Master of Hits, che lo show di Roberto Neri abbia inizio

Da anni, ormai, porto avanti quella che ho battezzato “campagna di sostegno al talento” dando evidenza a realtà create da persone coraggiose che hanno cambiato vita e hanno buttato il cuore oltre l’ostacolo, come si suol dire, per scelta o anche perché obbligate da varie situazioni.

Tutte queste persone, pur molto diverse tra loro, sono in realtà unite da una caratteristica comune: portano avanti i loro progetti tra sacrifici, difficoltà e burocrazia grazie a tonnellate di coraggio, talento, fantasia e creatività.

Sono particolarmente felice del fatto che questa mia “campagna” incontri oggi l’amicizia, visto che desidero parlare di una persona speciale, un essere pieno di umanità e autenticità; di un amico che gode in più della mia stima professionale in quanto è anche ricco di talento.

Roberto Neri – questo è il suo nome – non ha fondato un brand: non è un designer o uno stilista, figure delle quali parlo spesso, bensì è un esperto di comunicazione e pubbliche relazioni.

Vive nella sua amata città, Rimini, ed è stato contributor per alcune riviste della celeberrima casa editrice Rizzoli – come Max, Sport Life, Io Donna, Style Magazine – per le quali si è occupato di moda, musica, costume e società.

Ha tra l’altro ideato e curato le Pagelle di Stile di Style Magazine, riuscendo a creare connubi e connessioni inedite tra dimensioni che a volte appaiono lontane, come per esempio politica e moda, miscelando serietà e ironia. Leggi tutto

Una Venere isolata, il romanzo che fa dialogare la moda con il mistico

La moda è una materia superficiale ed è superficiale preoccuparsi troppo di cosa ci si mette addosso.

L’abito non fa il monaco.

Quante volte abbiamo sentito pensieri simili? Spesso.

Da quanto tempo si lotta (e lotto) contro questi pensieri che sono in realtà luoghi comuni? Da parecchio.

Sono luoghi comuni, esatto, perché se è vero che dedicarsi agli abiti non equivale certo a salvare vite umane, per carità, è altrettanto vero che ciò che ci mettiamo addosso non solo riesce a parlare di noi, ma racconta anche la società e il tempo in cui viviamo.

La moda e gli abiti raccontano la storia dell’uomo e l’evoluzione della società intersecandola e attraversandola profondamente: è un linguaggio potente al punto che, anche solo osservando la foggia degli abiti in un quadro o in una foto, possiamo procedere a una sua collocazione temporale certa e precisa se conosciamo la storia del costume.

Pertanto non sempre l’abito fa il monaco (sebbene divise, uniformi e vesti ecclesiastiche siano in realtà strettamente connesse con la persona che le indossa e con il mestiere che fa), certo, ma sicuramente conoscere l’alfabeto attraverso il quale la moda si esprime è importante, senza contare che la moda è un lavoro concreto che dà da mangiare a moltissime persone in tutto il mondo, da chi produce ciò che indossiamo a chi lo vende nei negozi passando per una  lunghissima filiera di mestieri e figure professionali. Leggi tutto

Osoppo Theatre Valentina Cortese, il primo al mondo dedicato all’attrice

Venerdì 14 ottobre ho partecipato alla conferenza stampa con la quale è stata annunciata la nascita di Osoppo Theatre Valentina Cortese, il primo teatro al mondo a portare il nome della grande attrice italiana scomparsa nel 2019 a 96 anni.

Il Teatro si trova a Milano nell’omonima via Osoppo al civico 2, all’angolo con piazzale Brescia: immaginate un palcoscenico di 70 mq con una platea di 299 posti, tende e poltrone in velluto blu, un atrio dove sostare, un guardaroba e un piccolo bar adiacenti al Centro Culturale. Non mancano ingresso e posti per persone con disabilità – com’è giusto che sia.

È questo lo scenario di Osoppo Theatre Valentina Cortese, destinato a ospitare un ricco calendario di spettacoli, serate teatrali e cinematografiche, mostre, eventi, dibattiti così come piace ad Antonio Zanoletti, il direttore artistico.

Insieme a Elisabetta Invernici, giornalista e storica del costume, Zanoletti condivide da dieci anni il progetto dedicato alla diva non solo nostra, ovvero italiana, ma internazionale (qui avevo già parlato di un’altra loro iniziativa).

