Dior SS 2020: a proposito di Christian, Catherine e certe affinità elettive

Collezione Dior SS 2020 (photo credit pagina Facebook Dior)

Ho smesso di credere alle coincidenze e al caso da molto tempo.
Per carità, non fraintendetemi, non credo che le nostre vite siano predestinate e che tutto sia scritto; al contrario, credo nel libero arbitrio e nella volontà personale; credo fermamente che ognuno di noi scelga i propri pensieri e le proprie azioni essendone dunque artefice e responsabile.
Credo però anche che pensieri, sogni e desideri possano essere trasformati in azioni concrete e possano portare a situazioni e incontri che sembrano il frutto di coincidenze ma che, in realtà, abbiamo appunto agevolato o creato noi stessi proprio attraverso quelle azioni.
Credo infine al fatto che esistano delle cosiddette affinità elettive ovvero delle somiglianze che ci portano istintivamente verso qualcuno o qualcosa in base a un comune sentire.

Ecco, il racconto che desidero condividere oggi nasce proprio da tutto ciò.

Come ho già raccontato, durante il mese di agosto, in occasione delle vacanze, sono tornata in Bretagna e Normandia, due regioni francesi che amo immensamente, e sono tornata a visitare anche quella che è stata la casa di infanzia di uno dei più grandi couturier di tutti i tempi.
Mi riferisco a Christian Dior, nato a Granville il 21 gennaio 1905: Villa Les Rhumbs, la casa di famiglia in cui Monsieur Dior ha trascorso anni felici, è oggi un museo a lui dedicato.
Granville si affaccia sullo splendido golfo di Saint-Malo: la villa in cui si trova il Musée Christian Dior è costruita sul promontorio roccioso, con una vista mozzafiato, ed è circondata da un giardino incantevole.
Se volete, potete leggere qui il post in cui ne parlo dettagliatamente, incluso il racconto della bellissima mostra attualmente in corso, dedicata a Grace di Monaco: io, invece, vorrei ora concentrarmi proprio sul giardino.

A partire dal 1925, Christian Dior decide di sostituire la serra esistente con un pergolato e uno specchio d’acqua, ispirandosi alle mode dell’epoca e ai dettami dell’Art Déco.
Nell’estensione del pergolato di Villa Les Rhumbs, Madeleine Dior, la sua amatissima madre, aggiunge un roseto che si appoggia al muro lungo quello che veniva chiamato Sentiero dei Dogananieri, beneficiando così di un’esposizione riparata dai forti venti salini.
Il giardino, dunque, è un luogo chiave per la villa e per Monsieur Dior: l’amore per i fiori ha costantemente influenzato la sua vita come anche il suo lavoro e i suoi abiti, dalle forme ai nomi passando per le decorazioni e i tessuti, con una preferenza per rose e mughetti.

E qui si innesta quella che io considero una non coincidenza e un’affinità elettiva: Maria Grazia Chiuri, Direttore Creativo della Maison Dior dal 2016, ha presentato martedì 24 settembre a Parigi la collezione primavera / estate 2020 ispirandosi a Catherine Dior, sorella di Christian, a lui fortemente legata anche e proprio dall’amore per fiori e giardini.

Mi sono emozionata davanti all’omaggio reso da Maria Grazia a una figura femminile così importante per il couturier e sono colpita dal fatto che ciò sia avvenuto esattamente nella stagione in cui anch’io sono tornata nella splendida residenza in Normandia.
Ecco perché ho scelto di raccontarvi tutto ciò, anche perché ho immensa stima del lavoro che Maria Grazia sta facendo in Dior e ho molto apprezzato il risultato di questo suo omaggio diventato la collezione Dior SS 2020. Leggi tutto

Non avrete il mio odio, parola di Antoine Leiris

“Non avrete il mio odio.

Venerdì sera avete rubato la vita di una persona eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio neanche saperlo, siete anime morte. Se questo Dio per il quale ciecamente uccidete ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore.

