: perché, allora, scrivo di aver avuto un’idea malaugurata?
Perché il filobus procedeva un po’ a fatica per via del traffico nonché di alcuni cantieri dovuti a diversi lavori in corso: le fermate erano piene di gente in attesa, la vettura era colma e molti erano spazientiti.
Tant’è che una donna ha chiesto al conducente il motivo di tanta confusione e lui le ha risposto “C’è la Fashion Week, signora”.
E lei, di rimando: “Ah, ecco! Vede, se avessero invece qualcosa di serio da fare”.

Chi legge il blog abitualmente sa quanto io detesti i cliché di ogni tipo, ordine e grado e questa illuminata sentenza è proprio questo, un ottimo (anzi, pessimo) esempio di cliché.
E mi è davvero insopportabile, forse anche perché mi tocca in prima persona, lo ammetto.
Dunque, vorrei dire alcune cosette. Leggi tutto

Giulia Salemi contro Giulia Marani: due approcci agli antipodi

Chissà se, leggendo il titolo di questo post, avete pensato al film Kramer contro Kramer: se è così, ne sono felice, era il mio scopo.
Desideravo evocare proprio l’atmosfera di quella pellicola che racconta di una coppia che, a seguito del divorzio, si ritrova a lottare per l’affidamento del figlioletto.
L’intento del regista è quello di sottolineare, fin dal titolo e tramite l’uso dello stesso cognome, l’aspro confronto che oppone i due coniugi.

Il mio intento è lo stesso: non vi parlerò di un matrimonio in crisi, ma di un altro confronto tra nomi.
Le due persone delle quali sto per parlarvi hanno infatti in comune il nome di battesimo, Giulia, e da esso sono unite eppur divise, come vedrete.

Giulia Salemi è una modella, lavora in televisione ed è una ex concorrente del concorso di bellezza Miss Italia; Giulia Marani è una stilista della quale ho parlato spesso.
Entrambe sono state presenti a Venezia, per la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica.

Giulia Salemi ha fatto parlare di sé per aver indossato un abito che non so davvero come definire.
Potrei chiamarlo inguinale, nel senso che lasciava praticamente scoperto l’inguine eccezion fatta per una sottile striscia di stoffa. Per onore di cronaca e per amore di verità, è giusto che io nomini anche Dayane Mello, modella brasiliana che ha condiviso la passerella con la Salemi, vestita dallo stesso stilista e con un abito simile.

Giulia Marani ha invece fatto parlare del suo lavoro, vestendo due modelle con alcuni capi che rappresentano e sintetizzano il percorso che la stilista sta portando avanti da anni.

Parliamo in entrambi i casi di moda e vestiti, dunque; eppure, le due Giulia hanno affrontato la passerella (e la vita, oserei dire) in maniera diametralmente opposta, sia per quanto riguarda l’approccio sia per quanto riguarda il risultato.

E avrete già capito che uno dei due modi mi piace e l’altro no. Leggi tutto

Yezael by Angelo Cruciani: Pink Power sulla SS 2016

Molte persone sostengono che il bello di avere un’idea risiede anche nella possibilità di poterla cambiare o di vederla evolvere.
Ho passato metà della mia vita – la prima, quella da adolescente impetuosa – a essere ciò che oserei definire un’integralista delle opinioni; ora, nella seconda fase – quella di donna ormai matura, almeno dal punto di vista anagrafico – sto in effetti riscoprendo la bellezza che non conoscevo fin quando sono stata solita dividere ogni cosa tra bianco e nero senza vedere le sfumature.
Per questo, oggi, quando ascolto le opinioni di qualche giovane testa impetuosa esattamente quanto lo era la mia, cerco di non prendermela per sentenze a volte taglienti se non offensive; cerco di sorridere e lo faccio con un filo di imbarazzo, rendendomi conto solo ora di quanto, probabilmente, all’epoca sono apparsa come un giovane, inesperto e cocciutissimo mulo.
Eppure, a discolpa mia e di quei giovanissimi che sono come me, posso citare una frase che mi ripeteva spesso mia mamma quando, paziente, ascoltava le mie idee intemperanti: il fuoco non scotta fino a quando sono gli altri a dirtelo. Ovvero, per capire certe cose devi provarle sulla tua pelle.

