Metti una serata spumeggiante ad Arezzo da Rossella C con Sere Ku

Sono appena rientrata da Arezzo, bella città che mi piace per le sue tante sfaccettature.

Arezzo è stata patria di artisti e poeti tra cui Francesco Petrarca e Giorgio Vasari. È famosa per gli affreschi di Piero della Francesca all’interno della cappella della Basilica di San Francesco e per il crocifisso di Cimabue all’interno della chiesa di San Domenico. È nota anche per la Giostra del Saracino, torneo equestre che si tiene ogni anno in giugno e in settembre.

Arezzo è conosciuta anche come città dell’oro. Avevo raccontato qui la visita fatta nel 2015 al museo d’impresa di UnoAErre, importante azienda orafa fondata nel lontano 1926 proprio nella città toscana.

Questa volta sono tornata ad Arezzo per un evento che ha unito Sere Ku, brand di bijou fondato da Serena Ciliberti, e il concept store Rossella C.

Di Sere Ku e di Serena ho parlato tante volte. Ne ho parlato in questo sito qui e qui. Ne ho parlato e ne parlo attraverso i miei canali social anche indossando i suoi pezzi. Ci conosciamo da febbraio 2013 e, in oltre dieci anni, ho visto la sua fantasia crescere esponenzialmente senza esaurirsi mai. Il suo motto è «differenziare per differenziarsi» e questa filosofia la porta a sperimentare senza sosta, dando vita a gioielli e accessori decisamente fuori dall’ordinario. Anzi stra-ordinari. Leggi tutto

Tanti auguri, Manu… ovvero tanti auguri (con riflessione) a me!

Ve lo confesso subito: in realtà, questo post non avrebbe dovuto vedere la luce.
Mi riferisco al post con il quale, una sola volta all’anno, ‘celebro’ me stessa anziché celebrare gli altri e il loro talento, il post che mi concedo in occasione del mio compleanno fin dal 2013, ovvero da quando esiste questo spazio web.
Cosa è successo per farmi affermare ciò?
È successo che, circa dieci giorni fa, ho realizzato di dover fare una rinuncia per me pesante, ovvero un viaggio tanto ambito che mi avrebbe riportato in una città che amo molto e dalla quale manco da troppi anni (circa 17…); tale rinuncia è causata dalla situazione sempre incerta del mio lavoro da libera professionista.
E così ho detto a mio marito Enrico che ero immensamente amareggiata, delusa e arrabbiata con me stessa (l’ho ben specificato) e che pertanto, quest’anno, non avrei nemmeno pubblicato il solito post del compleanno; ho inoltre aggiunto di non aver voglia di festeggiare proprio in nessun modo in quanto sentivo di non avere nulla da festeggiare – e questa ultima parte non l’ho detta a voce alta, ma fra me e me.
Per fortuna, oltre a specificare che la delusione non era imputabile a terzi (incluso lui) e oltre a tacere circa il ‘nulla da festeggiare’ (sebbene lo stia confessando ora…), è bastato che passasse un solo giorno per rendermi conto di quanto ingiusta e ingrata fossi stata in quel frangente, non tanto verso Enrico o verso terzi, appunto, ma quanto verso me stessa e più ancora verso la vita e verso ciò che la vita mi ha sempre riservato.

