Pillole di MFW per la prossima SS 19: Off-Duty Icons by Disbanded

Dalla collezione Off-Duty Icons SS 19 di Disbanded

Che gioia poter scrivere «lo sapevo».
Ma non per il gusto – assolutamente fine a sé stesso – di poter affermare di aver avuto ragione, cosa che mi importa molto poco, tra l’altro: no, tale gioia ha carattere del tutto altruista e coincide con il piacere di assistere a un bel “ritorno”.

A chi mi riferisco? A Tania Mazzoleni, persona e professionista che gode di tutta la mia stima.

E virgoletto la parola ritorno perché, da una parte, credo che Tania non si sia mai fermata nemmeno un attimo per dare vita al suo nuovo progetto; dall’altra parte, però, credo anche di poter affermare che, dopo lo stop subito dal suo MAD Zone (di quello stop doloroso anche per me ho ampiamente parlato qui…), la sfilata dello scorso 23 settembre abbia in effetti segnato in modo eclatante il ritorno ufficiale di Tania.

Ed ecco perché posso affermare che «lo sapevo»: come scrissi al termine del post alquanto indignato di allora, sapevo che le avventure di Tania non erano affatto concluse, sapevo che sarebbe tornata e promisi di continuare a offrirle il mio aiuto, promessa che onoro oggi e che mi regala la gioia di vedere il ritorno di una persona di talento.

Ma aspettate, procediamo con ordine…

Durante l’ultima Milano Fashion Week e precisamente domenica 23 settembre, nella cornice di Palazzo Turati e nell’ambito di una manifestazione intitolata Mad Mood (format nato per promuovere talenti emergenti), Disbanded – brand di abbigliamento femminile creato da Tania Mazzoleni insieme a Sara Digiovanni – ha presentato la sua prima collezione.

Off-duty Icons – ovvero Icone fuori servizio – è la collezione primavera / estate 2019 del brand, una Fashion Art Collection ispirata ad alcune icone delle favole e ad alcune eroine contemporanee, tutte raccontate in chiave ironica e oltre qualsiasi cliché.

Cenerentola, Biancaneve, Alice e Wonder Woman danno insomma forfait e si dichiarano fuori servizio; lo status di single non prevede nessuna donzella in attesa di un ipotetico quanto fantomatico Principe Azzurro e il mito della wonder-woman-a-ogni-costo lascia spazio alla possibilità di non dover essere sempre necessariamente all’altezza, di non dover costantemente dimostrare qualcosa.

Prendendo spunto dal movimento dei quirkyalone (individui per i quali essere in coppia non è questione necessariamente primaria e che preferiscono piuttosto attendere la persona giusta anziché buttarsi in molteplici relazioni), Tania e Sara ci propongono di diventare icone di noi stesse, manifestandolo anche praticamente attraverso la libertà di un mix & match inedito tra capi giocosi ma anche fortemente femminili.

Sara, artista, e Tania, creativa, nate entrambe sotto il segno dei pesci, hanno deciso di nuotare nella stessa direzione e di unire le loro diverse esperienze lavorative per creare una linea di abbigliamento rappresentata da un mood decisamente pop: partendo da opere d’arte e rielaborandone i particolari attraverso un lavoro grafico, realizzano tessuti con stampe originali caratterizzate da colori intensi e soggetti ad alto contenuto ironico.

Il loro non è un copia e incolla tra arte e moda, ma un prodotto veramente creativo che, portando avanti e mixando il know-how di Tania e Sara nel campo della moda e dello scouting di nuovi talenti, viene contaminato da collaborazioni con altri designer emergenti.

Seguendo questa filosofia, per la realizzazione della collezione Off-Duty Icons, il brand ha collaborato con il fashion designer Ivan Iaboni (per la modellistica e un tocco folle del suo estro), con il designer Pasquale Bonfilio (che a mia volta seguo da anni per i suoi cappelli poetici e onirici, qui un esempio in un mio scatto del 23 settembre), con la designer Simona Girelli (anche lei nome che amo grazie alla sua inconfondibile tecnica basata sull’alterazione di materiali di uso quotidiano in grado di dare vita a gioielli scultura, guardate qui una sua collana) e – last but not least – con 13Ricrea.

Quest’ultimo brand ha proposto le Bisbag, ovvero borse reversibili in ecopelle, messaggere di pensieri disbanded (guardatene una in un altro mio scatto sempre dello scorso 23 settembre).

Già, perché quasi dimenticavo di focalizzarmi sul nome del brand: disbanded ovvero sciolto, libero da vincoli e legami, libero di pensiero e di fatto.

