La moda proibita, Roberto Capucci e il futuro dell’Alta Moda – film da amare

Un mio scatto alla proiezione del docu-film ‘La moda proibita, Roberto Capucci’ alla Galleria Campari, 26 giugno 2019

Grazie alle mie diverse attività in ambito moda, ho avuto negli anni il grande onore di incontrare di persona diverse figure (soprattutto stilisti e poi alcuni studiosi e giornalisti) che considero icone e modelli.
Tra queste figure c’è Roberto Capucci e ricordo che quando mi ritrovai davanti a lui, a sorpresa e in maniera del tutto inaspettata, ebbi una reazione per me strana: ammutolii, perdendo letteralmente la parola. Sì, io che sono una gran chiacchierona non fui capace di dirgli o chiedergli nulla.
Questo perché ero (e sono) conscia di essermi trovata al cospetto non solo di una autentica icona, ma anche di uno stilista assolutamente unico e che non ha alcun paragone.

L’incontro avvenne in febbraio 2015, precisamente il 26 febbraio: unendo passato, presente e futuro e accostandosi, a 85 anni (!), al prêt-à-porter con un progetto 100% Made in Italy, il Maestro aveva designato Cinzia Minghetti alla direzione di una squadra di giovani creativi chiamati a interpretare in chiave contemporanea lo spirito e l’estetica delle sue opere.

L’inestimabile valore dell’archivio Capucci (che comprende circa 22.000 schizzi originali) e il desiderio di rendere il tutto fruibile e, ripeto, contemporaneo: sono questi i due elementi che avevano condotto la maison a decidere di presentare una collezione prêt-à-porter per l’autunno / inverno 2015-2016.

Ero andata alla presentazione colma di curiosità ma non pensando – chissà poi perché – di trovarmi davanti il Maestro in persona: che stupidina, pensavo forse che lui avrebbe rinunciato a essere presente a un evento tanto particolare?

La risposta è no, naturalmente, ma io mi ritrovai tanto emozionata davanti ai capi e davanti a lui da non riuscire nemmeno a rivolgergli la parola, come ho già confessato, limitandomi poi a scrivere un post entusiasta per il blog (e mangiandomi tuttora le mani per l’occasione persa).

E se mi mangio ancora le mani è perché Roberto Capucci, classe 1930 (il 2 dicembre compirà 89 anni), non è uno stilista come gli altri: è un artista prestato all’alta moda o haute couture, precisamente uno scultore e in particolare uno scultore della seta, ovvero la materia che preferisce.

Capucci è l’inventore degli abiti-scultura, quei capolavori in tessuto modellati come opere d’arte che continuano a essere esposti nei musei di tutto il mondo perché sono il trionfo del talento e della capacità in ogni loro singolo risvolto, anche letteralmente: nella scelta dei tessuti, nello studio delle forme scultoree, nella maniacale cura delle lavorazioni (dal plissé alle sovrapposizioni), nella ricerca unica dei colori, usati in gradazione o a contrasto con un gusto cosmopolita, spesso più orientale (e nello specifico indiano) piuttosto che italiano ed europeo. Leggi tutto

Alla Galleria Campari per scoprire Storie di Moda e di Stile – e non solo

Esistono persone, progetti, aziende, luoghi che fanno sì che io sia orgogliosa di essere milanese.

Si tratta di nomi profondamente e indissolubilmente legati alla storia della mia città: è il caso di Davide Campari (1867–1936), imprenditore e industriale così illuminato e così avanti rispetto ai suoi tempi da poter essere considerato all’avanguardia ancora oggi.

Davide Campari è il figlio di Gaspare Campari, il creatore del celeberrimo Bitter Campari.
Nel 1865, la famiglia si era trasferita da Novara (dove era proprietaria di una confetteria che commerciava anche in liquori e bevande di fabbricazione artigianale) a Milano, iniziando qui la produzione del Bitter: Gaspare fu uno dei primi a stabilirsi in Galleria Vittorio Emanuele II e Davide fu il primo milanese a nascere lì.
Successivamente, Gaspare aprì una bottiglieria sull’angolo verso il Duomo ma fu Davide che, nel 1915, aprì il famoso Caffè Camparino, diventato poi un’autentica istituzione meneghina.

Già anni prima, nel 1904, Davide aveva anche inaugurato uno stabilimento a Sesto San Giovanni: a partire dal 1920, decise di concentrare la produzione sulle bevande Campari più conosciute, il Bitter e il Cordial.
Nel 1932 nacque invece il Camparisoda, il primo aperitivo monodose (nel mondo!) la cui bottiglietta, disegnata da Fortunato Depero, è sempre rimasta invariata. Leggi tutto

Milano Fashion Week: Capucci e il prêt-à-porter FW 15-16

Occorre essere dotati di un cuore indomito e coraggioso per rimettersi in gioco dopo aver dato moltissimo, dopo aver scritto pagine indelebili della storia della moda, dopo aver meritato a pieno titolo l’appellativo di Maestro.

O, forse, non si tratta di coraggio, bensì dell’ordine naturale delle cose: può una grande e sincera passione fermarsi?

Guardando Roberto Capucci, classe 1930, posso dire che la risposta è un deciso no: colui che tanto ha dato e tanto ha osato non può spegnere il fuoco che l’ha sempre animato né può mettere a tacere l’imperitura passione che lo ha condotto lungo la strada di una continua sperimentazione.

In fondo, non potrebbe essere in altro modo se non così e credo che il Maestro abbia un’eterna primavera nel cuore, sentimento che lo porta a mettersi in gioco ancora oggi esattamente come nel 1950, quando aprì il suo primo atelier a Roma dopo aver studiato all’Accademia di Belle Arti.

Nel giro di pochi anni, Roberto Capucci ideò abiti geniali capaci di fondere sguardo attento sulla natura e gusto per la geometria: aveva solo 26 anni quando Christian Dior elogiò pubblicamente lui e il suo lavoro, definendolo “il miglior creatore di moda italiano”. Leggi tutto

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