A cosa mi riferisco?
Mi riferisco al fatto di avere un cervello funzionante (quasi sempre, almeno…) e di avere un corpo e una salute che sempre mi hanno permesso di essere libera e di fare tutto ciò che testa e cuore hanno dettato e voluto; al fatto di avere dei genitori e una sorella che mi hanno sempre amata, rispettata e accompagnata in ogni singola decisione che ho preso nella mia vita; al fatto di avere un marito, Enrico, che non solo è il mio grande amore, ma che MAI mi ha fatto mancare il suo sostegno e il suo appoggio incondizionati, rivelandosi il compagno di vita che io stessa non avrei saputo immaginare migliore; al fatto di aver potuto contare non solo sulla famiglia, ma anche su amici che mi hanno affiancata e hanno reso più bello il mio percorso.
Mi riferisco al fatto di aver sempre avuto un tetto sulla testa e la pancia piena e al fatto di avere avuto l’opportunità di studiare; al fatto di aver potuto viaggiare e permettermi non solo il necessario ma anche il superfluo, per quanto quel tipo di ‘superfluo’ che non reputo essere superficiale bensì il sale della vita.
Mi riferisco al fatto di aver sempre avuto un lavoro, da quando avevo 18 anni, e di poter dire orgogliosamente di aver da allora sempre provveduto a me stessa, scegliendo anno dopo anno il lavoro da fare e non subendolo, e al fatto – collegato – di aver deciso nel 2012 di diventare una lavoratrice autonoma, con coraggio ma anche forte di tutta l’esperienza professionale fino a quel momento maturata.
Dunque, nonostante io abbia SEMPRE pagato in prima persona le conseguenze di tutte le mie scelte nonché tutto ciò che ho avuto guadagnandomi ogni singola cosa (e di questa sono molto orgogliosa) e nonostante le difficoltà reali e oggettive che la scelta di diventare libera professionista hanno comportato, io resto sempre una persona che DEVE comunque ammettere di trovarsi nella parte PRIVILEGIATA dell’umanità, ovvero quella che ha opportunità, possibilità, libertà, scelta; e lo sono anche se a volte ‘mi tocca’ rinunciare a un viaggio oppure a un oggetto (l’ennesimo, in fondo…).
E tutto ciò… io ho osato definirlo ‘nulla da festeggiare’?! Povera sciocca Manu! Leggi tutto

Ultra Violet, dice Pantone per il 2018: ecco la mia wishlist in 6 punti

Si chiama Ultra Violet e corrisponde al codice 18-3838: è il colore che il Pantone Color Institute ha scelto per il 2018 e che influenzerà ambiti tra i quali figurano moda e design.

Il mio articolo più recente per ADL Mag inizia con queste parole e così, ancora una volta, torno a parlare di un argomento che mi affascina molto: il colore con il suo ricco potenziale comunicativo e la sua articolata psicologia.

Lo scorso febbraio, direttamente qui nel blog, avevo raccontato come Pantone avesse scelto il Greenery per rappresentare il 2017, una sfumatura di verde a forte componente di giallo: quel colore mi piaceva parecchio ma, se posso esprimere la mia opinione, dichiaro la mia netta e decisa preferenza per il neo eletto Ultra Violet.

Sarà che il viola è sempre stato uno dei miei colori preferiti e che non sono minimamente superstiziosa, così come ho raccontato quando Hillary Clinton scelse un tailleur di tale tinta in un’occasione decisamente importante, episodio che riprendo anche nel pezzo per ADL Mag così come torno a raccontare il motivo per il quale il viola viene considerato un colore di cattivo auspicio.

Oppure sarà che la sfumatura scelta da Pantone è esattamente quella che preferisco io, ovvero un viola particolarmente intenso grazie alla forte predominanza di blu. Leggi tutto

Se stavolta il mio compleanno porta con sé una maggiore consapevolezza

E siamo a quota cinque.

Di cosa parlo?

Con oggi, 26 novembre 2017, sono cinque i miei compleanni festeggiati qui, attraverso A glittering woman, lo spazio web al quale tengo molto e che curo con grande passione, come se fosse una tenera piantina da proteggere e fare crescere giorno dopo giorno.

Quindi, per prima cosa… me lo permettete? Ma sì, dai, tanti auguri a me 🙂 🙂 🙂

Di solito, A glittering woman non vede me come protagonista diretta o esclusiva.

Durante tutto l’anno, i protagonisti sono i talenti che sostengo, in ambito moda o negli altri ambiti che suscitano il mio interesse e solleticano la mia curiosità: fa eccezione solo il 26 novembre, giorno in cui il post che pubblico è dedicato a me stessa.

È diventata una piccola tradizione, l’unica occasione in cui mi metto al centro: cosa ne dite, una botta di egocentrismo all’anno può essere accettabile?

Questi post sono un modo per raccontare qualcosa di me e della fase che sto vivendo: il tutto è accompagnato dalle foto di alcune delle esperienze che ho vissuto nel corso dell’anno. Leggi tutto

Un anello anzi mille: perché amo tanto gli anelli / seconda parte

Era il 22 dicembre 2016, quasi un anno fa, quando ho pubblicato un post dedicato a una parte della mia enorme collezione di anelli.

L’anello è un monile che mi affascina a tal punto che, per esempio, ho scritto un articolo per SoMagazine raccontando alcune delle tante declinazioni possibili perché, tra tutti gli oggetti che hanno funzione ornamentale, gli anelli sono forse i più ricchi di significati, sia quelli che scegliamo per noi sia quelli che regaliamo.