Perché questo esordio?
Perché oggi vi parlo di moda uomo e questo è un argomento sul quale il mio pensiero è costantemente in evoluzione. È un territorio sul quale mi riservo la facoltà di cambiare idea.

Mi spiego meglio.

Ricordo di aver scritto in un post – a proposito di Julian Zigerli e Alessandro Dell’Acqua – di non apprezzare le mezze misure applicate al guardaroba, soprattutto a quello maschile.
A me piace quel tipo di moda che continua la grande tradizione sartoriale oppure apprezzo la moda d’avanguardia e chi osa; ciò che sta in mezzo, per come la vedo io, è solo noia.
Visto che penso che la moda sia linguaggio e comunicazione, credo che stare a metà tra le due scelte crei un territorio in cui regna la confusione: detesto quando una collezione comunica un senso di pretenziosità immotivata, così come detesto se trasmette un messaggio del tipo vorrei ma non oso.
Ciò che è certo è che occorre coraggio per entrambe le opzioni: se si segue la strada tracciata dai grandi sarti, si accetta un confronto che può risultare rischioso; se si decide di rompere con la tradizione, si tenta di scrivere nuovi codici che spesso risultano di non facile comprensione, soprattutto nell’immediato. Leggi tutto

NOWGenerations, la moda priva di limiti temporali e generazionali

Sono ancora malinconica per la scomparsa di Bill Cunningham, autentica icona e protagonista del mio post precedente.

Pensando a lui, oggi più che mai, ho voglia di dare spazio al talento, alla passione, alla bellezza.

E allora credo che sia il giorno giusto per parlarvi dell’esperienza che ho avuto la fortuna di vivere lo scorso 10 giugno quando Accademia del Lusso, scuola di moda e di design, ha presentato il fashion show 2016, ovvero la sfilata che chiude l’anno accademico: cornice suggestiva e avveniristica dell’evento è stata Piazza Città di Lombardia a Milano.

Lo show – intitolato NOWGenerations – è stato preceduto da lunghi mesi di preparazione nonché da un contest che ha premiato i 18 migliori allievi ai quali è stata data la possibilità di presentare una piccola collezione di 3 look ciascuno.

Non è il primo anno che seguo la sfilata di AdL: feci lo stesso lo scorso anno, ma stavolta lo show ha avuto un sapore ancora più particolare in quanto ho terminato il mio primo anno di docenza proprio presso tale scuola con la cattedra di Fashion Web Editing.

È stato un anno molto impegnativo durante il quale mi sono messa alla prova: posso affermare che la prima sfida di chi desidera insegnare è sicuramente quella da vivere con sé stesso e il successo più grande è quello di riuscire a trasmettere veramente qualcosa, a lasciare un segno. Sarà il tempo a dire che tipo di insegnante io sia, ma intanto posso dirvi che, visto che sono una persona che mette cuore e passione in ogni singola cosa che fa, quest’anno ho sentito ancor di più l’emozione dello show in quanto, durante tutti questi mesi, ho potuto vivere l’atmosfera della scuola dall’interno. Leggi tutto

Feeling like a princess, la quotidianità del lusso secondo MAD Zone

Un paio di settimane fa, ho pubblicato un articolo dedicato a MAD Zone, la creatura di Tania Mazzoleni.

Creatura è il termine giusto, credetemi: MAD Zone è uno spazio vivo, un po’ negozio, un po’ salotto (nel senso più autentico del termine), un po’ laboratorio di moda, arte e design.

L’avevo descritto come “in continua evoluzione”: sono tornata mercoledì scorso per un vernissage e ho avuto la prova che è davvero così, lo store cambia e si evolve continuamente proprio come una creatura vivente.

Ho trovato un allestimento completamente diverso rispetto alla mia precedente visita, sorprendente e – ancora una volta – favoloso: Tania ha infatti pensato che MAD Zone dovesse celebrare l’estate con un evento molto speciale intitolato Feeling like a princess, la quotidianità del lusso.

