A Tolentino parte Mood Festival 2023 tra musica, eccellenze e sostenibilità

Ricevo e volentieri condivido – Torna tra pochi giorni Mood Festival 2023, la nuova edizione della manifestazione che da ben 9 anni fa ballare gli amanti della musica a Tolentino, in provincia di Macerata.

Si parte venerdì 21 luglio, quando il Castello della Rancia tornerà ad animarsi per una due giorni di grande livello visto che, tra i dj ospiti di questa edizione, figurano nomi di spicco della scena nazionale e internazionale.

Menziono subito Klaus, eclettico fondatore del progetto Wanderlust Vision, anche perché siamo stati entrambi relatori del talk Ritmi Sostenibili, uno degli eventi che ha anticipato il Mood Festival 2023.

Il Festival è un appuntamento importante per il territorio marchigiano poiché – in un’ottica di condivisione di ciò che è bello, buono e ben fatto – è pensato per valorizzare tante eccellenze locali, unendo tradizione, innovazione, cultura e divertimento.

Il 2023 è un anno di conferme, novità e partnership particolarmente significative.

Visto che ho molto a cuore la sostenibilità sociale, mi fa piacere citare la collaborazione con Artemista, cooperativa finalizzata all’inserimento lavorativo di soggetti fragili e svantaggiati che si occuperanno di mantenere puliti e sanificati tutti gli spazi della manifestazione. Leggi tutto

Master of Hits, che lo show di Roberto Neri abbia inizio

Da anni, ormai, porto avanti quella che ho battezzato “campagna di sostegno al talento” dando evidenza a realtà create da persone coraggiose che hanno cambiato vita e hanno buttato il cuore oltre l’ostacolo, come si suol dire, per scelta o anche perché obbligate da varie situazioni.

Tutte queste persone, pur molto diverse tra loro, sono in realtà unite da una caratteristica comune: portano avanti i loro progetti tra sacrifici, difficoltà e burocrazia grazie a tonnellate di coraggio, talento, fantasia e creatività.

Sono particolarmente felice del fatto che questa mia “campagna” incontri oggi l’amicizia, visto che desidero parlare di una persona speciale, un essere pieno di umanità e autenticità; di un amico che gode in più della mia stima professionale in quanto è anche ricco di talento.

Roberto Neri – questo è il suo nome – non ha fondato un brand: non è un designer o uno stilista, figure delle quali parlo spesso, bensì è un esperto di comunicazione e pubbliche relazioni.

Vive nella sua amata città, Rimini, ed è stato contributor per alcune riviste della celeberrima casa editrice Rizzoli – come Max, Sport Life, Io Donna, Style Magazine – per le quali si è occupato di moda, musica, costume e società.

Ha tra l’altro ideato e curato le Pagelle di Stile di Style Magazine, riuscendo a creare connubi e connessioni inedite tra dimensioni che a volte appaiono lontane, come per esempio politica e moda, miscelando serietà e ironia. Leggi tutto

Jabra Elite 5, la nuova frontiera degli auricolari true wireless

La storia è il punto di inizio di ogni corso che tengo in Accademia del Lusso.

La moda è fortemente connessa con la storia e ha un legame stretto con il tempo in cui nasce e si sviluppa: la moda è influenzata dalla società e la società è o può essere influenzata dalla moda.

È un dialogo a doppio binario, insomma, e questo è il motivo per cui i miei corsi iniziano da una piccola passeggiata nella storia: non potendo occuparmene in maniera esaustiva (i corsi vertono su altro), tento di concentrarmi almeno sul periodo che va dal Settecento a oggi e, in particolare, parliamo proprio delle connessioni e delle influenze tra società e moda e non solo rispetto al cambiamento e all’evoluzione di fogge e codici di abbigliamento, ma anche dal punto di vista della comunicazione e del sistema editoriale attorno alla moda (e questo è il mio ambito preciso).

Parliamo, per esempio, di come e quanto si siano evoluti i mezzi per trasmettere notizie e informazioni, fatto che ha permesso la nascita e lo sviluppo del sistema editoriale e dunque parliamo di invenzioni che sono pietre miliari, come per esempio i sistemi telegrafici.

Ecco, considerato tutto ciò, immaginate quanto io possa essere stata felice quando lo scorso anno sono stata invitata a un evento stampa di Jabra, marchio specializzato nelle soluzioni audio personali e professionali: perché ero così felice?

Perché, grazie a tale incontro, ho scoperto che questa azienda è collegata proprio a quelle innovazioni di cui parlo con i miei studenti.

