La Boccardi, perché consiglio il libro con la sua biografia

Vivere nel presente, guardando verso il futuro e conoscendo il passato: è questa la filosofia con la quale cerco di vivere.
Mi piace godere appieno e fino in fondo di ciò che vivo, giorno per giorno, con una proiezione e un pensiero verso ciò che vorrei, programmandolo grazie alla forza che – a mio avviso – tutti noi possiamo trarre dalle lezioni insite in ciò che è stato.
Credo dunque fortemente nel futuro e nella necessità del progresso e, allo stesso tempo, amo la tradizione.
Penso infatti che esistano valori assoluti e senza tempo che nemmeno progresso ed evoluzione dovrebbero cambiare.
Credo, in generale, nel duro lavoro e nel talento che ognuno di noi possiede e che si esprime in tanti modi; credo nello studio e nella curiosità intellettuale.
Per quanto riguarda nello specifico la moda, sono convinta che essa sia un potente linguaggio e che debba veicolare bellezza autentica.
Credo, che, come ogni linguaggio, abbia i suoi codici e che per padroneggiarla – e non esserne invece posseduti – occorra conoscere quei codici, come creatori e stilisti, come comunicatori e giornalisti, come clienti e fruitori.
Credo in quegli stilisti che sono prima di tutto sarti e che sanno costruire abiti veri e non solo operazioni fatte di clamore.
Credo in quei comunicatori e giornalisti che non sono solo presenzialisti e che hanno la voglia di raccontare davvero la moda.
Credo che tutti noi dovremmo essere clienti e fruitori che non si accontentano di trend e diktat, ma che cercano ciò che davvero li rappresenta per costruire un codice e un linguaggio che siano autentici.

In questo periodo, ho scritto (ancora una volta) di quanto io detesti il vuoto clamore (qui) nonché di quanto il cosiddetto sistema moda si trovi oggi ad affrontare importanti problemi (qui).
Riassumo il mio pensiero in un’unica frase: produciamo troppi vestiti, realizzati da troppi marchi spesso in maniera non sostenibile né socialmente né ambientalmente, venduti nella stagione sbagliata, infine scontati per fare spazio alla collezione successiva.
Ho scritto che le settimane della moda in versione digitale difficilmente potranno sostituire del tutto le sfilate in presenza perché la moda si nutre di tante sensazioni: come editor e blogger, ho sempre preferito vedere una sfilata dal vivo, da vicino, proprio per poter godere della parte sensoriale, il movimento di un abito, la caduta, il fruscio del tessuto, la luce e le ombre.
Senza considerare il fattore umano: le settimane della moda non sono solo il momento della passerella, sono altrettanto importanti (se non di più…) le interazioni che si svolgono oltre la passerella, gli incontri con i designer e con tutta una serie di figure come giornalisti, fotografi, buyer, incontri che garantiscono confronti interessanti e costruttivi. E, proprio per questo, ho sempre amato anche press day e presentazioni stampa, per la possibilità di toccare un tessuto, accarezzarlo, parlare con uno stilista, ascoltare la sua voce, farmi trasportare mentre racconta la genesi di una collezione. Leggi tutto

Silvia Stein Bocchese è stata insignita del titolo di Cavaliere del Lavoro

Silvia Stein Bocchese (ph. courtesy of press office)

Ci sono valori che considero assoluti, solide pietre miliari.

Tra questi valori metto il lavoro, il talento, il Made in Italy e la mia ferma volontà di sostenerli; altrettanto importante per me è dare valore, luce e voce a persone interpreti e testimoni di questi valori, che siano uomini o donne, perché credo nelle pari opportunità (nonostante sia consapevole di quanta strada ci sia ancora da percorrere per raggiungere davvero la parità).

Per questo, nei giorni scorsi, la mia attenzione è stata attirata da una notizia: il Presidente Sergio Mattarella ha nominato 25 nuovi Cavalieri del Lavoro, onorificenza conferita ogni anno in occasione della Festa della Repubblica a imprenditori italiani che si sono distinti in cinque settori (agricoltura, industria, commercio, artigianato, attività creditizia e assicurativa).