«Sfida di Osoppo Theatre Valentina Cortese – spiega Zanoletti –  è la creazione di un “ponte fra culture”: per questo anche la volontà di chiamarsi THEATRE e non TEATRO, non certo per bizzarria esterofila.» Leggi tutto

The Franca Fund, in vendita – per la ricerca – il guardaroba della Sozzani

«Non so mentire: provavo una simpatia alquanto tiepida nei confronti di Franca Sozzani.»

Iniziava così, con queste parole, il pezzo che avevo dedicato a Franca Sozzani in occasione della sua scomparsa avvenuta nel 2016.

«A non farmi sentire a mio agio, io eternamente scomposta e con infinite imperfezioni, era in parte la sua aria eterea, – avevo continuato – il suo aspetto quasi serafico: sembrava sempre essere appena uscita da un quadro, i capelli (lunghissimi e ondulati) e lo sguardo mi ricordavano immancabilmente la perfezione della Venere di Botticelli.»

E avevo aggiunto di sapere di meritare eventuali insulti per essere stata «poco delicata a scrivere tali pensieri a pochi giorni dalla sua dipartita», preferendo però essere sincera.

E in nome di quella sincerità avevo poi elencato tutti i motivi per i quali, ben oltre la tiepida simpatia, rispettavo, stimavo e ringraziavo la signora Sozzani (se volete rileggere il tutto, trovate l’articolo qui).

Rispetto e stima sono invariati e sono dunque onorata di poter – nel mio piccolo – contribuire a dare voce alla Fondazione che porta il suo nome e che prosegue il cammino nell’ambito delle iniziative volte a unire moda circolare, sostenibilità e impegno sociale guardando verso il futuro. Leggi tutto

Palazzo Morando a Milano ospita la mostra Settecento! tra storia e moda

Meglio tardi che mai – recita un noto detto.

E allora sono ancora in tempo per condividere con voi, amici cari, il racconto di un’esperienza vissuta lo scorso 30 dicembre (ho confessato di essere in ritardo!): si tratta della visita alla mostra Settecento! ospitata da Palazzo Morando Costume Moda Immagine fino al 29 maggio.

Tre abiti femminili del Settecento, conservati pressoché intatti, sono i protagonisti dell’esposizione: i capi vengono presentati al pubblico per la prima volta in una mostra che illustra, da un lato, diversi aspetti dell’abbigliamento del XVIII secolo e, dall’altro, l’influenza del Settecento sull’abbigliamento contemporaneo – ed è questo l’aspetto che trovo particolarmente interessante.

Il percorso narrativo parte da questi tre abiti e li mette in dialogo con capi, tessuti e accessori dello stesso periodo. Leggi tutto

Il mio (inutile) punto di vista a proposito di parlare o non parlare di Ucraina

Sono profondamente amareggiata nel leggere così tante polemiche attorno ai modi in cui ognuno di noi decide di affrontare la terribile questione Ucraina – Russia.
E ho la spiacevole sensazione che – qualunque cosa si faccia – si sbagli…

Se si continua a fare il proprio lavoro si viene tacciati di insensibilità; se lo si interrompe o si fa un gesto che vuole essere di solidarietà si viene accusati di essere in cerca di visibilità o pubblicità.
Se non se ne parla si viene accusati di menefreghismo; se se ne parla si viene invitati a tacere con frasi tipo «lasciamo parlare chi se ne intende».
Se si fa qualcosa… «perché per l’Ucraina sì e per altre guerre no».

È assurdo.
Io penso che ognuno abbia il proprio modo di reagire.
Penso che non parlarne non significhi e non comporti che invece non si ascolti e non ci si interessi / informi; penso che parlarne non voglia dire cercare visibilità ma tentare di esorcizzare le proprie paure.

Desidero dire solo una cosa e attenzione, non è né un giudizio né una presa di posizione, è solo una condivisione di pensieri.
Quando ero alle scuole superiori scoppiò la Guerra del Golfo.
Ricordo noi giovanissimi attoniti, disorientati, smarriti, impotenti e increduli davanti alle televisioni eccezionalmente accese a scuola con i notiziari e le immagini che fino a quel momento avevamo visto solo nei libri di storia.
Molti di noi (io compresa) scelsero di manifestare scendendo in strada e tanti ci criticarono dicendo «è inutile».
Forse avevano ragione, ma era il nostro sentire e il nostro reagire.

