Maternità o meno, la vita riesce sempre a essere sorprendente

Ogni anno, puntualmente, faccio i miei auguri sinceri alle mamme per la loro festa, partendo da mia mamma e da mia sorella (madre di mia nipote) fino ad arrivare a tutte le amiche che vivono la maternità come esperienza appena iniziata oppure ormai consolidata.

Quest’anno vorrei aggiungere anche una riflessione su me stessa e premetto subito un paio di cose.

Non voglio in alcun modo rubare la scena alle mamme, tant’è che pubblico appositamente questa riflessione il giorno dopo la Festa della Mamma; non voglio neanche (e nemmeno lontanamente) paragonarmi alle madri per le quali nutro il massimo rispetto.

La mia è semplicemente una riflessione su me stessa, come dicevo, e su quanto io sia fortunata nonostante abbia deliberatamente rinunciato al prezioso dono di essere mamma.

Già, proprio così, sono una donna senza figli e lo sono per mia scelta in quanto, semplicemente, non li ho mai desiderati.

A oggi non mi sono pentita, nemmeno per un istante, della scelta di rinuncia alla maternità, nonostante le funeste profezie di tante persone – vedere la vignetta spiritosa qui sotto, un collage di frasi carine che mi sono sentita dire negli anni (senza voler fare del vittimismo, anzi, ci sorrido sopra). Leggi tutto

I miei auguri a tutte le mamme con un paio di riflessioni

Oggi è la festa di tutte le mamme e io vorrei fare un paio di riflessioni.

Ho una mamma fantastica e so che ogni figlio (o quasi) vede la propria esattamente così, fantastica.
Diciamo che alla mia devo la vita due volte, la prima per avermi partorita e la seconda per avermi salvata dopo un incidente gravissimo (ho rischiato di morire…) quand’ero piccolissima.

Ho una sorella che è mamma e anche lavoratrice e – come tutte le donne madri e lavoratrici che conosco – ci mette l’anima per tenere tutto in equilibrio, lavoro, famiglia e anche tempo e spazio per sé.

Io non sono mamma per mia scelta (dico sempre, scherzando ma non troppo, che quando è stato distribuito l’istinto materno ho sbagliato fila) ma confesso di avere un’immensa ammirazione per le donne che lo sono, perché penso che crescere un figlio sia il ‘mestiere’ più difficile e di maggior responsabilità che esista e spesso, appunto, non è condotto in esclusiva ma in aggiunta ad altri ruoli e compiti.

In nome dell’ammirazione e del rispetto che nutro per le mamme, giungo dunque al cuore della mia riflessione scaturita da due fatti diametralmente opposti accaduti negli ultimi giorni.

Da una parte c’è la vicenda di un’imprenditrice che si chiama Monica Bortolami e che ha assunto a tempo indeterminato una collaboratrice che, timorosa, le aveva confessato di essere in dolce attesa; dall’altra parte c’è invece la vicenda di Elisabetta Franchi, nome noto del settore moda, che in un’intervista si è lasciata andare a dichiarazioni che lasciano basiti quanto ad arretratezza, parlando di donne giovani che non possono avere ruoli importanti che poi lascerebbero scoperti per andare in maternità e della sua conseguente scelta di assumere donne che siano ‘anta’ e che quindi abbiano già passato matrimonio, gravidanza e magari separazione…

Non voglio commentare le parole (offensive per ogni donna, madre o meno, giovane o ‘anta’) della Franchi che ora dice di essere stata fraintesa e strumentalizzata (boh, io ho ascoltato l’intervista e mi pare che abbia detto proprio ciò di cui viene accusata, nonostante i tentativi della giornalista Fabiana Giacomotti di arginarla e di frenarla su più punti).

Desidero invece fare gli auguri a tutte le mamme rilevando – ancora una volta, ahimè – quanta strada debba ancora essere fatta affinché ognuna di noi sia davvero libera di decidere di essere madre o di non esserlo, senza discriminazioni né giudizi (o pregiudizi).

