Il talento trova casa con webelieveinstyle.maison

Ci sono persone che occupano un ruolo importante nella nostra vita e che sono capaci di influenzarci e di esercitare un forte ascendente: è bellissimo quando tutto ciò è in positivo, quando ci porta a non fermarci mai e a migliorarci, sempre.

Stefano Guerrini è per me una di queste persone: è un amico, è stato un mio docente e continua a essere un grande modello, dal punto di vista umano e professionale.

Dovete sapere che, prima ancora di conoscere il suo nome, sono rimasta colpita da lui: lo vedevo alle sfilate ed ero attratta dall’aria di autorevolezza che emanava. Un giorno, ho avuto una grande sorpresa: l’ho ritrovato in IED, la scuola di moda che stavo frequentando. Non solo, ho scoperto che lui sarebbe stato uno dei miei docenti.

Il mondo è straordinariamente piccolo e spesso cose, fatti, persone e momenti si incastrano alla perfezione: ben presto ho scoperto che quella sensazione di autorevolezza che Stefano mi ispirava era più che fondata. Attenzione, ho scelto l’aggettivo accuratamente: Stefano è autorevole ma non autoritario e c’è una bella differenza.

Fare lezione con lui è un’esperienza straordinaria, perché è vulcanico ed entusiasta: la sua cultura e la sua memoria sono enciclopediche e sono pari solo alla sua passione.

Per chi ama la moda – quella vera, quella dei significati e dei contenuti – Stefano Guerrini è uno dei migliori incontri possibili.

Grazie a lui, ho capito cosa volessi fare nell’ambito della moda, ho capito che il mio talento poteva essere quello di scrivere. Ho imparato moltissimo, a lezione e fuori, e devo a lui perfino il motto che accompagna il nome di questo blog: il fashion something che vedete in alto a destra è una sua invenzione, così come spiego nella sezione Chi sono.

Per raccontarvi bene chi è Stefano e cosa faccia, non sarebbero sufficienti un paio di giorni: vi dirò che ha iniziato a scrivere nel 1998 e che è stato tra i primissimi ad aprire un blog in Italia. Sto parlando de lepilloledistefano e scommetto che moltissimi l’hanno sentito nominare e l’hanno letto.

È stato direttore moda di varie riviste e oggi è contributor di Modem, del sito di Fondazione Pitti Discovery, fashion editor at large di manintown, editor at large di dapasserella – siti tutti conosciutissimi e frequentatissimi sia dagli insider del settore sia dagli appassionati.

Ha lavorato come contributor per iodonna e ha uno spazio fisso sui giovani talenti su cosmopolitan: nel 2010, ha fondato il web magazine webelieveinstyle (per il quale ho scritto anch’io con tanto, tanto orgoglio).

Stefano e la sottoscritta in uno scatto recente
Stefano e la sottoscritta in uno scatto recente

Vi ho già detto che è docente di moda allo IED e aggiungo che è anche stylist freelance (per nomi come Toh! Magazine, Visionarios, The Fashionisto, Fucking Young): se vi state chiedendo se quest’uomo ogni tanto dorma… beh, non posso darvi torto. E me lo chiedo anch’io.

Il suo webelieveinstyle è nato per raccontare lo stile, la moda e il fashion system dal punto di vista di un addetto ai lavori: in lui è presente da sempre l’amore per i creativi emergenti e per le giovani leve (altra cosa che ci unisce) e dunque proprio questa è una delle caratteristiche che ha fortemente caratterizzato il magazine fin dai suoi albori.

Dopo 5 anni di attenzione e sostegno al nuovo e vero made in Italy, Stefano ha deciso che per webelieveinstyle era giunto il momento di fare un passo in avanti e di continuare a essere non solo un efficace strumento di comunicazione e promozione (sono innumerevoli i nomi appoggiati in questi anni), ma anche un e-commerce: è nato webelieveinstyle.maison.

Al centro c’è un gruppo di designer selezionati da Stefano: vengono supportati con articoli, interviste, video, gallerie fotografiche nonché con una forte presenza sui social network. E insieme agli stilisti e ai creativi scelti, il fantastico Guerrini e il suo team hanno studiato alcuni capi unici, in tiratura limitata, numerati e firmati, che possono essere acquistati in esclusiva nel sito.