Ma né un anno fa nel mio primo post fa né tanto meno oggi ho alcuna intenzione di fare un trattato serio attorno agli anelli (non che quel mio articolo per SoMagazine avesse la pretesa di essere ciò, era solo un piccolo excursus tra storia e curiosità che, tra l’altro, un giorno mi piacerebbe riprendere, approfondire e sviluppare).
Comunque, oggi desidero piuttosto parlarvi del mio rapporto emozionale con gli anelli e ancor di più condividere semplicemente ulteriori foto.

I gioielli in generale e gli anelli in particolare sono pezzi di noi, della nostra vita, del nostro cuore, di momenti speciali e significativi, di chi ce li ha donati e, in alcuni casi, di chi li ha fatti per noi, così come mi capita con alcuni dei designer dei quali ho avuto la fortuna e l’onore di scrivere.

Un anello, per esempio, è spesso veicolo di ricordi e di legami. Leggi tutto

Le mie scelte in pillole: Serena Ciliberti e il coraggio della fantasia

Mesi fa, in occasione del quarto compleanno di A glittering woman, ho scritto che i creativi, i designer, gli stilisti, gli artisti dei quali mi occupo e dei quali racconto qui nel blog nonché attraverso i miei canali social, soprattutto attraverso Instagram, sono diventati membri di una famiglia che ho scelto e alla quale tengo molto.

Una famiglia che costruisco giorno dopo giorno, fatta di persone in gamba, volenterose, volitive, estrose, talentuose, capaci, coraggiose.
Persone delle quali sono orgogliosa, come se fossero davvero sangue del mio sangue, anche perché il talento e la passione che esso genera sono in realtà legami forti, capaci di unire le persone oltre le parentele di DNA o di legge.

Nutro immensa stima e ammirazione per chi come loro ha il coraggio della fantasia.
Perché se avere fantasia e creatività è spesso un dono innato, decidere di assecondare tali doti e di non imbrigliarle, decidere di non omologarsi è un’altra cosa: è una scelta. Precisa e molto, molto coraggiosa.
Ammiro le persone che non hanno paura di impegnarsi, di lavorare sodo, di inventare, di sperimentare, di rompere i confini imposti dall’omologazione e dalla banalità.

Ecco perché scelgo e sceglierò sempre le creazioni di Serena Ciliberti alias Sere Ku.

Ecco perché la sostengo e la sosterrò sempre e perché, dopo averle dedicato un primo post nel 2014, oggi torno a dedicarle una delle mie scelte in pillole.
Perché c’è bisogno di ironia e di auto-ironia e perché un po’ di sano divertimento non ha mai ucciso nessuno.
Anzi, al contrario, in verità ironia e divertimento allungano l’esistenza – proprio come una pillola salvavita.

Sapete cosa mi fa davvero impazzire di Serena Ciliberti? La capacità di guardare un oggetto e di vedere ben oltre il suo utilizzo normale, quotidiano e più scontato.
Con lei, qualsiasi cosa può diventare un gioiello, un ornamento per il corpo; e se quel certo oggetto – non so, per esempio una sedia – non ha le dimensioni idonee per diventare gioiello, potete giurare sul fatto che lei lo studierà e riuscirà a prepararne una versione miniaturizzata, naturalmente con proporzioni perfette.
Non solo: nel caso in cui si parli di oggetti funzionanti (cito lettori di musica digitale, matite giapponesi minuscole, biro, rossetti), Serena salvaguarda la loro funzione, ovvero inserisce l’oggetto all’interno del gioiello e lo rende anche utilizzabile.
Dunque con il lettore si può davvero ascoltare musica, con le biro si può scrivere e le matite possono essere temperate – e usate.

Quello tra me e Serena Ciliberti è un rapporto fatto di stima reciproca (mi permetto di affermarlo e ne sono orgogliosa), un rapporto nato a inizio 2013 e che si rinnova e cresce anno dopo anno.