Manu

 

*** Ho pubblicato questi stessi pensieri in un post in Instagram (lì con interessanti scambi di commenti).
Ho il desiderio che restino anche qui, visto che reputo i social network utili
ma, allo stesso tempo, anche fin troppo veloci nel ‘seppellire’ pensieri & parole… ***

 

«Si diventa madri in molti modi.
Per amore o per caso, di parto naturale o di parto per adottare, per convinzione, per convenzione. […]
Il punto è che conosco donne che sono madri, madri e basta. Pure senza figli.[…]
Perché si può essere madri persino con la propria madre, o il padre, quando ha bisogno di sostegno.
Si può essere madri quando si va in giro per il mondo a educare a forme altre di maternità, quando con le proprie parole si allatta un mare di figli orfani di affetti, di radici, di vita e di terra sotto i piedi.
Si può diventare madri di figli disabili ed essere madri di mille battaglie. Morire a ogni alba per un peso troppo grande, rinascere a ogni tramonto per le piccole cose leggere che non hanno peso ma hanno valore.
Conosco madri che hanno perso i loro figli […] eppure li ritrovano in ogni angolo della loro vita.[…]
Conosco madri che sono, nelle case, nelle corsie d’ospedale, nelle scuole, nelle librerie, nei conventi, nelle associazioni di volontariato.
Madri che sono, pure senza figli.

Perché figlio è il mondo di cui si prendono cura.»
Di Alessandra Erriquez

P.S. del 10 maggio: mi fa piacere condividere il link di un articolo lucido e intelligente pubblicato da Fashion Magazine circa il caso Elisabetta Franchi…

P.S. del 16 maggio: a quanto sopra, si aggiunge ora il fatto che l’azienda di Elisabetta Franchi è stata condannata per comportamento anti-sindacale per aver minacciato sanzioni nei confronti delle lavoratrici che scioperano contro l’obbligo degli straordinari (qui maggiori dettagli)… Anche in questo caso lei dirà di essere stata fraintesa e strumentalizzata?

 

Notte prima degli esami, il mio personale ricordo dell’esame di maturità

Foto di Michal Jarmoluk da Pixabay

Ieri sera ho rivisto – per l’ennesima volta – il film Notte prima degli esami.

Esistono cose che diventano certezze, a volte piacevoli e a volte meno: tra le prime (quelle piacevoli), figura la programmazione televisiva estiva quando ci propina film ripetuti, è vero, ma che ci fanno sorridere e che, in fondo, scandiscono il trascorrere delle stagioni.

Ed è una certezza che ogni anno, in giugno, arrivi Notte prima degli esami, film commedia di Fausto Brizzi, anno 2006, interpretato tra gli altri da Nicolas Vaporidis, Cristiana Capotondi e Sarah Maestri (nei panni di un gruppo di studenti alle prese con l’esame di maturità) e da Giorgio Faletti (nei panni di un severo professore) con le canzoni del grande Antonello Venditti, compresa quella che si chiama proprio come il film.

È una certezza, sì, esattamente come il fatto che, tra poco, arriverà Sapore di mare e poi Lo squalo con tutti i suoi vari seguiti.
Ecco, in questo ultimo caso siamo tra le certezze che probabilmente eviteremmo anche volentieri di avere, salvo poi risentire riecheggiare nella testa la musichetta del film ogni volta che facciamo il bagno al largo…

A ogni modo, dicevo: ho rivisto Notte prima degli esami per l’ennesima volta – e ho perso il conto di quante siano – e l’ho fatto molto volentieri.

Il film è ambientato nel 1989, lo stesso periodo in cui io sostenni l’esame di maturità (ovvero 1991, diciott’anni appena compiuti): devo dire che rievoca alla perfezione l’atmosfera, l’ambiente, i modi e i ritmi di quegli anni, riuscendo a riempirmi di ricordi e strappandomi il sorriso perché sì, a distanza di quasi 30 anni, ci penso ancora e, soprattutto, rammento volentieri il mio esame annoverandolo nella sezione ricordi belli.

State leggendo e state sostenendo la maturità in questi giorni?
Siete la mamma o il papà di uno studente impegnato in tale esame?
State pertanto pensando «bella forza, tu hai preso circa 30 anni di distanza»?

