Metti una serata spumeggiante ad Arezzo da Rossella C con Sere Ku

Sono appena rientrata da Arezzo, bella città che mi piace per le sue tante sfaccettature.

Arezzo è stata patria di artisti e poeti tra cui Francesco Petrarca e Giorgio Vasari. È famosa per gli affreschi di Piero della Francesca all’interno della cappella della Basilica di San Francesco e per il crocifisso di Cimabue all’interno della chiesa di San Domenico. È nota anche per la Giostra del Saracino, torneo equestre che si tiene ogni anno in giugno e in settembre.

Arezzo è conosciuta anche come città dell’oro. Avevo raccontato qui la visita fatta nel 2015 al museo d’impresa di UnoAErre, importante azienda orafa fondata nel lontano 1926 proprio nella città toscana.

Questa volta sono tornata ad Arezzo per un evento che ha unito Sere Ku, brand di bijou fondato da Serena Ciliberti, e il concept store Rossella C.

Di Sere Ku e di Serena ho parlato tante volte. Ne ho parlato in questo sito qui e qui. Ne ho parlato e ne parlo attraverso i miei canali social anche indossando i suoi pezzi. Ci conosciamo da febbraio 2013 e, in oltre dieci anni, ho visto la sua fantasia crescere esponenzialmente senza esaurirsi mai. Il suo motto è «differenziare per differenziarsi» e questa filosofia la porta a sperimentare senza sosta, dando vita a gioielli e accessori decisamente fuori dall’ordinario. Anzi stra-ordinari. Leggi tutto

Valentina Bellotti e V.Bell, il lusso della personalità

Il motivo per cui ho un account in Instagram è l’immenso amore per la condivisione, amore che tra l’altro ha dato origine alla professione che ho scelto (comunicazione a 360 gradi).
Instagram mi dà l’opportunità di condividere pensieri, riflessioni, idee, sogni, desideri, speranze e – visto che sono completamente sincera e poco incline alla finzione – mi dà anche l’opportunità di condividere talvolta preoccupazioni, tristezze, delusioni, ansie.

E poi, soprattutto, mi permette di condividere visioni e progetti che mi piacciono, mi catturano, mi stimolano, mi affascinano.

Ma oltre a chiacchierare di tutto ciò, dai pensieri personali ai progetti in cui credo, una parte particolarmente emozionante è quando – di persona o via social – si ha l’impressione di essere ascoltati e compresi proprio in ciò che si desidera condividere, perché ascolto e comprensione sono due dei doni più belli che ci si possa fare a vicenda.

Quando amo un progetto, quando amo la visione di un creativo, quando questo creativo a sua volta si ferma ad ascoltarmi, quando decide di includermi nella sua visione e di fare qualcosa ad hoc per me… beh, la mia gioia e la mia gratitudine arrivano alle stelle.

Ed è proprio ciò che è capitato con Valentina Bellotti alias V.Bell.

V.Bell si pronuncia esattamente come il francese ‘vie belle’ che significa ‘vita bella’.
Un nome, una pronuncia, un destino per Valentina Bellotti, classe 1983, che si forma come accessories designer grazie ad anni di gavetta e ruoli importanti in aziende del calibro di Dolce & Gabbana e Costume National.

Matura in lei la voglia di spingersi oltre e crescere ancora di più e, parallelamente al lavoro di consulenza in ambito accessori, decide di fondare un marchio che rispecchi appieno i suoi principi e l’insieme di tutte le esperienze vissute: V.Bell muove i primi passi nel 2015.
Basato su alcune parole chiave che sono diventate un vero mantra per Valentina, V.Bell punta sull’interattività del prodotto grazie all’unione che nasce tra le capacità della designer (creatività e saper fare) e i desideri di ogni cliente.
E diciamolo pure, in un frangente storico e sociale in cui il mercato è saturo, il fatto di creare qualcosa in cui una persona possa riconoscersi fortemente – perché rispecchia completamente la sua personalità, il suo stile di vita, i suoi gusti, le sue esigenze – può essere visto come una nuova forma di lusso, la forma di lusso definitiva, direi.

Le nostre strade si sono incrociate tempo fa (novembre 2019, come testimoniato qui) e da allora non ci siamo più perse di vista.
Quando Valentina ha notato che adoro le micro bag, visto che lei ne propone alcune che funzionano anche da porta mascherina, ha deciso di assecondare la mia passione proponendomi di lavorare a una creazione tutta per me: naturalmente ho accettato con entusiasmo.

Io ho scelto alcune caratteristiche, lei ha fatto tutto il resto.
Adoro che un creativo segua la sua visione tarandola su di me (è un immenso onore!) e allo stesso modo Valentina adora lavorare a prodotti personalizzati, non convenzionali e non di massa, il più possibile unici, oltre a mettere al centro concetti nobilissimi quali upcycling, sostenibilità e lavorazioni rigorosamente handmade, come le preziose cuciture manuali appositamente in bella vista.
Upcycling è un termine (meraviglioso) che indica quei processi e quei progetti in cui si utilizzano materiali di scarto per creare oggetti di un valore maggiore del materiale di origine (quasi sempre destinato a essere gettato): è il termine perfetto per la filosofia V.Bell!

