Palazzo Morando a Milano ospita la mostra Settecento! tra storia e moda

Meglio tardi che mai – recita un noto detto.

E allora sono ancora in tempo per condividere con voi, amici cari, il racconto di un’esperienza vissuta lo scorso 30 dicembre (ho confessato di essere in ritardo!): si tratta della visita alla mostra Settecento! ospitata da Palazzo Morando Costume Moda Immagine fino al 29 maggio.

Tre abiti femminili del Settecento, conservati pressoché intatti, sono i protagonisti dell’esposizione: i capi vengono presentati al pubblico per la prima volta in una mostra che illustra, da un lato, diversi aspetti dell’abbigliamento del XVIII secolo e, dall’altro, l’influenza del Settecento sull’abbigliamento contemporaneo – ed è questo l’aspetto che trovo particolarmente interessante.

Il percorso narrativo parte da questi tre abiti e li mette in dialogo con capi, tessuti e accessori dello stesso periodo. Leggi tutto

La Boccardi, perché consiglio il libro con la sua biografia

Vivere nel presente, guardando verso il futuro e conoscendo il passato: è questa la filosofia con la quale cerco di vivere.
Mi piace godere appieno e fino in fondo di ciò che vivo, giorno per giorno, con una proiezione e un pensiero verso ciò che vorrei, programmandolo grazie alla forza che – a mio avviso – tutti noi possiamo trarre dalle lezioni insite in ciò che è stato.
Credo dunque fortemente nel futuro e nella necessità del progresso e, allo stesso tempo, amo la tradizione.
Penso infatti che esistano valori assoluti e senza tempo che nemmeno progresso ed evoluzione dovrebbero cambiare.
Credo, in generale, nel duro lavoro e nel talento che ognuno di noi possiede e che si esprime in tanti modi; credo nello studio e nella curiosità intellettuale.
Per quanto riguarda nello specifico la moda, sono convinta che essa sia un potente linguaggio e che debba veicolare bellezza autentica.
Credo, che, come ogni linguaggio, abbia i suoi codici e che per padroneggiarla – e non esserne invece posseduti – occorra conoscere quei codici, come creatori e stilisti, come comunicatori e giornalisti, come clienti e fruitori.
Credo in quegli stilisti che sono prima di tutto sarti e che sanno costruire abiti veri e non solo operazioni fatte di clamore.
Credo in quei comunicatori e giornalisti che non sono solo presenzialisti e che hanno la voglia di raccontare davvero la moda.
Credo che tutti noi dovremmo essere clienti e fruitori che non si accontentano di trend e diktat, ma che cercano ciò che davvero li rappresenta per costruire un codice e un linguaggio che siano autentici.

In questo periodo, ho scritto (ancora una volta) di quanto io detesti il vuoto clamore (qui) nonché di quanto il cosiddetto sistema moda si trovi oggi ad affrontare importanti problemi (qui).
Riassumo il mio pensiero in un’unica frase: produciamo troppi vestiti, realizzati da troppi marchi spesso in maniera non sostenibile né socialmente né ambientalmente, venduti nella stagione sbagliata, infine scontati per fare spazio alla collezione successiva.
Ho scritto che le settimane della moda in versione digitale difficilmente potranno sostituire del tutto le sfilate in presenza perché la moda si nutre di tante sensazioni: come editor e blogger, ho sempre preferito vedere una sfilata dal vivo, da vicino, proprio per poter godere della parte sensoriale, il movimento di un abito, la caduta, il fruscio del tessuto, la luce e le ombre.
Senza considerare il fattore umano: le settimane della moda non sono solo il momento della passerella, sono altrettanto importanti (se non di più…) le interazioni che si svolgono oltre la passerella, gli incontri con i designer e con tutta una serie di figure come giornalisti, fotografi, buyer, incontri che garantiscono confronti interessanti e costruttivi. E, proprio per questo, ho sempre amato anche press day e presentazioni stampa, per la possibilità di toccare un tessuto, accarezzarlo, parlare con uno stilista, ascoltare la sua voce, farmi trasportare mentre racconta la genesi di una collezione. Leggi tutto

