Oltre la bambola – Storia di una rivoluzione: buon 65° compleanno, Barbie!

Quando sento certe polemiche attorno a Barbie, non so se ridere o piangere.

Anni fa ho raccontato come, da bambina, io abbia giocato moltissimo e con tutto ciò che capitava a tiro.

In cortile, c’erano la bicicletta, la corda per saltare, l’hula hoop, la palla. Giocavo a nascondino, a mosca cieca, a campana, a ruba bandiera, all’elastico. In spiaggia, mia sorella e io facevamo tunnel, fossati, piste per le biglie, castelli e perfino torte di sabbia. A casa, giocavo con le macchinine, le bambole e Barbie, i pentolini, le costruzioni, le carte, le figurine e i giochi in scatola, dall’Allegro Chirurgo fino al Monopoli. Ricordo che mi piaceva tanto giocare a dama.

Inventavo giochi fabbricando cose da sola: per esempio, adoravo i barattoli vuoti che chiedevo a mia mamma e perfino… i rotoli di carta igienica che diventavano dei porta penne. Ho consumato milioni di fogli, matite, pastelli e pennarelli con i quali mi impiastricciavo all’inverosimile.

Non ho mai dato un genere ai giochi, non mi sono mai chiesta se fossero da femmina o da maschio.

Ai genitori, dunque, mi piacerebbe dire una cosa: non fatevi influenzare da nessuno, decidete solo e soltanto con la vostra testa. Volete regalare una Barbie alla vostra bambina? Fatelo. Volete regalarle le macchinine? Fatelo. Volete regalare una bambola o un peluche a un bambino? Fatelo.

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Maternità o meno, la vita riesce sempre a essere sorprendente

Ogni anno, puntualmente, faccio i miei auguri sinceri alle mamme per la loro festa, partendo da mia mamma e da mia sorella (madre di mia nipote) fino ad arrivare a tutte le amiche che vivono la maternità come esperienza appena iniziata oppure ormai consolidata.

Quest’anno vorrei aggiungere anche una riflessione su me stessa e premetto subito un paio di cose.

Non voglio in alcun modo rubare la scena alle mamme, tant’è che pubblico appositamente questa riflessione il giorno dopo la Festa della Mamma; non voglio neanche (e nemmeno lontanamente) paragonarmi alle madri per le quali nutro il massimo rispetto.

La mia è semplicemente una riflessione su me stessa, come dicevo, e su quanto io sia fortunata nonostante abbia deliberatamente rinunciato al prezioso dono di essere mamma.

Già, proprio così, sono una donna senza figli e lo sono per mia scelta in quanto, semplicemente, non li ho mai desiderati.

A oggi non mi sono pentita, nemmeno per un istante, della scelta di rinuncia alla maternità, nonostante le funeste profezie di tante persone – vedere la vignetta spiritosa qui sotto, un collage di frasi carine che mi sono sentita dire negli anni (senza voler fare del vittimismo, anzi, ci sorrido sopra). Leggi tutto

Oxfam Italia sostiene la moda inclusiva – e circolare – di I was a Sari

Ricevo e volentieri condivido – Tengo molto ai concetti di economia circolare e moda sostenibile, non solo in un’ottica ambientale, naturalmente importantissima, ma anche dal punto di vista sociale, altrettanto importante: per questo do volentieri spazio all’iniziativa di Oxfam Italia che prosegue il suo impegno con I was a Sari.

I was a sari è un’impresa sociale indiana che offre accessori e capi contemporanei realizzati donando nuova vita – come racconta il nome stesso – a sari di seconda mano: il capo di abbigliamento tradizionale femminile considerato fonte di orgoglio culturale passa attraverso una rigenerazione che consente la creazione di un nuovo capo unico.

Proprio il progetto I was a Sari sarà illustrato in uno dei tavoli di Creiamo un futuro di uguaglianza, la seconda edizione di Oxfam Festival in Italia, in programma dal 12 al 13 maggio a Firenze.

Qui sotto trovate tutti i dettagli incluso il link al sito e-commerce attraverso il quale si possono fare scelte doppiamente positive, perché aiutano le comunità più vulnerabili a combattere povertà e disuguaglianze economiche e di genere e perché ci permettono di fare nostri oggetti belli e anche veramente sostenibili.