Jabra fa infatti parte di un Gruppo che si chiama GN e che ha la sede centrale a Ballerup, in Danimarca: tutto iniziò nel lontano 1869 quando Carl Frederik Tietgen fondò la Great Northern Telegraph Company con un sogno ben preciso, quello di connettere il mondo.

Il sogno si concretizzò un paio di anni dopo, nel 1871: la GN Telegraph Company creò una connessione tra Europa e Asia, costruendo la prima linea telegrafica che collegava Nord Europa e Cina.

Se, fino a quel momento, servivano dalle 6 alle 8 settimane affinché un messaggio giungesse a destinazione, grazie a GN si arrivò a qualche minuto. Un’innovazione a dir poco epocale.

Quindi… incontrare Jabra è stato come avere l’occasione di toccare con mano proprio quella storia che tanto amo condividere con i miei studenti. Leggi tutto

A Tolentino torna il Mood Festival tra musica, spettacolo ed eccellenze

Prima della pandemia, mio marito e io avevamo un progetto (uno tra i tanti): andare al Tomorrowland, il festival di musica elettronica che si svolge in Belgio ogni anno dal 2005.

Siamo entrambi appassionati di musica ed è stato lui, Enrico, a farmi innamorare di questa manifestazione che, negli anni, ha visto esibirsi i più noti dj internazionali e che è celebre anche per le decorazioni fantasy che prevedono proiezioni luminose, fuochi d’artificio, fontane d’acqua e altro ancora. Last but not least, sono altrettanto affascinata dalla dimensione umana, dall’idea di condividere un’atmosfera gioiosa, festosa, allegra, colorata, libera, senza barriere di sesso, nazionalità, età.

E poi sì, è arrivata la pandemia e attualmente il progetto è accantonato ma, in gennaio, ho conosciuto una persona che mi ha fatto conoscere una manifestazione che ha immediatamente catturato il mio interesse: la persona si chiama Martina e la manifestazione si chiama Mood Festival.

Martina Paciaroni e Riccardo Prosperi hanno fondato il collettivo Demood: il Mood Festival è il loro principale evento che il 15 e il 16 luglio 2022 torna a Tolentino, bella città ubicata in provincia di Macerata nelle Marche. Leggi tutto

Degustando in Bottega 2019, Cremona mette in scena il suo ‘saper fare’

La Welcome Card Special Edition per Degustando in Bottega 2019

Dovete sapere, miei cari amici, che non sono solo orgogliosamente milanese, come scrivo spesso, ma sono anche orgogliosamente lombarda; dunque, quando sento dire che la Lombardia è una regione ‘piatta’ anche nel senso di ‘noiosa’… beh, ho un sussulto di sdegno.

La Lombardia piatta e noiosa? Niente affatto!

Prima di tutto, geograficamente parlando (ed escludendo il mare, ahimè), la Lombardia offre una gran varietà tra campagna e città, pianura e montagne, laghi e fiumi.

Poi, parlando in senso metaforico, la Lombardia offre lavoro attraverso le sue numerose attività ma offre anche cultura, arte, svago, intrattenimento. Ed eccellenze enogastronomiche.

Insomma, la Lombardia è anche turismo e non solo business e affari: Milano ha avuto l’opportunità di dimostrarlo grazie all’Expo 2015 (di Expo parlai anch’io nel blog a più riprese, per esempio qui) e ora (finalmente!) è anche una meta turistica – mai visti così tanti turisti come negli ultimi anni! – e spero che lo stesso accada sempre più a tutte le città della mia regione in un’ottica di sistema che a me piace molto.

Perché, pur adorandola, non mi fermo certo a Milano: a una distanza breve, entro i confini regionali, ci sono tante meraviglie da scoprire.

Per esempio, oggi desidero parlare di una città che amo molto: Cremona, la città dei violini e dei liutai, del torrone e del salame, del bollito e della mostarda…

Io l’ho scelta lo scorso anno per festeggiare la Festa dei Lavoratori, condividendo un po’ di miei scatti tra eccellenze culinarie (qui), bellezze architettoniche (per esempio qui) ed eccellenza musicale (qui).

E oggi Cremona offre a tutti gli estimatori del bello e del buono una nuova opportunità: la manifestazione Degustando in Bottega che mette al centro il ‘saper fare’ della città.

Barbara Manfredini (Assessore al Turismo del Comune di Cremona), Virginia Villa (Direttore del Museo del Violino), Cesare Baldrighi (Presidente del Consorzio Fattorie Cremona) e Stefano Conia (maestro liutaio) hanno presentato Degustando in Bottega lo scorso 29 ottobre attraverso un evento si è tenuto al Ristorante Savini Milano 1867, locale storico e palcoscenico ideale per il lancio di questa importante iniziativa: ho avuto il piacere di essere tra gli invitati e oggi, con altrettanto piacere, condivido tutti i dettagli. Leggi tutto

Skechers sponsorizza X Factor 2019 e riduce la plastica nel packaging

Non è un mistero: amo le sneaker (e le indosso spesso) e amo le Skechers, uno dei miei marchi preferiti.

