Cose che capitano con le creazioni di Sophie Cochevelou

Ieri sono stata in giro per Milano con un caro amico, Stefano Guerrini.

Le ore sono volate così piacevolmente che, solo poco prima di tornare a casa, ho realizzato di essermi completamente dimenticata di fare una cosa importante, ovvero passare dal mio medico di base per farmi prescrivere alcuni farmaci dei quali avevo bisogno: era ormai troppo tardi per rimediare, così ho deciso di fare un tentativo in una farmacia in cui sono sempre gentili.

Entrando, ho visto un giovane uomo il cui volto non mi era noto: mi sono comunque avvicinata al banco e ho fatto la mia richiesta con gentilezza. Il suo volto si è fatto dubbioso e allora, per rassicurarlo, ho aggiunto “so che sarebbe necessaria la prescrizione e le prometto che non verrò più senza, ma come vede sono grandicella e le assicuro che è un farmaco che prendo abitualmente, non farò sciocchezze”.

A questo punto, nonostante il suo atteggiamento fosse serio e professionale, la sua mimica facciale lo ha tradito per un istante e io ho colto un rapidissimo guizzo divertito accompagnato da uno sguardo quasi impercettibile in direzione del mio petto: non ho abbassato a mia volta gli occhi, ero certa di non avere addosso nulla di scollato. Ma se non erano le mie grazie a divertirlo, però, cos’altro poteva essere?

Dopo qualche secondo, ho realizzato l’arcano con un filo di imbarazzo. Mi ero appena premurata di fargli sapere quanto fossi un’adulta seria e affidabile: peccato che io stessi indossando una vistosa collana con tanti coloratissimi dinosauri di gomma, leggiadri e – beati loro – ignari della mia figuraccia. Insomma, decisamente una cosetta discreta e sobria, degna – appunto – di una serissima adulta.

Ormai era fatta e non potevo certo tornare indietro: con incredibile faccia tosta e facendo finta di nulla, ho completato la mia azione persuasiva sfoderando il migliore dei miei sorrisi all’indirizzo del malcapitato.

Ecco, queste sono cose che possono capitare se si decide di indossare una delle ironiche e folli creazioni di Sophie Cochevelou, giovane designer che si occupa di moda e gioielli nonché artista e costumista.

I giocattoli dell’infanzia, quelli con cui noi tutti siamo cresciuti e ci siamo trastullati, sono la sua fonte di ispirazione: dalla Barbie ai Lego, i giocattoli diventano vivace materiale che lei plasma e combina in pezzi che uniscono moda e arte da indossare con risultati esplosivi, ad alto contenuto di originalità e personalità.

Io con la parure con dinosauri firmata Sophie Cochevelou. Già, mi ero dimenticata di specificare che la collana è accompagnata dal bracciale…
Io con la parure con dinosauri firmata Sophie Cochevelou. Già, mi ero dimenticata di specificare che la collana è accompagnata dal bracciale…

Sophie si è laureata alla prestigiosa Central Saint Martins di Londra, uno degli istituti di moda più importanti al mondo nonché culla di molti talenti, soprattutto nell’ambito dell’avanguardia.

La designer è decisamente una rappresentante di questa avanguardia e infatti dice di essere particolarmente interessata all’aspetto performativo della moda nonché all’impatto sociale che essa ha sulle persone: “l’importanza dell’abbigliamento è rappresentata da come ci permette di mettere in scena noi stessi, di fornire informazioni su chi siamo o, più precisamente, su cosa vogliamo gli altri pensino di noi”, dichiara.

È nata a Parigi, ma di sé dice “non ho affatto l’elegante stile francese minimalista e sono più attratta dai colori vivaci, dal miscuglio di stampe, dai materiali lucidi”.

Per quanto riguarda gli abiti, per esempio, Sophie cerca di concepirli con materiali che non sono i classici tessuti: non si pone confini e crede nella sperimentazione. La sua idea è che qualsiasi oggetto della vita quotidiana può diventare un accessorio di moda.

“Mi piace il riciclo – racconta – e mi piace andare nei charity shop (i negozi di usato che vendono a scopo di beneficenza, NdR) e nei mercatini delle pulci e riscoprire il potenziale creativo di oggetti di uso quotidiano. Ho sempre creato costumi partendo da poco, a volte con cose che ho trovato per strada. Mi piace dare una seconda vita a vecchi oggetti e cambiare la loro funzione originaria. Nelle mie creazioni uso un sacco di giocattoli, un riferimento comune a un immaginario collettivo, un ricordo di infanzia che tutti condividono in ogni paese. Mi piace l’idea di trasformare un abito in un’opera d’arte: con le mie creazioni vorrei stimolare la creatività delle persone, renderle orgogliose di loro stesse e far sì che possano sentirsi uniche, originali e diverse.”