Manu Leggi tutto

Osoppo Theatre Valentina Cortese, il primo al mondo dedicato all’attrice

Venerdì 14 ottobre ho partecipato alla conferenza stampa con la quale è stata annunciata la nascita di Osoppo Theatre Valentina Cortese, il primo teatro al mondo a portare il nome della grande attrice italiana scomparsa nel 2019 a 96 anni.

Il Teatro si trova a Milano nell’omonima via Osoppo al civico 2, all’angolo con piazzale Brescia: immaginate un palcoscenico di 70 mq con una platea di 299 posti, tende e poltrone in velluto blu, un atrio dove sostare, un guardaroba e un piccolo bar adiacenti al Centro Culturale. Non mancano ingresso e posti per persone con disabilità – com’è giusto che sia.

È questo lo scenario di Osoppo Theatre Valentina Cortese, destinato a ospitare un ricco calendario di spettacoli, serate teatrali e cinematografiche, mostre, eventi, dibattiti così come piace ad Antonio Zanoletti, il direttore artistico.

Insieme a Elisabetta Invernici, giornalista e storica del costume, Zanoletti condivide da dieci anni il progetto dedicato alla diva non solo nostra, ovvero italiana, ma internazionale (qui avevo già parlato di un’altra loro iniziativa).

«Sfida di Osoppo Theatre Valentina Cortese – spiega Zanoletti –  è la creazione di un “ponte fra culture”: per questo anche la volontà di chiamarsi THEATRE e non TEATRO, non certo per bizzarria esterofila.» Leggi tutto

Endelea, bellezza e concretezza di un brand davvero etico e sostenibile

Durante la MFW, ho avuto modo di incontrare Francesca De Gottardo, fondatrice di Endelea:
vi racconto perché questo è un brand davvero etico e sostenibile.

Si è da poco conclusa l’edizione di Milano Moda Donna con cui stilisti e marchi hanno presentato le loro proposte per la prossima primavera / estate 2023.

Devo fare una confessione: a parte i marchi emergenti, non ho visto gran cose che mi abbiano fatto venire voglia di investire tempo per raccontarle oppure cose che mi abbiano fatto nascere il desiderio di possederle.

È vero, sono stata contenta di aver potuto osservare che (finalmente) è tornata l’atmosfera frizzante che caratterizzava la fashion week prima della pandemia (e la mia città ne aveva bisogno), ma sono altrettanto scontenta di dover prendere nota del rovescio della medaglia, ovvero di un’occasione perduta: dopo un intero mese di sfilate (il discorso non vale quindi solo per Milano) si è vista sicuramente tanta ricchezza, a volte al limite dell’ostentazione, ma pochissima creatività intesa come reale innovazione e cambiamento.

Insomma, dopo le sperimentazioni (se vogliamo imperfette e in alcuni casi anche abbastanza azzardate) delle stagioni di pandemia, la moda si sta nuovamente richiudendo in sé stessa, tra clienti super facoltosi e occhio costantemente (se non unicamente) puntato al fatturato. Leggi tutto

Ci vediamo in Bottega con sette grandi donne milanesi

Ricevo e volentieri condivido – Con grande entusiasmo contribuisco a dare voce a Ci vediamo in Bottega!, il nuovo programma autunnale di Galleria&Friends con le Botteghe Storiche del centro di Milano, in collaborazione con il Municipio 1.

Galleria&Friends Milano è il progetto che, da ottobre 2019, si è posto lo scopo di creare una rete tra alcune decine di Botteghe Antiche della città attraverso una serie di eventi culturali (qui ho parlato di alcune loro iniziative).

Prende ora avvio il nuovo programma che consiste in una serie di incontri spettacolari e appuntamenti ‘impossibili’ (ancora una volta a cura di Elisabetta Invernici e Alberto Oliva, i due fondatori del progetto) con sette grandi donne milanesi del Novecento: Antonia Pozzi, Krizia, Alfonsina Morini Strada, Valentina Cortese, Carla Fracci, Brunetta Mateldi e Maria Callas.

Sette donne per sette appuntamenti, dal 5 ottobre al 6 novembre 2022, aperti al pubblico a ingresso gratuito.

