Vivetta SS 2017, la fantasia corre tra Lotte Reiniger e il contemporaneo

Capita a volte che io mi soffermi a riflettere su espressioni che usiamo frequentemente e che, pertanto, sono entrate a pieno titolo nel linguaggio quotidiano e corrente.

Tempo fa, per esempio, riflettevo su due espressioni che vengono usate in ambito moda, ovvero nuovi designer oppure designer emergenti.

Naturalmente, con tali definizioni si va a indicare coloro i quali possiedono un talento fresco e possibilmente innovativo; eppure, nonostante l’evidente buona intenzione che non intendo affatto negare, devo dire che a me fanno sorridere.

Per quanto riguarda designer emergenti… vi confesso che questa espressione mi fa pensare a uno stilista che tenti di stare faticosamente a galla. Lo so, è un po’ così, in effetti ma, considerato il mio ottimismo, non amo ciò che suggerisce immagini anche solo vagamente negative.

Nuovo designer, invece, è sinonimo di giovane e inesperto? Perché non sempre è così e a volte si definisce in tale modo anche chi ha già qualche anno di gavetta e – conseguentemente – qualche anno in più, con il risultato di non essere affatto un neofita del settore.

In tal caso sarebbe il momento di abbandonare quel nuovo, secondo la mia umile opinione, proprio per dare il giusto peso a un percorso già intrapreso e avviato.

Volete un esempio pratico? Sto pensando a Vivetta.

Da qualche stagione vengo invitata e assisto con entusiasmo alle sfilate che presentano le sue collezioni in occasione della Milano Fashion Week (inclusa la collezione che sto per presentarvi) e mi diverte vedere come molti continuino a definirla nuova designer. Leggi tutto

Le collezioni FW 17 – 18 in 9 momenti oltre estetica e apparenza

È appena terminata un’altra edizione di Milano Fashion Week, quella dedicata alle collezioni FW 17 – 18.
Come sempre, questo The End (e non so ancora se definirlo Happy End) provoca in me un miscuglio di sentimenti altalenanti e talvolta in contrasto tra loro: individuo tracce di stanchezza, dispiacere, gioia, soddisfazione.
Stanchezza perché – siamo onesti – sei giorni di full immersion sono lunghi. E infatti sento il desiderio di fare dell’altro, ora, di cercare nuovi stimoli altrove, proprio per tornare con più entusiasmo e con più carica a occuparmi di moda.
Dispiacere perché – stanchezza e / o nervosismi a parte – la moda è per me una grande passione e quindi un po’ mi dispiace che i giorni di incontri, presentazioni e sfilate siano terminati.
Gioia e soddisfazione perché ho visto cose interessanti e ho vissuto belle esperienze.
A fine MFW, è ormai abitudine che io pubblichi un reportage: ho scritto di certe cattive abitudini dell’ambito in cui mi muovo, ho parlato (più di una volta) della questione accrediti alle sfilate, ho raccontato di metatarsi malconci e di sciocchi luoghi comuni. Leggi tutto

MFW: empatia (poca), metatarsi malconci e tanta bellezza, per fortuna!

Adoro girare la mia città – Milano – a piedi, anche quando si tratta di fare molti chilometri.
Trovo che, se il clima lo consente, muoversi a piedi sia il miglior modo per conoscere il luogo in cui si vive, senza contare i notevoli benefici per salute e spirito.
Datemi un paio di scarpe comode e per me camminare non solo non è un problema, ma è invece una gioia: in questi giorni, poi, Milano gode di un clima perfetto, né caldo né freddo, quel tempo che vorrei durasse tutto l’anno.

Dovete però sapere che mercoledì scorso, primo giorno di MFW (alias Milano Fashion Week alias Milano Moda Donna alias Settimana della Moda di Milano), ho sbagliato la fondamentale scelta delle scarpe.
Ho indossato un modello che di solito è piuttosto comodo, con una leggera zeppa interna: non avevo però immaginato di percorrere quasi 15 chilometri a piedi. Posso quantificarli con tanta precisione perché ho condiviso la giornata con un caro amico (che si chiama Andrea Tisci) il quale aveva un contapassi.
Ecco, diciamo che 15 chilometri a piedi rendono scomoda qualsiasi zeppa non dotata di plateau anteriore, come è il caso di quelle mie scarpe. E, tra l’altro, la cosa peggiore non è nemmeno il fatto di camminare, bensì quello di fare lunghe soste in piedi, fermi sul posto, esattamente come accade durante la MFW per sfilate, presentazioni, incontri ed eventi, con tutto il peso del corpo che grava pericolosamente su metatarso e tallone.
Risultato: mercoledì sera quasi piangevo per il dolore. E per la rabbia, perché ho una certa esperienza e, in realtà, non avrei dovuto farmi fregare come una principiante alle prime armi.

Di conseguenza, giovedì mattina, ho optato per un paio di comodi anfibi: avevo ancora i piedi doloranti, lo giuro, ma il metatarso, almeno, ha ringraziato.
E, comunque, non ho affatto rinunciato a camminare, anzi.
A un certo punto della giornata, però, ho avuto la malaugurata idea di prendere il filobus per recarmi da una sfilata a una presentazione: ero di corsa e tra i due luoghi c’era una certa distanza.
Direte voi: perché, allora, scrivo di aver avuto un’idea malaugurata?
Perché il filobus procedeva un po’ a fatica per via del traffico nonché di alcuni cantieri dovuti a diversi lavori in corso: le fermate erano piene di gente in attesa, la vettura era colma e molti erano spazientiti.
Tant’è che una donna ha chiesto al conducente il motivo di tanta confusione e lui le ha risposto “C’è la Fashion Week, signora”.
E lei, di rimando: “Ah, ecco! Vede, se avessero invece qualcosa di serio da fare”.

Chi legge il blog abitualmente sa quanto io detesti i cliché di ogni tipo, ordine e grado e questa illuminata sentenza è proprio questo, un ottimo (anzi, pessimo) esempio di cliché.
E mi è davvero insopportabile, forse anche perché mi tocca in prima persona, lo ammetto.
Dunque, vorrei dire alcune cosette. Leggi tutto

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