Allora non esistevano i social network, oggi sì; se allora una manifestazione o uno striscione andavano al limite su un giornale nazionale, oggi possono arrivare fino in Ucraina e forse dare un microscopico sostegno morale.
Idem per ogni altra iniziativa “simbolica”.
Tutto qui.

Detto ciò, concludo con una proposta: ognuno faccia ciò che può, ciò che riesce e ciò che sente.
Non perdiamo energie a criticare e cerchiamo di comprendere, la situazione gravissima ma anche gli altri e i loro atteggiamenti.
O almeno proviamo a rispettarli.

Dire no alla guerra è anche questo.

Manu ♥

 

 

 

*** Ho pubblicato questi stessi pensieri poco fa in Instagram.
Ho il desiderio che restino anche qui, visto che reputo i social network potenzialmente utili, come ho scritto,
ma allo stesso tempo anche fin troppo veloci… ***

 

 

Drusilla Foer, dalla diversità all’unicità passando per l’ascolto

«Diversità è una parola che proprio non mi piace.
Non mi piace perché ha in sé qualcosa di comparativo e una distanza che proprio non mi convince, no.
Quando la verbalizzo sento sempre che tradisco qualcosa che sento o che penso.
E io trovo che le parole siano come gli amanti: quando non funzionano più vanno cambiati subito.
E quindi ho cercato un termine che potesse degnamente sostituire una parola che per me è così incompleta. E ne ho trovata uno molto convincente.
Unicità.
Mi piace, è una parola che piace a tutti.
Perché tutti noi siamo capaci di notare l’unicità dell’altro e tutti noi pensiamo di essere unici, no?
Facile (risatina)… per niente! Per niente!
Perché per comprendere la propria unicità e accettare la propria unicità è necessario capire di che cosa è composta, la nostra unicità, di che cosa è fatta.
Capire di che cosa siamo fatti noi. Certamente delle cose belle: le ambizioni, i valori, le convinzioni, i talenti.
Però i talenti vanno allenati, vanno seguiti.
Delle proprie convinzioni bisogna avere la responsabilità.
Delle proprie forze bisogna avere cura.
Insomma, non è facilissimo.
E queste sono le cose che sulla carta sono fighe… immaginatevi quando si comincia con i dolori che vanno affrontati, le paure che vanno in qualche modo esorcizzate, le fragilità che vanno accudite. Leggi tutto

Salviamo il guardaroba di Valentina Cortese – appello Associazione Profumo

Ricevo e volentieri condivido – Valentina Cortese, classe 1923, è considerata una delle ultime dive del cinema e del teatro italiano: scomparsa il 10 luglio 2019 dopo aver compiuto 96 anni, è oggi protagonista di un’asta.

Ponte Casa d’Aste ha infatti in calendario l’evento “Arredi e guardaroba di una diva”, con esposizione dei lotti a Milano dal 25 al 27 febbraio e asta nei giorni 1 e 2 marzo: vanno all’incanto capi, accessori, memorabilia, tutto appartenuto a Valentina Cortese (*).

L’Associazione Culturale Profumo di Milano, da dieci anni impegnata nella tutela artistica e nella celebrazione della diva, lancia un appello: la preoccupazione è quella che vada dispersa una collezione che ha fatto la storia del costume.

Elisabetta Invernici e Antonio Zanoletti, Presidente e Vice-Presidente dell’Associazione, lanciano dunque “Salviamo il guardaroba di Valentina Cortese!”, appellandosi ai protagonisti della scena culturale italiana affinché scendano in campo per salvare quello che viene considerato «un patrimonio dell’umanità, un pezzo d’arte e artigianato italiano da consegnare alle nuove generazioni».

Conosco personalmente Elisabetta Invernici e Antonio Zanoletti e godono di tutta la mia stima: più volte ho avuto modo di toccare con mano quanto il loro lavoro sia appassionato e competente e ricordo molto bene quando nel 2018 presentarono la mostra dedicata a Valentina Cortese allo Spazio Oberdan sempre a Milano (ne avevo parlato qui).

Non posso dunque non dare voce al loro accorato appello, nella speranza che si possa fare qualcosa. Leggi tutto

Il libro Diva di Alba Cappellieri, il Glamour Italiano nel Gioiello Moda

Rosso: non riesco a pensare a un colore più adatto (il colore della passione – e non solo) come sfondo per la copertina di Diva! Il Glamour Italiano nel Gioiello Moda, libro di Alba Cappellieri.