Sono preziose occasioni di incontro e conoscenza e lascio dunque volentieri la parola a Elisabetta e Alberto per tutti i dettagli di Ci vediamo in Bottega!

Manu

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I miei auguri a tutte le mamme con un paio di riflessioni

Oggi è la festa di tutte le mamme e io vorrei fare un paio di riflessioni.

Ho una mamma fantastica e so che ogni figlio (o quasi) vede la propria esattamente così, fantastica.
Diciamo che alla mia devo la vita due volte, la prima per avermi partorita e la seconda per avermi salvata dopo un incidente gravissimo (ho rischiato di morire…) quand’ero piccolissima.

Ho una sorella che è mamma e anche lavoratrice e – come tutte le donne madri e lavoratrici che conosco – ci mette l’anima per tenere tutto in equilibrio, lavoro, famiglia e anche tempo e spazio per sé.

Io non sono mamma per mia scelta (dico sempre, scherzando ma non troppo, che quando è stato distribuito l’istinto materno ho sbagliato fila) ma confesso di avere un’immensa ammirazione per le donne che lo sono, perché penso che crescere un figlio sia il ‘mestiere’ più difficile e di maggior responsabilità che esista e spesso, appunto, non è condotto in esclusiva ma in aggiunta ad altri ruoli e compiti.

In nome dell’ammirazione e del rispetto che nutro per le mamme, giungo dunque al cuore della mia riflessione scaturita da due fatti diametralmente opposti accaduti negli ultimi giorni.

Da una parte c’è la vicenda di un’imprenditrice che si chiama Monica Bortolami e che ha assunto a tempo indeterminato una collaboratrice che, timorosa, le aveva confessato di essere in dolce attesa; dall’altra parte c’è invece la vicenda di Elisabetta Franchi, nome noto del settore moda, che in un’intervista si è lasciata andare a dichiarazioni che lasciano basiti quanto ad arretratezza, parlando di donne giovani che non possono avere ruoli importanti che poi lascerebbero scoperti per andare in maternità e della sua conseguente scelta di assumere donne che siano ‘anta’ e che quindi abbiano già passato matrimonio, gravidanza e magari separazione…

Non voglio commentare le parole (offensive per ogni donna, madre o meno, giovane o ‘anta’) della Franchi che ora dice di essere stata fraintesa e strumentalizzata (boh, io ho ascoltato l’intervista e mi pare che abbia detto proprio ciò di cui viene accusata, nonostante i tentativi della giornalista Fabiana Giacomotti di arginarla e di frenarla su più punti).

Desidero invece fare gli auguri a tutte le mamme rilevando – ancora una volta, ahimè – quanta strada debba ancora essere fatta affinché ognuna di noi sia davvero libera di decidere di essere madre o di non esserlo, senza discriminazioni né giudizi (o pregiudizi).

Manu

 

*** Ho pubblicato questi stessi pensieri in un post in Instagram (lì con interessanti scambi di commenti).
Ho il desiderio che restino anche qui, visto che reputo i social network utili
ma, allo stesso tempo, anche fin troppo veloci nel ‘seppellire’ pensieri & parole… ***

 

«Si diventa madri in molti modi.
Per amore o per caso, di parto naturale o di parto per adottare, per convinzione, per convenzione. […]
Il punto è che conosco donne che sono madri, madri e basta. Pure senza figli.[…]
Perché si può essere madri persino con la propria madre, o il padre, quando ha bisogno di sostegno.
Si può essere madri quando si va in giro per il mondo a educare a forme altre di maternità, quando con le proprie parole si allatta un mare di figli orfani di affetti, di radici, di vita e di terra sotto i piedi.
Si può diventare madri di figli disabili ed essere madri di mille battaglie. Morire a ogni alba per un peso troppo grande, rinascere a ogni tramonto per le piccole cose leggere che non hanno peso ma hanno valore.
Conosco madri che hanno perso i loro figli […] eppure li ritrovano in ogni angolo della loro vita.[…]
Conosco madri che sono, nelle case, nelle corsie d’ospedale, nelle scuole, nelle librerie, nei conventi, nelle associazioni di volontariato.
Madri che sono, pure senza figli.

