A primavera, i cappelli Doria 1905 viaggiano verso Levante

Non riesco a immaginare me stessa senza cappelli né potrei rinunciare all’idea di indossarli.

Ci sono piccole cose, piccole abitudini, piccole tradizioni che fanno profondamente parte di noi, della nostra vita, della nostra cultura, del nostro vissuto e della nostra minuscola storia personale: il cappello è per me tutto questo.

Indosso i cappelli molto spesso e li amo tantissimo, sebbene non da sempre: come ho raccontato in un mio recente articolo per SoMagazine, ho imparato ad apprezzarli in età adulta.

La cordiale antipatia che provavo nei loro confronti da bambina derivava dal fatto che ero costretta a portarli mio malgrado: mia mamma mi cacciava in testa il cappello senza tanti complimenti e senza accettare le mie vivaci proteste in quanto soffrivo di otiti e dunque desiderava che io proteggessi testa e orecchie. Il punto è che i cappelli da lei imposti consistevano spesso in certe cuffiette tricottate davvero tremende e quasi inguardabili…

Per fortuna, sono cresciuta e ho (quasi) superato certi ricordi (o sarebbe meglio dire traumi) alquanto imbarazzanti: oggi, in qualità di adulta innamorata della moda intesa come modalità d’espressione, amo follemente e incondizionatamente questo meraviglioso accessorio ricco di storia, di significati, di grazia, di bellezza; e lo amo anche perché è in grado – appunto – di esprimere molto bene la personalità di chi lo indossa. E a me le singole personalità piacciono molto, eventuali difetti inclusi (abbasso l’omologazione, sempre).

Il cappello mi accompagna sia in estate sia in inverno, cambiano solo i materiali: c’è chi afferma di avermi difficilmente vista senza cappello e perfino per il mio attuale biglietto da visita ho scelto l’immagine di una donna che lo indossa. Sorrido quando qualcuno mi dice “Ti assomiglia e ti descrive bene”: ne sono lieta. Leggi tutto

Il nuovo vocabolario della moda italiana e la contemporaneità

Il talento, il made in Italy e uno dei musei più interessanti di Milano: prendete questi tre elementi, metteteli insieme e mi fate felice. È ciò che sta succedendo alla Triennale che ospita una mostra unica nel suo genere, nata dal desiderio di celebrare l’Italia della moda contemporanea.

La mostra si chiama Il nuovo vocabolario della moda italiana e manda in scena – fino al 6 marzo 2016 – marchi e creativi che negli ultimi 20 anni hanno rinnovato e recuperato il DNA non solo culturale ma anche tecnico della nostra migliore tradizione, riuscendo a riscriverlo in un linguaggio originale e – appunto – estremamente contemporaneo.

Il nuovo vocabolario della moda italiana analizza la natura più recente della moda attraverso il lavoro dei suoi protagonisti: si va dal prêt-à-porter allo streetwear, dalle calzature alle borse, dai gioielli ai cappelli per scrivere un inedito vocabolario di stile nonché di laboriosità e produttività perché – non dimentichiamolo mai – la moda produce reddito e dà lavoro.

Il vocabolario racconta un tratto di storia del made in Italy, precisamente a partire dal 1998: perché proprio il 1998? Perché è l’anno che, convenzionalmente, segna il passaggio definitivo alle nuove forme della comunicazione, quelle digitali. Leggi tutto