Se state pensando tutto ciò avete ragione, per carità, però datemi una chance, vi prego.
Non voglio fare né retorica né morale né ramanzine né predicozzi, non voglio drammatizzare o demonizzare né al contrario sottovalutare, anche perché anch’io, all’epoca, feci gli stessi pensieri che il personaggio della Capotondi affida al suo diario in una scena di Notte prima degli esami, ovvero mi chiesi chi mai avesse inventato quel maledetto esame di maturità.
Desidero solo ricordare tre episodi che, ancora oggi, mi fanno pensare che quello fu uno dei momenti più intensi e decisivi della mia vita, una sorta di rito di passaggio tra adolescenza ed età adulta.

E se lo faccio – senza nostalgia né rimpianti né rimorsi ma con grande tenerezza – è per formulare un augurio con tutto il cuore.
Auguro a tutti i ragazzi che stanno sostenendo la maturità ora che possa avvenire la stessa cosa per loro e che un giorno, a distanza di qualche decennio, possano ricordare con altrettanta tenerezza questa esperienza come oggi avviene a me che, tra l’altro, sono un po’ passata dall’altra parte della barricata visto il mio ruolo di docente in Accademia del Lusso, un po’ come accade a un altro personaggio di Notte prima degli esami, quello di Vaporidis (che diventa professore di lettere). Leggi tutto

Creatività a quattro mani tra mamma e figlia con byMo design

Avviso: state per leggere l’ennesima delle storie di talento che amo raccontare qui in A glittering woman ed è una di quelle che hanno tutti gli elementi che preferisco.

Partiamo?
C’era una volta…
No, scusate: ci sono oggi due donne, precisamente una già adulta (che si chiama Laura) e una ancora bambina (che si chiama Viola).
A legarle è uno dei rapporti più intensi che esistano: sono mamma e figlia.

Dalla mente creativa di Laura Moalli, designer e fondatrice del marchio byMo design, nasce You are my Person: potrei forse descriverla come una linea di t-shirt, ma sarebbe limitativo poiché è il risultato di un lavoro a quattro mani e due cuori, quelli di Laura stessa e di Viola, la sua bambina di 9 anni.

Le t-shirt, in cotone bianco e rigorosamente Made in Italy, variano per la lunghezza delle maniche: lunghe, a tre quarti oppure corte.
Ciò che le rende particolari è il fatto di essere dedicate espressamente alle mamme e alle loro bambine: ogni modello, infatti, è disponibile sia per la mamma sia per la figlia, a partire dai 2 fino agli 11 anni, e Laura deve ringraziare la sua bambina perché le stampe che ornano le maglie sono la riproduzione dei disegni che Viola ha realizzato qualche anno fa, quando aveva tra i 5 e i 7 anni.
Viola è dunque una giovane artista in erba che Laura ha saputo riconoscere e coinvolgere in un progetto che, adesso, è il loro. Leggi tutto

Sarai regina e vincerai, parola di Irene Vella (e di mamma Lidia)

Potrei iniziare questo post con la frase “io ve l’avevo detto”.

E invece inizierò confessando il mio bisogno – sempre più impellente – di belle cose, belle storie, belle persone, bei sentimenti.

Ho talmente bisogno di sentire e respirare bellezza da aver deciso di far incidere su un anello le parole «La bellezza salverà il mondo» (frase del principe Myškin ne L’idiota di Fëdor Dostoevskij), poiché tali parole sono il mio motto ormai da tempo e cerco di ripetermele come un mantra al quale aggrapparmi.

Come ho scritto in altre occasioni, quando il mondo mi fa paura e quando smetto di comprenderlo, cerco rifugio nella bellezza: è l’unico modo che conosco per portare avanti i valori di cultura, civiltà, umanità, tolleranza e libertà nei quali credo da sempre.

Purtroppo, nel frangente attuale, carico di troppo sangue e povero di umanità, è difficile restare saldi e continuare a credere: cerco dunque di impegnarmi ancor di più per rintracciare tracce di bellezza e così ho pensato che fosse il momento perfetto per leggere Sarai regina e vincerai, il libro più recente di Irene Vella, scrittrice e giornalista (mi permetto di aggiungere amica) che tanto stimo.

Non mi sbagliavo, ho fatto la scelta giusta: tra le sue righe, ho trovato ciò che cercavo – amore e bellezza – e non sono riuscita a staccarmene fino a quando non l’ho letto tutto.