Tra questi Cavalieri, rientrano quest’anno alcuni nomi della moda, della gioielleria e del beauty, ovvero Ferruccio Ferragamo (presidente di Salvatore Ferragamo S.p.A., attiva nella creazione, produzione e vendita di calzature, capi di abbigliamento e accessori di lusso), Guido Roberto Grassi Damiani (presidente del Gruppo Damiani, attivo nella creazione, realizzazione e distribuzione di gioielli di alta gamma), Giuseppe Maiello (fondatore e vicepresidente esecutivo di Gargiulo & Maiello S.p.A., attiva nel commercio all’ingrosso di prodotti per l’igiene e la bellezza) e Silvia Stein Bocchese (presidente del Maglificio Miles S.p.A., attiva nella ideazione e produzione di capi di maglieria di alta gamma per conto terzi).

Lo dico apertamente: nutro stima e rispetto per Mattarella e mi emoziona profondamente il fatto che, in un momento storico in cui tutto il mondo si confronta con la crisi profonda causata dalla pandemia COVID-19, il Presidente abbia voluto riconoscere anche la moda tra le attività che contribuiscono a dare lustro al nostro Paese.

E mi emoziona che, attraverso questa onorificenza, il Presidente abbia sottolineato il valore di una donna che, da sola, ha creato un’attività che onora la manifattura italiana nel mondo e che ha dimostrato, con la sua storia, una capacità imprenditoriale e una volontà di riuscita che possono essere di esempio alle nuove generazioni.

E allora vorrei condividere con voi, cari amici, la bella storia di Silvia Stein Bocchese che, anticipando i tempi, ha saputo trasformare una piccola azienda da lei creata nel 1962 a Vicenza in un punto di riferimento internazionale per la produzione di maglieria di alta gamma.

L’avventura professionale di Silvia Stein Bocchese inizia appunto a Vicenza nel 1962.

A fianco del marito Giuseppe Bocchese, imprenditore della seta, fonda l’azienda Miles e, con quattro operaie e poche macchine, la signora Silvia comincia a realizzare capi di maglieria in organzino di seta, la materia prima del setificio di famiglia. Leggi tutto

Alla Galleria Campari per scoprire Storie di Moda e di Stile – e non solo

Esistono persone, progetti, aziende, luoghi che fanno sì che io sia orgogliosa di essere milanese.

Si tratta di nomi profondamente e indissolubilmente legati alla storia della mia città: è il caso di Davide Campari (1867–1936), imprenditore e industriale così illuminato e così avanti rispetto ai suoi tempi da poter essere considerato all’avanguardia ancora oggi.

Davide Campari è il figlio di Gaspare Campari, il creatore del celeberrimo Bitter Campari.
Nel 1865, la famiglia si era trasferita da Novara (dove era proprietaria di una confetteria che commerciava anche in liquori e bevande di fabbricazione artigianale) a Milano, iniziando qui la produzione del Bitter: Gaspare fu uno dei primi a stabilirsi in Galleria Vittorio Emanuele II e Davide fu il primo milanese a nascere lì.
Successivamente, Gaspare aprì una bottiglieria sull’angolo verso il Duomo ma fu Davide che, nel 1915, aprì il famoso Caffè Camparino, diventato poi un’autentica istituzione meneghina.

Già anni prima, nel 1904, Davide aveva anche inaugurato uno stabilimento a Sesto San Giovanni: a partire dal 1920, decise di concentrare la produzione sulle bevande Campari più conosciute, il Bitter e il Cordial.
Nel 1932 nacque invece il Camparisoda, il primo aperitivo monodose (nel mondo!) la cui bottiglietta, disegnata da Fortunato Depero, è sempre rimasta invariata. Leggi tutto

Mario Valentino, in un libro la sua storia tra moda, design e arte

Che bella atmosfera ho respirato martedì sera in Triennale…

Partiamo dal presupposto che, già di suo, La Triennale è uno di quei posti capaci di farmi stare bene mettendomi a mio agio: partita nel 1933 sotto la guida di figure come Gio Ponti e Mario Sironi e ospitata in un edificio modulare e flessibile espressamente concepito per ospitare grandi manifestazioni e attività museali (il Palazzo dell’Arte), questa istituzione rappresenta, da 85 anni, un punto di riferimento nella vita culturale (e anche economica), un motore di intenso dialogo internazionale tra società, arte e impresa ben oltre i confini di Milano.

Non solo, La Triennale fa tutto ciò con una modernità e una freschezza tali da fare innamorare tutti, generazione dopo generazione, fino ad arrivare a Millennials e Generazione Z.