«Mi piace fare creazioni ad hoc per ogni persona – mi ha detto un giorno Valentina – perché così posso enfatizzare le caratteristiche della sua personalità.»

Quello che vedete qui sopra è il risultato di questa sua visione ed è il risultato di come sia riuscita ad ascoltarmi.
Il modello si chiama Selma mask case e può essere personalizzato quanto a pellami e colori secondo il proprio gusto.

Se anche voi amate il lusso della personalità e dell’unicità e volete quindi seguire Valentina Bellotti, vi lascio molto volentieri i suoi dettagli.

Qui trovate il suo sito, qui la sua pagina Facebook e qui il suo account Instagram.

Buona esplorazione.

Manu

Galleria Gorza, la casa del bello di Rimini è adesso anche online

In questo 2020 – che definire anno particolare è un eufemismo – sono tante le cose che sono mancate a ognuno di noi, tante e diverse.

A me, per esempio, sono mancati gli abbracci e il contatto fisico con le persone che amo. E poi i viaggi.
Sì, sono queste le cose che mi mancano di più, ovvero conoscenza e bellezza declinate tra esperienza umana ed esperienza del mondo.
Mi mancano la varietà, la ricchezza, le diversità e le sfaccettature delle persone e dei luoghi.

La pandemia ci ha spinto a rivedere i nostri rapporti sociali.
Niente più abbracci, pacche sulla spalla, baci, strette di mano.
Questi sono stati i mesi del distanziamento, delle mascherine, della chiusura dei luoghi di aggregazione.
Per la nostra sicurezza e per quella degli altri, abbiamo dovuto ridurre al minimo il numero delle persone incontrate, azzerando completamente il contatto fisico.
E a me tutto ciò manca – inutile fingere il contrario…

Viaggiare mi manca, follemente, che sia per diletto e piacere oppure per lavoro. O tutto insieme, perché no, come mi è capitato spesso. Leggi tutto

Spesa a domicilio, come stanno cambiando le nostre abitudini

Spesa a domicilio da qualsiasi dispositivo e fatta comodamente da casa

Sono sicura che molte e molti di voi conoscano bene questo argomento per averlo provato di persona.
È innegabile che oggi la spesa online sia la tendenza del momento, complice la situazione in cui ci troviamo e i suoi molteplici risvolti
Penso che, contingenza a parte, si tratti di un’abitudine davvero molto comoda e semplice, dato che non serve essere particolarmente abili con la tecnologia.

Sempre più persone fanno la spesa online

Fare la spesa via internet è un fenomeno che ha avuto inizio qualche anno fa, ma è indubbio che nell’ultimo periodo ci sia stata un’impennata e un cambiamento di abitudini.
A dirlo sono i dati: stando alle ultime analisi di mercato, infatti, l’acquisto di beni alimentari via web con consegna a domicilio ha fatto il botto.
Sono circa 2 milioni i nuovi consumatori che hanno scelto di utilizzare servizi di spesa a domicilio offerti tra gli altri da e-commerce come EasyCoop. Più della metà, ovvero circa 1,3 milioni di acquirenti online, sono arrivati proprio nel periodo del lockdown.
Si tratta di un evidente cambio di rotta dato che, fino a poco tempo fa, in Italia molte famiglie erano ancora legate alla spesa tradizionale. Leggi tutto

Ora solare e freddo: conseguenze su corpo e mente e vitamina D

Siamo tornati all’ora solare che resterà in vigore (forse) fino a marzo, quando ci sarà nuovamente il passaggio all’ora legale.
Scrivo forse perché, dopo una consultazione pubblica avvenuta tra luglio e agosto 2018 e l’84% dei voti a favore, il Parlamento Europeo ha approvato l’abolizione dell’obbligo per i vari Paesi membri di cambiare ora due volte all’anno.
Ogni Stato della UE sarà chiamato a decidere entro aprile 2021 se adottare per sempre l’ora legale o quella solare e il pericolo di una frammentazione di fusi orari è più che probabile.

A ogni modo: spostare le lancette indietro di un’ora, insieme all’arrivo del freddo, comporta alcune conseguenze sul nostro corpo e anche sulla nostra psiche.

Problemi a prendere sonno e a dormire

Anche se le lancette dell’orologio tornano indietro solo di un’ora, il nostro fisico lo percepisce come se fosse un piccolo jet lag.
Infatti, per alcuni giorni dopo il cambio, si possono avvertire difficoltà di concentrazione, stanchezza fisica e mentale e si può fare molta fatica a prendere sonno con un riposo disturbato e frammentato.
Tutto ciò avviene perché il nostro corpo è fondamentalmente abitudinario.
Per risolvere o addirittura evitare questo problema, gli esperti dicono che sarebbe buona norma iniziare ad andare a dormire prima del solito qualche giorno prima del cambio dell’ora; in più sarebbero da evitare cene troppo pesanti e poco digeribili, ma anche sostanze eccitanti come la caffeina e gli alcolici.