Ora vi chiederete perché ho esordito con quella frase, “ve l’avevo detto”: perché di Irene avevo già parlato altre volte, di lei, dei suoi libri e della sua (meravigliosa) famiglia e avevo raccontato una cosa importante. Ovvero che Irene ha dato un rene a suo marito Luigi. Ma non così, come modo di dire: gliel’ha dato veramente, fisicamente, e lo racconta in Sarai regina e vincerai, appunto.

Il libro narra che, dopo il matrimonio e la nascita di Donatella, la primogenita di Irene e Luigi, la loro vita procede come una favola, almeno fino al giorno in cui Luigi, sportivo, atletico, sanissimo, ha un piccolo malessere. Decide di sottoporsi a una visita: quel giorno diventerà, purtroppo, uno spartiacque tra prima e dopo, perché la diagnosi sarà fortissima, ovvero insufficienza renale cronica. I suoi reni non funzionano più e la prospettiva è la dialisi a vita. O un trapianto.

All’improvviso, Irene scopre che le banalità che si dicono sul valore delle piccole cose o sulla fragilità della felicità sono tutte drammaticamente vere; ma, allo stesso tempo, scoprirà l’autenticità di un’altra banalità, ovvero che l’amore ci dà risorse che mai avremmo creduto o sospettato di avere.

E così, la decisione viene da sé: donerà a Luigi un suo rene. Anche se la parte più difficile è convincerlo ad accettarlo.

Armata di positività, senso dell’umorismo e molto coraggio, Irene affronta con Luigi la sua battaglia più difficile e salverà il suo regno di affetti, come una vera regina guerriera.

E, in fondo, come scrive la stessa Irene, la colpa (ma io direi il merito) è di sua madre che, quando la giornalista aveva solo dieci anni, si presentò con un quadretto tricottato e incorniciato che recitava: «Sarai regina e vincerai, tutte le cose che vorrai diventeranno realtà».

«Il problema – scrive Irene è che io ci ho creduto»: e per fortuna, torno a ripetere. Brava signora Lidia! Leggi tutto

Mukako e la scatola che restituisce tempo

Ultimamente, quando qualcuno mi chiede di dare una definizione del mio blog, sorrido.

Un po’ perché ho sempre provato antipatia per le definizioni, un po’ perché mi chiedo io stessa come si dovrebbe definire un blog che, piuttosto che di un genere unico e prestabilito, tende piuttosto a occuparsi del talento e del saper fare qualsiasi forma essi assumano.

Ogni volta in cui scrivo di detestare la suddivisione per generi e i limiti che spesso ci imponiamo da soli sono serissima e gli articoli presenti su questo blog ne sono una prova lampante e concreta: qualche giorno fa, per esempio, ho parlato di un progetto di design che include perfino dei sex toy, oggi mi accingo a parlare di infanzia, anzi, di primissima infanzia, di tutti quei bambini che ancora necessitano dei pannolini.

So perfettamente che qualcuno si chiederà “pannolini su un blog che comunque parla principalmente di moda?” e so altrettanto bene che se qualcuno tra i miei amici di lungo corso, quelli che mi conoscono bene, sta leggendo queste righe, probabilmente esploderà in una sonora e fragorosa risata: la Manu e i neonati, tutto nello stesso articolo? Quasi più buffo della possibilità che i pannolini stiano su un blog di moda.

In effetti, tra gli amici, sono piuttosto nota per una certa allergia verso i bambini, allergia che ammetto di nutrire: non sono ai livelli di Erode, intendiamoci, ma in effetti non sono madre, non ho mai desiderato esserlo e non dimostro particolare pazienza o slancio verso i pargoli.

Però è altrettanto vero che sono zia e che ho una nipotina che adoro (e alla quale ho cambiato qualche pannolino) ed è vero che alcune mie care amiche sono mamme e che quindi so bene quanto sia difficile e non economico destreggiarsi tra pannolini, pappe e quant’altro. Leggi tutto

Manuale per i nati sotto il segno del cavolo

L’idea di identificare chi legge questo blog con l’espressione “i miei lettori” mi fa sentire una megalomane.