Insomma, Stefano sta dimostrando che la sua passione è concreta così come è concreto l’aiuto che vuole dare al talento: potevo non amare il suo progetto? Potevo non avere voglia di raccontarlo nel mio piccolo spazio web?

In un momento in cui le espressioni più usate sono crisi, fuga di cervelli, mancanza di sostegno ai talenti (soprattutto giovani), Stefano, la persona che mi ha insegnato moltissimo, rompe la monotonia di quella che ormai sembra una cantilena e mi sorprende ancora una volta.

E allora, ho deciso di porgli qualche domanda, non senza emozione, ve lo confesso: l’allieva che intervista il suo maestro…

Stefano presenta la sua creatura <em>webelieveinstyle.maison</em>
Stefano presenta la sua creatura webelieveinstyle.maison

Noi due condividiamo l’amore per il nuovo, per le giovani leve e per i creativi emergenti. Dici – giustamente – che molti dei nomi dei quali hai parlato in questi anni rappresentano il ricambio generazionale che da tempo si attende nella moda italiana. Secondo te, allora, perché si fa ancora tanto fatica a parlare di giovani? Perché è ancora tanto difficile riuscire a portare l’attenzione su di loro?

Guarda, in realtà, ultimamente ho pensato il contrario, cioè che ci sia quasi una moda, una corsa a scovare il nuovo divo da mettere su un palcoscenico. Ma, appunto, ho l’impressione sia una moda che non sempre rispecchia la reale intenzione non solo di trovare dei nuovi dei da idolatrare, ma anche la più giusta voglia di promuovere con continuità, vedere crescere e quindi supportare in maniera matura e oculata non solo le giovani leve, ma anche un mercato. Insomma, sui giornali, finalmente ci sono redazionali con gli abiti dei giovani designer, si parla di loro sulle testate di settore, a cominciare dall’online, da sempre più sensibile a queste istanze. E anche durante le fashion week mi sembra cresca l’interesse per i marchi emergenti, che si fanno notare anche nelle fiere di settore. Ci sono concorsi importanti, ai quali dobbiamo molti dei nomi nuovi e più interessanti che sfilano o presentano a Milano, Colangelo, De Vincenzo, MSGM, Arbesser e così via. Mi piacerebbe però che tutto questo diventasse una costante, la voglia di promuovere sempre il nuovo, di – e mi ripeto, scusami – voler far crescere questi nomi, non vederli bruciare troppo in fretta, cosa che mi è capitato di vedere tante volte. C’è ancora molto da fare, e ci sono tanti mondi in cui l’interesse al nuovo mi sembra limitato, questo accade perché purtroppo siamo figli della pubblicità e degli sponsor, come li chiamava Miranda ne “Il diavolo veste Prada”, e ovviamente i brand emergenti non hanno budget per investimenti di questo tipo.

Ti confesso che io, ovviamente curiosissima, ho già sbirciato webelieveinstyle.maison e ho visto i nomi dei designer da te scelti. Ti faccio i complimenti, ottime scelte, e ti pongo una domanda a tal proposito. Ovviamente, conosci moltissime realtà di talento: come hai operato la selezione? Immagino non sia stato semplice, dunque qual è il criterio che ti ha guidato?

La stima nei confronti del loro lavoro è stata una discriminante importante. Mi devo innamorare di un progetto, devo avere un sorriso a 32 denti quando il creativo che ho davanti mi racconta il suo mondo, devo desiderare di indossare le sue cose, o farmi coinvolgere a tal punto dalla sua creatività da immaginarmi i redazionali in cui userò i suoi prodotti e da volerlo intervistare subito, saperne di più e più approfonditamente. Insomma, ammetto che nei confronti di questi cinque nomi c’è stato un innamoramento totale! Ma il cuore è stato guidato dalla mente, per cui la stima nasce anche da una analisi precisa delle caratteristiche che questi brand hanno, il ruolo che avrebbero potuto ricoprire nel progetto. Per me era importantissimo che non ci fosse una sovrapposizione fra di loro, che fosse chiaro che per me sono ugualmente validi e importanti. Poi starà a chi entrerà nel sito scegliere chi e cosa preferisce. Ma webelieveinstyle.maison non è solo un e-commerce, con prodotti realizzati in esclusiva per noi. È molto di più. È un’esperienza. Lo dimostra il fatto che il packaging è un oggetto d’arte o che le etichette sono firmate dai designer e da me. Ma anche che noi raccontiamo questi designer, li promuoviamo, li facciamo conoscere da tanti punti di vista, con video e interviste. Per noi si tratta sì di una camicia o di una felpa, ma che diventano espressione di una creatività che ci piace raccontare e condividere con chi ci segue, supportarla e vederla crescere.

