I tatuaggi oggi, da AltaRoma alla Milano Tattoo Convention

Ci sono argomenti capaci di sollevare vivaci controversie: i tatuaggi, per esempio, dividono nettamente coloro che sono a favore da coloro che sono contro l’idea di tracciare segni indelebili sulla propria pelle.

Ho già dichiarato altre volte quale sia la mia posizione: io li amo e li considero vere e proprie forme d’arte, a patto che siano realizzati da professionisti seri e secondo le più severe regole igieniche.

Penso inoltre che i tatuaggi non siano solo ornamenti, ma costituiscano anche e soprattutto un linguaggio che attinge da culture, filosofie ed epoche diverse.

Il tatuaggio è stato adottato da molti popoli antichi e contemporanei; a seconda degli ambiti e dei periodi storici, ha rappresentato una sorta di carta d’identità del singolo individuo oppure ha incarnato una pratica volta ad accomunare le persone. Poteva essere un segno di appartenenza, ma anche un rito di passaggio, per esempio quello all’età adulta: poteva simboleggiare un legame relativo a convinzioni religiose, spirituali e magiche.

Si trovano tracce di tatuaggi risalenti a ben prima di Cristo: prima che il Cristianesimo divenisse religione lecita, molti fedeli si tatuavano sulla pelle simboli religiosi a mo’ di suggello del proprio credo. Nel Medioevo, i pellegrini avevano l’usanza di tatuarsi coi simboli dei santuari visitati. Leggi tutto

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Cosa pensate dei tatuaggi? Siete tra coloro che li amano o tra coloro che li detestano? Ne avete qualcuno, lo vorreste fare, non lo fareste mai?

A me piacciono, molto, e sono tra coloro che pensano che i tatuaggi, se ben fatti, siano opere d’arte, un modo per raccontare la propria storia attraverso la pelle. La pelle che diventa una tela: è un concetto che mi intriga, sì.

Ho tre tatuaggi.

Il primo è stato un piccolo carattere cinese sulla spalla sinistra, fatto in un momento molto strano della mia vita, un momento in cui ero in lotta con me stessa prima che con gli altri. Infatti il tatuaggio simboleggiava (tra qualche riga capirete l’uso del verbo al passato) lo spirito guerriero (a questo proposito… se vi va, andate poi a vedere un pensiero in fondo a questo post).

Il secondo tatuaggio è arrivato quando ho fatto pace con me stessa: è un po’ sopra la caviglia destra e rappresenta due farfalle che volteggiano tra segni un po’ grafici e un po’ tribali.

Il terzo tatuaggio è un simbolo di puro amore: è un fiore, precisamente una calla, sotto al quale ci sono tre lettere, la A (iniziale di Alissa, mia nipote), la C (iniziale di Cinzia, mia sorella nonché mamma di Alissa) e la E (iniziale di Emanuela, il mio nome). Rappresenta noi tre legate per sempre, all’ombra del fiore più amato dalla mia sorellina. Dimenticavo la cosa più importante: Cinzia e io ce l’abbiamo identico e nello stesso punto, un po’ sopra il polso destro.

A quel punto, è arrivata l’evoluzione del primo tatuaggio: l’ideogramma ormai non mi apparteneva né mi rappresentava più. Non ho mai pensato nemmeno per un istante di cancellarlo eliminandolo col laser: ho preferito che si trasformasse, che si evolvesse, che cambiasse così com’ero cambiata io. È diventato un fiore: mi fa sorridere l’idea che lo spirito guerriero sia sbocciato e che batta ancora lì sotto. C’è e io lo so. Perché combattiva lo sono sempre, però non sono più arrabbiata: per questo ho voluto che quel piccolo carattere vivesse un’evoluzione. Ma cancellarlo… mai.

Al momento escludo di fare altri tatuaggi, tuttavia non mi sentirei di giurarlo. Non penso mai a quando invecchierò né mi importa: credo che quando sarò anziana saranno altre cose a preoccuparmi. Leggi tutto

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