La volontà dell’iniziativa è quella di rappresentare il mondo del lusso contemporaneo come la possibilità di riconoscere e portare con sé la bellezza ogni giorno, con eleganza, naturalezza e un tocco di ironia: Tania ha voluto mettere in scena l’idea di una moderna principessa, anticonvenzionale e dalla personalità dirompente, e l’ha fatto attraverso le creazioni oniriche e visionarie della stilista inglese Mihaela Teleaga, attraverso lo storico marchio di borse e accessori Leu Locati e attraverso le opere del ritrattista e illustratore Roberto Di Costanzo.

Visto che l’idea di lusso contemporaneo di MAD corrisponde anche alla mia, sono felice di condividere con voi racconto e foto del vernissage di mercoledì 8 giugno. Leggi tutto

Collezione Aeronautica Militare SS 2016: buon 2 giugno!

Oggi, giovedì 2 giugno, è la Festa della Repubblica Italiana.

È una ricorrenza davvero importante, perché si celebra la nostra nazione nella forma che ha oggi, in maniera simile al 14 luglio in Francia (anniversario della presa della Bastiglia avvenuta nel 1789) e al 4 luglio negli Stati Uniti (anniversario della dichiarazione d’indipendenza dal Regno Unito firmata nel 1776).

La nostra festa è più giovane e risale al 1946: il 2 e il 3 giugno, si tenne un referendum istituzionale con il quale gli italiani vennero chiamati alle urne per decidere quale forma – monarchia o repubblica – dare al Paese. Dopo 85 anni di regno, con 12.718.641 voti contro 10.718.502, l’Italia diventò una repubblica e i monarchi di casa Savoia vennero esiliati.

Ogni anno, il festeggiamento è doppio: quel referendum fu infatti la prima votazione a suffragio universale indetta in Italia, ovvero le cittadine italiane votarono per la prima volta.

Stavolta, l’anniversario è a cifra tonda: la Repubblica compie 70 anni e pertanto noi italiane abbiamo il diritto al voto dallo stesso tempo. È tanto o è poco? Dipende dai punti di vista: 70 anni, nella Storia con la S maiuscola, sono quasi nulla, mentre nella vita di un essere umano sono molti. E se da una parte penso che sono solo 70 anni che le italiane votano, dall’altra penso che, in fondo, la nostra Repubblica è giovane.

Pensate che la nazione più all’avanguardia da questo punto di vista è stata la Nuova Zelanda dove le donne votano dal 1893: in altri Stati ci furono esempi precedenti ma solo temporanei.

Ho deciso che è giusto che anche A glittering woman si adegui, a proprio modo, sì, ma con un festeggiamento coerente: nonostante io non ami particolarmente le feste comandate, trovo che sia invece bello rendere omaggio e lo faccio presentando la collezione Aeronautica Militare per la primavera / estate 2016. Leggi tutto

MAD Zone, benvenuti in una follia che è tutta salute

Chi mi conosce bene e chi legge abitualmente A glittering woman sa che esistono cose in grado di farmi perdere l’aplomb che, di solito, mi accompagna.

Una di queste cose è l’uso improprio di determinate parole o espressioni: credo di avere già scritto quanto mi infastidisca, per esempio, l’abuso di termini quali icona e mito. Iconico o mitico sono aggettivi oggi attribuiti con grande generosità: peccato che, invece, poche cose e poche persone lo siano realmente e dunque simili definizioni andrebbero dosate con grande parsimonia.

Purtroppo, oggigiorno esiste questa tendenza: se si prende di mira una parola si tende a metterla ovunque.

Vi faccio un altro esempio: è di moda definire come concept store diversi tipi di spazi commerciali, soprattutto quelli specializzati in merci di vario genere. E così, d’un tratto, molti negozi sono – o sono diventati – concept store.

Io non ci sto: concept store ha un significato molto preciso, è un’espressione bellissima che presuppone e prevede un’idea e una progettualità, dunque non può essere usata a casaccio per qualsiasi negozio che semplicemente venda diversi tipi di merce. Non basta questo per essere un concept store: se non ci sono un filo conduttore preciso e un progetto di respiro più ampio occorrerebbe piuttosto parlare di negozi multimarca e lo dico con tutto il rispetto possibile, sia ben chiaro. In caso di spazi di dimensioni maggiori o con ancora maggiore varietà di prodotto, si può parlare di grandi magazzini o department store per chi preferisce l’inglese.