Il perché è presto detto: le Skechers sono calzature che offrono un ottimo equilibrio tra tecnica ed estetica quindi, indossandole, riesco a rispettare le esigenze di salute salvaguardando però quella giusta dose di apparenza (proprio come avevo raccontato e spiegato dettagliatamente in un precedente articolo, soffermandomi anche sull’importantissima presenza del memory foam).

Se oggi torno a parlare di Skechers è perché sono stata piacevolmente colpita da due notizie che riguardano l’azienda che è uno dei player più importanti nel segmento performance e lifestyle: mi riferisco alla sponsorizzazione ufficiale di X Factor 2019 e ai tagli nell’utilizzo della plastica per il packaging.

La filiale italiana di Skechers ha infatti annunciato la sponsorizzazione ufficiale di X Factor 2019, il talent show prodotto da Fremantle in onda su Sky e giunto quest’anno alla sua tredicesima edizione.

Lo show, che è molto amato e seguito dal pubblico (e io sono in questo pubblico!), dà spazio allo stile inconfondibile del brand con alcuni modelli delle collezioni uomo e donna, in particolare, le Skechers Energy, le D’Lites e le Stamina.

Lo stile pop e colorato di Skechers sale dunque sul palco di X Factor, seguendo i concorrenti dai primi passi delle audizioni fino alle performance da aspiranti star: le eclettiche sneaker di Skechers sono le calzature ufficiali e completano il look dei concorrenti, cercando di esprimerne al meglio la personalità durante tutte le fasi del programma, incluse le durissime selezioni di Bootcamp (già in corso) e Home Visit. Leggi tutto

Aspettando la primavera: i cappelli della collezione Doria 1905 SS 2019

Ho osservato che ogni volta in cui mi trovo in difficoltà, magari perché sto vivendo una situazione che non mi fa sentire completamente a mio agio, la mia testa inizia a ragionare in prospettiva futura, concentrandosi su ciò che verrà.

Non credo di essere l’unica alla quale capita; credo, al contrario, che questo sia il più classico tra i meccanismi di difesa del nostro cervello.

Prendete, per esempio, la mia avversione per l’inverno: non so dirvi, sinceramente, se a mettermi più a disagio sia il freddo o la poca luce, fatto sta che, appena ne ho l’ardire, inizio a pensare alla primavera.

E diciamo che, di solito, questo momento coincide con la seconda metà di gennaio: archiviato dicembre, archiviato il solstizio d’inverno (il giorno più corto dell’anno, con mia grande sofferenza), archiviate tutte le festività, posso iniziare a pensare che, tra poco più di 45 giorni (evviva l’ottimismo…), inizierà marzo, il mese che porta con sé la primavera, almeno da calendario.

È vero, gennaio è molto lungo (e spesso è il mese più freddo qui a Milano), febbraio è più corto ma può essere altrettanto gelido; eppure, è innegabile che la prospettiva futura è adesso quella di marzo e che ciò che verrà a piccoli passi è la bella stagione.

Tra l’altro, proprio in queste ultime sere, ho fatto caso a come le giornate stiano tornando ad allungarsi dopo il citato solstizio d’inverno: verso le 17 c’è ancora luce mentre, fino a dicembre, alla stessa ora era già praticamente buio. Leggi tutto

Serena Fumaria: perché il progetto Guarire dal narcisista patologico

Non sopporto la violenza e le sue manifestazioni – mai e in nessun caso.
Non la sopporto qualunque sia la (pseudo)giustificazione o la (pseudo)motivazione perché – in realtà – non ne esiste nessuna che possa essere anche lontanamente valida.
Non la sopporto chiunque ne sia vittima: bambino, donna, uomo, animale.
Non riesco a fare graduatorie di gravità, poiché la violenza è sempre ignobile e disgustosa, con aggravanti ulteriori quando la vittima è in posizione di particolare debolezza, come accade con i bambini – e mi vengono i brividi di orrore solo a pensarci.
E non riesco nemmeno a fare graduatorie di gravità tra violenza fisica e psicologica: sia le botte sia le parole lasciano segni indelebili nel corpo e nell’anima.

Come essere umano e come donna, sono naturalmente preoccupata dal crescendo di violenza che sempre più spesso donne di ogni età, di ogni provenienza e di ogni estrazione sociale si trovano a subire dentro le pareti domestiche e fuori, a partire dagli ambienti di lavoro.
Mi sono schierata moltissime volte contro la violenza sulle donne, dal body shaming (qui e qui due esempi) fino a casi estremi come quello dolorosissimo di Sara Di Pietrantonio (qui), una tragedia che mi impressionò profondamente.