Sarà che non sono una giornalista professionista (sto lottando per diventare pubblicista) e tanto meno mi considero una scrittrice. Sarà che ancora non ci credo nemmeno io di aver trovato il coraggio di aprire il blog e dunque di dichiarare al mondo una passione bruciante che coltivo da sempre (scrivere). Sarà che mi sembra così bello e strano che ci sia chi è disposto a leggermi, nonostante le statistiche (che detesto) e gli strumenti di analisi (che spesso non comprendo) dicano che sì, in effetti adesso siamo in parecchi (e non smetterò mai di dire grazie).

Sarà che sono felice da impazzire e, come per tutte le cose belle, ho una dannata paura che un giorno il sogno si sgonfi, come un palloncino.

Per tutti questi motivi e per altri ancora mi sembra presuntuoso definirvi “i miei lettori”: preferisco pensare a una comunità di amici, anche se non conosco i vostri visi e anche se conosco di persona solo pochissimi di voi (spero che tutto ciò non suoni come la storia degli amici immaginari dei bambini).

Ed è per questo che con voi mi piace essere sincera e riesco a raccontarvi anche le mie debolezze o a farvi confessioni talvolta scomode, perché mi sento tra amici. E come avviene tra amici veri, credo che occorra essere sé stessi e dire la verità. Leggi tutto

Federica Lisi e Vigor Bovolenta: noi non ci lasceremo mai

Oggi non so bene da che parte cominciare.

È la prima volta che mi capita da quando scrivere è diventato quasi un lavoro oltre che una passione. E non è perché io non abbia nulla da dire: anzi, è proprio per il motivo contrario, sento di avere troppe cose da dire.

Credetemi, non mi capita mai di sedere davanti al pc in questo stato: di solito, le idee nascono e crescono direttamente dentro di me e solo dopo le traduco attraverso la tastiera. Stavolta, però, c’è qualcosa di diverso: ho un groviglio di sentimenti e ho il timore di non riuscire a dare loro voce nel modo migliore. Per la prima volta, sperimento questa paura e vi posso dire con certezza perché: perché sto per trattare una cosa davvero importante, nella quale mi sento molto coinvolta. Leggi tutto

Tanti auguri alla mia mamma che mi ha donato la vita più volte

Forse avrete notato che non sono solita raccontare fatti della mia famiglia qui nel blog.
È una mia scelta precisa, ma oggi è il compleanno della mia mamma e credo che un evento importante meriti un dono importante (spero lo sia).
Ci sono due fatti molto veri: ogni persona (o quasi) è convinta che la propria madre sia speciale e ogni figlio è altrettanto speciale agli occhi della propria genitrice. Come si suol dire… «Ogni scarrafone è bello a mamma sua» o meglio «ogni scarrafone è bell’ ‘a mamma soja».
Oggi vi voglio raccontare perché credo che mia mamma sia speciale e perché credo che mi abbia donato la vita più di una volta.
Avevo da poco compiuto i due anni quando mi cadde addosso un’intera caffettiera: bolliva sul fornello, venne urtata e io ne fui completamente investita.
Non fui io a farla cadere: allora ero un angelo e stavo dove mi mettevano. Fu un orribile incidente, dovuto a un movimento sfortunato di un amico di famiglia che credo non se lo perdonerà per tutta la vita. Io, invece, l’ho perdonato.
Quando mi portarono all’ospedale, la diagnosi non fu incoraggiante: ero in pericolo di vita. Leggi tutto

Irene Vella e i 10 modi per sopravvivere alle stronzamiche

Stupiti per il titolo del post? Non vi preoccupate, non sono impazzita.

Finalmente mi accingo anch’io a qualche giorno di mare e così mi è venuta un’idea: qual è un binomio classico che più classico non si può? Quello tra la spiaggia e un buon libro da leggere.

Sotto all’ombrellone io prediligo quelli un po’ spiritosi ma mai sciocchi: la lettura deve lasciare sempre qualcosa. E così, preparando qualche libro da portare per questi pochi giorni, me n’è venuto in mente uno che mi è piaciuto molto e che ho pensato di consigliarvi, sempre che non l’abbiate già letto.

Il libro in questione è di Irene Vella e si intitola “Credevo fosse un’amica e invece era una stronza”. Sottotitolo: “10 modi per sopravvivere alle stronzamiche”. Leggi tutto

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