L’unico frutto dell’ironia è sempre la banana

Immagino che mi attirerò qualche antipatia, ma devo confessare che il calcio non mi appassiona granché e non perché io non sia una sportiva.
Ho un autentico amore per il nuoto, per esempio, e mi piace moltissimo l’atletica leggera: sono sinceramente ammirata davanti ad atleti che compiono imprese epiche tipo le attraversate del deserto a piedi.
E mi piacciono gli sport un po’ ruvidi, come il rugby o l’hockey sul ghiaccio. Ruvidi solo in campo, però: trovo che il cosiddetto terzo tempo del rugby, il momento conviviale in cui compagni di squadra e avversari vanno a farsi una birra insieme, sia espressione di grande civiltà.
Al contrario, il calcio è talvolta collegato a episodi negativi: disordini negli stadi, episodi di becera intolleranza e perfino morti.
Non capirò mai tutto questo né come si passi da quello che dovrebbe essere un momento di svago e festa a momenti di bassissima umanità: fin da piccola, mi è stato insegnato il valore assoluto dell’impegno e del riconoscere la propria sconfitta. Lavorare sodo, ma anche divertirsi, perché non c’è vittoria onorevole senza un onorevole avversario.
L’anno scorso, mi sembra fosse aprile del 2014, rimasi colpita dall’ennesimo fattaccio avvenuto in uno stadio: il calciatore Dani Alves si apprestava a battere un calcio d’angolo quando dagli spalti volò una banana diretta verso di lui.
Il brasiliano, però, non fece una piega: raccolse la banana, la sbucciò e ne mangiò un pezzo.
L’episodio ha fatto il giro del mondo amplificato dal web: Alves ha dato la migliore risposta possibile a coloro che volevano dargli della scimmia mangiabanane solo perché è di colore. Per questo ha tutta la mia ammirazione: bisogna ridere delle persone ridicole e i razzisti lo sono, sono ridicoli e tristi.
Si sa che il sistema moda è sempre pronto a captare le tendenze della nostra società rivelandosi un buon termometro dei fatti che colpiscono l’immaginario collettivo e così ha fatto suo il periodo di celebrità vissuto dal giallo frutto e l’ha piazzato ovunque: la banana ha invaso capi di abbigliamento e si è impossessata degli accessori più svariati.
Ebbene sì, dopo i meravigliosi turbanti e i copricapi con fiori e frutta di Carmen Miranda, la banana torna oggi in auge, anzi, torna di moda.
Nonostante io non sia un’amante dei trend – lo sapete – ammetto che questo mi diverte per via del suo lato altamente ironico: quello che voleva essere un gesto di disprezzo si è trasformato in un allegro sberleffo.
E, tra le varie proposte, scelgo un brand che seguo da un po’, ovvero Maison About.
La loro collezione primavera / estate è ricca di capi divertenti: la banana è proposta in tanti colori – dal classico giallo al rosa, verde e viola – e ci sono gonne danzanti e maglie per noi donne nonché felpe e costumi taglio boxer per gli uomini.
Visto che ho dichiarato più volte quanto mi diverta il fatto di pescare nell’armadio maschile, per illustrare questo post ho scelto non pezzi femminili bensì maschili: come interpreterei i boxer qui sopra?
Li farei diventare degli ironici e comodi bermuda aggiungendo una semplicissima t-shirt bianca, un paio di sandali rasoterra, un cappello anch’esso bianco e un paio di orecchini colorati. Non serve altro.
Può essere un outfit carino per passeggiare sul lungomare o per lanciarsi in un giro di shopping al mercato con le amiche: saremo fresche, carine, allegre e con quel tocco di ironia che non dovrebbe mai abbandonarci.

Manu

Qui trovate il sito di Maison About (e qui l’e-shop con la linea P/E 2015), qui la pagina Facebook, qui Twitter e qui Instagram. Qui il mio articolo sulla collezione A/I 2015-16.

P.S.: A proposito del gesto dello sciocco tifoso. Pochi giorni fa, ho scritto un post su eleganza e volgarità sostenendo che la massima volgarità è quella dei cattivi pensieri: ecco, questo tifoso ha perfettamente dimostrato la mia teoria.