E allora oggi voglio proseguire su questa strada di impegno in prima persona parlandovi di un progetto che è stato portato alla mia attenzione da una persona che conosco da anni e che stimo. Leggi tutto

Jimi Hendrix – The Italian Experience 1968 alla Triennale di Milano

Quando infiammava le folle ai concerti, io non ero neanche nata.
E non ero ancora nata nemmeno quando morì, nel 1970, in circostanze mai del tutto chiarite.
Eppure, come ogni grande appassionato di musica rock, anch’io impazzisco per Jimi Hendrix, il celeberrimo chitarrista e cantautore statunitense morto prematuramente (doveva ancora compiere 28 anni), colui che è considerato uno dei maggiori innovatori nell’ambito della chitarra elettrica e che, durante la sua breve quanto intensa parabola artistica, si è reso precursore di molte delle future evoluzioni del rock.

Era un innovatore al punto tale che, nel 2011, l’autorevole rivista Rolling Stone l’ha posto in cima a una classifica come il più grande chitarrista di tutti i tempi in una lista di 100, precedendo altri cosiddetti mostri sacri del calibro di Eric Clapton e Jimmy Page.

Delle sue esibizioni, due in particolare sono entrate a pieno titolo nell’immaginario collettivo: il suo esordio al Festival di Monterey del 1967, occasione in cui concluse la performance dando fuoco alla sua chitarra; la chiusura del Festival di Woodstock del 1969 quando, da dissacrante e visionario artista quale era, reinterpretò l’inno nazionale statunitense in modo provocatoriamente distorto e cacofonico, cosa che – peraltro – fece di lui uno dei maggiori critici riguardo alla guerra in Vietnam.

Il vulcanico musicista è ricordato anche per The Jimi Hendrix Experience, celebre gruppo formatosi a Londra nel 1966 e che faceva capo a lui, comprendendo il bassista Noel Redding e il batterista Mitch Mitchell.

Alla luce di tutto ciò, potrete dunque comprendere perché mi sono brillati gli occhi quando ho ricevuto l’invito per l’anteprima stampa di una nuova mostra appena inaugurata alla Triennale di Milano. Leggi tutto

Le mie scelte in pillole, Christmas edition: Bohemian Guitars, strumenti speciali

I rimpianti non mi appartengono: essendo una persona decisa e anche impulsiva, è più facile che io mi penta di qualcosa che ho fatto piuttosto che di qualcosa che non ho fatto, dunque sono più incline a qualche rimorso piuttosto che ai rimpianti.
Eppure, ho anch’io tre grandi rimpianti: non saper suonare uno strumento (e aggiungerei non saper cantare), non aver studiato danza classica e, infine, non aver imparato ad andare a cavallo (ho provato solo da adolescente, quando durante un’estate sono stata a studiare la lingua inglese a Canterbury).

Ecco perché – basandomi sul mio rimpianto numero uno – oggi desidero raccontarvi una storia di talento che parte dalla musica.

Ispirati e colpiti dall’inventiva dei musicisti di Johannesburg capaci di realizzare strumenti con materiali alternativi rispetto a quelli tradizionali, i fratelli Adam e Shaun Lee, originari del Sudafrica e fondatori di Bohemian Guitars, hanno applicato questa filosofia alle loro creazioni.

Sono nati così i loro strumenti che, in breve tempo, sono entrati nel cuore di molti musicisti di tutto il mondo grazie a una serie di chitarre, ukulele e bassi elettrici.
Il design originale e i materiali utilizzati portano a sonorità particolari: il corpo in lega metallica, precisamente in latta, consente infatti un’interazione unica con l’elettronica dello strumento e questa interazione produce una gamma molto ricca e ampia di suoni non ottenibili con strumenti di costruzione classica.
Inoltre, i loro sono strumenti leggeri, con una forma del corpo ridotta: il manico si prolunga fino alla fine del corpo stesso e un telaio interno in legno di tiglio crea bilanciamento e distribuzione del peso, rendendo così ogni strumento confortevole.
Il pannello posteriore rimovibile, particolare assolutamente unico degli strumenti Bohemian Guitars, permette un facile accesso all’interno del corpo delle chitarre.
Infine, tutti gli strumenti del brand sono self-standing grazie ai piedini in gomma che si trovano alla base del corpo.

Non solo: Bohemian Guitars si impegna a costruire strumenti musicali in modo sostenibile per l’ambiente.

