Nasce Peste!, il Festival dedicato alla contaminazione positiva
Lo scorso 4 agosto, nel post scriptum dell’ultimo testo pubblicato prima di andare in vacanza, avevo promesso di far ripartire il blog parlando di un’iniziativa interessante dedicata alla contaminazione tra vari settori artistici e non solo.
Visto che mi piace mantenere le promesse, eccomi qui a raccontarvi quattro giorni di incontri, workshop, concerti, proiezioni, installazioni e performance nonché di un concorso per artisti emergenti.
Di cosa si tratta?
Ora vi racconto tutto per filo e per segno.
A Milano, dal 4 al 7 ottobre 2018, prende il via la prima edizione di Peste!: promosso dalla Fondazione Il Lazzaretto, questo Festival desidera proporre un’esplorazione del femminile, attraverso – come accennavo – la contaminazione tra arti visive, arti performative e pratiche psico-fisiche.
Nata nel 2014 nell’area dove un tempo aveva sede l’antico Lazzaretto meneghino, l’omonima Fondazione ha l’obiettivo di favorire processi di trasformazione collettiva e individuale.
È tristemente noto, purtroppo: il Lazzaretto di Milano, costruito tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento fuori da quella che era allora la Porta Orientale, era il ricovero per i malati durante le epidemie di peste.
Era una costruzione che occupava un’area che corrisponde grosso modo all’odierno perimetro che comprende parti di via Lazzaretto, via san Gregorio, corso Buenos Aires e viale Vittorio Veneto: era il luogo della cura e della separazione dal resto del mondo per chi – ahimè – contraeva il flagello della peste.
La peste è davvero stata un flagello terribile per l’umanità: si presentava in forme quasi sempre letali, decimando intere popolazioni.
In Europa, essa cominciò a scomparire verso la fine del 1700, ma l’ultima epidemia in Italia si verificò ancora nel 1815: per la sua virulenza, il termine peste è passato nel tempo a definire genericamente tutte le malattie epidemiche ad alto tasso di mortalità (l’AIDS, per esempio, a cui talvolta ci si riferisce come peste del XX secolo) ed è usato anche con accezione metaforica per indicare qualcosa di dannoso dal punto di vista sociale o morale, riferendosi in genere a fenomeni negativi di vasta portata (come, per esempio, la droga).
Essere una peste riferito a una persona sottolinea il suo essere insopportabile per varie ragioni; riferito a un bambino, l’espressione ne sottolinea l’irrequietezza.
Un sostantivo carico di significati negativi, insomma, che la Fondazione Il Lazzaretto ha invece voluto sovvertire e cambiare, attribuendo un nuovo e più interessante significato: essere una peste, oggi, diventa aprirsi alle possibili contaminazioni del mondo, diventa camminare sui confini e forzare il limite con ironia e divertimento, diventa provare a cambiare logica e immaginazione per cercare di promuovere una riflessione sui processi di trasformazione individuale e collettiva.