Aggiungo che a trionfare su quel rosso è l’immagine di Sophia Loren, la diva italiana per eccellenza, naturalmente con rossetto abbinato.

Don’t judge a book by its cover, dicono gli anglosassoni soprattutto in senso metaforico ma, in questo caso, fatelo pure. Il libro è bellissimo. Fin dalla copertina, appunto, che ben rappresenta e introduce i contenuti.

Di Alba Cappellieri ho scritto spesso: è Professore Ordinario di Design del Gioiello e dell’Accessorio Moda al Politecnico di Milano dove è direttore del Master Internazionale in Jewellery & Fashion Accessories Design; è direttore del Museo del Gioiello in Basilica Palladiana a Vicenza.

È membro del Comitato Scientifico dell’École Van Cleef & Arpels a Parigi, della fondazione Gijs Bakker ad Amsterdam, della Fondazione Cologni a Milano. Leggi tutto

Il mito di Wonder Woman è in mostra a Milano

Tra la fine degli Anni Settanta e i primissimi Anni Ottanta andò in onda anche in Italia Wonder Woman.

Io ero davvero piccola piccola e della serie TV mi colpiva pertanto ciò che poteva essere colto da una bambina, ovvero gli aspetti più immediati e superficiali: la bellezza, la simpatia e la bravura di Lynda Carter alias Diana Prince / Wonder Woman, i colori vivaci delle immagini, la sigla, gli effetti speciali, i superpoteri dell’eroina che a me appariva un po’ come una Barbie mora in carne e ossa.

Di sicuro all’epoca sapevo poco – anzi niente – di women empowerment, di quanto fosse successo negli Anni Sessanta e Settanta sul fronte di lotte femministe e conquiste verso l’emancipazione né di ciò che si preannunciava per gli Anni Ottanta tra power suits (ovvero il tailleur pantalone per le nuove donne in carriera, spalline, anzi, spallone incluse) e il culto del corpo e della forma fisica a partire dall’aerobica praticata con look coloratissimi.

In seguito scoprii i fumetti della DC Comics inclusi quelli dai quali la serie TV aveva tratto ispirazione: non ero più piccola e iniziai a comprendere quanti piani interpretativi e quante sfumature ci fossero dietro l’eroina che aveva affascinato la bambina, iniziai a cogliere gli argomenti che oggi mi appassionano profondamente, che mi infiammano e che sono continua materia di studio nella quale coinvolgo anche i ragazzi delle mie classi. Leggi tutto

La mostra che celebra Rosa Genoni – e qualche mia riflessione…

Sono passati 144 anni da quando Rosa Genoni nasceva a Tirano, comune contornato dalle montagne in provincia di Sondrio, e – a mio avviso – racchiudere questa donna straordinaria in una definizione univoca è operazione pressoché impossibile.

La Genoni è stata una persona straordinaria, immersa nel proprio tempo quanto proiettata nel futuro, sempre all’avanguardia e spesso contro corrente.
Musica, letteratura, ideologie, moda, artigianato e tecnologia: ogni forma di pensiero e di creatività diventavano per lei oggetto di studio e di applicazione concreta.
È stata creatrice di moda (e non solo, è stata soprattutto pioniera della moda italiana), insegnante, attivista per i diritti umani.

Chissà che cosa penserebbe Rosa Genoni del mondo di oggi, di un mondo in cui il gender gap è ancora fortissimo, in cui la disparità di opportunità per uomini e donne è ancora fortissima, in cui le donne che occupano ruoli prestigiosi sono ancora troppo poche, in cui c’è disparità di salario a pari mansioni; un mondo in cui a una donna che si presenta a un colloquio di lavoro viene ancora chiesto se intenda fare figli, un mondo in cui qualcuno ancora pensa che ci sia differenza genetica di predisposizioni e di specializzazioni tra uomini e donne.