Meno ore di luce e di sole

Fatemi dire qualcosa anche a proposito della vitamina D, ovvero la fondamentale alleata di molte nostre funzioni biologiche: per esempio è preziosissima per il benessere delle ossa e del sistema immunitario.
Non tutti sanno che la vitamina D viene assorbita dal fisico soprattutto grazie all’esposizione alla luce dei raggi solari: in estate, per esempio, basta esporsi per 20 minuti al sole, anche solo gambe e braccia scoperte, per permettere al nostro organismo di produrre la vitamina D, ma nel resto dei mesi dell’anno è molto difficile avere dei buoni livelli.
Soprattutto con il cambio dell’ora, il sole tramonta prima e si passano meno ore all’aperto e, di conseguenza, il nostro corpo può avvertire una certa carenza di vitamina D. Leggi tutto

Mario Dice e #weworkalltogether, l’unione è forza e fa la differenza

Sembra passato un secolo e invece sono passati solo tre mesi da quando – entusiasta – parlavo (qui) della collezione autunno / inverno 2020-21 presentata da Mario Dice in occasione di una suggestiva cena di gala.

Nessuno, in quei giorni, avrebbe potuto immaginare cosa sarebbe successo e quanto la pandemia COVID-19 avrebbe cambiato le nostre vite…

Abbiamo vissuto momenti complessi e quei momenti non sono ancora terminati: sebbene oggi sembra che ci si avvii verso una fase di rinascita, è necessario non abbassare la guardia e rimanere vigili.

È, allo stesso tempo, altrettanto necessario guardare avanti e coltivare ostinatamente la speranza, seminando i presupposti affinché si possa ripartire: in momenti simili, l’unione è forza e fa la differenza.

Ne è profondamente convinto proprio Mario Dice che lancia #weworkalltogether, un progetto che vede coinvolte le persone con cui ha condiviso momenti belli e che lo seguono dai suoi inizi.

Designer, stylist, giornalisti, attori, cantanti, artisti, personaggi dello spettacolo… tutte persone che conoscono e amano Mario e la sua filosofia; in poche parole, i suoi amici.

«Il medico di famiglia è una persona che fin da piccoli segue passo dopo passo ognuno di noi: ci insegnano a fidarci di lui, lo chiamiamo quando non ci sentiamo bene e abbiamo bisogno delle sue cure. Ora è il nostro turno: siamo noi che dobbiamo stare vicino a medici e infermieri, ma anche ai loro cari, diventando la loro grande famiglia. Aiutiamo chi ci aiuta!»

Sono queste le parole con le quali Mario presenta la sua idea. In cosa consiste?

Gli amici di Mario hanno ricevuto una t-shirt bianca a testa con la richiesta di personalizzarla con una frase, un disegno o semplicemente una firma, dando vita a una capsule collection di pezzi unici nati grazie alla loro creatività e al loro estro: lo stilista stesso partecipa con una maglietta da lui realizzata e che è quella che indossa nella foto qui sopra.

Nel rispetto della tradizione e della sartorialità italiana che da sempre contraddistingue il suo brand, Mario ha affidato la produzione delle t-shirt a un piccolo laboratorio in Lombardia, dimostrando ancora una volta grande coerenza visto che – mai come ora – è importante il reciproco sostegno.

Sono circa un centinaio le personalità che hanno accolto con entusiasmo l’invito dello stilista: le t-shirt (che potete già iniziare a visionare attraverso il profilo Instagram di Dice) saranno battute all’asta grazie alla piattaforma CharityStars; tutto il ricavato verrà devoluto al fondo della Protezione Civile per sostenere le famiglie degli operatori sanitari che hanno perso la vita nella lotta al Coronavirus.

Mi unisco allora anch’io all’invito di Mario: lavoriamo uniti per rinascere ovvero… #weworkalltogether!

Manu

 

AGGIORNAMENTO DEL 13 LUGLIO 2020: L’ASTA SU CHARITYSTARS È INIZIATA! POTETE ANDARE SUL SITO E DIGITARE WEWORKALLTOGETHER NEL CAMPO RICERCA OPPURE PROVATE A CLICCARE QUI 🙂 

 

Valier Venetia, la borsa che sa essere indispensabile

Le borse Valier Venetia

Tra me e il web è amore – l’ho dichiarato più volte.

Del web amo la meravigliosa possibilità di costruire ponti virtuali che diventano anche reali, di instaurare conoscenze, di essere tramite di scoperte, di essere garante della possibilità di continuare a esplorare il mondo anche in un momento in cui siamo stati obbligati a rimanere a casa, per ottime quanto giustificatissime motivazioni. Ma la testa no, lei può viaggiare ed è anche il web, appunto, a consentirglielo.

È in questo scenario che è maturata la conoscenza tra me e Valier Venetia, una conoscenza nutrita da una parte dal desiderio di aprirsi, raccontarsi e donarsi e, dall’altra, dal desiderio di accogliere e ascoltare per poi condividere.

Al centro di questa storia ci sono due donne, due sorelle che si chiamano Antonia e Gunilla e che hanno dedicato la prima parte delle loro vite all’azienda che il nonno aveva fondato negli anni Trenta del Novecento e che i loro genitori hanno poi mandato avanti per tanti anni.

In quegli anni, Antonia ha viaggiato in qualità di export manager e ha comprato decine di borse senza che mai nessuna soddisfacesse completamente le sue esigenze, ritrovandosi costretta a portare con sé una borsa da lavoro più una personale. Nel frattempo si confrontava con tante amiche tutte ugualmente sorprese dalla stessa mancanza, dal fatto che non esistesse una borsa da lavoro funzionale quanto piacevole e pensata per donne multitasking.