Qualcuno penserà che sono una pesantissima brontolona, ma a mia discolpa posso dire che amo a tal punto le parole che mi piace che vengano rispettate: al contrario, non amo la confusione né apprezzo il qualunquismo e il pressapochismo che spesso vanno di moda al pari delle parole mito e icona. Leggi tutto

Nel futuro la wearable technology ci farà brillare. E non solo.

Un mio docente era solito fare un’affermazione che mi affascinava.

“Se una cosa capita una volta sola può essere casualità, ma se capita due o più volte diventa qualcosa di più. E potrebbe diventare un vero e proprio caso da studiare e del quale occuparsi.”

Quanto aveva ragione! Me ne sono accorta nel tempo e oggi tengo sempre ben presente quella sua piccola perla, soprattutto quando una notizia cattura la mia attenzione e quando non riesco a comprenderne il perché: mi regalo tempo e la metto da parte. Quando poi ne giunge un’altra che è come un pezzo di puzzle che va a unirsi alla prima… d’un tratto, tutto mi diventa chiaro. E penso a lui e a questa cosa importante che mi ha insegnato.

È usando proprio questo criterio che, ultimamente, mi sono accorta di aver messo da parte un paio di spunti, collegati e… letteralmente luminosi!

Luminosi, già: avete mai pensato di indossare un abito in grado di brillare di luce propria? Non sono impazzita, è l’idea portata avanti da alcuni stilisti e alcuni brand.

Parlo di abiti che si accendono veramente e che, in alcuni casi, arrivano perfino a cambiare colore: fino a non molti anni fa, tutto ciò era impensabile, era qualcosa che si poteva immaginare soltanto nelle fiabe o nei film di fantascienza. Poi, sono arrivati i LED, la fibra ottica e la wearable technology, la tecnologia indossabile, e quella che sembrava una fantasia irrealizzabile è invece diventata realtà.

Tra i precursori di queste tecnologie applicate alla moda, ci sono l’americano Ryan Genz e l’italiana Francesca Rosella, il duo che nel 2004 ha fondato un brand chiamato CuteCircuit.

Quando nel 2008, in occasione del proprio 75° anniversario, il Museum of Science and Industry di Chicago ha messo in piedi un’esposizione intitolata Fast Forward – Inventing the Future, gli organizzatori hanno chiesto proprio a Francesca e a Ryan di occuparsi del fronte moda pensando a come sarà ciò che indosseremo in futuro: in sei mesi di lavoro, i due hanno realizzato il Galaxy Dress, un abito da sera che si illumina e cambia continuamente colore grazie a 24 mila micro LED cuciti a mano uno a uno. Leggi tutto

Giulia Rositani SS 2016 e la realtà a colori

A volte ritornano: è il titolo di una raccolta di racconti di Stephen King ed è anche un modo di dire.

Ritornano le mode, le canzoni, le persone e perfino certi amori: qui su A glittering woman ritornano spesso i talenti nei quali credo perché, come ho già confessato, mi piace seguire i loro percorsi.

E così oggi, in una giornata in cui sento il bisogno di un pizzico di favola e di fantasia, do il bentornato a Giulia Rositani, giovane stilista che ha un posto nel mio cuore.

Per la primavera / estate 2016, Giulia immagina una realtà leggera come un sogno, una realtà nella quale stampe, disegni e colori accompagnano con ironia la vita – perennemente sospesa tra ordinario e straordinario – di noi donne.

Il suo è un vortice di colori che si rincorrono: giallo, verde, arancione, rosso, rosa, blu e bianco sono usati nei loro toni più accesi. Tali toni richiamano un vivace contesto naturale che riesce a sposarsi con il contesto urbano grazie a tagli geometrici e allo stesso tempo morbidi e versatili. Leggi tutto

Poculum, quando il vetro diventa papillon

Il vetro ha sempre esercitato su di me un fascino smisurato.