Perciò non vi farò il regalo di odiarvi. L’avete accuratamente cercato ma rispondere all’odio con la collera sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi vorreste che io abbia paura, che guardi i miei concittadini con diffidenza, che sacrifichi la mia libertà per la sicurezza. Avete perso. Lo stesso giocatore gioca ancora.

L’ho vista stamattina. Finalmente, dopo notti e giorni d’attesa. Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando mi innamorai perdutamente di lei più di 12 anni fa. Naturalmente sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di breve durata. So che lei ci accompagnerà ogni giorno e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai.

Siamo in due, mio figlio e io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e per tutta la sua vita questo petit garçon vi farà l’affronto di essere felice e libero. Perché no, voi non avrete nemmeno il suo odio.”

Ho letto tante parole sui fatti di Parigi di venerdì 13 novembre e ne ho scritte a mia volta.
Antoine Leiris scrive ai terroristi che hanno ucciso sua moglie e decine di persone al teatro Bataclan: dai commenti presenti sotto lo scritto pubblicato su Facebook, apprendo che la moglie si chiamava Hélène.
Ho voluto condividere queste parole e perdonatemi se da qui in poi scelgo il silenzio: qualsiasi mia ulteriore aggiunta sarebbe del tutto inutile e fuori luogo.
Quest’uomo ha dato voce agli unici pensieri che davvero meritassero di essere espressi.

Manu

Gaia Petrizzi va a Parigi (e io riparto da e con lei)

Non è facile riannodare i fili recisi dall’orrore.
Non è facile ripartire e per giorni ho continuato a chiedermi da dove e con cosa, perché nulla mi sembrava adatto.
Non è facile tornare a parlare di cose belle e leggiadre – nonostante sia un lavoro che faccio con passione: mi sono chiesta seriamente se e quanto avesse un senso.

Dopo molti dubbi, sono infine arrivata a prendere una decisione.
Sì, il senso ce l’ha, visto che opero con grande sincerità e mettendoci tutto il cuore.
Ce l’ha, visto che credo profondamente nella cultura e nella bellezza in tutte le loro forme ed espressioni e visto che credo che esse siano libertà.
Ce l’ha, visto che credo con tutta me stessa che non arrendersi e non farsi cambiare sia la risposta migliore a chi vuole toglierci esattamente tutto ciò, a chi vuole toglierci aria, libertà, gioia di vivere.

Eppure, nonostante questa decisione alla quale sono infine giunta, non riuscivo a scegliere l’argomento col quale ripartire: poi, d’un tratto, la nebbia si è diradata e le idee si sono fatte chiare.

Di Gaia Petrizzi e del suo brand Tupi Tupi avevo parlato diverso tempo fa, più o meno agli inizi dell’avventura di A glittering woman: torno oggi a parlarne con orgoglio per annunciarvi un’esposizione dei suoi meravigliosi gioielli d’arte a Parigi.
Qualcuno potrà pensare: sei pazza, in un momento simile non solo ci parli di gioielli ma per giunta anche di un’esposizione a Parigi?
Ebbene sì, amici miei, è così, perché Parigi è vita, è bellezza, è cultura, è arte, è movimento vivace, è fermento intellettuale: è stata ferita a morte, è vero, ma si rialzerà, ne sono certa, e il modo migliore per aiutarla – a mio avviso – è credere che possa farlo, che possa rialzarsi.

La mostra di Gaia a Parigi era stata fissata prima dell’orrore e continua a essere confermata: considero questo fatto come una vittoria dei valori nei quali credo con convinzione.
E se prima della notte di sangue del 13 novembre avevo già intenzione di parlare di questo evento che si svolgerà nella capitale francese, oggi mi sembra quasi un’esigenza nonché la scelta migliore – forse l’unica possibile – per ripartire qui sul blog, per dare il mio contributo e per dare un messaggio forte: la società civile non si piega né si ferma, né dopo i fatti parigini né dopo i terribili accadimenti in altri luoghi. Leggi tutto