Gunilla è un’esteta e una perfezionista, ha studiato Belle Arti e ha una specializzazione come make-up artist: è ossessionata dalla cura per i dettagli, è perennemente alla ricerca di abiti e accessori di manifattura pregiata, ama i cappelli, i turbanti, i ventagli e gli occhiali. Mi ritrovo in queste sue passioni così come mi ritrovo nella sua insofferenza verso «le mode passeggere e le sbornie modaiole di corto respiro». Leggi tutto

Hope vs COVID-19: Benedetta Bruzziches supporta l’Ospedale Belcolle di Viterbo

Da anni, ogni volta in cui ho il piacere di andare a una delle sue presentazioni, resto affascinata dal lavoro di Benedetta Bruzziches. E ammirata.

Benedetta Bruzziches è un’azienda che produce e vende borse speciali e preziose, ma è anche la capitana di un team di artigiani che, consapevoli del valore potente del Made in Italy, si sono imbarcati nella folle avventura di riscoprire le artigianalità in via d’estinzione attraverso l’accessorio che è il grande amore di noi donne, ovvero la borsa.

La filosofia Bruzziches è nata nel 2009 a Caprarola, in provincia di Viterbo e nel cuore del Lazio, grazie ai fratelli Agostino e Benedetta: oggi il marchio è distribuito da oltre 70 boutique di lusso sparse per il mondo.

Le lavorazioni vengono sviluppate a Caprarola nella casa familiare di campagna dove le borse nascono in un rilassato clima d’amicizia e possono… respirare l’aria buona (vi prego, permettetemi di scherzare un po’…).

Ora, in questo momento che sarebbe un eufemismo definire particolare, Benedetta Bruzziches ha deciso di supportare la lotta contro il virus COVID-19: fino al termine della quarantena, il 100% (ripeto, il 100%) del ricavato dalle vendite realizzate attraverso l’e-commerce del brand sarà devoluto al potenziamento della terapia intensiva dell’Ospedale Belcolle di Viterbo.

«Stare a casa è la cosa migliore che possiamo fare e non è la sola. La nostra goccia si aggiunge all’oceano di generosità che in questo momento sta inondando il mondo.»

Così racconta Benedetta stessa che dà rassicurazioni anche circa la modalità con la quale verrà attuato tutto l’iter.

«Saremo chiusi in questo periodo ed effettuerò io stessa le spedizioni, così che nessuno dei miei collaboratori debba spostarsi per farlo. Insomma, per chi desidera una mia borsa magari da tempo, questa è una buona occasione per un’ottima ragione

Qual è il vostro desiderio? Per quale creazione di Benedetta batte il vostro cuore?

Per Venus, la clutch realizzata in una scintillante maglia di cristalli (la foto qui in alto)? Per Ariel, la borsa in plexiglas riciclabile al 100% e che richiede una gestazione di 33 ore per vedere la luce? Per BB, la crossbody con il manico annodato, realizzata in pelle di vitello con interni in Alcantara?

O magari il vostro cuore (come il mio…) batte per Carmen, la borsa in pelle di nappa morbidissima, artigianalmente lavorata capitonné? Carmen è bella fuori e dentro – e mi riferisco non solo all’interno in Alcantara, ma proprio al suo cuore, ovvero all’idea che è alla base.

«Carmen è stata creata in un momento delicato della mia vita quando, dopo una delusione d’amore, volevo realizzare una borsa che fosse in grado di consolare.»

Questa è Benedetta Bruzziches, questa è la filosofia Bruzziches.

Le sue non sono solo semplici borse: come piace dire a lei, sono piuttosto «contenitori di storie» e allora sono felice di parlarne proprio ora.

E con autentico entusiasmo vi lascio il link dello shop online.

Manu

Hope vs COVID-19: Simona Corsellini per Fondazione Policlinico Sant’Orsola

Poco tempo fa, qui nel blog, ho raccontato di Simona Corsellini e della sua collezione autunno / inverno 2020 – 21 presentata a Milano il 24 gennaio alla Palazzina Appiani, splendido edificio di napoleonica memoria.

Quel giorno (freddissimo!) mi sono innamorata di Simona e del suo lavoro.

Stilista e imprenditrice, nata a Bologna nel 1979, della sua splendida regione, l’Emilia-Romagna, Simona Corsellini sa trasmettere le caratteristiche migliori: l’ottimismo, l’entusiasmo, l’energia, l’operosità, la creatività, la capacità comunicativa.

È cresciuta in una famiglia da sempre presente e attiva nel settore della moda, una vera palestra in cui ha iniziato a muovere i primi passi fino alla creazione della linea che ha deciso di firmare con il suo nome.

«Il mio ruolo è quello di guidare lo sviluppo del brand perché voglio stare in prima persona vicino alle mie donne»: così dichiara Simona conquistandomi definitivamente poiché ‘vicinanza’ è – oggi più che mai – una parola dal significato sfaccettato, complesso, ricco e intenso…

Ho affermato che Simona ben incarna le belle qualità della sua terra: oltre, per esempio, alla creatività rappresentata dai capi che ho visto sfilare quel 24 gennaio, la brava stilista mi ha dato prova anche della sua capacità comunicativa, per esempio accettando immediatamente di rispondere a qualche mia ulteriore curiosità (se vi va, trovate il nostro scambio qui).