Possiede una serie di caratteristiche che mi intrigano particolarmente: è frutto di ingegno e creatività; può assumere infinite forme e colori; nasce grazie a un elemento quale il fuoco, sinonimo di pura energia.

Ricordo bene quanto da bambina il vetro mi incantasse apparendomi come un autentico prodigio, una sorta di miracolo; ricordo con quanta meraviglia andai a visitare una vetreria con la scuola. Conservo ancora un coniglietto bianco e rosa che fu forgiato in quella occasione davanti ai miei occhi sbalorditi: poi, poco più grande e insieme ai miei genitori, scoprii anche l’arte veneziana in tale settore. E fu amore.

La scorsa estate, in occasione di un piccolo viaggio stampa in Francia, ho appreso che la Provenza ha una storia lunga circa un migliaio di anni nel campo della vetreria: ho visitato un paio di laboratori e ho avuto la possibilità di assistere ad alcune fasi della lavorazione.

Quando è stata offerta la possibilità di cimentarsi in prima persona, non me lo sono fatta ripetere due volte e mi sono offerta volontaria, facendo una scoperta: soffiare il vetro è difficilissimo! Pensavo – scioccamente – fosse necessario essere vigorosi e così, quando ho avvicinato le labbra alla pesante canna di metallo aiutata dal maestro vetraio, ho soffiato con quanto fiato avevo in corpo.

Ma il vetro, miracolo di leggerezza, non ha bisogno di forza bensì di grazia e perizia: come risultato ho dunque ottenuto una bolla abnorme e assai sgraziata che ha fatto sorridere perfino l’esperto maestro il quale, nonostante cercasse di restare serio, aveva un guizzo divertito negli occhi. Chissà cosa avrà pensato, minimo che fossi la solita inetta, o magari ha apprezzato il mio spudorato coraggio.

Dal canto mio, mi sono divertita e ho avuto la conferma che è meglio che continui a limitarmi ad ammirare il vetro: temo che, da grande, non farò questo meraviglioso mestiere.

In qualità – appunto – di semplice osservatrice ed estimatrice, sono felicissima di segnalarvi un brand che mette al centro proprio il vetro e lo fa in un modo originale e inconsueto: oggi, desidero raccontarvi la storia di Poculum, il primo papillon in vetro temperato rigorosamente made in Italy. Leggi tutto

Stella Jean SS 2016 batte Kanye West mille a zero

Mi ero ripromessa di stare zitta, di tenere la mia boccaccia chiusa, ma non ce la faccio: oggi mi sono seduta qui alla scrivania con l’intenzione di scrivere un post a proposito della bellissima collezione Stella Jean SS 2016 e, mentre rinfrescavo la memoria rileggendo il comunicato stampa e mentre annuivo convinta davanti alla dichiarazione d’intenti della brava stilista, mi è tornato in mente l’episodio incriminato e, d’un tratto, mi sono resa conto che i margini cedevano rendendomi impossibile tacere.

A quale episodio mi riferisco? All’assai infelice espessione “migrant chic” pronunciata da Anna Wintour (temibile e temuta direttrice di Vogue, ovvero quella che è considerata la più autorevole rivista di moda statunitense e mondiale) per definire la collezione Yeezy Season 3 presentata dal rapper Kanye West.

Vi riassumo brevemente i fatti: la regina di Vogue, intervistata per un programma della televisione americana, si è lasciata scappare (o forse sono io che spero che le siano scappate…) quelle parole mentre raccontava la sua esperienza risalente allo scorso febbraio in occasione della sfilata-spettacolo del rapper (marito di Kim Kardashian) al Madison Square Garden di New York.

Inutile sottolineare che il web si è riempito di commenti al vetriolo e richieste di scuse a profughi e migranti che, a stento, riescono ad avere un cappotto per difendersi dal freddo; inutile dire come in molti abbiano definito vuoto e superficiale il mondo della moda (ma grazie Mrs. Wintour, ottimo lavoro).

