Spesa a domicilio, come stanno cambiando le nostre abitudini

Spesa a domicilio da qualsiasi dispositivo e fatta comodamente da casa

Sono sicura che molte e molti di voi conoscano bene questo argomento per averlo provato di persona.
È innegabile che oggi la spesa online sia la tendenza del momento, complice la situazione in cui ci troviamo e i suoi molteplici risvolti
Penso che, contingenza a parte, si tratti di un’abitudine davvero molto comoda e semplice, dato che non serve essere particolarmente abili con la tecnologia.

Sempre più persone fanno la spesa online

Fare la spesa via internet è un fenomeno che ha avuto inizio qualche anno fa, ma è indubbio che nell’ultimo periodo ci sia stata un’impennata e un cambiamento di abitudini.
A dirlo sono i dati: stando alle ultime analisi di mercato, infatti, l’acquisto di beni alimentari via web con consegna a domicilio ha fatto il botto.
Sono circa 2 milioni i nuovi consumatori che hanno scelto di utilizzare servizi di spesa a domicilio offerti tra gli altri da e-commerce come EasyCoop. Più della metà, ovvero circa 1,3 milioni di acquirenti online, sono arrivati proprio nel periodo del lockdown.
Si tratta di un evidente cambio di rotta dato che, fino a poco tempo fa, in Italia molte famiglie erano ancora legate alla spesa tradizionale. Leggi tutto

Ora solare e freddo: conseguenze su corpo e mente e vitamina D

Siamo tornati all’ora solare che resterà in vigore (forse) fino a marzo, quando ci sarà nuovamente il passaggio all’ora legale.
Scrivo forse perché, dopo una consultazione pubblica avvenuta tra luglio e agosto 2018 e l’84% dei voti a favore, il Parlamento Europeo ha approvato l’abolizione dell’obbligo per i vari Paesi membri di cambiare ora due volte all’anno.
Ogni Stato della UE sarà chiamato a decidere entro aprile 2021 se adottare per sempre l’ora legale o quella solare e il pericolo di una frammentazione di fusi orari è più che probabile.

A ogni modo: spostare le lancette indietro di un’ora, insieme all’arrivo del freddo, comporta alcune conseguenze sul nostro corpo e anche sulla nostra psiche.

Problemi a prendere sonno e a dormire

Anche se le lancette dell’orologio tornano indietro solo di un’ora, il nostro fisico lo percepisce come se fosse un piccolo jet lag.
Infatti, per alcuni giorni dopo il cambio, si possono avvertire difficoltà di concentrazione, stanchezza fisica e mentale e si può fare molta fatica a prendere sonno con un riposo disturbato e frammentato.
Tutto ciò avviene perché il nostro corpo è fondamentalmente abitudinario.
Per risolvere o addirittura evitare questo problema, gli esperti dicono che sarebbe buona norma iniziare ad andare a dormire prima del solito qualche giorno prima del cambio dell’ora; in più sarebbero da evitare cene troppo pesanti e poco digeribili, ma anche sostanze eccitanti come la caffeina e gli alcolici.

Meno ore di luce e di sole

Fatemi dire qualcosa anche a proposito della vitamina D, ovvero la fondamentale alleata di molte nostre funzioni biologiche: per esempio è preziosissima per il benessere delle ossa e del sistema immunitario.
Non tutti sanno che la vitamina D viene assorbita dal fisico soprattutto grazie all’esposizione alla luce dei raggi solari: in estate, per esempio, basta esporsi per 20 minuti al sole, anche solo gambe e braccia scoperte, per permettere al nostro organismo di produrre la vitamina D, ma nel resto dei mesi dell’anno è molto difficile avere dei buoni livelli.
Soprattutto con il cambio dell’ora, il sole tramonta prima e si passano meno ore all’aperto e, di conseguenza, il nostro corpo può avvertire una certa carenza di vitamina D. Leggi tutto

Mario Dice e il suo sguardo a Marsha P. Johnson per la SS 2021

Avete mai sentito parlare di Marsha P. Johnson?

Scomparsa nel 1992 in circostanze tuttora non del tutto certe, è stata un’attivista per i diritti LGBTQI+ ed è nota per aver partecipato alle rivolte dello Stonewall Inn del 1969, quelle che hanno poi dato inizio al Pride Month.

Era nata il 24 agosto del 1945 a Elizabeth, nel New Jersey, con il nome di Malcolm Michaels Jr.: dopo aver ottenuto il diploma, si trasferì a New York con pochi dollari in tasca, andando a vivere nel Greenwich Village dove iniziò a lavorare in un locale come performer.
A New York cambiò legalmente il suo nome in Marsha P. Johnson: la lettera P era una risposta, secondo il suo stesso racconto, a coloro che chiedevano quale fosse il suo genere sessuale, ovvero stava per «pay it no mind», «non pensarci».
Da drag queen iniziò ad allestire spettacoli che, date le sue ristrettezze economiche, non erano caratterizzati né da grandi costumi né da trovate scenografiche: molti ricordano però come si adornasse spesso il capo con fiori freschi.

Arrivò il 28 giugno 1969, quando alcuni poliziotti fecero irruzione nello Stonewall Inn, bar del Greenwich Village la cui clientela era composta soprattutto da gay, lesbiche e transgender.
Le irruzioni della polizia nel locale non erano una novità ed erano abbastanza frequenti: era infatti un’epoca in cui l’omosessualità era considerata diffusamente come un comportamento deviato ed era illegale in 49 stati americani.
Quella sera, però, molte persone si opposero all’arresto e, in poco tempo, fuori dal locale si riunì una folla e dalle urla si passò agli scontri fisici.
Sul posto arrivò un gruppo più numeroso di agenti, ma anche la folla aumentò fino a raggiungere migliaia di persone: lo scontro continuò fino alle prime ore del mattino e poi a intermittenza per altre cinque notti. Leggi tutto

Clara Woods, “take your passion & make it happen!”