Identità precisa, grande carattere, forti radici territoriali e familiari, capacità di metterci la faccia, maniacale attaccamento alla qualità, appassionata difesa del Made in Italy: ci sono tutti gli elementi perché io ami Simona decidendo di portare il suo marchio tra queste mie pagine virtuali.

E, oggi, si aggiunge un altro elemento importante perché io apprezzi il cammino della stilista: la capacità di vivere i tempi con piena consapevolezza e coscienza, dimostrando di essere parte di una comunità.

Nel difficile periodo che ci troviamo ad affrontare, la capacità di unirsi ed essere solidali è la nostra più grande forza: in questa ottica, Simona Corsellini sceglie di dare appoggio alla raccolta fondi attivata dalla Fondazione Policlinico Sant’Orsola a sostegno degli ospedali di Bologna e degli operatori sanitari che ogni giorno sono in prima linea nell’emergenza COVID-19.

Già a partire da lunedì 23 marzo, ogni acquisto effettuato sul sito viene in parte devoluto all’ente non profit nato per supportare l’ospedale che è punto di riferimento nazionale e internazionale, polo di eccellenza in una città, Bologna, che è anche quella della designer; e se volete sapere di più del progetto ‘più forti INSIEME’ di Fondazione Policlinico Sant’Orsola, cliccate qui.

Sostengo da sempre e con convinzione l’idea che la bellezza – intesa in senso ampio – possa salvare noi uomini: in questo caso, l’idea diventa estremamente concreta e tangibile.

Manu

 

Hope vs COVID-19: Yosono lancia la limited edition Fuckovid-19

Quando lo scorso 21 febbraio, durante la Milano Fashion Week, sono andata alla presentazione della collezione autunno – inverno 2020/21 di Yosono, non potevo certo immaginare quanto sarebbe cambiata la situazione di tutti noi da lì a breve.

Conosco Silvia Scaramucci dal 2016 e nutro grande stima per questa giovane donna, tenace e piena di talento, direttore creativo dapprima di Demanumea Unique Artbags e poi di Yosono: oggi, però, non vi parlerò della collezione FW 2020/21 che ho visto quel 21 febbraio bensì di un altro progetto che Silvia ha messo in piedi confermando (caso mai ce ne fosse bisogno) l’opinione positiva che ho di lei.

Dovete sapere che la collezione che Yosono ha lanciato per questa primavera si chiama Dreamers ovvero Sognatori (chissà, una sorta di premonizione): il sogno di Silvia e di tutto il suo staff è oggi quello di riuscire ad aiutare medici, infermieri e volontari che operano nelle strutture sanitarie e che, senza sosta, affiancano chi in questo momento sta affrontando la dura battaglia contro il COVID-19.

Yosono dà il proprio contributo concreto attraverso la creazione di una special edition: si chiama Fuckovid-19 e il ricavato sarà totalmente devoluto a favore del reparto di terapia intensiva dell’Ospedale C. e G. Mazzoni di Ascoli Piceno, città natale del brand.

La vendita è in corso da lunedì 23 marzo: tutte le persone che desiderano unirsi alla Yosono Dreamers Gang possono pre-ordinare online qui una delle borse Fuckovid-19 create ad hoc.

La consegna è garantita in 6 settimane; inoltre, per ringraziare i propri clienti del supporto offerto al progetto, Yosono offre uno sconto del 20% da spendere in stagione in occasione del prossimo acquisto.

La borsa è in pelle di vitello con coste tinte a mano e ricamo in micropaillette e, come tutte le creazioni del brand, è rigorosamente Made in Italy.

Se state pensando a modi in cui dare una mano a fronte dell’emergenza creata dalla pandemia; se volete dare supporto alle piccole aziende di casa nostra mantenendo vivo il loro lavoro anche se non con un guadagno diretto per loro, come in questo caso; se credete nel valore della solidarietà, credo di non dover aggiungere altro se non che la limited edition consiste in soli 100 pezzi.

Assicuratevi una di queste borse e regalatevi una soddisfazione morale, facendo qualcosa di bello per la comunità, e anche una soddisfazione personale, gratificandovi con un oggetto ben fatto.

Manu

 

Lisa C, il brand decisamente glittering di Anna Lisa Caruso

Dal sito Lisa C

Sapete qual è la soddisfazione più grande per chi, come me, si occupa di comunicazione in ambito moda?
Osservare il percorso di un brand nel quale si crede, nel quale si è vista la scintilla del talento, soprattutto se quel percorso porta a una diffusione e a un successo sempre maggiori: è ciò che è successo con Lisa C, il brand fondato da Anna Lisa Caruso.

Mi ero imbattuta nelle sue borse e nei suoi bijou per la prima volta nel 2014, innamorandomene e scrivendone più volte per uno dei magazine con i quali collaboravo in quel periodo; ora, a distanza di cinque anni, ho ritrovato Anna e le sue creazioni in occasione di un recente press day e il bello è che ho immediatamente riconosciuto il marchio perché, nonostante sia cresciuto in questi anni, Lisa C ha sempre avuto una caratteristica importante, ovvero la riconoscibilità.