Non ho nulla da aggiungere: Sophie Cochevelou non solo è efficace nel suo gioco di sublime riciclo, ma è anche altrettanta brava a raccontarlo e a spiegare le sue teorie.

E lancia un invito: “Se avete qualche Barbie con cui non giocate più, Lego, macchinine o giocattoli, mandateli a me, li userò e ve li restituirò risvegliati a nuova vita.”

Il lavoro su commissione è infatti una parte importante del suo lavoro.

La designer, costumista e artista Sophie Cochevelou. Nella foto qui in basso, Sophie indossa il suo abito <em>“Traffic jam”</em> ispirato al traffico londinese (photo credit Anthony Lycett @ Self Styled London)
La designer, costumista e artista Sophie Cochevelou. Nella foto qui in basso, Sophie indossa il suo abito “Traffic jam” ispirato al traffico londinese (photo credit Anthony Lycett @ Self Styled London)

Amo molto il risultato dei suoi esperimenti: trovo i suoi pezzi allegri, divertenti, ironici, audaci, sicuramente folli, come ho scritto in principio, eppure con un loro equilibrio.

Definirei il suo lavoro come un caos estremamente lucido e consapevole. E poi non so resistere a tutto ciò che risvegli il fanciullo che è in noi.

Inoltre, mi sono innamorata di lei perché condividiamo la stessa visione della moda: la vediamo come forma di linguaggio e comunicazione.

E, infine, condividiamo anche il fatto di non voler avere confini.

Avete fatto caso a una delle sue affermazioni? “Uso un sacco di giocattoli, un riferimento comune a un immaginario collettivo, un ricordo di infanzia che tutti condividono in ogni paese”: è geniale, perché è esattamente così.

Ciò che fa parte dell’immaginario collettivo diventa linguaggio universale e ci permette di superare barriere e ostacoli.

Io con un’altra delle creazioni di Sophie Cochevelou: stavolta tocca a Barbie!
Io con un’altra delle creazioni di Sophie Cochevelou: stavolta tocca a Barbie!

Sapete, fin da quando ero ragazzina, ho sempre fatto tutto il possibile per andare oltre i miei limiti mentali, fisici e geografici e per guadagnarmi libertà di pensiero e spazio d’azione.

Per questo ho sempre amato leggere: i libri mi permettono di arrivare con testa e cuore laddove non posso arrivare col corpo.

Per questo ho studiato le lingue straniere. Per questo amo i viaggi, l’arte e la fotografia.

E per questo amo il web, perché da quando esiste posso conoscere virtualmente persone che stanno a migliaia di chilometri da me, come è successo con Sophie con la quale ho fatto splendide chiacchierate a colpi di messaggi e-mail e con la quale mi sono intesa meglio che con tante persone che parlano la mia stessa lingua o che vivono sul mio stesso pianerottolo.

La creatività, la curiosità e la voglia di mettersi in gioco sono linguaggi che non necessitano di traduzione.

(Nota per i giovanissimi: studiate comunque le lingue. Se non avessi conosciuto l’inglese, non avrei potuto dialogare con Sophie. Lo studio rende liberi!)

Ah, non vi ho detto com’è finita ieri in farmacia e scommetto che qualcuno è curioso: ho avuto il medicinale che mi serviva, anche se non saprò mai se a convincere il farmacista sia stato il mio sorriso, la faccia tosta o la simpatia scatenata dalla collana di Sophie – o un mix delle tre cose.

Chissà, magari l’uomo ha poi raccontato l’episodio alla fidanzata come aneddoto divertente o ne ha riso con gli amici, oppure ha pubblicato uno stato sulla sua bacheca Facebook…

Ecco, nel dubbio, mi sono auto-denunciata.

Manu

 

 

 

Per maggiori informazioni e per approfondire:

Qui trovate il sito di Sophie Cochevelou e qui il suo blog nel quale pubblica tanti lavori e attraverso il quale potrete conoscerla meglio.

Qui trovate il suo e-shop, qui la pagina Facebook e qui Instagram.

Se siete interessati a contattarla per lavori su commissione, scrivete a anne_so_cvl@hotmail.fr

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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