Poteva esistere nome più adatto per un brand che propone collezioni pop per chi ama essere ironica e vuole indossare – e un po’ diventare – un’opera d’arte?

Bentornata, cara Tania, ti stavo aspettando; felice che tu abbia portato con te un altro talento come Sara.

Manu

 

A seguire, alcuni outfit della collezione Off-Duty Icons SS 19 di Disbanded (ph. Marco Barbaro per il look book Disbanded, courtesy ufficio stampa); qui potete invece vedere tutta la collezione.
Per visualizzare la gallery da pc, cliccate sulla prima foto
e poi scorrete con le frecce laterali.

Per seguire il brand Disbanded, qui trovate il sito, qui la pagina Facebook e qui l’account Instagram.

A proposito di Tania Mazzoleni
Co-founder e Creative Director di Disbanded
Figlia di un pittore e illustratore, Tania è nata e cresciuta tra personaggi fantastici, immagini iper-realistiche e fumetti che hanno nutrito la sua immaginazione e creatività.
Giornalista, trend setter, talent scout: un’Alice contemporanea, com’è stata definita, che ha ideato e realizzato un concept store per promuovere nuovi talenti, MAD Zone®, definito dalla stampa «l’erede contemporaneo del format indimenticato lanciato da Fiorucci».
Laureata in Lettere Moderne, Tania intraprende più strade professionali grazie ai suoi diversi interessi e a un’indole che l’avvicina al mondo dell’arte e della moda.
Nell’estate del 2009, realizza e produce una linea di abbigliamento femminile ispirata agli Anni Settanta e al concetto del pezzo unico con una predilezione per gli abiti lunghi.
Dal 2013, Tania si è impegnata nello sviluppo del suo progetto MAD Zone® in cui, grazie alla passione per la ricerca, è riuscita a dare spazio a stilisti, artisti e designer emergenti creando uno store assolutamente non convenzionale prima a Roma e poi a Milano, in Via Brera.
È founder del format Alice in the box, dove è riuscita a riunire tutte le esperienze passate offrendo a terzi i servizi utili per creare il proprio fashion concept.

A proposito di Sara Digiovanni
Co-founder e Graphic Art Director di Disbanded
Dopo gli studi artistici, l’Istituto d’Arte prima e l’Accademia di Brera poi, Sara si inserisce nel mondo della moda appena ventenne entrando a far parte dell’ufficio stile del marchio Colmar poco prima della laurea.
Una serie di esperienze lavorative presso griffe e brand di rilievo – da Versace a Fureco, passando per Fixdesign, Fiat, Spyder Active Sport, Purotatto, Pistolesi, Giorgio Kauten, Factory Fashion – le permette di acquisire il know-how necessario per la creazione e lo sviluppo della grafica delle collezioni.
Successivamente, grazie alla collaborazione con il Gruppo Dupont e Rini Van Vonderen, affina la sua capacità di ricerca e l’attenzione alle tendenze.
Ritornando al primo amore, la sua arte si esprime come sintesi di tutte le esperienze conseguite nella moda: le sue tele sono frutto dell’unione tra innovazione tecnologica, un mix sapiente di diverse tecniche artistiche, pensiero e manualità legati da una forte impronta pop nei colori e nei contenuti.
Le sue opere – ironiche, surreali, visionarie e, spesso, concettuali – attirano l’attenzione di autorevoli critici d’arte che l’hanno potuta apprezzare durante le diverse esposizioni personali e collettive.

Se stavolta il mio compleanno porta con sé una maggiore consapevolezza

E siamo a quota cinque.

Di cosa parlo?

Con oggi, 26 novembre 2017, sono cinque i miei compleanni festeggiati qui, attraverso A glittering woman, lo spazio web al quale tengo molto e che curo con grande passione, come se fosse una tenera piantina da proteggere e fare crescere giorno dopo giorno.

Quindi, per prima cosa… me lo permettete? Ma sì, dai, tanti auguri a me 🙂 🙂 🙂

Di solito, A glittering woman non vede me come protagonista diretta o esclusiva.

Durante tutto l’anno, i protagonisti sono i talenti che sostengo, in ambito moda o negli altri ambiti che suscitano il mio interesse e solleticano la mia curiosità: fa eccezione solo il 26 novembre, giorno in cui il post che pubblico è dedicato a me stessa.

È diventata una piccola tradizione, l’unica occasione in cui mi metto al centro: cosa ne dite, una botta di egocentrismo all’anno può essere accettabile?