Basta prendere in mano un suo pezzo per notare la cura con cui è realizzato e che diventa riconoscibile esattamente quanto una firma o un logo che vengano posizionati in bella mostra.

Classe 1969, Anna nasce in una famiglia partenopea che ha progettato e prodotto abbigliamento, borse e accessori fin dagli Anni Settanta.
Dopo aver studiato lingue sebbene in segreto desiderasse frequentare l’Accademia di Belle Arti, nel 1993 Anna inizia a lavorare occasionalmente nell’azienda di famiglia: emerge così il suo talento artistico che la porta a diventare il direttore creativo, dapprima come figura di riferimento nelle consulenze ai clienti e poi come designer di proprie collezioni.
La nascita di un marchio a suo nome è dunque un processo naturale e spontaneo che la porta, nel 2013, a fondare il marchio Lisa C, trasformandosi così definitivamente da giovane imprenditrice in designer.

Anna continua oggi a vivere e a lavorare a Napoli, luogo in cui avviene anche buona parte della produzione: innamorata da sempre di arte, letteratura e cinema, ama viaggiare e ama le grandi metropoli con il loro caos creativo fatto di luci e colori.
Simbolo di questo suo amore è soprattutto Los Angeles, la città che predilige e che spesso è fonte di ispirazione per le sue fantasiose creazioni.

Ah, a proposito di quel percorso di cui accennavo in principio…
Oltre a riconoscere subito tutti i suoi tratti distintivi, ho appreso con piacere che le sue collezioni sono ora vendute non solo in Italia ma in tutta Europa e anche in Asia, soprattutto in Giappone.
Vengono presentate nelle fiere internazionali più prestigiose e poi ospitate e commercializzate nei concept store più celebri.

Tutte le creazioni Lisa C sono fatte a mano e i componenti vengono saldati manualmente.
Le collezioni (con cristalli Swarovski, pietre in resina, ottone) si sviluppano spesso attorno a temi legati al mondo animale, vegetale e floreale, presenti fin dal principio e amati da Anna per la loro delicatezza intrinseca.
Le collezioni più recenti attingono anche alla sua amata e già citata Los Angeles nonché a quella macchina dei sogni che è Hollywood, con ulteriori spunti presi dal mondo del circo e dall’arte del burlesque.
Oltre a spille, orecchini, bracciali e collane, Lisa C presenta fasce, cerchietti e barrette per capelli nonché borse con righe, pois e fiori abbellite da pin con cristalli che rappresentano unicorni, elefanti, leopardi, creature marine, cigni, pappagalli, fenicotteri, rondini, palme, cactus, fiori, stelle e cuori…
Il risultato è che il bestiario di Anna – fantasioso, coloratissimo, esotico, a volte immaginario – crea una continua connessione e un efficace dialogo tra natura e dimensione cittadina. Leggi tutto

Le Gocce di Gioia – di nome e di fatto – di Irene, gioielli per il cuore

Quando sento parlare del web come quintessenza dei mali del mondo, francamente resto un po’ perplessa.
Ripeto sempre un concetto agli studenti di Accademia del Lusso ai quali tengo corsi di editoria e comunicazione della moda con focus specifico sulla loro evoluzione via web: il web è solo un mezzo, è solo uno strumento.
Non ha un’anima in quanto non è un essere vivente, pertanto non è di suo buono o cattivo, intelligente o stupido, onesto o disonesto, ingenuo o furbo.
Siamo noi a conferirgli un’anima a seconda dell’uso che ne facciamo, a seconda di ciò che da lui ci aspettiamo: per esempio, in qualità di nativa analogica e immigrata digitale (ovvero persona nata e cresciuta prima dell’avvento delle tecnologie), io ho dovuto conquistare il mio spazio poco a poco e mi aspettavo che, da curiosa di natura quale sono sempre stata, il web contribuisse ad annullare quelle barriere di qualsiasi tipo che ho sempre detestato e che mi facevano sentire limitata.
E questo ho avuto: ho ritrovato persone, ne ho conosciute altre che molto probabilmente non avrei potuto incontrare in altro modo, ho imparato tantissime cose, ho avuto accesso a molte informazioni e conoscenze.
Se dovessi dunque mettere sui due piatti di una bilancia positività e negatività avute dal web, il primo piatto sarebbe molto, molto, molto più pesante del secondo. Godrebbe di una superiorità schiacciante.

Nel piatto della positività, trovano decisamente posto i designer, i creativi, gli stilisti, gli artigiani e gli artisti che ho conosciuto proprio grazie al web: in questo folto gruppo, figura una giovane donna che si chiama Irene e che è la fondatrice di Gocce di Gioia, un progetto che mi ha trasmesso belle vibrazioni dal primo istante.

Quando ho intercettato Irene attraverso Instagram, non è servito molto tempo perché rimanessi affascinata dal suo lavoro: crea gioielli – anelli, collane, pendenti, spille – ricavati da francobolli rari o antichi, da frammenti di porcellane tra le quali quelle cinesi e danesi, da elementi naturali forniti dalla sua bella regione, la Toscana.