Lascio a te l’onore di dire i nomi dei 5 designer e di dire perché chi ci legge dovrebbe venire su webelieveinstyle.maison a conoscerli (o a incontrarli di nuovo).

Inizio con Sandro Gaeta, giovanissimo designer siciliano, ai primi passi, ma la cui poetica e creatività sono estremamente coinvolgenti. Di lui colgo le radici forti e la voglia di comunicare un mondo personale davvero sfaccettato. Sara Capoferri ha una storia che sento vicino, quella di una persona che ha cambiato la sua vita per accogliere e perseguire una passione: lei lo ha fatto in maniera personale e con successo e i suoi pezzi unici firmati Fery sono desiderabilissimi. Con il duo Sci’m, cioè Ivano Tella e Filippo Baeli, è stato amore a prima vista. Vado pazzo per i foulard e loro sono i numeri uno in questo settore, le grafiche di questo duo sono incredibili e la loro energia è palpabile. Francesca Liberatore è una delle poche italiane ad essere inserita nel calendario della fashion week di New York, è un vanto per il made in Italy: il suo curriculum è pieno di collaborazioni interessanti e la sua moda è femminile e cosmopolita. Infine Studiopretzel, marchio di Emiliano Laszlo, un amico da tanti anni, del quale ho sempre amato la capacità di unire una visione così vicina al mondo orientale con uno stile a cavallo fra la sartorialità italiana e il confy. Lo considero uno dei grandi talenti di questa generazione di made in Italy.

Stefano con uno dei foulard Sci’m per il progetto <em>webelieveinstyle.maison</em>
Stefano con uno dei foulard Sci’m per il progetto webelieveinstyle.maison

Il progetto webelieveinstyle.maison si fonda su un altro cardine fondamentale: il made in Italy. Quanto è importante, oggi, parlarne, diffonderlo, dargli spazio?

Secondo me una delle parole chiave del lavoro dei cinque designer scelti, che accomuna in realtà molti stilisti di questa nuova generazione, è qualità. Quella qualità di chi è cresciuto in un ambiente dove c’è una tradizione legata al bel vestire, ad un abito realizzato con cura. Proponiamo dei pezzi unici, legati forse più al mondo del ready to wear, non della sartoria, ma tutti i creativi coinvolti hanno un preciso know how del settore e una preparazione che non li rende certo figure improvvisate, oltre a possedere una visione personale e riconoscibile, forte, incisiva. Non li avrei scelti altrimenti. In un mondo dove sembra quasi diventato un valore l’uniformarsi e il fast fashion pare ai più una risposta alla crisi imperante, ci piace voler sottolineare come il pezzo unico, figlio di una precisa visione stilistica, sia un valore immenso ed importante. È proprio la cultura del vestire, che è figlia della tradizione, ma che riesce ad adattarsi agli stimoli contemporanei e ai nuovi modi di comunicare e promuoversi, ad assumere un ruolo importante. Il made in Italy è una chiara espressione di tutto ciò, va preservato, promosso, supportato.

Con gli stilisti e i creativi scelti avete studiato alcuni capi unici, in tiratura limitata, numerati, firmati e che possono essere acquistati in esclusiva nel sito: la tua è una vera discesa in campo, tangibile e concreta. Quanto è stato difficile passare all’atto pratico? Quali difficoltà avete incontrato?

