Belle scoperte che amo condividere: Le Petit Écho de la Mode

Come a tutti (credo), capita anche a me di vedermi affibbiare nomignoli e soprannomi vari.
Tempo fa, qualcuno ha fatto un paragone tra me e un “cane da tartufo” e devo dire che l’ho trovato particolarmente simpatico, divertente e calzante.
In effetti, con un cane da tartufo ho in comune pazienza, scrupolosità e perseveranza; la differenza pratica è che, al posto di preziosi, profumati e succulenti tuberi bianchi e neri, io cerco cose belle e buone tra vari ambiti che comprendono moda e arte, senza confini né paletti né pregiudizi. E spero quindi di avere anche lo stesso fiuto di un cane da tartufo.
Questo paragone mi piace, insomma, perché racconta la caratteristica che di me preferisco, quella di piccola ricercatrice del bello, di ostinata cultrice di tutto ciò che profuma di crescita, miglioramento e positività.

Credo pertanto che per far ripartire il blog dopo le vacanze non esista miglior modo del condividere una scoperta fatta durante le mie rigeneranti vacanze e di condividerla con tutti voi, miei carissimi amici che mi fate il dono e l’onore di leggere queste pagine virtuali.

Durante il mese di agosto, sono tornata in Bretagna e Normandia, due regioni francesi che amo immensamente e che, anche stavolta, sono state molto generose nei miei confronti regalandomi moltissimi spunti quanto a bellezza, conoscenza e cultura: in particolare, desidero condividere con voi la scoperta di un posto splendido che si chiama Petit Écho de la Mode.

Si trova a Châtelaudren, cittadina situata nel dipartimento della Côtes-d’Armor in Bretagna, e un tempo era la sede di un giornale dal titolo omonimo: oggi, grazie a un’opera di ristrutturazione molto intelligente e molto ben condotta, è un centro culturale polivalente che ruota attorno alla storia e alla tradizione di quella rivista. Leggi tutto

Ricordi dell’estate 2014: parte 4, Manu versus Francia

L’aspettavo non con gioiosa trepidazione bensì con timore e infine è arrivata: la neve. Ebbene sì, sabato mattina mi sono alzata e, guardando fuori dalla finestra, sono rimasta a bocca aperta: nevicava. Aiuto!

Non è un mistero che io non ami l’inverno e che ami ancora di meno la neve, soprattutto in città. Capisco che esulti chi è in montagna e sono felice per costoro, lo giuro, ma non mi convincerete mai sul fatto che la bianca amica sia bella anche in luoghi come Milano dove diventa subito grigia e crea solo un inenarrabile pantano.

Avevo dunque bisogno di escogitare velocemente un piano B, pensare a qualcosa che mi distogliesse dalla neve e dal terrore che si accumulasse. Atteggiamento classico, insomma: quando siamo in una posizione scomoda, quando sperimentiamo qualcosa che non ci fa a sentire a nostro agio, la reazione più facile e immediata è quella di pensare a qualcosa che ci riporti alla nostra comfort zone.

E, pensando a ciò che per me poteva essere una buona comfort zone, è stato istintivo e naturale tirare fuori gli ultimi ricordi di quest’estate: io, turista (quasi) per caso, in giro per la Francia. Momenti che hanno catturato la mia attenzione durante le scorribande tra Moulins, la Bretagna, Parigi, Lione, Menton e Sospel.

Ecco perché il post si chiama Manu versus Francia.

Chi ha vinto? Direi lei, la Francia: come capita ogni volta, è riuscita nuovamente a mettermi K.O. con la sua bellezza. Leggi tutto