Poi, Irene ha pubblicato le foto di alcuni pendenti ricavati da un vecchio mazzo di carte da gioco: «quando le ho trovate – ha scritto – avevano un leggero odore di tabacco e mi hanno fatto pensare a serate fra amici di una vita».
Ho confessato tante volte che, nell’ambito dei monili, amo in modo particolare quelli vintage e quelli che vengono definiti gioielli contemporanei (ovvero quei gioielli che non sono più espressione di status symbol come un tempo e che non mettono necessariamente al centro la preziosità economica bensì il valore dell’idea e del progetto, diventando quasi oggetti d’arte): non è un caso se gioiello vintage e gioiello contemporaneo sono legati dal fatto di valorizzare ciò che a me più interessa, ovvero proprio il valore morale, il significato, il fatto di rappresentare un ricordo o un’idea o un concetto.
Alla luce di tutto ciò, mi sono immediatamente innamorata delle parole di Irene e dell’immagine che con esse ha saputo evocare, poi mi sono innamorata del risultato da lei ottenuto con quelle carte: così, il pendente con la donna di picche è ora parte della mia collezione (lo potete vedere qui indossato qui e qui).
Non poteva restare tutto solo e dunque, ben presto, ha avuto la compagnia di un anello anch’esso con il seme di picche (qui indosso la coppia). Leggi tutto

I bracciali Keep Out tra solidarietà e la nuova collezione Shot

La collezione SHOT di Keep Out

Considerare i post (scritti per il blog) e gli articoli (scritti per i vari magazine con i quali lavoro oppure ho lavorato) un po’ come dei ‘figli’: ebbene sì, ammetto di averlo fatto in varie occasioni, ma non perché io sia impazzita.
Conosco bene la differenza e quando ho accennato a un vago paragone desideravo semplicemente sottolineare quanto uno scritto possa essere ‘figlio’ della nostra creatività e quanto possa rappresentarci profondamente per l’argomento o per il lavoro e l’impegno che ha comportato.
In ogni post o articolo metto una parte di me, cuore e passione, così come tutto ciò che conosco e che cerco di far crescere studiando incessantemente.
Possiamo esprimere creatività in tanti modi e io cerco di esprimerla proprio così, raccontando pezzi del nostro passato (come nei post che narrano piccoli frammenti di storia della moda e del costume) oppure raccontando storie di creatività altrui perché il talento è il mio più grande amore ed è un argomento che mi sta molto a cuore.
Amo raccontare il talento di stilisti che sanno creare abiti e accessori, ma anche il talento di vari artisti (orafi, pittori, veri scrittori) e poi amo narrare le storie degli imprenditori che, partendo da idee geniali, riescono a mettere in piedi realtà che danno lavoro ad altre persone.

A glittering woman, questo mio blog, è pieno di storie di talento ed è come se ogni stilista, artista, imprenditore mi affidasse un pezzo del suo lavoro e della sua passione: mi piace prendermene cura e dimostrarmi all’altezza della fiducia che ripongono in me raccontandosi e spesso accogliendomi in casa loro, aprendo le porte delle loro attività e ospitandomi nel luogo più sacro che hanno.
Segno di questa mia cura nei loro confronti è fare ciò che si farebbe proprio con un figlio: seguire la loro crescita, il loro sviluppo, la loro evoluzione, le loro successive realizzazioni.
Quando è possibile, mi piace infatti continuare a seguire una persona o un brand ed è per me una grande gioia tornare a parlare di un progetto dopo anni: è un po’ come vedere un figlio che va all’università o firma il suo primo contratto o vince un premio in qualsiasi campo.

È per questo che oggi sono felice di tornare a parlare di Keep Out, un marchio che ho molto amato: torno a parlarne dopo quattro anni per raccontare due novità che mi piacciono tanto, ovvero una nuova collezione che si chiama SHOT e una bella iniziativa di solidarietà sociale.

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Dunia Algeri beachwear, il crochet ci fa belle (senza bisogno di prove)

La vita è strana, passano anni senza che io parli di beachwear e poi mi capita di imbattermi in ben due nomi interessanti nel giro di poco tempo: deve essere l’anno dei costumi da bagno…

Ho scritto ‘nomi interessanti’: lo sono dal punto di vista della mia passione per talento e qualità, in quanto i brand in questione hanno trovato la loro strada proponendo due diverse soluzioni, ognuna originale e personale a proprio modo.

Se da una parte ho raccontato la storia di un brand che è riconoscibile grazie a bellissime grafiche di propria progettazione e realizzazione, oggi torno a parlare di un brand che è diventato riconoscibile grazie alla propria interpretazione di una lavorazione artigianale di grandissima tradizione: mi riferisco alla maglieria (che diventa in questo caso uncinetto) e mi riferisco a Dunia Algeri.

Dunia realizza splendidi maglioni con un filato molto particolare che si chiama baby alpaca: l’alpaca (Vicugna pacos) è un simpatico mammifero della famiglia dei camelidi, addomesticato e allevato per utilizzarne la lana; insieme al lama, è una delle due specie domestiche di camelidi diffusa in Sudamerica.

La baby alpaca è la lana del dorso dell’animale, ovvero la parte più pregiata (poiché non tocca mai terra e dunque non si contamina con sporcizia e impurità) e l’appellativo baby si riferisce alla sua finezza, visto che la fibra è eccezionalmente sottile: specifico che la tosatura non arreca alcun danno all’animale in quanto viene fatta rigorosamente a mano, nel periodo primaverile, in modo che il vello ricresca in tempo per l’inverno.