Perché figlio è il mondo di cui si prendono cura.»
Di Alessandra Erriquez

P.S. del 10 maggio: mi fa piacere condividere il link di un articolo lucido e intelligente pubblicato da Fashion Magazine circa il caso Elisabetta Franchi…

P.S. del 16 maggio: a quanto sopra, si aggiunge ora il fatto che l’azienda di Elisabetta Franchi è stata condannata per comportamento anti-sindacale per aver minacciato sanzioni nei confronti delle lavoratrici che scioperano contro l’obbligo degli straordinari (qui maggiori dettagli)… Anche in questo caso lei dirà di essere stata fraintesa e strumentalizzata?

 

Il mito di Wonder Woman è in mostra a Milano

Tra la fine degli Anni Settanta e i primissimi Anni Ottanta andò in onda anche in Italia Wonder Woman.

Io ero davvero piccola piccola e della serie TV mi colpiva pertanto ciò che poteva essere colto da una bambina, ovvero gli aspetti più immediati e superficiali: la bellezza, la simpatia e la bravura di Lynda Carter alias Diana Prince / Wonder Woman, i colori vivaci delle immagini, la sigla, gli effetti speciali, i superpoteri dell’eroina che a me appariva un po’ come una Barbie mora in carne e ossa.

Di sicuro all’epoca sapevo poco – anzi niente – di women empowerment, di quanto fosse successo negli Anni Sessanta e Settanta sul fronte di lotte femministe e conquiste verso l’emancipazione né di ciò che si preannunciava per gli Anni Ottanta tra power suits (ovvero il tailleur pantalone per le nuove donne in carriera, spalline, anzi, spallone incluse) e il culto del corpo e della forma fisica a partire dall’aerobica praticata con look coloratissimi.

In seguito scoprii i fumetti della DC Comics inclusi quelli dai quali la serie TV aveva tratto ispirazione: non ero più piccola e iniziai a comprendere quanti piani interpretativi e quante sfumature ci fossero dietro l’eroina che aveva affascinato la bambina, iniziai a cogliere gli argomenti che oggi mi appassionano profondamente, che mi infiammano e che sono continua materia di studio nella quale coinvolgo anche i ragazzi delle mie classi. Leggi tutto

LOOVERTITS l’omaggio a Sant’Agata nel mese della prevenzione

Ricevo e volentieri condivido – Lo scorso venerdì 17 settembre, in una splendida serata d’estate, ho avuto modo di visitare LOOVERTITS Omaggio a Sant’Agata, una mostra collettiva d’arte moderna ispirata al martirio di una delle figure tra le più venerate dell’antichità cristiana

La mostra è davvero molto interessante e sono pertanto felice di annunciare che, per offrire un contributo alla sensibilizzazione e alla prevenzione dei tumori al seno durante il mese dedicato a questo scopo, l’esposizione è stata prolungata fino a domenica 31 ottobre.

La mostra, ospitata all’interno dello spazio RIDE Milano in via Valenza 2, presenta le opere di oltre 40 artisti che hanno offerto il loro contributo alla causa con una personale reinterpretazione dell’iconografia classica dedicata a Sant’Agata, la giovane che nel 251 d.C. subì atroci torture tra cui l’amputazione dei seni e che quindi viene considerata protettrice delle donne affette da patologie al seno. Leggi tutto

Le donne per le donne, la rete civica per l’Afghanistan

Ricevo e molto volentieri condivido – È nata Le Donne per le donne, una rete civica di donne le quali, di fronte al drammatico evolversi degli eventi in Afghanistan, hanno deciso di mettere subito in atto un’iniziativa che possa offrire un supporto a sostegno delle istituzioni, organizzazioni e associazioni che si occuperanno concretamente dell’emergenza rifugiati. È per me un onore dar voce a questa iniziativa.

***

Lo scorso 31 agosto è nata Le donne per le donne, una rete solidale tutta al femminile che ha deciso di attivarsi con un progetto sociale concreto di supporto ai rifugiati provenienti dall’Afghanistan.

Le donne per le donne è l’iniziativa di un gruppo eterogeneo – nato in rete e cresciuto in pochissimo tempo – di persone che vogliono mettere a disposizione le proprie competenze per collaborare in modo attivo con istituzioni, associazioni e organizzazioni che già si stanno occupando concretamente di questa emergenza – sia sul territorio afghano sia nell’accoglienza dei profughi in arrivo in Italia.