L’evento di martedì rispettava in pieno questa ottica di modernità, freschezza e apertura di pensiero.

A introdurre la serata, c’era un gruppetto di meravigliosi professionisti: Antonio Mancinelli (caporedattore attualità di Marie Claire, firma prestigiosa e che io stimo tanto da consigliare il suo blog nella mia sezione Cosa leggo), Alba Cappellieri (professore ordinario di Disegno Industriale e Presidente del Corso di Laurea in Design per la Moda presso il Politecnico di Milano, grande professionista che mi strega ogni volta in cui ho la fortuna di incontrarla), Eleonora Fiorani (docente presso il Politecnico di Milano, filosofa e curatrice del settore Moda della Triennale) e Arturo Dell’Acqua Bellavitis (professore ordinario di Disegno Industriale presso il Politecnico di Milano e Presidente della Fondazione Museo del Design presso la Triennale). Leggi tutto

Armani e il suo Silos che contiene sogni, successi, storia, futuro della moda

Armani è uno dei motivi per cui mi occupo di moda.

Questo post inizia così, con un’affermazione forte che non lascia spazio a dubbi.

Giorgio Armani, classe 1934, e la sua prestigiosa maison fondata nel 1975 figurano tra i miei ricordi di bambina, ricordi che profumano di tenerezza, calore e divertimento nonché dei primissimi approcci con la moda.

Ricordo molto bene quando mia sorella e io trascorrevamo interi pomeriggi a disegnare figurini, immaginando anche di frequentare gli stilisti che erano famosi in quegli anni, Maestri del calibro di Giorgio Armani, Valentino, Gianni Versace, Ottavio Missoni, Franco Moschino, Gianfranco Ferré.

Ebbene sì, eravamo due bambine dotate di grande fantasia ed ecco perché, quando mi chiedono di parlare di me, affermo che la moda è una malattia con la quale sono nata – una malattia meravigliosa.

Armani è lo stilista che ha forgiato i miei primi sogni di moda: vi è entrato quando ero solo una bambina con gli occhi pieni di meraviglia e curiosità e lì è rimasto per sempre, stagione dopo stagione, anno dopo anno.

Sono cresciuta, ho studiato, ho coltivato tante passioni: il bello, la moda, la comunicazione sono diventati sempre di più poli di irresistibile attrazione e si sono infine fusi nel mestiere che faccio oggi, con amore, passione, devozione e quella stessa curiosità che – per fortuna – non si è mai affievolita ma che al contrario è cresciuta, diventando più matura e profonda. Nonché più consapevole, mi piace pensare, anche se ciò che avevo colto da bambina, in modo istintivo come spesso accade ai giovanissimi, continua a essere il nucleo di tutto. Leggi tutto

Milan Fashion Week, con le collezioni SS 2018 va in scena molto di più…

Lunedì è stato l’ultimo giorno della Milan Fashion Week e dell’edizione dedicata alle collezioni primavera / estate 2018 o SS 2018, come dicono gli addetti ai lavori.
Volete sapere se sono triste per la fine della MFW, visto che la moda è un po’ il mio pane e un po’ la mia malattia?
Certo, un po’ mi dispiace che termini perché amo ciò che faccio.
Però penso anche che ci siano belle cose da fare in tanti ambiti interessanti, non solo nella moda, quindi no, non sono affatto triste.

Chi legge più o meno abitualmente A glittering woman (non guasta mai ripetere il mio sentito e sincero grazie ) sa che, al termine delle settimane dedicate alla moda, pubblico un mio reportage con le riflessioni scaturite da sfilate e presentazioni alle quali ho assistito nonché da tutto ciò che fa da contorno.

Ho scritto di certe cattive abitudini dell’ambito in cui mi muovo, ho parlato della questione accrediti alle sfilate (e in verità l’ho fatto più di una volta), ho raccontato di metatarsi malconci e di sciocchi luoghi comuni.
Al termine della scorsa edizione, quella di febbraio 2017, ho scritto di una messa (sì, una messa) che mi ha lasciato tanta tristezza nonché di un importante salone e della completa cecità nel gestire gli ingressi.

E questa volta?