Bellissima, bionda, sorridente: Clara Woods

C’era una volta…

No, scusate, ho sbagliato l’incipit.
Perché quella che sto per raccontarvi non è una favola.
Prima di tutto perché non è accaduta in tempi lontani, ma accade oggi: in parte è stata già scritta e in parte lo sarà.
E poi perché non è qualcosa di inventato, frutto della fantasia, bensì è una storia vera fatta di persone concrete e reali.

La storia inizia il 10 marzo 2006 a Firenze quando viene alla luce una bambina di nome Clara, Clara Woods.
Purtroppo, però, un anno dopo, i dottori fanno un annuncio terribile ai genitori: la piccola ha avuto un ictus prenatale e per lei viene prospettata un’esistenza da vegetale.

«Quando arriva Clara – racconta mamma Betina – è bellissima e io e mio marito Carlo siamo pazzi di gioia, ma poi, piano piano, arrivano le prime paure, perché una mamma capisce, una mamma intuisce.
Il nostro angelo biondo ha qualcosa che non va. Mi dicono che sono ansiosa, che non mi devo preoccupare, che ogni bambino ha i suoi tempi, ma quando Clara ha un anno arriva la diagnosi e mi consegnano un foglio che dà un nome al mio incubo: ictus prenatale.
Assieme arriva anche la sentenza: mia figlia è destinata a una vita da vegetale. Ci dicono che non potrà mai parlare, camminare, scrivere e capire, che l’ictus le ha mangiato una parte del cervello impedendone lo sviluppo.
Credo di aver pianto tutte le mie lacrime, ma quando la disperazione sembrava aver preso il sopravvento io e Carlo ci siamo guardati e abbiamo giurato che avremmo dato a nostra figlia tutte le possibilità che i medici non erano disposti a darle.»

Clara inizia così un programma di riabilitazione volto a insegnarle a camminare, ad alzarsi, a vivere e i suoi progressi stupiscono tutti così come la sua forza di volontà e la sua determinazione. Ottiene le sue prime vittorie e, giorno dopo giorno, si trasforma in una ragazza solare e capace di affrontare ogni evento esternando le sue emozioni.

«La sua storia – racconta ancora Betina – ricorda quella del calabrone che, secondo la fisica, non potrebbe volare, ma lui non lo sa e vola lo stesso.» Leggi tutto

Pensieri sul futuro delle sfilate dopo una stagione di fashion week… anomale

MFW & sfilate nella locandina di CNMI (Fonte pagina Facebook)

Agli studenti dei miei corsi racconto come il concetto di sfilata sia cambiato nel tempo, con particolare attenzione a ciò che è successo alle sfilate in Italia.

Il 12 febbraio 1951 fu una sfilata a sancire ufficialmente la nascita della moda italiana, precisamente la sfilata organizzata dall’imprenditore Giovanni Battista Giorgini per i buyer americani a Firenze.
L’intraprendenza di Giorgini, la qualità dei capi presentati, la reputazione dei compratori invitati, l’appoggio di alcuni giornalisti tra i quali la nostra Irene Brin che lavorava in quegli anni per la prestigiosa rivista americana Harper’s Bazaar: furono questi gli elementi che contribuirono a decretare il grande successo dell’evento soprattutto oltreoceano, negli Stati Uniti.
Giorgini intitolò l’evento First Italian High Fashion Show e lo ospitò presso Villa Torrigiani, la sua residenza privata di Firenze: la seconda sfilata si tenne sempre nel 1951 a luglio, stavolta nei saloni del Grand Hotel di Firenze, mentre dal 1952 fu la Sala Bianca di Palazzo Pitti a ospitare due stagioni di sfilate ogni anno, una a gennaio e l’altra a luglio.

Fu necessario aspettare quasi vent’anni perché le sfilate si spostassero definitivamente a Milano e ciò avvenne precisamente nel 1969, quando nacque Milanovendemoda.
La manifestazione venne varata dagli agenti e dai rappresentanti commerciali del settore abbigliamento consociati in Assomoda: il proposito era quello di aprire un dialogo diretto con i buyer a Milano ovvero la città in cui, in quegli anni, cominciavano a moltiplicarsi le sedi degli stilisti e dove di conseguenza si respirava una grande vitalità in ambito moda.

Vi racconto una curiosità.
La prima sede della manifestazione fu quella del circo Medini e dunque i marchi si unirono «ai clown e ai giocolieri» in quella che un documento ufficiale di Assomoda stessa definì «un’allegrissima e ironica festa della moda».
Certo, occorre ammettere che – rispetto alla Sala Bianca di Palazzo Pitti voluta negli Anni Cinquanta da G.B. Giorgini – il contrasto risultava alquanto stridente…

Nel giro di qualche anno, Milanovendemoda trovò la propria sede in un nuovo quartiere della città, precisamente a Milano Due presso il Jolly Hotel, un quartiere realizzato da un imprenditore allora emergente (Silvio Berlusconi…): fra circhi e imprenditori rampanti, emergeva all’orizzonte il profilo di quella che un celebre slogan avrebbe poi definito la «Milano da bere». Leggi tutto

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