Ovviamente non ha senso raccontarti i tanti piccoli disguidi, le certificazioni, la gestione di tutta una serie di aspetti che possono essere legati a decidere di vendere dei prodotti online. Fortunatamente c’è un team che lavora con me che si occupa e si è occupato di aspetti sui quali io probabilmente capisco davvero poco. Per quanto riguarda il lavoro coi designer in realtà è stato tutto molto semplice. Il loro entusiasmo e le loro idee hanno reso tutto molto piacevole. Se consideriamo faticose delle serate su skype a vedere grafiche di foulard…io lo considero meraviglia ed eccitazione! E so che tu mi puoi capire. E ti dirò che anche le idee mie son sempre state accolte in maniera molto amichevole, quasi sempre condivise. In questo senso siamo stati molto fortunati. Non posso considerarla una vera discesa in campo, non mi considero un designer, quel tipo di creatività la lascio a loro. Io mi sono limitato a dire quello che avrei desiderato e cosa mi piaceva. E, tu che mi conosci, sai che in tal senso so spiegarmi bene!

Resto dell’idea che la tua sia una discesa in campo, Stefano, perché hai dato vita a una realtà concreta lasciando che ognuno si occupasse del settore di propria competenza. A questo proposito ti chiedo se pensi che, in futuro, webelieveinstyle.maison si amplierà andando a includere nuovi stilisti e creativi. Scommetto che questa è una domanda che vorrebbero farti tutti quei creativi che ci leggeranno e che, sicuramente, amerebbero rientrare nel progetto.

Intanto vediamo come va questo primo esperimento. Io credo molto in webelieveinstyle.maison e adoro i creativi coinvolti, ma una volta venduti, come noi speriamo, tutti i primi pezzi unici, perché non proporne degli altri degli stessi brand e stilisti? Al tempo stesso, perché non inserire altri nomi? Non ti nego che ne ho già alcuni in testa. Voglio pensare a webelieveinstyle.maison come ad un mondo in divenire, capace di rinnovarsi e crescere e sarebbe un sogno vederlo diventare un punto di riferimento per i giovani creativi. Quindi, con la giusta cautela degli absolute beginners, però ti posso dire che è nostra intenzione, mia e delle persone con cui ho ideato questo progetto, rinnovare il rapporto con questi designer e lavorare per vederne arrivare altri.

Stefano con una delle felpe Studiopretzel per il progetto <em>webelieveinstyle.maison</em>
Stefano con una delle felpe Studiopretzel per il progetto webelieveinstyle.maison

Un punto di riferimento per i giovani creativi: mi piace! Tu sei un grande sostenitore del talento e della creatività e hai aiutato molte persone a trovare la loro strada in diverse direzioni e ambiti, inclusa la sottoscritta. Anche questo è un talento e tu lo possiedi: credo che sia una dote innata che, però, va tenuta sempre ben affilata. Come coltivi il tuo senso estetico? Come fai crescere il tuo istinto?

È un grande complimento quello che mi fai, ma non so se sono così consapevole di quello che tu sostieni. Mi spiego. Penso che la vera bellezza sia tale solo quando non è conscia di ciò, nel momento in cui diventa troppo consapevole si contamina un po’. Ecco, io non sono, per carattere o per abitudine, uno che si siede sugli allori o che si auto incensa, cosa da molti considerata un difetto, semplicemente sono Stefano, con i suoi pregi e i suoi difetti e la tendenza a soffermarsi su questi ultimi più che sui primi, attitudine che mi spinge a voler sempre far meglio e a non fermarmi. Imparo ogni giorno e sono disposto a mettermi in gioco, per cui, per rispondere alla tua domanda, non sono uno che perde tempo a lodarsi, non mi prendo mai troppo sul serio, sono aperto e curioso. Il mix di tutto ciò penso mi aiuti nel lavoro quotidiano. Poi c’è la passione che guida sempre tutto e quando hai quella, non ti sembra neanche di lavorare, e scoprire giovani talenti, vederli crescere, usare i loro capi su un set, tutto diventa elettrizzante. Poi sono stato per molti anni docente, ho avuto modo di parlare con tanti studenti, sentire dalle loro voci i sogni che coltivavano, e ho capito che cercare di passare la mia conoscenza, supportarli in una parte del loro percorso, o anche solo cercare di motivarli, di sottolineare le loro qualità, magari in maniera scherzosa, e sicuramente con affetto, è una cosa che mi appartiene. Ma, credimi, è stata una scoperta anche per me. Come coltivo il mio senso estetico? Passo ore andando di link in link, sfogliando libri e riviste, prendendo appunti, guardando vecchi e nuovi film, tutto è ricerca e in tutto ci possono essere stimoli e idee. Non mi fermo mai, a volte mi lamento di quante poche ore abbia un giorno.