Tomaso Anfossi e Francesco Ferrari, anticipi di primavera

Sono conscia di quale sia l’opinione che va per la maggiore: la moda non è considerata arte.
E sapete una cosa? In fondo sono d’accordo, la maggior parte della moda che vedo attorno a noi non è affatto arte.
Oggi più che mai, la moda è business e produce lavoro in maniera efficace, spesso molto più di quanto facciano altri settori. La moda è questo, lo ammetto, dunque spesso non può essere arte.
Eppure, quando ho l’opportunità di ammirare il lavoro di certi giovani che con autentica passione continuano a far vivere le maestranze e le capacità più nobili riuscendo a contaminare la moda con ispirazioni tratte da altri mondi… beh, allora penso che esiste una forma di moda che si avvicina all’arte in quanto è capace di essere veicolo di espressione e comunicazione.
A tal proposito, torno a citare Wikipedia e una definizione che ho già usato in una precedente occasione e che mi è molto cara: “L’arte, nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana – svolta singolarmente o collettivamente – che porta a forme di creatività e di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate o acquisite e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall’esperienza. Nella sua accezione odierna, l’arte è strettamente connessa alla capacità di trasmettere emozioni e messaggi soggettivi. Tuttavia non esiste un unico linguaggio artistico e neppure un unico codice inequivocabile di interpretazione.”
Dunque, visto che la moda è una forma di creatività e di espressione estetica, visto che poggia su accorgimenti tecnici, visto che comporta abilità innate o acquisite derivanti dallo studio e dall’esperienza e visto che sa trasmettere emozioni, nessuno, mai, mi farà cambiare idea sul fatto che – in alcuni casi – possa essere una forma d’arte. Non cambierò idea fino a quando continueranno a esistere stilisti che fanno sì che io possa sostenere questa tesi.
Un esempio? Il duo CO|TE. Leggi tutto

Il talento trova casa con webelieveinstyle.maison

Ci sono persone che occupano un ruolo importante nella nostra vita e che sono capaci di influenzarci e di esercitare un forte ascendente: è bellissimo quando tutto ciò è in positivo, quando ci porta a non fermarci mai e a migliorarci, sempre.

Stefano Guerrini è per me una di queste persone: è un amico, è stato un mio docente e continua a essere un grande modello, dal punto di vista umano e professionale.

Dovete sapere che, prima ancora di conoscere il suo nome, sono rimasta colpita da lui: lo vedevo alle sfilate ed ero attratta dall’aria di autorevolezza che emanava. Un giorno, ho avuto una grande sorpresa: l’ho ritrovato in IED, la scuola di moda che stavo frequentando. Non solo, ho scoperto che lui sarebbe stato uno dei miei docenti.

Il mondo è straordinariamente piccolo e spesso cose, fatti, persone e momenti si incastrano alla perfezione: ben presto ho scoperto che quella sensazione di autorevolezza che Stefano mi ispirava era più che fondata. Attenzione, ho scelto l’aggettivo accuratamente: Stefano è autorevole ma non autoritario e c’è una bella differenza.

Fare lezione con lui è un’esperienza straordinaria, perché è vulcanico ed entusiasta: la sua cultura e la sua memoria sono enciclopediche e sono pari solo alla sua passione. Leggi tutto

Milano Fashion Week: CO|TE FW 2015-16

Mi sembra sia passato un secolo dal mio primo incontro con CO|TE, il brand fondato da Tomaso Anfossi e Francesco Ferrari.

Il merito fu di Stefano Guerrini, mio mentore, maestro e amico: ricordo ancora che mi disse “devo parlarti di un marchio che so ti piacerà moltissimo” e fu così che pubblicammo sul suo magazine WeBelieveinStyle un articolo su alcuni zaini inseriti dai due stilisti nella collezione di quella stagione.

Rileggendo ora quel pezzo datato settembre 2012, mi viene un brivido di emozione, soprattutto per le mie parole di chiusura.

“Di sicuro Tomaso Anfossi e Francesco Ferrari sono lontani anni luce da un’idea di facile consumismo. Entrambi diplomati all’Istituto Marangoni di Milano, hanno fondato insieme il marchio CO|TE pensando ad una donna curiosa, che non ha paura di sperimentare e che non vuole essere ordinaria. Il corpo femminile è il pensiero centrale e viene valorizzato senza mai essere volgare. Questa centralità priva di esibizionismo è un punto di partenza prezioso e sarà senza dubbio un concetto vincente.”

Ecco perché mi sembra che sia passato un secolo da allora, in particolare per le parole “sarà senza dubbio un concetto vincente”: oggi CO|TE è a pieno titolo un brand che si contraddistingue per il design raffinato e contemporaneo, con capi interamente prodotti in Italia all’insegna della migliore tradizione, apprezzati dalla stampa italiana e internazionale. Il marchio si sta facendo strada nel mondo della moda a passi decisi, tanto che è venduto nei concept store più all’avanguardia. Leggi tutto

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