Mario Valentino, in un libro la sua storia tra moda, design e arte

Che bella atmosfera ho respirato martedì sera in Triennale…

Partiamo dal presupposto che, già di suo, La Triennale è uno di quei posti capaci di farmi stare bene mettendomi a mio agio: partita nel 1933 sotto la guida di figure come Gio Ponti e Mario Sironi e ospitata in un edificio modulare e flessibile espressamente concepito per ospitare grandi manifestazioni e attività museali (il Palazzo dell’Arte), questa istituzione rappresenta, da 85 anni, un punto di riferimento nella vita culturale (e anche economica), un motore di intenso dialogo internazionale tra società, arte e impresa ben oltre i confini di Milano.

Non solo, La Triennale fa tutto ciò con una modernità e una freschezza tali da fare innamorare tutti, generazione dopo generazione, fino ad arrivare a Millennials e Generazione Z.

L’evento di martedì rispettava in pieno questa ottica di modernità, freschezza e apertura di pensiero.

A introdurre la serata, c’era un gruppetto di meravigliosi professionisti: Antonio Mancinelli (caporedattore attualità di Marie Claire, firma prestigiosa e che io stimo tanto da consigliare il suo blog nella mia sezione Cosa leggo), Alba Cappellieri (professore ordinario di Disegno Industriale e Presidente del Corso di Laurea in Design per la Moda presso il Politecnico di Milano, grande professionista che mi strega ogni volta in cui ho la fortuna di incontrarla), Eleonora Fiorani (docente presso il Politecnico di Milano, filosofa e curatrice del settore Moda della Triennale) e Arturo Dell’Acqua Bellavitis (professore ordinario di Disegno Industriale presso il Politecnico di Milano e Presidente della Fondazione Museo del Design presso la Triennale). Leggi tutto

Palazzo Reale a Milano ospita gli Incantesimi del Teatro alla Scala

Tra i tanti ricordi della mia infanzia, ci sono quelli legati alla musica.

Ai miei genitori è sempre piaciuta e rammento bene quando, la domenica mattina, durante la bella stagione, mia mamma amava aprire tutte le finestre di casa lasciando entrare l’aria fresca: in quelle mattinate gioiose, non mancava mai la musica diffusa attraverso un giradischi e a riecheggiare di stanza in stanza erano spesso le opere liriche e le note delle arie di Giuseppe Verdi, di Gioacchino Rossini e di molti altri ancora.

È da allora che Madama Butterfly di Giacomo Puccini è una delle mie opere preferite e non dimenticherò mai il libretto che sfogliavo con avidità in cerca di immagini e dettagli né la profonda impressione che la storia di quella e di molte altre opere esercitavano sulla mia fervida fantasia di bambina. Un’impressione, un fascino e un incantesimo tanto forti che, quando qualche anno fa fui invitata dalla contessa Pinina Graravaglia alla festa intitolata Teatro dell’Opera, passai un intero mese a prepararmi per il personaggio che scelsi di interpretare, ovvero Medora, la protagonista femminile de Il Corsaro di Giuseppe Verdi.

Vi racconto tutto ciò per darvi la misura dell’emozione che ho provato settimana scorsa, quando mi sono ritrovata a visitare la mostra Incantesimi – I costumi del Teatro alla Scala dagli Anni Trenta a oggi.

Ve lo confesso, non è stata una visita programmata: in realtà, ero a Palazzo Reale, la sede, per la meravigliosa mostra dedicata a Caravaggio e ho scoperto che, al termine del percorso, si passa attraverso le Sale degli Arazzi che attualmente ospitano l’esposizione Incantesimi.

In cosa consiste tale mostra?

In ventiquattro straordinari costumi che sono stati selezionati e restaurati tra i numerosi abiti di scena custoditi nei magazzini della Scala, ventiquattro costumi che si devono ad alcune delle firme più celebri nella storia del teatro. Leggi tutto

We Wear Culture, dal little black dress di Coco allo street style di Tokyo

We Wear Culture: la cover della sezione dedicata al virtual tour del Metropolitan Museum of Art

Tra i tanti vantaggi del web, uno dei miei preferiti è senza dubbio quello di aver ridotto i limiti fisici e geografici.