Ho un’ampia collezione dei suoi pezzi e potete averne prova guardando proprio il mio profilo Instagram citato in principio.
Indosso spesso le sue creazioni e possiedo uno dei suoi anelli con le matitine giapponesi, una paure collana e anello con uova in padella (qui e qui la indosso), diversi gioielli con le scarpine di Barbie (qui, qui, qui e qui in indossato), collane con strumenti musicali in miniatura (qui e qui e che indosso qui, qui e qui), una collana con volti in porcellana (che indosso qui e qui), orecchini con mini seggioline (li vedete anche nella foto qui sopra) oppure una collana con mini divani (e qui e qui la indosso), una collana con miniature di profumi (un pezzo unico, prodotto in pochissimi esemplari tutti diversi tra loro) e un’altra con i rossetti (che indosso qui e qui), un anello e degli orecchini con miniature dei vecchi telefoni con cornetta (qui e qui), una collana con ditali da cucito

Potrei continuare ancora a lungo, perché nei miei cassetti ho tanti altri pezzi, per esempio un paio di collane fatte con cucchiaini oppure un anello fatto con il metro da sarta.

A questo punto, se anche voi volete trarre beneficio dalla sana ironia di Serena Ciliberti, vi lascio i suoi dettagli: qui trovate il suo sito (che include lo shop online), qui la sua pagina Facebook e qui l’account Instagram.

E a me non resta che darvi appuntamento alla mia prossima scelta in pillola 🙂

Manu

 

 

Il rosso? Lo amo e lo porto perché supera le mode e dà energia!

Quando mi chiedono quale sia il mio colore preferito sono sempre un po’ in imbarazzo.

Perché? Perché la risposta è piuttosto articolata.

Prima cosa, vado a estro (o follia…) del momento: succede che, per intere settimane, io non riesca a liberarmi del nero, mentre capitano periodi in cui vesto in maniera piuttosto colorata. Passo da un estremo all’altro, insomma, come mi capita spesso e in diversi ambiti: mai mezze misure, io!

C’è da dire che, anche quando sono nel periodo total black, in genere riservo comunque al colore qualche piccolo spazio o almeno un accenno, per esempio attraverso qualche accessorio.

Sono dunque una persona che ama il colore in generale e che non può farne a meno, sia anche solo a piccole dosi.

E tra i colori non ne ho uno preferito in particolare: mi è capitato di scegliere capi e accessori azzurri, verdi, gialli, arancioni. Amo perfino il viola (tanto!), tinta disdegnata da molti: non sono minimamente superstiziosa.

Se devo invece indicare un colore che non mi è particolarmente gradito, devo ammettere che negli ultimi anni faccio molta fatica a portare il marrone: è strano, anni fa mi piaceva e lo indossavo, spesso e volentieri. Leggi tutto

A glittering woman… e siamo arrivati a quota quattro :-)

Talento, capacità, creatività, estro, passione: sono i termini più ricorrenti in questo blog.
Eppure, come per una sorta di beffarda legge del contrappasso, devo ammettere di non avere nessun talento né artistico né creativo.
Questa consapevolezza si trasforma in un grande rammarico, anche se non sono una persona che vive di rimpianti.
Il rimpianto è in effetti un sentimento che non mi appartiene: sono per l’azione, penso, decido e agisco, e quindi capita raramente che io mi rimproveri per non aver fatto quel che avrei dovuto fare.
Soffro invece ogni tanto di rimorsi, proprio per il fatto di essere spontanea, istintiva e talvolta impulsiva: agisco spesso di pancia e di cuore e ammetto, quindi, che ci sono cose che non rifarei.

Eppure, da piccola sembravo promettere bene quanto a talenti: avevo una certa buona predisposizione nel disegnare, dipingere, fare collage e bozzetti, un’inclinazione riconosciuta da maestri e professori fino alle medie.
Poi, però, per volontà dei miei genitori, seguii un’altra strada e il mio talento artistico subì una decisa battuta d’arresto.

Con la musica è andata anche peggio.
Riconosco che le lezioni di flauto alle medie erano una vera tortura, per me e per chiunque avesse la sfortuna di ascoltarmi: in tale ambito, non avevo alcun talento e massacravo il povero strumento tirando fuori notte a dire poco strazianti.
Non parliamo nemmeno del canto: credo di essere una delle persona più stonate che siano mai esistite. Dicono che l’intonazione sia questione di esercizio e di educazione vocale, ma non so se sia un modo gentile per rincuorare quelli senza speranza come me.
Comunque, visto che amo immensamente la musica, sfogo il mio amore cantando in macchina. Rigorosamente da sola.

Nulla di fatto nemmeno con la sartoria: rammendo qualche cosa o riattacco un bottone giusto per necessità.