Chissà cosa ne penserebbe una donna come lei che, nel lontanissimo 1893, era già impegnata per il miglioramento delle condizioni delle lavoratrici (entrando a far parte della Lega Promotrice degli Interessi Femminili); una donna come lei che nel 1905 venne scelta per i suoi meriti dalla Società Umanitaria per tenere lezioni serali e dirigere la sezione di sartoria (ruolo che occupò fino al 1933, anno in cui si dimise per non giurare fedeltà al fascismo); una donna come lei che nel 1928, insieme al marito Alfredo Podreider, inaugurò un laboratorio di sartoria, un asilo nido e successivamente un ambulatorio ginecologico per le detenute del carcere di San Vittore a Milano. Leggi tutto

Se Kamala Harris mi convince a festeggiare il mio compleanno…

Detesto novembre anche se è il mese del mio compleanno, anzi, forse proprio per questo.
O forse lo detesto così come non provo simpatia per nessuno dei mesi caratterizzati dal freddo e dalla poca luce.
E a lui, a novembre, non perdono nulla, esattamente come nulla perdono a me stessa: l’ho ammesso tante volte, sono comprensiva con gli altri quanto poco lo sono con me stessa.

Tuttavia, da sette anni, da quando esiste A glittering woman, al mio compleanno dedico addirittura un post qui nel blog (quanto riesco a essere incoerente).
Quest’anno, come magari immaginerete, non avevo affatto voglia di fare il solito post perché c’è poco da festeggiare (vedere COVID-19), ma poi ho deciso di non interrompere quella che ormai è diventata una piccola tradizione, stavolta non tanto per festeggiare quanto per esorcizzare.

Esorcizzare, sì.

Dite che esagero?

E allora vi chiedo… ma voi come vi sentite in questo periodo?

Vi dico ciò che accade a me.

Ci sono giorni in cui mi alzo e mi riesce faticoso anche solo pensare e concentrarmi, figuriamoci agire.
In giornate di questo tipo, faccio fatica a fare le due cose per me di solito più abituali e spontanee, ovvero pensare (e in verità penso troppo) e scrivere (e anche in questo spesso esagero) e mi viene difficile perché mi sento sospesa e incerta, inquieta e svuotata.
In questi casi, nemmeno le mie amatissime camminate in campagna in assoluta solitudine mi riappacificano con il mondo e – soprattutto – con me stessa, nemmeno loro riescono a essere ciò che di solito sono, ovvero un toccasana per il fisico e un rimedio per tenere a bada ansia, inquietudine, pensieri cattivi o tumultuosi.

Altri giorni, invece, mi alzo e mi sento piena di energia, mi dico «basta ansia e inquietudine» e mi sforzo di crederci: riesco a mettere in fila i pensieri, provo a razionalizzare e a creare un po’ di ordine.
È quindi in giornate di questo tipo che cerco di portare avanti cose e azioni concrete che spero possano aiutare me e magari anche altri. Leggi tutto

Quattro chiacchiere a proposito dei maglioni Aran tra verità, miti e icone

Lo dico sempre, detesto l’inverno, eppure amo i maglioni e li amo quanto più sono caldi e avvolgenti.
In fondo, sono coerente (in questo, almeno): visto che non mi piace il freddo, mi rifugio in capi che siano in grado di farmi sentire protetta e coccolata.

E allora, oggi, vorrei parlarvi di un tipo di maglione che apprezzo molto, un maglione che ha un’origine precisa e una bella storia da raccontare, ricca di aneddoti e perfino di qualche leggenda, mito e mistero.

Mi riferisco ai maglioni Aran, quelli che spesso vengono definiti semplicemente ‘maglioni con le trecce’, maglioni nati per assolvere precise funzioni e poi diventati anche trendy (come spesso accade nella storia del costume), amati da personaggi famosi che ne sono in un certo senso diventati testimonial – e non mi riferisco a nomignoli di poco conto.

Iniziamo il nostro viaggio delineando il contesto geografico. Leggi tutto

Spesa a domicilio, come stanno cambiando le nostre abitudini

Spesa a domicilio da qualsiasi dispositivo e fatta comodamente da casa

Sono sicura che molte e molti di voi conoscano bene questo argomento per averlo provato di persona.
È innegabile che oggi la spesa online sia la tendenza del momento, complice la situazione in cui ci troviamo e i suoi molteplici risvolti
Penso che, contingenza a parte, si tratti di un’abitudine davvero molto comoda e semplice, dato che non serve essere particolarmente abili con la tecnologia.

