Charlie Hebdo, la speranza rinasce da una matita

Mercoledì 7 gennaio, il giorno della strage di Parigi, è stato un momento tragico per chiunque creda nella libertà di pensiero e di parola, nella libertà di espressione, nella libertà di stampa.

Un po’ mi ripugna ritrovarmi a scrivere strage di Parigi.
Penso che fatti così gravi non conoscano nazionalità né geografia: si abbattono sull’intera umanità, perfino su chi in questo momento esulta considerandola invece una vittoria.

In quel giorno buio, mi sono sentita smarrita e disorientata e credo che questo sia successo a moltissime persone.
Da allora provo una continua alternanza di dolore, disperazione e rabbia e soprattutto provo la sensazione che sia stato oltrepassato un punto di non ritorno.
Mi sento svuotata, come se ci avessero portato via qualcosa che so non riavremo più indietro.

Mercoledì, per tutto il giorno, mi sono chiesta cosa fare, che risposta dovessi dare, come essere umano e anche come persona che considera un sogno (forse il più grande che nutro in ambito professionale) potersi un giorno guadagnare il tesserino da giornalista pubblicista.
Tacere.
Parlare.
Interrompere o continuare il mio lavoro.

Alla fine ho deciso: ho continuato. Leggi tutto

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