Beh, tralasciando il fatto che né le cattive abitudini né i luoghi comuni sono morti (purtroppo…) e sorvolando sul fatto che la gestione spesso incomprensibile degli accrediti prosegue pressoché senza miglioramenti, a parte tutto ciò, in verità devo ammettere che questa edizione è andata piuttosto bene – se non altro a livello personale.
Non ho cioè vissuto particolari disagi o incidenti di percorso, forse perché in alcuni casi ho deciso di rinunciare proprio in partenza – e non è una cosa bella, lo so.

Eppure, cari amici, vi devo dire che a volte perfino gli spiriti più tenaci (e io lo sono) si stancano di combattere contro i mulini a vento e decidono di fare un passo indietro.
Non è una rinuncia o una resa definitiva, sia ben chiaro: è solo una tregua in attesa di capire come riorganizzare le forze, è una pausa che mi serve a riprendere fiato, è un mettermi alla finestra in attenta osservazione.

Mai rinuncerò a combattere contro i luoghi comuni e la maleducazione (perché è questa una delle cattive abitudini alle quali mi riferisco), ma al momento sono stanca di continuare a scriverne.
Mi limito a prendere in prestito le parole della brava giornalista Lucia Serlenga che, nel suo reportage post-MFW SS 2018, rivolgendosi agli addetti ai lavori, scrive le seguenti testuali parole: «andrebbe ricordato a tutti quelli che fanno parte di un mondo ritenuto raffinato che prima vengono le persone». Leggi tutto

Dettagli di stile: i pantaloni, una conquista tutta al femminile

Per capire la moda bisogna conoscere la storia.

La mia vi sembra un’affermazione azzardata o esagerata?
In realtà non lo è affatto, anzi, sostengo con grande convinzione un ulteriore concetto: non solo storia e moda sono sempre andate a braccetto, ma si sono anche influenzate a vicenda.
La storia e le sue vicende hanno naturalmente influenzato il modo di vestire, ma nel contempo il modo di vestire ha accompagnato (e talvolta facilitato) tante rivoluzioni sociali.

Tutto ciò è vero specialmente se parliamo di moda femminile: l’abbigliamento è sempre stato inevitabilmente legato alla lotta per la parità dei sessi.
Facciamo due esempi pratici, quello del costume da bagno e quello dei pantaloni.

È cosa nota che, in passato, a noi donne non era consentito mostrarci neanche al mare e fu così, ahimè, quasi fino all’arrivo degli Anni Sessanta del Novecento: in un mio precedente post ho raccontato come, nonostante il bikini sia stato inventato nel 1946, fu necessario attendere quasi due decenni affinché si diffondesse.
Parlando di pantaloni, invece, mi piace sottolineare come alcune donne che vengono considerate tutt’oggi fonte di ispirazione in materia di abbigliamento ed eleganza – cito Audrey Hepburn, Grace Kelly, Jacqueline Kennedy – siano state persone che, oltre a possedere grande grazia, usavano appunto indossare i pantaloni.
Perché lo sottolineo?
Nei secoli passati, i pantaloni sono stati percepiti come dei veri e propri simboli di forza e potere, proviamo per esempio a pensare all’espressione portare i pantaloni, usata con il significato di comandare e avere autorità; pertanto, non solo alle donne non era concesso vestirsi come gli uomini, ma non potevano indossare i pantaloni proprio per quello che rappresentavano, ovvero il potere.
Poterli indossare rappresenta dunque una conquista per la quale dobbiamo dire grazie a tutte le donne che hanno infranto quello stereotipo.

Un diritto chiamato pantaloni: ecco la conquista!

Peccato, lussuria, prostituzione: queste erano solo alcune delle accuse che venivano scagliate in passato contro le donne che portavano i pantaloni, sia da parte dagli uomini sia da una certa parte del mondo religioso e persino da parte di altre donne.
Ma chi fu a indossarli per prima?
Nell’Ottocento, attiviste come Elizabeth Smith Miller, Elizabeth Cady Stanton e Amelia Jenks Bloomer (1818 – 1894) provarono a lanciare nuovi outfit: nacquero i primi pantaloni per signora che si ispiravano all’abbigliamento tipico delle donne turche. Furono chiamati Bloomers, proprio dal nome dell’attivista e scrittrice Amelia Bloomer.
Poi, il Novecento diede i natali a dive a loro modo trasgressive, come Marlene Dietrich (1901 – 1992), donne il cui mito era destinato a diventare immortale.
Superati gli scossoni degli Anni Sessanta (tra cui, come ho già raccontato, la definitiva consacrazione e diffusione del bikini), il decennio successivo vide i pantaloni diventare definitivamente un capo unisex, anche grazie a stilisti del calibro di Giorgio Armani e Yves Saint Laurent che hanno creato elegantissimi (e femminilissimi) tailleur pantalone, rendendoli capi rappresentativi del loro stile.