#PrayForParis, #PrayForWorld

Sono colma di pensieri in ordine sparso. Spettinati, direbbe una mia cara amica.
Provo paura, orrore, sconforto, angoscia, confusione, smarrimento, dolore, preoccupazione, inquietudine.
Provo altri sentimenti densi e vischiosi ai quali non riesco nemmeno a dare un nome.
Da venerdì sera ascolto le notizie in TV, leggo quelle sul web.
“Non capisco ma queste cose sono difficili da capire, fatte da esseri umani”, dice Papa Francesco in una telefonata con Tv2000: le sue parole e la sua sofferenza che si può quasi toccare mi impressionano profondamente.
“Invito tutti a superare la paura”, dice il presidente francese, François Hollande.
Leggo ovunque frasi tipo “Vedo umani ma non vedo umanità”.
Qualcuno parla di Terza Guerra Mondiale e a me torna in mente una frase di Albert Einstein: “Non so con quali armi verrà combattuta la Terza Guerra Mondiale ma la Quarta verrà combattuta con clave e pietre”. Quand’ero ragazzina, queste parole mi terrorizzavano e oggi mi fanno un effetto del tutto simile.
Credo, però, che nemmeno il grande scienziato avrebbe potuto immaginare lo scenario odierno: la guerra che in effetti sembra essere in atto non conosce un fronte. È ovunque e mina ogni nostra certezza: non esiste rifugio, non esiste luogo che possa dirsi assolutamente sicuro. Le strade sono come trincee, luoghi insospettabili come uno stadio o una sala da concerti possono diventare campi di battaglia.
Penso ai parigini che venerdì notte hanno aperto le loro case a chi non aveva modo di rientrare nella sua. Penso che, ancora una volta, hanno dimostrato di credere veramente in quel Liberté, Égalité, Fraternité nato con la Rivoluzione Francese e in seguito diventato motto della loro patria.
Su Facebook, ieri mattina, ho scritto “Svegliarsi con un unico pensiero: verificare che tutti coloro che conosco e che sono a Parigi stiano bene… Il cuore deve trovare modi per sopravvivere all’orrore…”
E anche “La bellezza salverà il mondo. Cerco di crederci anche in questo sabato di angoscia e orrore per la nuova strage di Parigi.”
Stamattina, invece, mi sono alzata avendo in testa un’immagine ben precisa della capitale francese. È la foto che vedete qui sopra, un mio scatto datato agosto 2014 e realizzato affacciandomi dalle finestre del Musée des Arts Décoratifs.
Chissà perché, tra centinaia di scatti dei miei tanti soggiorni a Parigi, ho pensato proprio a questa foto. Non so di preciso perché, ma ho voluto dare ascolto al mio subconscio scegliendo l’immagine emersa dalle nebbie dei sogni agitati di stanotte.
Sapete, quando il mondo mi fa paura, cerco rifugio nella bellezza. A qualcuno potrà sembrare stupido, ma è il mio lavoro e soprattutto è l’unico modo che conosco per portare avanti i valori di cultura, civiltà, umanità, tolleranza e libertà nei quali credo da sempre.
E forse – ripensandoci meglio – capisco perché il mio subconscio mi abbia suggerito proprio la foto qui sopra: la Tour Eiffel vista dal Musée des Arts Décoratifs diventa un simbolo, quello della bellezza e del progresso visti attraverso la prospettiva offerta dalla cultura. E la bellezza, il progresso, la cultura, la civiltà e la libertà sono le luci che ancora spero possano illuminare il buio dell’ignoranza, dell’odio, dell’oscurantismo, del sonno della ragione, della bieca disumanità.
L’odio, il sangue, la paura non devono e non possono vincere. Certo, dolore e paura sono assolutamente legittimi, oggi, e ammetto che resistere alla tentazione dell’odio non è facile, eppure credo che dovremmo farlo, dovremmo resistere.
Credo che non dovremmo abbandonarci all’odio perché sono d’accordo con una frase che ho letto: “Chi odia è già morto”.
Non ho mai preteso di possedere né di dispensare la verità anche perché credo che nessuno possegga o detenga la verità assoluta: vi sto raccontando il mio punto di vista. Questo è il mio modo di reagire. È la mia risposta. Sono i miei pensieri spettinati che ho voluto condividere con voi come se ragionassi a voce alta.
E vi dirò di più: oggi mi sento un po’ illusa se ripenso alle mie parole di speranza dello scorso gennaio dopo l’attacco a Charlie Hebdo. Ripeto di sentirmi paralizzata, piena di dubbi e di interrogativi.
Eppure, da domani, così come chiede Hollande, cercherò di superare la paura.
Raccatterò le mie poche certezze, i miei tantissimi dubbi e la mia infinita voglia di andare avanti e tornerò a sperare. A lavorare e a vivere nel modo in cui so farlo. A onorare i valori nei quali credo. Senza odio.
Credo che questa sia la risposta migliore da dare a chi vuole portare avanti e diffondere una guerra maledetta che rischia davvero di riportarci a clave e pietre.
Manu