Sempre più persone fanno la spesa online

Fare la spesa via internet è un fenomeno che ha avuto inizio qualche anno fa, ma è indubbio che nell’ultimo periodo ci sia stata un’impennata e un cambiamento di abitudini.
A dirlo sono i dati: stando alle ultime analisi di mercato, infatti, l’acquisto di beni alimentari via web con consegna a domicilio ha fatto il botto.
Sono circa 2 milioni i nuovi consumatori che hanno scelto di utilizzare servizi di spesa a domicilio offerti tra gli altri da e-commerce come EasyCoop. Più della metà, ovvero circa 1,3 milioni di acquirenti online, sono arrivati proprio nel periodo del lockdown.
Si tratta di un evidente cambio di rotta dato che, fino a poco tempo fa, in Italia molte famiglie erano ancora legate alla spesa tradizionale. Leggi tutto

Mario Dice e il suo sguardo a Marsha P. Johnson per la SS 2021

Avete mai sentito parlare di Marsha P. Johnson?

Scomparsa nel 1992 in circostanze tuttora non del tutto certe, è stata un’attivista per i diritti LGBTQI+ ed è nota per aver partecipato alle rivolte dello Stonewall Inn del 1969, quelle che hanno poi dato inizio al Pride Month.

Era nata il 24 agosto del 1945 a Elizabeth, nel New Jersey, con il nome di Malcolm Michaels Jr.: dopo aver ottenuto il diploma, si trasferì a New York con pochi dollari in tasca, andando a vivere nel Greenwich Village dove iniziò a lavorare in un locale come performer.
A New York cambiò legalmente il suo nome in Marsha P. Johnson: la lettera P era una risposta, secondo il suo stesso racconto, a coloro che chiedevano quale fosse il suo genere sessuale, ovvero stava per «pay it no mind», «non pensarci».
Da drag queen iniziò ad allestire spettacoli che, date le sue ristrettezze economiche, non erano caratterizzati né da grandi costumi né da trovate scenografiche: molti ricordano però come si adornasse spesso il capo con fiori freschi.

Arrivò il 28 giugno 1969, quando alcuni poliziotti fecero irruzione nello Stonewall Inn, bar del Greenwich Village la cui clientela era composta soprattutto da gay, lesbiche e transgender.
Le irruzioni della polizia nel locale non erano una novità ed erano abbastanza frequenti: era infatti un’epoca in cui l’omosessualità era considerata diffusamente come un comportamento deviato ed era illegale in 49 stati americani.
Quella sera, però, molte persone si opposero all’arresto e, in poco tempo, fuori dal locale si riunì una folla e dalle urla si passò agli scontri fisici.
Sul posto arrivò un gruppo più numeroso di agenti, ma anche la folla aumentò fino a raggiungere migliaia di persone: lo scontro continuò fino alle prime ore del mattino e poi a intermittenza per altre cinque notti. Leggi tutto

Riparto da un libro: Salvatore Ferragamo, il calzolaio dei sogni

Salvatore Ferragamo (didascalie e crediti in fondo)

Ho mandato in vacanza il blog parlandovi di un libro; riprendo oggi le mie narrazioni (bentornati ) parlandovi di un altro volume.

«Con più di tre miliardi di fatturato l’editoria è la prima industria culturale nazionale. Ma l’importanza del mondo del libro va ben al di là dei numeri: non c’è sviluppo economico, culturale e democratico senza una solida base di conoscenza, di sapere, di istruzione.»

È una dichiarazione di qualche mese fa di Ricardo Franco Levi, presidente dell’Associazione Italiana Editori (AIE): se mi sono appuntata le sue parole è perché sono completamente d’accordo con lui e credo che non esista modo migliore per spiegarvi perché ho deciso di ripartire presentandovi un libro.

L’importanza dei libri non conosce compartimenti o confini ed è trasversale poiché il loro valore immenso attraversa tutti i campi, ambiti e settori, comprendendo naturalmente anche la moda ed è un libro che parla proprio di moda e di Made in Italy quello che desidero introdurre oggi.

Esce infatti per Electa una nuova edizione, con una veste grafica ricercata, dell’autobiografia di Salvatore Ferragamo (1898-1960), pubblicata per la prima volta in inglese nel 1957 da George G. Harrap & Co., storico editore londinese.

Salvatore Ferragamo – il mitico Salvatore Ferragamo, direi – è un uomo che ha bisogno di poche presentazioni in quanto credo che il suo nome sia ben saldo nell’immaginario non solo di quanti amano la moda, quanto piuttosto di coloro che amano la bellezza, la qualità e il Made in Italy; è un uomo che aveva chiaro il suo destino determinato dalla sua vocazione.

«Sono nato per fare il calzolaio. Lo so e l’ho sempre saputo.» Leggi tutto

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