I loro strumenti utilizzano meno legno rispetto a una chitarra elettrica tradizionale, con manici ottenuti da legni recuperati o provenienti da foreste sostenibili: i corpi sono realizzati in parte da materiali riciclati.
Inoltre, vengono piantati dieci alberi per ogni ordine ricevuto e ciò avviene grazie al partner Trees for the Future, un’organizzazione dedita a migliorare i mezzi di sussistenza degli agricoltori impoveriti e a rivitalizzare terre degradate.

Perché ho scelto di inserire Bohemian Guitars nella rubrica Le mie scelte in pillole e in particolare nell’ambito della Christmas Edition, il ciclo speciale con il quale desidero suggerire di mettere talento sotto i nostri alberi di Natale?

Primo perché il brand incarna alla perfezione quel talento che sostengo tutto l’anno.

Secondo perché penso che l’ukulele, per esempio, potrebbe essere un regalo di Natale inaspettato, simpatico e – nel nostro caso – anche ecologico.

L’ukulele è nato nel 1879 grazie ad alcuni immigrati portoghesi che si erano trasferiti alle Hawaii dove oggi, ogni anno, si tiene il più importante festival dedicato a questo strumento.
Il suo nome in lingua hawaiana significa pulce saltellante e sembra sia collegato alla velocità con cui abitualmente l’ukulele viene suonato: la sua caratteristica sonora è il forte attacco seguito da uno smorzamento velocissimo che lo rende uno strumento divertente e facile da suonare.

Marilyn Monroe lo strimpellava in A qualcuno piace caldo, il celeberrimo film diretto da Billy Wilder nel 1959.
Un ukulele è stato il primo strumento acquistato da Syd Barret, fondatore dei Pink Floyd, e da Joe Strummer, uno dei fondatori del gruppo punk rock The Clash.
Rino Gaetano portò l’ukulele sul palco del Festival di Sanremo nel 1978 durante l’esecuzione della canzone Gianna e diversi artisti hanno pubblicato album di canzoni interpretate o reinterpretate con questo piccolo quanto magico strumento.

Anche il terzo motivo per cui ho scelto Bohemian Guitars è importante: questi strumenti non sono dedicati solo ai musicisti esperti, ma anche a tutti gli amanti di quel lifestyle che trae ispirazione dal mondo della musica.

Qualcuno proverà a suonarli, altri impareranno veramente, per altri ancora diventeranno un ricordo da esporre in soggiorno: gli strumenti Bohemian Guitar sono infatti anche dei bellissimi oggetti d’arredo perfino per chi, come me, si limita anche solo ad ammirarli.

Manu

Qui trovate il sito e qui la pagina Facebook di Bohemian Guitars.
I loro strumenti sono distribuiti in Italia da Backline e si possono trovare online sul loro sito e presso i rivenditori autorizzati.

Furia la Cantastorie incontra il Maestro Luigi Albertelli: lasciateli cantare!

Quando mi hanno parlato per la prima volta della cantautrice (anzi, della cantastorie) Furia, non avevo la minima idea della meravigliosa avventura nella quale mi sarei imbarcata grazie a lei.

Era esattamente un anno fa e mi chiesero se fossi disposta a dare voce a una parte importante del lavoro di questa artista, la parte incentrata su noi donne e sulle tante difficoltà che affrontiamo nella società odierna: mancava un mese al 25 novembre, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, una ricorrenza istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1999 e, purtroppo, oggi più che mai attuale.

Ogni anno, in quel giorno, si organizzano in tutto il mondo attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica: senza alcuna esitazione, chiesi a SoMagazine, testata con la quale collaboravo, di aderire a tale campagna di sensibilizzazione proprio raccontando la storia di Furia.

Con altrettanto entusiasmo, la rivista accettò immediatamente e nacque così il mio primo articolo completo di intervista.

Sentivo che la storia avrebbe avuto un seguito e non mi sbagliavo: ecco perché parlavo di principio di una meravigliosa avventura.

Ma lasciate che vi racconti qualcosa della vulcanica Furia la cui storia si intreccia con quella di un uomo importantissimo per la musica italiana: Luigi Albertelli. Leggi tutto

