Au revoir Monsieur André Courrèges

Au revoir, ovvero arrivederci e non addio, Monsieur Courrèges, perché a me gli addii non sono mai piaciuti: mi mettono addosso grande malinconia e quel senso di insoddisfazione che non riesco più a scrollar via.
André Courrèges è morto lo scorso 7 gennaio: figura fortemente innovativa della moda e dello stile, avrebbe compiuto 93 anni il 9 marzo.
Non aveva studiato moda bensì ingegneria civile e la sua formazione da stilista avvenne nell’atelier di Cristobal Balenciaga a Parigi. Le sue creazioni, insieme a quelle di Pierre Cardin e di Paco Rabanne, sono considerate le più rappresentative della cosiddetta Space Couture, la moda caratteristica degli anni ’60 percorsa da suggestioni spaziali e lunari, fascinazioni extraterrestri e rivoluzioni geometriche.
Nel 1961, dopo il periodo da Balenciaga, André Courrèges aprì la sua maison con la moglie Coqueline Barrière: tantissime le novità delle quali fu fautore.
Per esempio, è considerato il probabile inventore di un capo cult come la minigonna e la paternità risulta ancora dibattuta tra lui e Mary Quant: in realtà, l’invenzione fu molto probabilmente della stilista inglese, ma divenne famosa grazie a Courrèges che la introdusse nelle sfilate di Haute Couture.
Altra sua novità furono i go-go boots, stivali in vernice con tacco basso, versatili e comodi.
Il 1964 fu l’anno della Moon Girl Collection: cinque anni prima che l’uomo mettesse davvero piede sulla Luna (Neil Armstrong nel 1969), Courrèges ci mandò le sue ragazze che, da quel momento, incarnarono il mito del futuro e della conquista dello spazio. I materiali divennero d’avanguardia, le cromie si fecero sempre più essenziali.
Anche le sfilate diventarono innovative: le modelle di Courrèges uscivano fuori da armadi andando ad assumere pose plastiche e accantonando passo felino e ammiccamenti vari. Propose anche modernissimi filmati girati nei luoghi-simbolo di Parigi o con scenari ispirati a film come 2001: Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick (con le hostess vestite di bianco dal designer inglese sir Edwin Hardy Amies).
Altra invenzione memorabile furono i suoi Lunettes Eskimo, lanciati sul mercato nel 1965, occhiali da sole con lenti enormi solcate da una fessura, quasi come fosse una palpebra socchiusa.
Pensate che Miley Cyrus ha indossato i famosi occhiali di André Courrèges – nonché un paio di stivali che ricordano proprio i go-go boots – agli MTV Video Music Awards dello scorso 30 agosto 2015 in un outfit piuttosto provocatorio. Insomma, esattamente 50 anni dopo, le creazioni dello stilista francese continuano ad apparire interessanti anche a una giovane star, ribelle e non certo nostalgica.
Uno dei suoi capi distintivi fu – e rimane – la petite robe blanche: il bianco, colore-non colore onnipresente nelle sue collezioni, divenne protagonista di un abito che lo stilista ripropose costantemente e che divenne comune tra le donne dell’epoca.
La purezza delle sue linee e i tagli essenziali suscitarono anche delle critiche da parte di coloro che vedevano in quel design ultramoderno uno svilimento della figura femminile in quanto i capi non evidenziavano le forme sinuose del corpo. “Un design tipicamente automobilistico”, dissero in diversi anche ricordando la formazione ingegneristica di Courrèges: lui rispondeva semplicemente che la sua moda ringiovaniva le signore senza la necessità di ricorrere al bisturi.
Smise di lavorare negli anni ’90 perché era malato: mi addolora il fatto che sia morto dopo una lunghissima battaglia contro il Parkinson.
Monsieur Courrèges è uno dei pionieri della moda futurista e sperimentale: le sue creazioni sono state talmente oltre i tempi che, ancora oggi, risultano attuali, moderne e contemporanee.
Non si poneva limiti né confini di competenza: a tal proposito, sono rimasta colpita da una sua frase. “Se il mio soggetto è una donna, probabilmente creo un abito. Ma talvolta succede che un abito non sia in grado di comunicare tutte le emozioni che desidero esprimere. Cerco di esprimere le mie idee attraverso altri mezzi come l’architettura.”
La trovate ad accompagnare la foto del suo atelier a Pau, in Francia, sua città natale.
Qualcuno ha scritto che con la sua morte si chiude un capitolo della storia della moda e del costume: non sono d’accordo, non del tutto.
È vero, è scomparso uno dei designer più originali di sempre, ma chi ama profondamente la moda – così come la amo io – non dimenticherà la sua geniale creatività: dunque, ciò che lui ha fatto e ciò che ha creato continuerà a vivere.
E questo è l’unico modo che noi esseri umani abbiamo per diventare immortali.