Estate 2014: parte 2, la Bretagna oltre il mare

Forse, la Francia era da sempre nel mio destino – chiamiamolo così.
E so con precisione quando iniziò l’amore nei suoi confronti: andavo alle elementari e cominciai a studiare il francese.
Mi assegnarono una corrispondente, una pen friend, come si usava dire in tempi non ancora maturi per SMS, messaggi e-mail, WhatsApp e altre diavolerie del genere: ricordo ancora perfettamente che la mia amica di penna abitava ad Annecy, in Alta Savoia.
Ricordo l’attesa ansiosa delle sue lettere che arrivavano per posta; ricordo che scrivevo le mie, molto semplici, con grande attenzione. Ricordo i due libri di francese di quegli anni, quello con gli esercizi e il sussidiario (si chiama ancora così?): avrò sfogliato il secondo un milione di volte, quasi consumandolo, avida di scoprire i suoi misteri, cercando di decifrare cosa ci fosse scritto col (poco) francese allora in mio possesso.
Alle superiori, la professoressa di francese mi fece innamorare del linguaggio della pubblicità: lei ne era assolutamente affascinata, sosteneva che quel particolare codice rispecchiasse la società. Ora, a distanza di parecchi anni, ho capito quanto avesse ragione e, ancora oggi, mi è rimasta l’abitudine, soprattutto quando sono in Francia, di ascoltare la pubblicità alla radio e di guardare i cartelloni per strada: noto come alcune cose e alcune strutture siano restate immutate e come altre, invece, si siano evolute di pari passo coi tempi. Leggi tutto

100 happy days: sfida con me stessa / parte 2

Prima delle vacanze, vi avevo raccontato di un piccolo progetto che ho intrapreso. È una sfida con me stessa ed è quella di 100 happy days: consiste nel trovare in ogni giorno un momento che ci abbia resi felici, rappresentandolo attraverso una foto.
Beh, oggi, giovedì 4 settembre, sono arrivata al 68° giorno, incredibilmente. Perché dico “incredibilmente”? Perché, come avevo spiegato nel primo post, non ero affatto sicura di riuscire a tenere fronte all’impegno preso e sono sincera nel dirlo. Non è facile trovare un motivo per cui essere felice, ogni singolo giorno e tutti i giorni, ma finora ci sono riuscita.
E ho realizzato che, in fondo, questo è soprattutto un ottimo esercizio: abitua a soffermarsi su ciò che di buono ci accade, a sottolinearlo.
Sono un’ottimista da sempre, ma ultimamente ero in un momento che definirei un po’ buio: la mia positività si era appannata, mettiamola così, esattamente come accade a un vetro quando qualcuno ci alita sopra. Leggi tutto

Estate 2014: parte 1, la Bretagne et la mer

Com’è strana questa estate che stiamo vivendo, vero?
Parecchi anni fa, Bruno Martino cantava “E la chiamano estate / questa estate senza te”: quest’anno potremmo dedicare gli stessi versi al sole, spesso grande assente di una stagione un po’ anomala.
Eppure, sole o non sole, l’estate resta sempre – probabilmente – la stagione più attesa e lo scriveva anche Ennio Flaiano, in “Diario degli errori”: “Non c’è che una stagione: l’estate. Tanto bella che le altre le girano attorno. L’autunno la ricorda, l’inverno la invoca, la primavera la invidia e tenta puerilmente di guastarla”.
Non posso dargli torto, l’estate è sempre stata la mia stagione preferita, anche se ultimamente tendo a preferire le stagioni intermedie, autunno e primavera, più morbide, perché col tempo mi sto ammorbidendo anch’io e tendo a smussare gli angoli.
Sapete, a proposito d’estate, tempo fa meditavo su un fatto: il mese di agosto sta alla stagione estiva esattamente come la domenica sta alla settimana, si può fare lo stesso parallelo, esiste la stessa proporzione.
Mi spiego meglio: il sabato, in genere, è il giorno carico di aspettative e premesse, poi arriva la domenica e la festa finisce alla svelta, finisce il week-end e ricomincia la settimana lavorativa.
Non per nulla esiste la depressione da domenica sera e scommetto che, almeno una volta, tutti noi l’abbiamo provata.
La stessa cosa vale per l’estate: luglio è sempre carico di progetti per le vacanze e quindi di attesa, poi arriva agosto e tutto passa in un attimo. È come se luglio fosse il sabato, agosto la domenica e settembre il lunedì.
(A proposito oggi è l’ultimo giorno di agosto…) Leggi tutto

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