Et voilà, costume da bagno e pantaloni, ovvero due esempi di reciproca influenza tra storia e moda: l’introduzione e la diffusione dei pantaloni favorì tra l’altro anche un ruolo più attivo della donna nella società.

E oggi?

Gli stereotipi e i pregiudizi colpiscono ancora oggi il mondo femminile: si continua a bollare una camicetta come troppo scollata oppure un look come troppo provocante.
E così, esattamente come avveniva in passato, la moda continua ad avere un compito: rompere gli schemi e abbattere gli stereotipi, proponendo look destinati a creare nuove tendenze.
La moda resta insomma una via di fuga da un mondo che fatica ancora ad accettare la libertà della donna e resta un mezzo per manifestare la voglia di emancipazione e di comunicazione che continua a caratterizzarci.

Parliamo allora di pantaloni e tendenze: quali sono quelle per l’inverno che sta arrivando?

I pantaloni sono ancora sovrani: non c’è una sola collezione che non li contempli al proprio interno.
E non importa di quali pantaloni parliamo, va bene ogni stile perché non esistono più rigidi diktat come in passato: dai pantaloni skinny a quelli corti, da quelli oversize fino ad arrivare a quelli a campana, oggi ogni donna sa che può trovare ciò che le serve per esprimere sé stessa nel profondo.

Le tendenze 2017 portano il ritorno dei jeans a zampa, ma anche i pantaloni a sigaretta e quelli dal taglio sartoriale, prettamente maschili.
Il jeans, che è un capo evergreen, ha dominato anche quest’anno le passerelle: è sempre una soluzione ideale quando ci si trova in crisi da outfit e non può mai mancare nel nostro armadio.
Grazie ai virtual store – a me piace per esempio yoox.com – è possibile trovare modelli di jeans da donna capaci sia di soddisfare i gusti più svariati sia di valorizzare ogni tipologia di fisico: resta solo l’imbarazzo della scelta.

Per quanto invece riguarda i tessuti, si trovano accenni Anni Ottanta tra pelle nera e lustrini: lo sguardo non è però solo al passato ma anche al futuro e così saranno in gran voga le asimmetrie e i tessuti tecnici, quelli che solitamente si utilizzavano nell’abbigliamo sportivo. Un esempio? Il PVC.
Non siete pronti a una simile rivoluzione? Non temete, nel nostro armadio troveranno spazio anche i tessuti cozy, quelli accoglienti e che coccolano, come i filati di cachemire, la seta e i velluti.

Io dico che le donne che hanno lottato affinché potessimo indossare i pantaloni apprezzerebbero una simile libertà di scelta.

Manu

 

La Moda aiuta il Duomo e instaura un dialogo tra apparenza ed essenza

Ho espresso più volte, qui e in altre sedi, il mio entusiasmo per il fermento che sta animando Milano.

Sono felice di cogliere e sottolineare tutta una serie di elementi concreti che mi fanno ben sperare che la mia città torni a essere una delle protagoniste della vita culturale e sociale italiana: talvolta, mi sono spinta fino a esprimere il sogno di un nuovo Rinascimento.

Non mi pento di queste parole e di queste speranze, anzi, le riconfermo proprio ora: in questi giorni, la città è piacevolmente invasa dal movimento generato dal Salone del Mobile e dalla Design Week e devo dire che si respira un’atmosfera bellissima, allegra, vivace e vitale. Come se ciò non bastasse, giovedì mattina ho partecipato all’inaugurazione di un evento che ha dato ancor più senso al mio entusiasmo in quanto unisce due dei miei grandi amori, quello per Milano – appunto – e quello per la Moda (questa è una delle occasioni in cui il termine va scritto con la M maiuscola).

Da buona milanese, quando parlo di amore per la mia città non posso non pensare al Duomo, una delle più grandi cattedrali gotiche in Italia e in Europa.