L’obiettivo della rete è quello di fornire un aiuto pratico e duraturo da parte della società civile a sostegno degli operatori in questa grande tragedia umanitaria – e non solo in questo momento di particolare emergenza ma anche negli anni a venire. Leggi tutto

La mostra che celebra Rosa Genoni – e qualche mia riflessione…

Sono passati 144 anni da quando Rosa Genoni nasceva a Tirano, comune contornato dalle montagne in provincia di Sondrio, e – a mio avviso – racchiudere questa donna straordinaria in una definizione univoca è operazione pressoché impossibile.

La Genoni è stata una persona straordinaria, immersa nel proprio tempo quanto proiettata nel futuro, sempre all’avanguardia e spesso contro corrente.
Musica, letteratura, ideologie, moda, artigianato e tecnologia: ogni forma di pensiero e di creatività diventavano per lei oggetto di studio e di applicazione concreta.
È stata creatrice di moda (e non solo, è stata soprattutto pioniera della moda italiana), insegnante, attivista per i diritti umani.

Chissà che cosa penserebbe Rosa Genoni del mondo di oggi, di un mondo in cui il gender gap è ancora fortissimo, in cui la disparità di opportunità per uomini e donne è ancora fortissima, in cui le donne che occupano ruoli prestigiosi sono ancora troppo poche, in cui c’è disparità di salario a pari mansioni; un mondo in cui a una donna che si presenta a un colloquio di lavoro viene ancora chiesto se intenda fare figli, un mondo in cui qualcuno ancora pensa che ci sia differenza genetica di predisposizioni e di specializzazioni tra uomini e donne.

Chissà cosa ne penserebbe una donna come lei che, nel lontanissimo 1893, era già impegnata per il miglioramento delle condizioni delle lavoratrici (entrando a far parte della Lega Promotrice degli Interessi Femminili); una donna come lei che nel 1905 venne scelta per i suoi meriti dalla Società Umanitaria per tenere lezioni serali e dirigere la sezione di sartoria (ruolo che occupò fino al 1933, anno in cui si dimise per non giurare fedeltà al fascismo); una donna come lei che nel 1928, insieme al marito Alfredo Podreider, inaugurò un laboratorio di sartoria, un asilo nido e successivamente un ambulatorio ginecologico per le detenute del carcere di San Vittore a Milano. Leggi tutto

Voce su tela, il libro che racconta la storia magica di Clara Woods

Un paio di mesi fa, in ottobre, ho raccontato la storia di Clara Woods.

Clara nasce il 10 marzo 2006 a Firenze e, un anno dopo, i dottori fanno un annuncio terribile ai genitori: la piccola ha avuto un ictus prenatale e per lei viene prospettata un’esistenza da vegetale.

Mamma Betina e papà Carlo non ci stanno, non si rassegnano davanti a una sentenza tanto dura: Clara inizia un programma di riabilitazione e i suoi progressi stupiscono tutti così come la sua forza di volontà e la sua determinazione.

Nonostante abbia difficoltà a scrivere e leggere, oggi Clara comprende perfettamente tre lingue: la mamma è brasiliana, il papà è olandese-canadese e così lei comprende italiano, inglese e portoghese.
Nonostante non riesca a parlare, Clara si esprime attraverso la (meravigliosa) famiglia che è la sua voce.
Nonostante abbia difficoltà motorie, Clara riesce a correre.

Sebbene usi con difficoltà la mano sinistra, Clara impara a dipingere e ha trovato proprio in questo un nuovo, ulteriore strumento per comunicare perché se è vero che mamma Betina, papà Carlo e il fratello David la capiscono e sono la sua voce, quando Clara dipinge può parlare con tutti da sola.

Clara esplora ed esprime il suo universo emotivo attraverso l’intensità dei colori acrilici, rappresentando una quotidianità adolescenziale a tinte forti, realmente vissuta o immaginata. Leggi tutto

Se Kamala Harris mi convince a festeggiare il mio compleanno…

Detesto novembre anche se è il mese del mio compleanno, anzi, forse proprio per questo.
O forse lo detesto così come non provo simpatia per nessuno dei mesi caratterizzati dal freddo e dalla poca luce.
E a lui, a novembre, non perdono nulla, esattamente come nulla perdono a me stessa: l’ho ammesso tante volte, sono comprensiva con gli altri quanto poco lo sono con me stessa.