Manu

I post nei quali ho fatto riferimenti e collegamenti al lavoro di André Courrèges: a proposito della collezione FW 2015-16 di Maison About ispirata anche alla Moon Girl Collection del 1964; a proposito della collezione FW 2015-16 di Chicca Lualdi ispirata ai tagli precisi e definiti creati dallo stilista durante tutta la sua carriera; a proposito della collezione SS 2015 di Heohwan Simulation ispirata al lavoro del trio Courrèges – Cardin – Rabanne; a proposito della collezione SS 2014 di Jo No Fui ispirata alla Space Couture della quale Courrèges fu uno dei maggiori esponenti sempre insieme a Pierre Cardin e Paco Rabanne.

Concludo con una piccola gallery di creazioni firmate da André Courrèges (cliccate sulle immagini per ingrandirle e scorrerle)

Il nuovo vocabolario della moda italiana e la contemporaneità

Il talento, il made in Italy e uno dei musei più interessanti di Milano: prendete questi tre elementi, metteteli insieme e mi fate felice. È ciò che sta succedendo alla Triennale che ospita una mostra unica nel suo genere, nata dal desiderio di celebrare l’Italia della moda contemporanea.

La mostra si chiama Il nuovo vocabolario della moda italiana e manda in scena – fino al 6 marzo 2016 – marchi e creativi che negli ultimi 20 anni hanno rinnovato e recuperato il DNA non solo culturale ma anche tecnico della nostra migliore tradizione, riuscendo a riscriverlo in un linguaggio originale e – appunto – estremamente contemporaneo.

Il nuovo vocabolario della moda italiana analizza la natura più recente della moda attraverso il lavoro dei suoi protagonisti: si va dal prêt-à-porter allo streetwear, dalle calzature alle borse, dai gioielli ai cappelli per scrivere un inedito vocabolario di stile nonché di laboriosità e produttività perché – non dimentichiamolo mai – la moda produce reddito e dà lavoro.

Il vocabolario racconta un tratto di storia del made in Italy, precisamente a partire dal 1998: perché proprio il 1998? Perché è l’anno che, convenzionalmente, segna il passaggio definitivo alle nuove forme della comunicazione, quelle digitali. Leggi tutto

Milano Fashion Week: Chicca Lualdi FW 2015-16

Se c’è una cosa che mi infastidisce è il moderno bisogno di creare clamore, soprattutto quando è inutile e vuoto: a mio avviso, non è necessario creare nessuno strano artificio per sottolineare ciò che è destinato a brillare.

E, forse, scalpore e sensazionalismo nascono proprio dal bisogno di evidenziare cose che non riuscirebbero a brillare in altro modo.

Devo ammettere, purtroppo, che tale atteggiamento appartiene spesso al mondo della moda: alcuni credono che, per decretare il successo di una collezione, sia necessario creare attesa, scandali, eccessi oppure spettacolo a tutti i costi.

Non sono d’accordo, perché la vera eleganza, la vera bellezza, il vero talento attirano gli sguardi per loro stessa natura e non hanno bisogno di essere urlati: chi urla, talvolta, non ha in realtà nulla da dire.

Per questo l’esistenza di Chicca Lualdi mi consola: stagione dopo stagione, la stilista è ormai una certezza e non mi delude mai quanto a classe, buon gusto e charme. Leggi tutto

Il meglio (e il peggio) della mia Settimana della Moda

Viene preparata a lungo da tutti gli addetti al settore, poi arriva e passa in un attimo: mi riferisco alla Settimana della Moda.

Quella appena terminata ha visto andare in scena (anzi, in passerella) le collezioni relative al prossimo autunno / inverno 2015 – 2016 e così ora sappiamo come ci vestiremo o almeno come gli stilisti ci vestirebbero: non solo, come ormai puntualmente accade a ogni stagione, la settimana è stata accompagnata da un carico di polemiche e discussioni di ogni genere e grado.

Quanto a questo clima di critica, prendo la mia parte di colpa: abitualmente preferisco essere costruttiva e dare spazio a ciò che mi piace, ma oggi desidero spendere anch’io qualche parola su alcuni comportamenti e atteggiamenti che mi hanno lasciato un’impressione molto negativa, purtroppo.

Già, confesso che è stata una settimana dolce e amara allo stesso tempo, ricca di luci ma anche di ombre: nonostante lo scorso ottobre abbia già scritto un altro articolo piuttosto dettagliato sulla questione accrediti, non riesco a stare zitta e desidero tornare a evidenziare un paio di concetti che esulano da qualsiasi distinzione di settore e che dovrebbero appartenere a tutti, qualsiasi mestiere si faccia.