Questi post sono un modo per raccontare qualcosa di me e della fase che sto vivendo: il tutto è accompagnato dalle foto di alcune delle esperienze che ho vissuto nel corso dell’anno. Leggi tutto

Le mie scelte in pillole: Buh Lab e la curiosità di Francesca

Qualcuno dice che sono buona in quanto parlo bene dei brand dei quali mi occupo.
In realtà non è così, non è affatto questione di una mia presunta bontà: semplicemente, seleziono alla fonte e scarto già a priori tutto ciò che non soddisfa i miei criteri.
Perché dovrei parlare di prodotti che non mi piacciono oppure che non riesco a comprendere e ad apprezzare?
Le mie sono opinioni e non sentenze, dunque sono certa che ciò che non piace a me troverà altri estimatori capaci di argomentare circa la validità di quei progetti.
Ho rispetto della fatica altrui, io: mai direi cose terribili come certe frasi che leggo in giro, perché so bene che creazione e creatività prevedono (quasi) sempre sacrificio.
Le rarissime volte in cui ho fatto critica negativa nei confronti di qualche brand miravo ad arrivare all’elaborazione di una teoria più ampia, usando però sempre termini rispettosi, costruttivi e non distruttivi (spero!).

Dedico molto tempo a ciò che viene chiamato scouting, ovvero alla ricerca del talento.
Faccio ricerche continue, in molti modi e usando vari mezzi (tecnologici e non) nonché vari canali; poi contatto il marchio che ha catturato il mio interesse, a volte presentandomi come redattrice o come blogger, altre volte agendo in incognito come semplice cliente.
Ed ecco perché vi dico che non sono affatto buona: sono peggio di San Tommaso, l’apostolo più dubbioso. Ho bisogno di toccare con mano, di saggiare.
Dopodiché, se sono soddisfatta, mi piace condividere le scoperte con voi che mi fate il dono di leggere questo spazio o di seguire i miei account social, soprattutto Instagram.

Oggi desidero condividere con voi proprio una di tali scoperte.
L’ho fatta recentemente grazie a MAD Zone, concept store meneghino che apprezzo fortemente e del quale ho scritto altre volte, un’autentica fucina di talenti tra arte, moda e design, una wunderkammer magistralmente condotta e armonizzata (fatto molto importante!) dalla brava Tania Mazzoleni.
E la scoperta fatta grazie a MAD Zone porta il nome Buh Lab.

Buh Lab è frutto dell’insaziabile curiosità artistica ed estetica di Francesca, palermitana di origine e cittadina del mondo per vocazione.

I suoi lavori – come per esempio il pendente che ho scelto e che è ritratto qui sopra tra le mie mani – riescono a raccontare la vita e i sogni da più angolazioni: idee, ricordi ed esperienze vengono cristallizzati in piccole opere da indossare che mutano di fronte allo sguardo dello spettatore, assumendo significati sempre diversi eppure riuscendo a mantenere inalterato il loro intento artistico e il loro spirito pop-irriverente.
Grazie alla duttilità del materiale utilizzato, una speciale plastica termoretraibile, ogni opera si trasforma in tela sulla quale vivono e convivono disegni, piccole geometrie e racconti anche un po’ surreali che parlano di natura e di vita quotidiana.

Dopo aver compiuto il suo primo viaggio con la fantasia, Francesca ha scoperto che restare immobile non poteva essere contemplato nella sua esistenza e ha iniziato un continuo pellegrinaggio, a volte virtuale con la mente e altre volte reale con il fisico.
Oggi si muove tra Spagna, Romania, Svezia e Italia, nazioni molto diverse fra loro sia per clima culturale sia per spunti estetici: questi Paesi si tramutano in luoghi dai quali assorbire ogni stimolo possibile proveniente da arte, cultura, musica.
Per Francesca ogni sfumatura del mondo è infatti fonte di ispirazione continua, un’ispirazione che si riversa nella sua arte e nelle sue creazioni.

Volete conoscerla meglio? Qui trovate la pagina Facebook di Buh Lab e qui trovate l’account Instagram.

E intanto io vi do appuntamento alla mia prossima scelta in pillola 🙂

Manu

Andrea de Carvalho, arte senza confini dalla pittura al gioiello

Oggi parlo – nuovamente e con immenso piacere – di una realtà che gode di tutta la mia stima.

Nell’ambito della recente Milano Design Week, sono tornata a fare visita a MAD Zone, concept store meneghino che apprezzo fortemente e del quale ho scritto spesso, un’autentica fucina di talenti tra arte, moda e design, una wunderkammer magistralmente condotta e armonizzata (fatto importante!) dalla brava Tania Mazzoleni.

In via Brera 2, per tutta la durata della MDW, è stato possibile visitare l’allestimento Erotic Pop Design | The Contemporary Design of Love, un progetto di Tania con sottotitolo assai chiaro, ovvero Quando l’amore contagia il design e viceversa.