Tuttavia, da sette anni, da quando esiste A glittering woman, al mio compleanno dedico addirittura un post qui nel blog (quanto riesco a essere incoerente).
Quest’anno, come magari immaginerete, non avevo affatto voglia di fare il solito post perché c’è poco da festeggiare (vedere COVID-19), ma poi ho deciso di non interrompere quella che ormai è diventata una piccola tradizione, stavolta non tanto per festeggiare quanto per esorcizzare.

Esorcizzare, sì.

Dite che esagero?

E allora vi chiedo… ma voi come vi sentite in questo periodo?

Vi dico ciò che accade a me.

Ci sono giorni in cui mi alzo e mi riesce faticoso anche solo pensare e concentrarmi, figuriamoci agire.
In giornate di questo tipo, faccio fatica a fare le due cose per me di solito più abituali e spontanee, ovvero pensare (e in verità penso troppo) e scrivere (e anche in questo spesso esagero) e mi viene difficile perché mi sento sospesa e incerta, inquieta e svuotata.
In questi casi, nemmeno le mie amatissime camminate in campagna in assoluta solitudine mi riappacificano con il mondo e – soprattutto – con me stessa, nemmeno loro riescono a essere ciò che di solito sono, ovvero un toccasana per il fisico e un rimedio per tenere a bada ansia, inquietudine, pensieri cattivi o tumultuosi.

Altri giorni, invece, mi alzo e mi sento piena di energia, mi dico «basta ansia e inquietudine» e mi sforzo di crederci: riesco a mettere in fila i pensieri, provo a razionalizzare e a creare un po’ di ordine.
È quindi in giornate di questo tipo che cerco di portare avanti cose e azioni concrete che spero possano aiutare me e magari anche altri. Leggi tutto

Clara Woods, “take your passion & make it happen!”

Bellissima, bionda, sorridente: Clara Woods

C’era una volta…

No, scusate, ho sbagliato l’incipit.
Perché quella che sto per raccontarvi non è una favola.
Prima di tutto perché non è accaduta in tempi lontani, ma accade oggi: in parte è stata già scritta e in parte lo sarà.
E poi perché non è qualcosa di inventato, frutto della fantasia, bensì è una storia vera fatta di persone concrete e reali.

La storia inizia il 10 marzo 2006 a Firenze quando viene alla luce una bambina di nome Clara, Clara Woods.
Purtroppo, però, un anno dopo, i dottori fanno un annuncio terribile ai genitori: la piccola ha avuto un ictus prenatale e per lei viene prospettata un’esistenza da vegetale.

«Quando arriva Clara – racconta mamma Betina – è bellissima e io e mio marito Carlo siamo pazzi di gioia, ma poi, piano piano, arrivano le prime paure, perché una mamma capisce, una mamma intuisce.
Il nostro angelo biondo ha qualcosa che non va. Mi dicono che sono ansiosa, che non mi devo preoccupare, che ogni bambino ha i suoi tempi, ma quando Clara ha un anno arriva la diagnosi e mi consegnano un foglio che dà un nome al mio incubo: ictus prenatale.
Assieme arriva anche la sentenza: mia figlia è destinata a una vita da vegetale. Ci dicono che non potrà mai parlare, camminare, scrivere e capire, che l’ictus le ha mangiato una parte del cervello impedendone lo sviluppo.
Credo di aver pianto tutte le mie lacrime, ma quando la disperazione sembrava aver preso il sopravvento io e Carlo ci siamo guardati e abbiamo giurato che avremmo dato a nostra figlia tutte le possibilità che i medici non erano disposti a darle.»

Clara inizia così un programma di riabilitazione volto a insegnarle a camminare, ad alzarsi, a vivere e i suoi progressi stupiscono tutti così come la sua forza di volontà e la sua determinazione. Ottiene le sue prime vittorie e, giorno dopo giorno, si trasforma in una ragazza solare e capace di affrontare ogni evento esternando le sue emozioni.