Il Duomo è il simbolo che rappresenta il capoluogo lombardo nel mondo grazie a una straordinaria architettura frutto di una storia secolare: generazione dopo generazione, epoca dopo epoca, lo scorrere del tempo ha scolpito e plasmato il marmo della Cattedrale, unendo tecniche e soluzioni ideate e realizzate da sapienti artisti e artigiani. Leggi tutto

Hai ragione tu, caro Julian Zigerli, “Life Is One Of The Hardest”

Più passa il tempo e più si rafforza in me la convinzione che la moda sia un’arte nonché un linguaggio parlato a volte da personaggi che possiamo definire precursori o anticipatori o pionieri. Sono coloro che riescono a cambiare e riscrivere i codici, che hanno il coraggio di introdurre cambiamenti epocali: se queste persone non esistessero, ci vestiremmo ancora come i nostri trisavoli.

Non usando i codici attuali o stravolgendoli, è normale che questi stilisti risultino un po’ visionari. Faccio un paragone: pensate a cosa accadde quando alcuni artisti abbandonarono la pittura figurativa per passare a quella astratta; furono presi per folli. A mio avviso, Julian Zigerli è uno di questi antesignani: credo che stia cercando di sovvertire i codici esistenti, introducendo la sua visione ironica. Le sue parole d’ordine sembrano essere colore, positività e un tocco di humour.

Dopo aver aperto la precedente edizione di Milano Moda Uomo sfilando all’Armani Teatro con la benedizione del grande Re Giorgio (e scusate se è poco, come si suol dire), Julian ha invece stavolta chiuso la kermesse sfilando nella splendida cornice di Palazzo Isimbardi in un clima sicuramente carico di attesa e curiosità. Quando ho visto entrare i primi due modelli, sul mio volto si è aperto un sorriso: il giovane stilista è riuscito, ancora una volta, a sorprendermi. Leggi tutto

Viaggio nel mondo di Julian Zigerli in due stagioni

Avrete notato che parlo raramente di moda maschile: ammetto che non è il mio forte. Da una parte, questa cosa mi mette un po’ a disagio: considerando la mia propensione a vedere la moda come una forma di linguaggio, forse non dovrei fare distinzioni di genere uomo/donna. Tuttavia non ho mai nemmeno creduto ai tuttologi e non penso che, sebbene si ami follemente un settore, si possa essere competenti in tutto. A ogni modo: una cosa supera per me qualsiasi distinzione o qualsiasi timore di competenza, ovvero la mia passione verso gli emergenti. Non avrei potuto che essere incuriosita da Julian Zigerli, giovane stilista capace di attirare l’attenzione di Giorgio Armani, uno dei re della moda nonché mio punto di riferimento da sempre.

Julian è stato scelto per sfilare all’Armani Teatro e sabato 11 gennaio ha presentato la sua collezione autunno – inverno 2014/2015 nella prestigiosa location di via Bergognone, nell’ambito del calendario di Milano Moda Uomo. Per Giorgio Armani non è una novità supportare i giovani creativi. “Continuo anche per questa stagione a sostenere alcuni dei più promettenti giovani stilisti del panorama internazionale della moda, cercando di mantenere uno sguardo globale”, ha dichiarato Re Giorgio, aggiungendo “mi auguro che il mio sostegno sia di buon auspicio per la carriera di Julian Zigerli”.

A questo “battesimo” c’ero anch’io: passato qualche giorno e rimuginato su ciò che ho visto, provo a raccontarvi il mondo di questo designer. Leggi tutto

Next Vintage Belgioioso edizione aprile 2013

Visitare la manifestazione Next Vintage di Belgioioso è un po’ come vivere la stessa esperienza che capita ad Ali Baba nella fiaba che lo vede protagonista insieme ai quaranta ladroni: si entra in una caverna piena di tesori. Peccato che non basti la formula “Apriti, Sesamo!” per portarli via tutti…

Ciò che mi attrae nel vintage è la storia che accompagna oggetti e capi nonché la possibilità di dar loro una seconda vita. La manifestazione che si tiene a Begioioso è una delle più importanti del settore: non me la perdo mai, ha per me lo stesso richiamo di una sirena ammaliatrice.

Pochi giorni fa si è conclusa l’edizione primaverile: vi racconto che cosa mi è piaciuto. Leggi tutto

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