La cosa peggiore è il fatto che lo show che ha presentato la collezione (una collaborazione tra Mr. West e l’artista Vanessa Beecroft con centinaia di persone tra comparse e modelli) era in effetti volutamente (!) ispirato a un campo profughi: come ha commentato qualcuno su Twitter “perdonare la collezione di Kanye e descriverla ‘migrant chic’ è totalmente inappropriato”.

Sapete una cosa? Sono d’accordo, completamente. Leggi tutto

Mauro Gasperi SS 2016 e la mia mania per il talento

Quando mi chiedono quali siano le mie passioni, cito la moda, l’arte, la musica, il cinema, la buona tavola, i viaggi. Sono alcuni degli argomenti che mi appassionano e non necessariamente in quest’ordine, anzi, un ordine non c’è: dipende dal momento, sono tutti importanti.

Quando invece mi chiedono di raccontare quale sia il mio talento, resto perplessa. Sapete una cosa? Non lo so, non l’ho ancora capito. Sempre che io ne abbia uno!

Da bambina, sapevo cosa mi sarebbe piaciuto essere in grado di fare: avrei voluto saper suonare il piano oppure avrei voluto sapermi muovere leggiadra sulle punte. Mi sarebbe piaciuto avere sufficiente talento per diventare una pianista o una ballerina.

Poi, col tempo, ho capito due cose: la prima è che – purtroppo – non possiedo quei talenti; la seconda è che forse non sono quelli giusti per me. Nonostante io sembri molto estroversa, in realtà sono piuttosto riservata: sì, mi piace aprirmi agli altri e al mondo, ma non amo esibirmi, in realtà. Il palcoscenico mi spaventa, mi irrigidisce, e un pianista e una ballerina, per forza di cose, devono esibirsi.

Preferisco stare dietro le quinte: quando scrivo mi espongo, è vero, ma lo posso fare stando qui al pc. In questo modo, condivido cuore e pensieri; poi, ci sono altre occasioni in cui espongo invece la mia faccia, letteralmente e fisicamente. Insomma, mi piace lasciare sempre un lato coperto, protetto, in un senso o nell’altro, esponendomi solo a piccole dosi. Un ballerino, invece, deve necessariamente donare tutto in contemporanea, volto, corpo, cervello, anima, cuore, pancia: ammiro tanto questi artisti, non sarei mai stata all’altezza.

Ecco, forse ho scritto la parola magica: artisti e io, purtroppo, non lo sono, è questo il punto. Il mio talento non è quello, non so fare nulla che sia artistico.

E per questo amo chi invece possiede talenti artistici; per questo mi piace seguire il loro percorso. Leggi tutto

La Moda aiuta il Duomo e instaura un dialogo tra apparenza ed essenza

Ho espresso più volte, qui e in altre sedi, il mio entusiasmo per il fermento che sta animando Milano.

Sono felice di cogliere e sottolineare tutta una serie di elementi concreti che mi fanno ben sperare che la mia città torni a essere una delle protagoniste della vita culturale e sociale italiana: talvolta, mi sono spinta fino a esprimere il sogno di un nuovo Rinascimento.

Non mi pento di queste parole e di queste speranze, anzi, le riconfermo proprio ora: in questi giorni, la città è piacevolmente invasa dal movimento generato dal Salone del Mobile e dalla Design Week e devo dire che si respira un’atmosfera bellissima, allegra, vivace e vitale. Come se ciò non bastasse, giovedì mattina ho partecipato all’inaugurazione di un evento che ha dato ancor più senso al mio entusiasmo in quanto unisce due dei miei grandi amori, quello per Milano – appunto – e quello per la Moda (questa è una delle occasioni in cui il termine va scritto con la M maiuscola).

Da buona milanese, quando parlo di amore per la mia città non posso non pensare al Duomo, una delle più grandi cattedrali gotiche in Italia e in Europa.

Il Duomo è il simbolo che rappresenta il capoluogo lombardo nel mondo grazie a una straordinaria architettura frutto di una storia secolare: generazione dopo generazione, epoca dopo epoca, lo scorrere del tempo ha scolpito e plasmato il marmo della Cattedrale, unendo tecniche e soluzioni ideate e realizzate da sapienti artisti e artigiani. Leggi tutto

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