«La sua storia – racconta ancora Betina – ricorda quella del calabrone che, secondo la fisica, non potrebbe volare, ma lui non lo sa e vola lo stesso.» Leggi tutto

Il mio letto è un giardino – il Mudec di Milano riparte così

Non può esserci sviluppo economico, sociale e conseguentemente democratico senza cultura, senza una solida base di conoscenza, di sapere, di istruzione.

Ne sono profondamente convinta e chi mi conosce sarà forse stanco di sentirmelo ripetere da anni.
Eppure, non riesco a smettere di sottolinearlo, di fare la mia parte (piccola, microscopica) affinché questo concetto fondamentale diventi condiviso, affinché non si creino malintesi in un frangente complesso come questo: non vi è antitesi tra cultura e sviluppo economico, anzi, la prima è presupposto fondamentale affinché il secondo possa verificarsi.
L’ignoranza genera buio e superstizione, genera false credenze e pregiudizi, fa sì che non si cresca né si progredisca; al contrario, conoscenza, sapere e istruzione ci rendono liberi e ci permettono di crescere, di migliorarci, di emanciparci, di aspirare a condizioni di vita migliori.

Per tutti questi motivi sono felice di dare spazio ancora una volta a un’iniziativa del MUDEC, il Museo milanese che tanto fa per promuovere quella conoscenza che crea coesione, che ci permette di essere liberi, che ci permette di guardare agli altri non con paura bensì con curiosità e interesse per diventare più ricchi, spiritualmente e intellettualmente.

Il MUDEC – Museo delle Culture di Milano presenta il primo approfondimento dopo il lockdown dettato dall’emergenza COVID-19: si tratta della mostra intitolata ‘Il mio letto è un giardino – Mi cama es un jardín. I tessuti delle donne del monte quichua (Santiago del Estero, Argentina)’. Leggi tutto

Tutte a casa, donne, lavoro, relazioni ai tempi del COVID-19

Il collettivo Tutte a casa

Quanto dolore ha portato nelle nostre vite il COVID-19.
Tanti, troppi morti.
Tante, troppe famiglie che si trovano ad affrontare gravissime difficoltà economiche.
Tante, troppe attività di ogni genere che sono state chiuse e che non riapriranno mai più.
E potremmo continuare…

Quando sento qualcuno dire «dobbiamo guardare il lato positivo»… resto stranita, sì, io che della positività e dell’ottimismo ho fatto una filosofia di vita.
Cosa può esserci di vagamente positivo nella scomparsa di un proprio caro?
Cosa può esserci di vagamente positivo nella difficoltà di dare da mangiare ai propri figli oppure nella difficoltà di non avere più un impiego o un’attività nella quale si erano investite fatica e passione?
Cosa può esserci di vagamente positivo per quegli studenti che non hanno potuto avere accesso nemmeno alla didattica a distanza?

A mio avviso, non vi è nulla di positivo in tutto ciò e vorrei che noi esseri umani non fossimo costantemente costretti a imparare dalle peggiori esperienze della nostra vita.
Vorrei che imparassimo ad amare davvero la vita e non per aver sfiorato la morte, ad apprezzare la libertà e non per aver sperimentato le limitazioni, a godere dei piccoli momenti e non per aver rischiato di non averne più.

Eppure, noi esseri umani siamo proprio questo.
Apprendiamo dagli errori, dalle difficoltà, dal dolore.
E bisogna accettare che, costantemente lungo tutto il nostro cammino, è nei momenti peggiori e più bui che abbiamo infine tirato fuori la forza della reazione, del riscatto, della risalita.

E allora, pur non riuscendo a parlare di lato positivo, sono conscia di come – ancora una volta – possiamo (e dobbiamo) guardare avanti chiudendo i conti con ciò che è stato e dimostrando di aver fatto nostra l’ennesima dolorosissima lezione.
Ed è alla luce di questo spirito che ho deciso di parlarvi oggi di un’iniziativa che mi è stata sottoposta e che, a mio avviso, va proprio in questa direzione.

Mi riferisco a Tutte a casa – donne, lavoro, relazioni ai tempi del COVID-19.

Permettetemi di raccontare che cos’è e la storia che c’è dietro. Leggi tutto

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