Per esempio, possiamo stare comodamente seduti alla nostra scrivania e contemporaneamente fare ricerche grazie a luoghi virtuali, biblioteche e librerie, archivi e musei. Oppure, possiamo rilassarci sul divano mentre chiacchieriamo in live chat con persone che si trovano dall’altra parte del mondo. O ancora, possiamo fare acquisti in pochi click.

Certo, a volte tutto ciò non basta: io, in questo periodo, mi struggo per il fatto di non poter essere a New York fisicamente, precisamente al Metropolitan Museum of Art dove si sta svolgendo la mostra Rei Kawakubo / Comme des Garçons: Art of the In-Between.

Non so cosa darei per visitare l’esposizione dedicata a una delle più importanti stiliste del Novecento, colei che nel 1969 ha fondato il brand Comme des Garçons e che insieme a Yohji Yamamoto e Issey Miyake forma l’eccezionale triade giapponese che, alla fine degli Anni Settanta, ha portato un grandissimo rinnovamento nella moda.

Qui, però, torna in ballo Internet e la sua capacità di essere un mezzo che ci dà infinite possibilità che sta a noi saper sfruttare al meglio: non posso teletrasportarmi a New York, è vero, ma grazie al web posso consultare il sito del Metropolitan, godere di filmati e gallery, leggere articoli, consultare reportage.

Ed è proprio in nome di tutto ciò che, oggi, sono molto felice di parlarvi di un progetto che si chiama We Wear Culture.

We Wear Culture ovvero Indossiamo la Cultura, in quanto ben tremila anni di storia del costume e della moda confluiscono in una sorta di sfilata (o vetrina, chiamatela come preferite) che debutta online in questi giorni.

Disponibile attraverso la piattaforma Google Arts & Culture, il progetto consente di esplorare stili e look di epoche diverse nonché le storie che sono alla base degli abiti che indossiamo oggigiorno: inoltre, pezzi iconici che hanno cambiato il modo di vestire di intere generazioni vengono letteralmente fatti vivere grazie alla realtà virtuale.

L’iniziativa è frutto di una collaborazione con oltre 180 istituzioni culturali di fama mondiale: tra i nomi italiani, figura il Museo del Tessuto di Prato e una selezione di tessuti proveniente proprio dalle collezioni antiche di tale Museo è ora disponibile online. Leggi tutto

Next Vintage Belgioioso edizione ottobre 2013

Il vintage non è un argomento nuovo qui su questo blog: è una delle mie passioni e ve ne ho già parlato in più occasioni. Ho iniziato a sviluppare questo forte interesse alcuni anni fa: ben presto si è trasformato in una passione che ha contagiato anche il mio amore per i bijou, facendo sì che io iniziassi a interessarmi ai gioielli d’epoca o risalenti ad almeno 20 – 30 anni fa. Cosa mi affascina? Il fatto che questi pezzi abbiano già una loro storia e un vissuto ai quali aggiungo nel tempo i miei ricordi personali. Una delle manifestazioni che più attendo ogni anno è il Next Vintage che si svolge al Castello di Belgioioso: ricordate, vi avevo parlato dell’edizione dello scorso aprile qui. Next Vintage si svolge infatti due volte l’anno con un’edizione primaverile e una autunnale: è sempre un’ottima occasione per fare ricerca e per imparare qualcosa di nuovo.

Il termine “vintage” era in uso nel settore vinicolo, coniato in origine per definire i vini vendemmiati e prodotti nelle annate migliori: è poi diventato termine di uso comune e più ampio, nonché sinonimo dell’espressione “d’annata”. Oggi si definiscono vintage tutti quegli oggetti che siamo stati prodotti almeno vent’anni prima del momento attuale: pertanto, essendo nel 2013, è ormai vintage tutto quello che risale a prima del 1993. Proprio così, i primissimi anni ’90 si possono già considerare vintage: il tempo vola, vero? Occhio, dunque, a ciò che buttiamo via: potrebbe essere diventato prezioso, ricercato da appassionati e intenditori. Leggi tutto

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