Partiamo dalle ombre, perché preferisco occuparmi subito della parte brutta e riservarmi quella bella alla fine: spero che, mandato giù il boccone amaro, mi rimanga in bocca soltanto il dolce. Leggi tutto

Milano Fashion Week SS 2015: Chicca Lualdi

Desidero dichiarare una volta di più tutto il mio amore per i giovani stilisti: come ho scritto altre volte, li considero come aria fresca per una stanza chiusa. Ammiro il loro coraggio e la capacità di osare, adoro il loro desiderio di sperimentare e mi conquistano definitivamente quando dimostrano di conoscere bene il passato pur guardando avanti.

I giovani talenti sono uniti dalla ricerca, dall’impegno e da un investimento continuo di risorse. In un momento indubbiamente difficile non solo per l’Italia ma per l’economia globale, questi talenti cercano la propria strada per emergere e farsi apprezzare: i loro percorsi raccontano come sia possibile inseguire i sogni grazie a lavoro, dedizione, perseveranza e – perché no? – anche a un pizzico di incoscienza, perché chi non si butta non cade, è vero, ma nemmeno volerà mai. Questi giovani uomini e giovani donne permettono, stagione dopo stagione, di aggiungere belle pagine alla storia della moda italiana e portano il nostro nome in giro per il mondo: non si può non essere orgogliosi di loro, non si può non seguirli e non appoggiarli.

Sono stati ben 15 i designer di nuova generazione che hanno sfilato in occasione dell’edizione appena terminata di Milano Moda Donna, tutti inseriti nel calendario ufficiale: a loro la Camera Nazionale della Moda Italiana ha dedicato anche un’apposita sezione del proprio sito, intitolandola New Talents. E alle 15 sfilate si sono affiancate ulteriori presentazioni, in calendario e non solo. Leggi tutto

Milano Fashion Week, i ricordi: giorno 1, bellezza batte pioggia 1 a 0

Settimana scorsa, avevo iniziato un post dichiarando che, durante la fashion week, non riesco ad assimilare tutto immediatamente, probabilmente per il sovraccarico di stimoli concentrati nell’arco di pochi giorni. Raccontavo di aver bisogno di un po’ di tempo per digerire quanto visto, per farlo mio, per ricostruire il quadro d’insieme e per riuscire a mettere ogni tassello al suo posto.

Beh, direi che ci siamo: sono pronta. E allora andiamo con ordine.

Giorno 1, mercoledì 19 febbraio: la settimana non è partita benedetta dai migliori auspici, visto che la città si è svegliata sotto una pioggia incessante che non ci ha dato tregua nemmeno per un attimo. Ma, in fondo, ha avuto poca importanza: se il meteo ci è stato avverso, Milano ha invece voluto regalarci tanta bellezza, sia attraverso le collezioni presentate, sia attraverso i palazzi che ci hanno aperto le loro porte (cito Palazzo Visconti, Palazzo della Ragione e Palazzo Clerici).

Il primo giorno è stato per me quello di Chicca Lualdi, Angelo Marani, Simonetta Ravizza, Paola Frani e Via Delle Perle VDP. Leggi tutto

La moda che verrà # 17: Chicca Lualdi BeeQueen primavera / estate 2014

Ieri sera mi sono ritrovata a parlare con un medico molto importante, uno che salva vite praticamente ogni giorno. Parlavamo del suo lavoro e io ero molto ammirata e quasi intimorita. Lui, invece, era incuriosito dal mio mondo e mi ha fatto un sacco di domande: era sinceramente entusiasta e ha esclamato “che bello il tuo lavoro”. Ecco, ci sono rimasta: sono rimasta colpita dal fatto che una persona che fa un lavoro tanto importante come lo è il suo apprezzi il mio. Dico spesso che sono conscia del fatto di non salvare vite e l’ho detto anche a lui e lui, con semplicità, mi ha risposto che occuparsi di cose che contengono bellezza è un modo per migliorare l’esistenza. Mi si è aperto un sorriso, dentro. Sono andata a letto con questo pensiero e stamattina ho deciso di condividerlo con voi e ho anche deciso di parlare di qualcosa e qualcuno che mi stia particolarmente a cuore: ho scelto Chicca Lualdi.

Credo che il suo lavoro sia un esempio perfetto del concetto “le cose che contengono bellezza sono un modo per migliorare l’esistenza”. Seguo il suo percorso da diverse stagioni, ho la fortuna di conoscerla personalmente e vi dico che sono convinta che un certo tipo di bellezza che si esprime attraverso una collezione viene principalmente da ciò che uno stilista ha dentro: Chicca possiede la stessa grazia che vedo sfilare, stagione dopo stagione, sulle sue passerelle. Leggi tutto

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