Chiudiamo con un pensiero per i nostri adorati creativi emergenti: quale consiglio spassionato (anzi, nel tuo caso direi appassionato) daresti a un giovane che vuole accostarsi alla moda e al design?

Ci sono troppe persone che pensano di essere Anna Wintour là fuori, quindi inizio con un consiglio: tanta umiltà! Essere consapevoli del proprio valore, credere in se stessi, è fondamentale, essenziale, in tutti i lavori, ma non vuol dire tirarsela. E ho incontrato molta gente che se la tirava tanto, ma senza averne delle vere motivazioni. Ho avuto il piacere di conoscere dei personaggi davvero importanti, Andrè Leon Talley, Polly Mellen, Suzy Menkes, Anna Piaggi e tutti erano più che disposti a fermarsi per una parola con un giovane fan come me o con degli studenti, tutti si sono rivelati gentili e alla mano. I veri grandi sono aperti e curiosi, ma vivono in un mondo relazionale, non certo in un castello fatato, di dive e divine ci sono Madonna e Lady Gaga! Detto questo, secondo me, e mi ripeto, ci vogliono passione, quella passione che ti accompagna 24 ore al giorno e che in ogni momento ti fa cogliere cose che agli altri non verrebbe nemmeno in mente di pensare. Quella passione che si trasforma in duro lavoro e costante ricerca. Siate pronti a studiare sempre, con la leggerezza di chi ama, non di chi sente questo un peso, siate pronti a fare dei sacrifici. Il talento e la fortuna contano, tantissimo, ma vanno nutriti. Qualcuno ben più importante di me ha sostenuto che “The Eye has to travel” (la grande Diana Vreeland, NdR), che sia un viaggio vero o della fantasia. La moda è un fantastico mezzo di comunicazione che, forse più di altri, è nutrito costantemente dalla cultura, se vivete in compartimenti stagni, non nutrirete questa passione, non la farete crescere. Cercate il più possibile di essere voi stessi, ma con una giusta disponibilità al cambiamento, con coerenza con quello che voi siete.

Se poteste vedermi in questo momento, vi apparirei intenta ad annuire come una forsennata: questa bellissima chiacchierata rende del tutto evidente perché io ami tanto Stefano Guerrini.

Correte su webelieveinstyle.maison e incontrate i cinque meravigliosi talenti che ha selezionato e che vi aspettano.

Manu

 

 

 

 

Per maggiori informazioni e per approfondire:

Qui trovate il sito webelieveinstyle.maison, qui la pagina Facebook, qui Twitter e qui l’account Instagram.

Qui trovate il progetto webelieveinstyle.maison raccontato dalla penna di Stefano Guerrini.

Il cuore del progetto webelieveinstyle.maison: qui trovate le felpe firmate Studioptezel, qui l’orecchino firmato Fery, qui la camicia firmata da Sandro Gaeta, qui la canotta di Francesca Liberatore e qui i foulard di Sci’m.

Se volete conoscere meglio Stefano, qui trovate la chiacchierata tra lui e Simone Sbarbati di FrizziFrizzi. È datata 2013 ma per me resta la più bella intervista che qualcuno abbia fatto a Stefano e quella che lo rappresenta meglio in tutte le sue infinite sfaccettature.

I miei articoli per il suo webelieveinstyle: qui.

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

Glittering comments

Laura
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Bel progetto!
Ciao Manu, non potevo fare a meno di leggere anche questo articolo!
Molto carino il progetto, w il design e la creatività e soprattutto quella italiana

http://www.salt-eco.com

Manu
Reply

Ciao Laura 🙂
Sono molto felice che tu sia tornata e che tu abbia letto anche questo articolo: grazie.
Sì, hai ragione, è proprio un bel progetto e mi associo al tuo apprezzamento verso la creatività. E posso dirlo? Anch’io ho un debole per quella italiana.
Visto che molto spesso riusciamo a guardare solo i difetti o le cose negative, diciamolo a voce alta: la nostra creatività è una cosa meravigliosa e, se sapremo valorizzarla, ci salverà.
Buona serata,
Manu

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