#PrayForParis
#PrayForWorld

Charlie Hebdo, la speranza rinasce da una matita

Mercoledì 7 gennaio, il giorno della strage di Parigi, è stato un momento tragico per chiunque creda nella libertà di pensiero e di parola, nella libertà di espressione, nella libertà di stampa.

Un po’ mi ripugna ritrovarmi a scrivere strage di Parigi.
Penso che fatti così gravi non conoscano nazionalità né geografia: si abbattono sull’intera umanità, perfino su chi in questo momento esulta considerandola invece una vittoria.

In quel giorno buio, mi sono sentita smarrita e disorientata e credo che questo sia successo a moltissime persone.
Da allora provo una continua alternanza di dolore, disperazione e rabbia e soprattutto provo la sensazione che sia stato oltrepassato un punto di non ritorno.
Mi sento svuotata, come se ci avessero portato via qualcosa che so non riavremo più indietro.

Mercoledì, per tutto il giorno, mi sono chiesta cosa fare, che risposta dovessi dare, come essere umano e anche come persona che considera un sogno (forse il più grande che nutro in ambito professionale) potersi un giorno guadagnare il tesserino da giornalista pubblicista.
Tacere.
Parlare.
Interrompere o continuare il mio lavoro.

Alla fine ho deciso: ho continuato. Leggi tutto

Ricordi dell’estate 2014: parte 4, Manu versus Francia

L’aspettavo non con gioiosa trepidazione bensì con timore e infine è arrivata: la neve. Ebbene sì, sabato mattina mi sono alzata e, guardando fuori dalla finestra, sono rimasta a bocca aperta: nevicava. Aiuto!

Non è un mistero che io non ami l’inverno e che ami ancora di meno la neve, soprattutto in città. Capisco che esulti chi è in montagna e sono felice per costoro, lo giuro, ma non mi convincerete mai sul fatto che la bianca amica sia bella anche in luoghi come Milano dove diventa subito grigia e crea solo un inenarrabile pantano.

Avevo dunque bisogno di escogitare velocemente un piano B, pensare a qualcosa che mi distogliesse dalla neve e dal terrore che si accumulasse. Atteggiamento classico, insomma: quando siamo in una posizione scomoda, quando sperimentiamo qualcosa che non ci fa a sentire a nostro agio, la reazione più facile e immediata è quella di pensare a qualcosa che ci riporti alla nostra comfort zone.

E, pensando a ciò che per me poteva essere una buona comfort zone, è stato istintivo e naturale tirare fuori gli ultimi ricordi di quest’estate: io, turista (quasi) per caso, in giro per la Francia. Momenti che hanno catturato la mia attenzione durante le scorribande tra Moulins, la Bretagna, Parigi, Lione, Menton e Sospel.

Ecco perché il post si chiama Manu versus Francia.

Chi ha vinto? Direi lei, la Francia: come capita ogni volta, è riuscita nuovamente a mettermi K.O. con la sua bellezza. Leggi tutto

Estate 2014: parte 3, Paris est toujours une bonne idée

Mentre eravamo in Bretagna, quest’estate, una mattina Enrico mi guarda e butta lì “e se facessimo un salto a Parigi?”.