L’esposizione risultava ironica e divertente, per nulla volgare né morbosa, perfetta per risvegliare i sensi e ricordare che seduzione ed erotismo partono (o dovrebbero partire) dalla nostra testa.

Dalla moda al design di interni passando per il gioiello, tra i creativi e gli artisti che Tania ha voluto coinvolgere nel progetto Erotic Pop Design, sono rimasta molto colpita da Andrea de Carvalho e così è lei la protagonista della storia che vi racconto oggi.

Andrea de Carvalho nasce a San Paolo, in Brasile, nel 1966.

La madre, pittrice, la fa studiare presso la scuola tedesca Waldorf: poi, a soli vent’anni, nel 1986, Andrea si trasferisce a Parigi dove studia fashion design e storia della moda.

Nella capitale francese frequenta la École Jeoffrin Byrs des Arts, de la Mode et dy Stylisme e nel 1989, diploma in tasca, rientra a San Paolo dove inizia a dipingere: diventa assistente del pittore italo-brasiliano Gaetano Miani al seguito del quale, nel 1991, si trasferisce in Italia. Leggi tutto

Feeling like a princess, la quotidianità del lusso secondo MAD Zone

Un paio di settimane fa, ho pubblicato un articolo dedicato a MAD Zone, la creatura di Tania Mazzoleni.

Creatura è il termine giusto, credetemi: MAD Zone è uno spazio vivo, un po’ negozio, un po’ salotto (nel senso più autentico del termine), un po’ laboratorio di moda, arte e design.

L’avevo descritto come “in continua evoluzione”: sono tornata mercoledì scorso per un vernissage e ho avuto la prova che è davvero così, lo store cambia e si evolve continuamente proprio come una creatura vivente.

Ho trovato un allestimento completamente diverso rispetto alla mia precedente visita, sorprendente e – ancora una volta – favoloso: Tania ha infatti pensato che MAD Zone dovesse celebrare l’estate con un evento molto speciale intitolato Feeling like a princess, la quotidianità del lusso.

La volontà dell’iniziativa è quella di rappresentare il mondo del lusso contemporaneo come la possibilità di riconoscere e portare con sé la bellezza ogni giorno, con eleganza, naturalezza e un tocco di ironia: Tania ha voluto mettere in scena l’idea di una moderna principessa, anticonvenzionale e dalla personalità dirompente, e l’ha fatto attraverso le creazioni oniriche e visionarie della stilista inglese Mihaela Teleaga, attraverso lo storico marchio di borse e accessori Leu Locati e attraverso le opere del ritrattista e illustratore Roberto Di Costanzo.

Visto che l’idea di lusso contemporaneo di MAD corrisponde anche alla mia, sono felice di condividere con voi racconto e foto del vernissage di mercoledì 8 giugno. Leggi tutto

MAD Zone, benvenuti in una follia che è tutta salute

Chi mi conosce bene e chi legge abitualmente A glittering woman sa che esistono cose in grado di farmi perdere l’aplomb che, di solito, mi accompagna.

Una di queste cose è l’uso improprio di determinate parole o espressioni: credo di avere già scritto quanto mi infastidisca, per esempio, l’abuso di termini quali icona e mito. Iconico o mitico sono aggettivi oggi attribuiti con grande generosità: peccato che, invece, poche cose e poche persone lo siano realmente e dunque simili definizioni andrebbero dosate con grande parsimonia.

Purtroppo, oggigiorno esiste questa tendenza: se si prende di mira una parola si tende a metterla ovunque.

Vi faccio un altro esempio: è di moda definire come concept store diversi tipi di spazi commerciali, soprattutto quelli specializzati in merci di vario genere. E così, d’un tratto, molti negozi sono – o sono diventati – concept store.

Io non ci sto: concept store ha un significato molto preciso, è un’espressione bellissima che presuppone e prevede un’idea e una progettualità, dunque non può essere usata a casaccio per qualsiasi negozio che semplicemente venda diversi tipi di merce. Non basta questo per essere un concept store: se non ci sono un filo conduttore preciso e un progetto di respiro più ampio occorrerebbe piuttosto parlare di negozi multimarca e lo dico con tutto il rispetto possibile, sia ben chiaro. In caso di spazi di dimensioni maggiori o con ancora maggiore varietà di prodotto, si può parlare di grandi magazzini o department store per chi preferisce l’inglese.

Qualcuno penserà che sono una pesantissima brontolona, ma a mia discolpa posso dire che amo a tal punto le parole che mi piace che vengano rispettate: al contrario, non amo la confusione né apprezzo il qualunquismo e il pressapochismo che spesso vanno di moda al pari delle parole mito e icona. Leggi tutto

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