Hawaiian Tropic, una serata tra nuove app e chef stellati

Vi ho mai detto che in cucina sono una completa frana?

In verità, non sono perfetta in nessuna delle faccende di casa, però, mentre so stirare e rigovernare (diciamo decorosamente), sono davvero un’assoluta incapace ai fornelli: non so preparare più di un piatto di pasta o di un uovo fritto. E dire che mia madre è una cuoca provetta e che anche mio padre sa cucinare bene (poveretti, che figlia degenere).

A ogni modo, a dispetto della mia inettitudine, oggi desidero darvi un paio di ricette vincenti, la prima per una serata e la seconda per un piatto (state tranquilli, in questo caso non è mia).

Partiamo con la serata: siete pronti? Ecco gli ingredienti fondamentali.

Prima di tutto, prendiamo un’amica speciale, perché condividere le cose belle è il mio credo; poi, pensiamo a un luogo affascinante: infine, aggiungiamo voglia d’estate e di sole. Le ricette, di solito, usano la formula q.b., quanto basta.

Queste sono state le basi di una serata organizzata da Hawaiian Tropic, il marchio che pensa a tutti gli amanti dell’abbronzatura fin dal lontano 1969.

La loro formula, diventata poi un enorme successo, nacque ispirandosi al mix di oli naturali che i nativi hawaiani si spalmavano sulla pelle per proteggersi da sole, acqua e vento: nel 1974, la miscela divenne così amata e popolare da dare inizio alla produzione su larga scala. Leggi tutto

Parah: dalla New Generation al concorso #iosiamoarte

Ve lo dico subito: oggi mi muovo su quello che potrebbe risultare un terreno minato, un po’ perché non è uno dei miei campi di specializzazione e un po’ perché rischio di attirarmi qualche antipatia visto che non rinuncerò – ancora una volta – a esporre il mio personale punto di vista. Qual è l’argomento? Costumi e moda mare.

Se è la prima volta che leggete qualcosa di mio e magari siete arrivati qui per caso, a questo punto avrete stampato un bel punto interrogativo in volto (come darvi torto): se, invece, siete lettori abituali (grazie!), avrete magari notato quanto sia strano che io scriva di beachwear. Già, su 168 post pubblicati a oggi, questa è solo la seconda volta in cui parlo di costumi.

Sui costumi e sulla nudità in generale ho il mio punto di vista che non starò qui a enunciarvi approfonditamente, primo perché non voglio tediarvi, secondo perché – ripeto – rischio di attirarmi qualche antipatia. Diciamo, sintetizzando, che non trovo particolarmente interessante l’essere poco vestiti, soprattutto perché trovo molto più interessante studiare cosa gli abiti raccontino di noi. Leggi tutto

La moda che verrà # 13: Blue Fashion Beach estate 2014

Sì, lo so che sto seriamente rischiando di farmi detestare: l’inverno è quasi alle porte e io invece parlo di costumi, eppure vorrei invitarvi a fare un giochino insieme a me. Non so se capiti anche a voi: se devo fare una cosa che non mi esalta ma penso a una cosa bella che farò o che verrà poi, provo un po’ di sollievo. Ecco, questo è il gioco che voglio proporvi: è vero, stiamo andando verso la brutta stagione, ma se pensiamo per dieci minuti ai costumi e quindi al sole e al mare… magari un sorriso viene fuori, no? Sono dell’idea di provare sempre a capovolgere le situazioni sfavorevoli con un tocco di positività 🙂 Ci proviamo, procedo? Oggi vi racconto alcune collezioni di beachwear che sono andate in passerella lo scorso settembre, durante la settimana milanese della moda, in particolare quelle di Blue Fashion Beach che raggruppa Tezuk, Pin-Up Stars, Agogoa, Emamò, Flavia Padovan, Raffaella D’Angelo e Parah. Me le sono godute tutte al Superstudio13 di via Bugatti, con la sola eccezione di Parah che – purtroppo – ho perso causa sovrapposizione con un altro evento. Leggi tutto

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