Me lo dice con quella faccetta simpatica e un po’ buffa che gli viene ogni volta in cui partorisce un’idea della quale è orgoglioso.

Come pensate che abbia accolto questa proposta? Con grande entusiasmo, ovvio! Come si dice… Paris est toujours une bonne idée!

E lo è ancora di più se si tratta di una visita non pianificata e alla quale non ci si è preparati: adoro le idee formulate e realizzate al volo, detto e fatto. Questo nella vita privata: meglio non dire cosa io pensi, invece, dell’improvvisazione sul lavoro.

Tra l’altro, io ed Enrico eravamo stati insieme a Parigi (io c’ero poi tornata alcune volte ma da sola) nel 2005, poco tempo dopo esserci conosciuti. Avevo comprato due biglietti economici con Ryanair e gli avevo fatto una sorpresa: l’avevo condotto a Orio al Serio senza che lui nemmeno sapesse che avrebbe preso un aereo e per quale città. Ci siamo divertiti moltissimo e, dopo tanti anni, era ora di tornarci.

E così ci siamo trovati un albergo nella capitale francese e, anziché ripassare da dove eravamo arrivati, ci siamo spostati a est, procedendo verso Parigi. Leggi tutto

100 happy days: sfida con me stessa / parte 2

Prima delle vacanze, vi avevo raccontato di un piccolo progetto che ho intrapreso. È una sfida con me stessa ed è quella di 100 happy days: consiste nel trovare in ogni giorno un momento che ci abbia resi felici, rappresentandolo attraverso una foto.
Beh, oggi, giovedì 4 settembre, sono arrivata al 68° giorno, incredibilmente. Perché dico “incredibilmente”? Perché, come avevo spiegato nel primo post, non ero affatto sicura di riuscire a tenere fronte all’impegno preso e sono sincera nel dirlo. Non è facile trovare un motivo per cui essere felice, ogni singolo giorno e tutti i giorni, ma finora ci sono riuscita.
E ho realizzato che, in fondo, questo è soprattutto un ottimo esercizio: abitua a soffermarsi su ciò che di buono ci accade, a sottolinearlo.
Sono un’ottimista da sempre, ma ultimamente ero in un momento che definirei un po’ buio: la mia positività si era appannata, mettiamola così, esattamente come accade a un vetro quando qualcuno ci alita sopra. Leggi tutto

Parigi senza fronzoli e senza lustrini…

Quanto amo viaggiare… Non solo mi piace scoprire posti nuovi, imparare, trovare ispirazioni diverse ma amo anche quella sensazione di sentirsi partecipi di qualcosa di più grande, quel sentimento che può definirsi come “essere cittadini del mondo”.

Nutro un sogno a questo riguardo: mi piacerebbe vivere le città che amo, siano esse in Italia o all’estero, come abitante e non come semplice turista. Mi piacerebbe fare la stessa vita di chi ci sta ogni giorno, guardare le cose attraverso la prospettiva di un abitante. Viverci per un po’ di tempo.

Questa primavera ho avuto un assaggio di questa possibilità con Parigi: Sara, una mia cara amica, si è trasferita nella capitale francese per una bella esperienza di lavoro e io l’ho raggiunta per qualche giorno. Sono stata ospite a casa dei suoi zii che vivono in una zona residenziale deliziosa, alle porte della città: bello essere ospite in famiglia, anziché in un hotel che per quanto chic possa essere non avrà mai il calore di persone che ti aprono la loro porta e che ti accolgono come fossi una di loro.

E con Sara abbiamo deciso di evitare la Parigi più turistica e i soliti itinerari per privilegiare aspetti più normali e quotidiani della città, per viverla un po’ come la vivono le persone che ci abitano. La domenica al mercato tra libri e dischi vecchi, la mostra imperdibile, il negozio dell’usato, il brunch in famiglia. Leggi tutto

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