Da bambina, oltre a disegnare e dipingere, infilavo perline: non so quanti bracciali e collane avrò fatto.
Oggi, però, mi limito a fare piccole riparazioni o modifiche sui pezzi della mia sterminata collezione di gioielli.

Per quanto riguarda la fotografia, qualcuno dice che io abbia buon occhio, ma non l’ho mai affinato con studi specifici né aiutato con strumenti idonei come una macchina professionale.

Comprenderete dunque il mio rammarico: mi sento come un insieme di occasioni mancate, ahimè, e, per anni, ho pensato con dispiacere di essere una persona… sterile.

Poi, è successa una cosa.
Ho capito che due delle cose che amavo e che amo follemente – moda e comunicazione – potevano convivere in grande armonia; non solo, insieme potevano dare addirittura vita a una (buona) forma di creatività.

È vero, non so dipingere, disegnare, suonare, cantare, cucire, creare un abito o un gioiello, eppure una capacità ce l’ho perfino io: mi piace inseguire il talento, riconoscerlo, sceglierlo accuratamente, cercare di diffonderlo dandogli voce nonché la chance di essere conosciuto.

Le parole sono diventate la materia prima con cui fare tutto ciò, le adopero come se fossero un pennello, uno strumento musicale, un ago.

E i creativi, i designer, gli stilisti, gli artisti dei quali mi occupo e dei quali racconto sono diventati membri di una famiglia che ho scelto e alla quale tengo molto.
Una famiglia che costruisco giorno dopo giorno, fatta di persone in gamba, volenterose, volitive, talentuose, capaci, coraggiose. Persone delle quali sono orgogliosa, come se fossero davvero sangue del mio sangue, anche perché il talento e la passione che esso genera sono in realtà legami forti capaci di unire le persone oltre le parentele di legge.

Nutro immensa stima e ammirazione per chi come loro ha il coraggio della fantasia.
Perché se avere fantasia e creatività è spesso un dono innato, decidere di assecondare tali doti e di non imbrigliarle, decidere di non omologarsi è invece una scelta. Precisa e molto, molto coraggiosa.
Ammiro le persone che non hanno paura di impegnarsi, di lavorare sodo, di inventare, di sperimentare, di rompere i confini dell’omologazione e della banalità.

Tutte queste persone sanano il rammarico di non saper creare nulla perché oggi credo che le mie parole possano aiutare la diffusione della bellezza che loro sanno creare.
Possiamo essere una squadra nella quale ognuno ha il proprio compito.

Ecco perché considero A glittering woman come la mia creatura.

Ecco perché amo questo blog: adoro scrivere per giornali e riviste, certo, ma qui… è diverso. Qui sono a casa.
Ed ecco perché amo voi, la comunità che è nata attorno a questo spazio e che è unita proprio dalla passione per bellezza, talento, capacità.
Ed ecco infine perché – come ho già raccontato lo scorso anno in occasione del suo terzo compleanno – A glittering woman è l’unica cosa della quale non mi sono mai, mai, mai pentita.

Oggi, A glittering woman compie quattro anni e sì, proprio così, è una delle cose delle quali non mi sono mai pentita, nemmeno per un istante: sono felice di aver aperto questo spazio e ne sono felice ogni giorno che passa, è stata ed è una scelta giusta.
Non mi sono mai pentita nemmeno di una singola riga che ho scritto qui e per una ragione molto semplice: sono sempre stata me stessa.
A glittering woman non potrebbe assomigliarmi di più né io potrei assomigliarle di più: tornerei a scrivere tutti i 527 post pubblicati (528 con questo) e non è poco, credo, soprattutto per una persona che ha il cruccio – lo ripeto – di non sapere creare nulla.
E amo Agw al punto che tutti i miei scritti – chiamateli post o articoli, per me non fa alcuna differenza – sono un po’ come figli, perdonatemi per il paragone.

Volete sapere un’ultima cosa?
Tempo fa, mi sono ricordata di un gioco che io e mia sorella facevamo da bambine.
Tra le innumerevoli cose che ci piaceva fare, tra bambole, Barbie, palloni, biciclette, pennarelli, costruzioni, giocavamo anche a creare dei giornalini. Lo ricordo perfettamente, passavamo ore a preparare copertine e sommari, imitando ciò che osservavamo entrare in casa nostra grazie a mamma e papà.
Insomma, un gioco e quasi un destino, oserei dire: oggi, questo blog… è il mio giornalino.