Perché la scimmia nuda di Francesco Gabbani è un po’ anche mia

Come al solito, anche quest’anno ho seguito Sanremo molto distrattamente.
Il Festival della Canzone Italiana molto spesso mi annoia, lo confesso, e soprattutto mi annoiano le infinite polemiche che lo accompagnano, dalle canzoni ai presentatori passando per gli abiti.
Prendete, per esempio, la canzone vincitrice: quante ne ho e ne abbiamo sentite a proposito del povero Francesco Gabbani?
A me, invece, la sua canzone non dispiace: aveva già catturato la mia attenzione lo scorso anno con Amen (vincendo peraltro nella sezione Nuove Proposte) e quest’anno è riuscito nuovamente a incuriosirmi con Occidentali’s Karma.
A colpirmi è la sua capacità di cimentarsi in brani che sembrano leggeri, soprattutto grazie a ritmo e musica, ma che in realtà sono fintamente leggeri e propongono un secondo piano di ascolto (e di lettura).
Affermo ciò riferendomi al testo che ho ascoltato (e letto) con grande attenzione, visto che le parole, in fondo, sono il cuore del mio lavoro. Anche perché è doveroso precisare che Francesco Gabbani non è solo un interprete, bensì è un cantautore (qui il suo sito e qui la sua pagina Facebook dalla quale viene l’immagine qui sopra): la canzone in questione è stata scritta da lui con il fratello Filippo e con Fabio Ilacqua e Luca Chiaravalli, tutti parolieri, compositori, musicisti e arrangiatori (gente del mestiere, insomma).
Il testo è ricco di riferimenti culturali ed è tutt’altro che superficiale: la citazione più ricorrente è quella a un famoso saggio di Desmond Morris ed è qui che è scattato il mio interesse nonché la voglia di scrivere questo post.
Dovete infatti sapere che, appena ho sentito il verso «La scimmia nuda balla» e prima di leggere qualsiasi giornale, ho immediatamente pensato a Morris in quanto io stessa, tempo fa, facendo ricerche per un articolo uscito poi per SoMagazine, mi sono imbattuta nel lavoro dello studioso inglese.
Classe 1928, Desmond John Morris è zoologo, etologo, divulgatore scientifico e autore di libri sulla sociobiologia umana: è famoso per La scimmia nuda, opera datata 1967 con la quale affronta l’evoluzione del comportamento umano sin dalla preistoria e nel quale afferma che, pur essendo l’unica scimmia priva di peli (da qui l’aggettivo nuda), l’uomo si comporta sostanzialmente come tutti i primati. Ristampato numerose volte e tradotto in molte lingue, il suo libro continua a essere ancora oggi un best-seller.
Tra le varie teorie sociologiche di Morris, quelle che mi affascinano di più sono – ovviamente! – quelle che riguardano la moda e i suoi fenomeni: per esempio, lo studioso ha anche affermato che esiste una relazione tra la lunghezza dell’orlo delle gonne e l’andamento del mercato azionario.
Esistono non solo dicerie ma anche dettagliate ricerche che, incrociando moda e finanza, rivelano un fatto: gonne e Borsa – quella con la B maiuscola – fluttuano all’unisono, salendo o scendendo in contemporanea. Ovvero: l’orlo sale verso l’alto (e le gonne si accorciano) quando l’economia va a gonfie vele; l’orlo scende verso il basso (e le gonne si allungano) quando tira aria di crisi.
Volete qualche esempio?
Negli anni Venti del secolo scorso, il Novecento, si impone un ballo, il charleston, e le gonne diventano corte: nel frattempo, la Borsa vive un periodo di forte impennata. Verso la fine del decennio, precisamente nel 1929, gli orli tornano ad allungarsi e arriva il crack finanziario, ovvero la Grande Crisi con il crollo di Wall Street. Le gonne si accorciano di nuovo durante la Seconda Guerra Mondiale, quando l’economia è in crescita, tristemente trainata dall’industria bellica; gli orli tornano ad allungarsi durante l’epoca dell’austerità post conflitto.
Negli anni Sessanta regnano le minigonne e il mercato sale; nei Settanta tornano le gonne lunghe e arriva la crisi petrolifera. Negli anni Ottanta le gonne sono di nuovo corte e l’indice Dow Jones è in rialzo.
Aggiungo un’ulteriore considerazione legata allo stato attuale: da un po’ di anni, gonne lunghe e corte coesistono e, in effetti, il panorama economico è alquanto sfaccettato e altalenante, con realtà ancora immerse nella crisi e altre che si incamminano verso nuovi panorami.
Morris non è l’unico a vedere rapporti tanto stretti tra moda, umori ed economia: altri studiosi ed economisti sostengono infatti che esista, per esempio, la stessa relazione con alcuni cosmetici e il loro uso (ne parlo in dettaglio sempre nel mio articolo già menzionato).
A questo punto vi chiederete, forse, quale fosse il mio intento scrivendo tale articolo e io ve lo dico volentieri: le teorie di Morris e degli altri studiosi e le oscillazioni degli orli delle gonne (nonché del consumo di cosmetici) mi hanno offerto il modo per dimostrare che, tra le tante relazioni che la moda instaura con i vari aspetti della nostra vita, ne esiste appunto una molto stretta che la collega al nostro umore e al nostro sentire triangolando il tutto con la situazione economica.
Ed ecco perché Occidentali’s Karma ha attirato la mia attenzione: il lavoro di Desmond Morris è servito a me quanto a Francesco Gabbani e ha unito il suo lavoro e il mio.
Io ho usato teorie e parole dello studioso per parlare di moda, costume e società; Francesco le ha messe in musica per lanciare una provocazione su parecchi argomenti come la scissione della società moderna tra necessità d’interiorità e urgenza di apparire nonché per lanciare una forma di accusa verso il grande web, possibile nuovo oppio dei popoli (per usare le sue precise parole «coca dei popoli / oppio dei poveri»).
E sempre continuando a citare i suoi versi: «Internettologi / Soci onorari al gruppo dei selfisti anonimi / L’intelligenza è démodé». E aggiungerei all’elenco i cosiddetti leoni da tastiera.
I paralleli, le interazioni, le diverse applicazioni e angolazioni, i molteplici sviluppi di una teoria: tutto ciò mi affascina. E mi ha anche fornito una buona occasione per condividere con voi, cari amici, le scoperte (tali almeno sono state per me e spero siano interessanti per altri) che avevo utilizzato nel lavoro per SoMagazine.
Dunque ringrazio Francesco Gabbani per una canzone che – lo ripeto – non è solo un motivetto orecchiabile.
Naturalmente, non mi sottraggo nemmeno davanti all’operazione di critica del brano perché (quasi) tutti, in fondo, facciamo parte di quel sistema sul quale il cantautore vuole farci riflettere. E visto che nessuno – o quasi – può chiamarsene fuori, accetto e colgo lo spunto, senza scandalizzarmi, anche perché suggerire pensieri o nuovi punti di vista è qualcosa che mi piace e che spero a mia volta di riuscire a fare, almeno in qualche occasione. Magari questa.