Ho raccontato come e perché Dunia abbia pensato alla baby alpaca (nonché in cosa si concretizzi il suo lavoro) in un post che potete leggere qui: oggi vi racconto invece a cosa ha pensato per la stagione estiva. Leggi tutto

Lazycrab, storia del marchio di Chiara e Angela e perché l’ho scelto

Oggi desidero raccontarvi una bella storia, tutta italiana e tutta al femminile.

Le protagoniste si chiamano Chiara e Angela.
Chiara si occupa di produzioni audiovisive e fotografiche per una istituzione importante, mentre Angela è una libera professionista: è designer grafica e si occupa di loghi, brochure, pubblicità oltre a insegnare in un corso di interior design al Politecnico di Milano.
A legarle è una bellissima amicizia ventennale, ad accomunarle – tra le altre cose – è una fertile creatività: negli anni hanno portato avanti diversi progetti e idee fino a quando, alla fine nel 2016, è scattato in loro l’amore per il beachwear nonché la voglia di darne una personale interpretazione attraverso un loro brand.

È nato così Lazycrab, «senza troppi ragionamenti ma da semplici chiacchiere e risate», come mi hanno raccontato: nel nome si nasconde un simpatico granchietto, crab in inglese, che è stato anche il protagonista della prima capsule collection lanciata nell’estate 2017.

Il logo del marchio è formato dal lettering Lazycrab inserito in un cerchio che vuole avere la forma di un sassolino: parallelamente, il granchio si è trasformato in una stampa all-over fatta da una miriade di sassolini sui quali sono adagiati altrettanti piccoli crostacei, come potete vedere qui sotto. Leggi tutto

Huawei Fashion Flair with Annakiki, intelligenza artificiale e moda

Anna Yang (fondatrice di Annakiki) e Isabella Lazzini (Retail Director di Huawei Italia) insieme per Fashion Flair

Tra i diversi profili che sono stati elaborati allo scopo di fotografare le generazioni che abitano attualmente il nostro pianeta (Maturists, Baby Boomers, Generation X, Generation Y oppure Millennials, Generation Z), io mi colloco esattamente a metà, ovvero nella cosiddetta Generazione X, quella di coloro che sono nati tra il 1965 e il 1980.

Influenzati da fenomeni sociali, culturali, politici ed economici che vanno dal crollo del Muro di Berlino (1989) passando per Andy Warhol e la Pop Art fino ad arrivare al consumismo, è (siamo…) la generazione dei cartoni animati, delle sale giochi e delle televisioni commerciali, dei primi videogame, dei primi computer, dei primi oggetti tecnologici portatili come il walkman.

Tra gli appartenenti alla Generazione X ci sono coloro che hanno creato Google nel 1998 (Sergej Brin e Larry Page, entrambi classe 1973) e che hanno spianato la strada ai loro successori, i Nativi Digitali, ovvero i Millennials e la Generazione Z.

Varie analisi dicono che noi della Generazione X siamo fruitori abbastanza consapevoli: andiamo alla ricerca di informazioni un po’ su tutto e scegliamo quali prodotti acquistare dopo aver consultato recensioni e opinioni di chi ne è già un consumatore.

Devo dire che mi riconosco abbastanza in questo ritratto con qualche eccezione: per esempio, contrariamente a tante persone della mia stessa generazione che continuano a prediligere Facebook, io preferisco invece Instagram come i Nativi Digitali e nonostante il mio lavoro sia fondato fortemente sulla comunicazione verbale.

Il punto fondamentale è che sono istintivamente curiosa e dunque sono affascinata da tutto ciò che profuma di futuro e progresso: sebbene io sia una immigrata digitale e non una nativa (secondo la definizione coniata nel 2001 da Mark Prensky, scrittore e consulente statunitense), sebbene io sia cresciuta prima delle tecnologie digitali e le abbia adottate solo in un secondo tempo, ho una visione e un approccio che sono più vicini a quelli delle generazioni successive.

Oltre alla curiosità da sempre insita in me, credo che il mio atteggiamento dipenda anche dal fatto che tra le attività lavorative di cui mi occupo figura anche l’insegnamento: confrontarmi con gli studenti, ragazzi che appartengono alle ultime generazioni, mi mantiene mentalmente elastica e perennemente al passo dei tempi. Spero di dar loro qualcosa e allo stesso tempo mi piace ricevere da loro, in modo diverso ma complementare.

Qui nel blog esistono tante tracce del mio amore per il futuro e per le tecnologie anche applicate a moda e costume: ho parlato per esempio in un post di Bradley Quinn, grande visionario della moda che ho avuto il piacere di incontrare nel 2013, oppure ho parlato in un altro post di wearable technology, la tecnologia indossabile, attraverso l’abito creato nel 2016 da Zac Posen per Claire Danes al Met Gala.

Oggi mi spingo oltre parlandovi di Fashion Flair, la prima collezione di moda co-creata dalla artificial intelligence (intelligenza artificiale) di Huawei P30 e Huawei P30 Pro e dall’estro di Anna Yang, Creative Director del brand Annakiki.

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