Starbucks Milano, innovazione e tradizione con focus sul Made in Italy
L’esterno di Starbucks Milano (ph. courtesy ufficio stampa)
È uno degli argomenti più gettonati di questo rientro post vacanze alquanto caldo (metaforicamente e letteralmente, visto il tempo degno del mese di luglio): Starbucks Milano è ufficialmente aperto ed è il primo punto vendita italiano della celeberrima insegna americana fondata nel 1971 da Howard Schultz il quale, negli anni, ha colonizzato il mondo (anche in questo caso quasi letteralmente…) con oltre 28.000 caffetterie in 78 paesi.
Nelle redazioni dei giornali, l’opening fa scorrere fiumi di inchiostro e fa ticchettare allegramente i tasti dei pc; attraverso i vari social, da Facebook a Twitter passando per Instagram, favorevoli e contrari battibeccano più o meno animatamente; intanto, in piazza Cordusio, davanti al palazzo che in passato ospitava le Poste, c’è coda fissa per prendere un caffè – e si parla di ore di attesa.
Io non ci sono ancora stata, poiché vi confesso che spararmi detta coda non mi attrae nemmeno un po’: sicuramente, però, ci andrò appena sarà scemata la mania dei primi giorni e ci andrò perché a me Starbucks piace.
Sono stata in tanti loro locali in vari paesi e sono felice che abbiano scelto la mia città come punto di partenza di una strategia che era destinata ad approdare anche qui da noi in Italia: era solo una questione di tempo e, tra l’altro, Starbucks Milano è ora il più grande store d’Europa (2.300 metri quadri) nonché il terzo al mondo (dopo Seattle e Shanghai) e porta per la prima volta nel vecchio continente il format della Roastery (ovvero torrefazione), la versione lusso – diciamo così – del locale con la classica insegna al neon bianca e verde alla quale, chi lo frequenta, è abituato.
Da fuori, lo storico palazzo delle Poste sembra essere sempre lo stesso: l’insegna del nuovo Starbucks è nera, discreta, direi elegante (come potete vedere dalla foto di apertura), e dà perfino poco nell’occhio se non fosse per i tavolini all’esterno che fanno invece subito comprendere la presenza di una caffetteria.
Da orgogliosa nativa e abitante del capoluogo lombardo, tutto ciò – l’attenzione verso Milano – mi fa piacere: francamente, se proprio ve lo devo dire, non comprendo le polemiche e ai brontoloni (lo scrivo con affetto e simpatia, sia chiaro) vorrei dire che… anche questo è cambiamento e crescita.
Cerchiamo di vedere il lato buono di questa novità: l’importante è non farsi tiranneggiare e conservare anche ciò che è nostro, ma la convivenza di tradizione e innovazione è possibile e a me piace.
Non per nulla, in principio, ho scelto il verbo colonizzare: so che questo è esattamente ciò che pensano molti, ci facciamo colonizzare, ma oggi desidero raccontarvi un paio di cose che spiegano il titolo che ho scelto per tale post e che avvalorano la mia tesi, ovvero come tradizione e innovazione possano convivere in buona armonia, come possano aiutarsi a vicenda e come sia possibile conservare ciò che è nostro pur accogliendo un’insegna che si trova in tutto il globo. Leggi tutto