Manu

George Michael e la mia adolescenza volata via “Last Christmas”

Ogni volta in cui scrivo qualche riga per dare l’addio a qualcuno che ho amato e che per me è stato importante, prometto a me stessa che quella sarà l’ultima, l’ultima volta in cui scrivo di morte e di dolore.
Mi sembra che, a ogni dipartita, il cuore si affolli di croci e mi dico che basta, non c’è più spazio e che non potrei più tollerarne altre, né di morti né di croci.
Ma non è così.
Non è così perché la vita e la morte se ne fregano di ciò che penso io. La vita continua e continua ad accompagnarsi alla morte; nascite e decessi continuano ad alternarsi, in una danza talvolta beffarda, senza sosta, senza soluzione di continuità, sempre senza permetterci di trovare senso o giustizia (come potrebbe essercene?), spesso senza consentirci di trovare pace.
Una gioia, un dolore, una gioia, un dolore.
Proseguendo fino all’infinito, proseguendo fin quando ci saranno esseri umani.

E il cuore continua a riempirsi di nomi, di gioie e poi di croci, continua a lacerarsi e a rammendarsi.
Nell’ultimo mese, ho vissuto molti dolori: sono morti i papà di due cari amici, a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro; è morto un giovane uomo che era un amico e un collega; è morto un altro giovane uomo che conoscevo e che non vedevo da tanto, eppure stimavo; è morta una giovanissima ragazza che avevo sfiorato virtualmente, grazie al web.
In mezzo a tanto dolore, però, ecco la vita che si affaccia, prepotente: la nascita della figlia di un’amica carissima. Ed è gioia immensa per il mio cuore malconcio, ammaccato.

E così eccomi di nuovo a scrivere, di vita e di morte, perché – sapete – negli ultimi anni ho capito alcune cose. Leggi tutto

Mr. David Bowie, you will be our hero forever

Trasformismo, cambiamento, metamorfosi.
Artista a 360°, uomo camaleontico, poliedrico, innovatore e innovativo, allergico ai cliché.
Sono solo alcune delle espressioni e delle definizioni che hanno accompagnato David Bowie per tutta la vita, caratterizzando le sue incursioni tra musica, cinema, arte e moda.
Ci sono parole abusate, incredibilmente abusate, e una di queste è icona: David Bowie lo era, davvero, lo è e lo resterà.
Ci sono persone che andandosene lasciano un vuoto indescrivibile, persone che fanno sentire tutti quanti orfani.
In tantissimi sentiremo il vuoto lasciato da David Bowie e dai suoi numerosi personaggi e alter ego nati da quel suo essere camaleontico: Ziggy Stardust, Aladdin Sane, Halloween Jack, Nathan Adler, The Thin White Duke (il Duca Bianco), giusto per citarne alcuni.
Ci mancherà, ci mancheranno. Tanto. Tantissimo. Troppo.
«La celebrità non serve assolutamente a nulla, è solo un impedimento per tutto quello che vuoi fare. Avrei voluto fare tutto ciò che ho fatto ed essere completamente senza volto.»
Così aveva dichiarato tempo fa e sono parole delle quali comprendo il senso profondo: eppure, noi non dimenticheremo tanto facilmente né il suo volto né quello sguardo asimmetrico dato dagli occhi di colore diverso, risultato di un pugno ricevuto da adolescente.
Siamo felici che la libertà di essere chi si è, cambiando anche ogni giorno, abbia avuto il volto di David Bowie.
Il volto di chi ci ha raccontato come ognuno di noi possa essere non solo sé stesso ma anche un eroe, magari per un giorno: lui, invece, sarà il nostro eroe per sempre.

Though nothing, will keep us together
We could steal time,
Just for one day
We can be Heroes, for ever and ever
What d’you say?

What d’you say?, Che ne dici? – cantava e chiedeva.
Cosa dico? Io dico solo che, un giorno, ci si vedrà di nuovo oltre le stelle, Mr. Bowie.

Manu

Se cercate tracce di lui, qui trovate il suo sito e qui il profilo Instagram ufficiale.

La foto in altro mostra David Bowie a Parigi nel 1977 (© Christian Simonpietri/Sygma/Corbis via The Guardian).
Concludo con una piccola gallery di altre meravigliose foto (cliccate sulle immagini per ingrandirle e scorrerle)

Stonecycle, 5 oggetti di design (in marmo) per i 5 sensi

A cosa pensate se vi dico che desidero parlare di marmo?

Io penso immediatamente alla sculture di Antonio Canova nonché a Michelangelo Buonarroti col suo Mosè. Sono sempre rimasta impressionata dall’aneddoto legato a questa splendida opera marmorea: si dice infatti che Michelangelo, contemplandola al termine delle ultime rifiniture e stupito egli stesso dal realismo delle sue forme, abbia esclamato “Perché non parli!?”.

Devo dire che, quando ho visto coi miei occhi la statua nella basilica di San Pietro in Vincoli, ho compreso in pieno lo stupore del grandissimo artista: all’imponente opera manca in effetti solo la parola, in quanto il marmo sapientemente lavorato ha una veridicità che lascia senza fiato. Ci si aspetta da un momento all’altro che Mosè si animi e si alzi.

Ed è proprio a questo, alla capacità di dare emozione, che si affida oggi, circa 500 anni dopo, un progetto che rende protagonista ancora una volta il marmo: partendo dall’idea che questo materiale sia in grado di far scaturire tutta una serie di sensazioni, un gruppo di giovani talenti ha dato vita a 5 Senses Marble Design Collection, la prima collezione firmata Stonecycle.

Stonecycle è un brand che nasce da un’idea di quattro amici carraresi, l’architetto e designer Francesco Mottini, il progettista navale Davide Rossi e i fratelli Marco e Nicola Borghini, imprenditori nel settore della lavorazione della pietra: insieme hanno deciso di riciclare il marmo risultante dagli scarti di lavorazione e di trasformarlo in oggetti di pregio e in qualche caso un po’ inconsueti, come vi racconterò. Leggi tutto

Fresh ‘n Rebel e Rockbox: Pump Up the Volume!

Ci sono cose che mettono facilmente d’accordo tutti, senza troppe discussioni.

Mi viene in mente la pizza: conoscete qualcuno a cui non piaccia? Oppure il cioccolato: devo proprio concentrarmi per riuscire a pensare a qualcuno che non lo mangi.

E poi c’è la musica: non importa quale genere si ascolti, la musica è un linguaggio universale che unisce e sono pochi coloro i quali non le riservano uno spazio nella propria vita.

Per quel che mi riguarda, l’amore per la musica è uno dei tanti doni ricevuti attraverso i miei genitori.

Ho raccontato in un’altra occasione un ricordo ben nitido della mia infanzia: la domenica mattina, soprattutto durante la bella stagione, mia mamma amava aprire tutte le finestre di casa nostra lasciando entrare l’aria fresca e in quelle mattinate non mancava mai la musica diffusa attraverso un giradischi.

A riecheggiare di stanza in stanza erano spesso le note delle opere liriche: è da allora che Madama Butterfly di Giacomo Puccini è una delle mie preferite. Ricordo anche i dischi di Riccardo Cocciante e di Mario Del Monaco.

Da ragazzina prima e da adulta poi, i miei gusti sono diventati molto ampi: sono una consumatrice appassionata e onnivora. Leggi tutto

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