Tanti auguria te, A glittering woman.

Non ci sono rimpianti o rimorsi legati a te, né per situazioni né per decisioni.
Se tornassi indietro, aprirei di nuovo questo spazio. Anzi, lo farei prima.
Tutto ciò che hai portato e comportato è stato positivo, in mille modi diversi, perché la mia voglia di condivisione è sempre stata autentica e sincera e – di conseguenza –  A glittering woman non è mai stato uno specchio delle (mie) vanità.

È stato, è e sarà un luogo libero nel quale celebrare la positività perché – nonostante tutto, nonostante tempi certo non facili – io continuo a vedere tanta bellezza ovunque.

E farò del mio meglio affinché tu possa continuare a crescere in modo sano, così come ho fatto in questi quattro anni.

Manu

 

(Nella foto di apertura: collage di momenti da glittering woman alle prese con le mille forme del talento 🙂 Dall’alto, da sinistra: le meravigliose calzature di Andrea Mondin | Sul set della rivista Fashink per il mio styling con la modella Amy Beth | Le splendide borse di Annalisa Caricato | Io con il grande maestro Manolo Blahník all’inaugurazione della sua mostra a Milano | Perle di saggezza fotografate a un press day e che ben rappresentano la mia filosofia | Io all’evento della geniale app Urban Finder | Le spille di Paola Brunello tra fantasia e cuore | Io e la storica del gioiello Bianca Cappello all’inaugurazione della mostra dedicata al grande bigiottiere Carlo Zini | Due creazioni di Serena Ciliberti, una designer che non ha paura di osare )

 

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Vi racconto (e vi mostro) perché amo tanto gli anelli

Mi diverto da sempre a scattare foto dei bijou che possiedo: da qualche anno, condivido dette foto soprattutto su Instagram e in particolare mi diverte pubblicare quelle dei miei anelli.

Tali monili mi affascinano a tal punto che, per esempio, ho scritto di alcune delle loro declinazioni possibili per SoMagazine, una delle testate con le quali collaboro: tra tutti gli oggetti che hanno funzione ornamentale, gli anelli sono forse i più significativi, sia quelli che scegliamo per noi sia quelli che regaliamo.

Ma oggi non ho intenzione di fare un trattato serio (non che quel mio articolo avesse la pretesa di essere ciò, era solo un piccolo excursus tra storia e curiosità che, tra l’altro, un giorno mi piacerebbe riprendere, approfondire e sviluppare): oggi desidero parlarvi più che altro del mio rapporto emozionale con gli anelli e condividere alcune di quelle foto che ho menzionato.

Qualche settimana fa, in un altro post, ho scritto che, per riuscire a catturare la mia attenzione, un gioiello – qualunque esso sia, più o meno prezioso – deve possedere carattere: deve essere in grado di trasmettermi una sensazione, un’emozione, deve affascinarmi, stupirmi, incuriosirmi, sorprendermi, divertirmi.

Deve coinvolgermi, insomma: non apprezzo i gioielli anonimi, scontati, banali e dunque noiosi. Guai, poi, a una mia reazione neutra o indifferente davanti a una creazione. Leggi tutto

Il mio compleanno e la bellezza della gratitudine

E sono quattro.

Che cosa?

Con oggi, 26 novembre 2016, sono quattro i miei compleanni festeggiati attraverso A glittering woman, questo spazio web al quale tengo molto e che curo con grande passione, come se fosse una tenera piantina da fare crescere giorno dopo giorno.

Quindi, per prima cosa… tanti auguri a me 🙂 😆 🙂 😆

Sapete, riguardando i post degli anni passati, ho notato come ogni compleanno sia stato caratterizzato da un tema di fondo, da una sorta di leitmotiv.

Il primo anno è stato quello della gioia mista però a una vena di malinconia (lo stesso giorno è successo un fatto che mi ha rovinato la giornata); il secondo è stato invece l’anno della sindrome da pallina da flipper (quella che prende quando ci si sente un po’ sballottati come avviene, appunto, a una pallina intrappolata nel celebre gioco).

Il terzo, lo scorso, quello del 2015, è stato l’anno della teoria del kintsugi. Detta anche kintsukuroi, significa letteralmente riparare con l’oro ed è una pratica giapponese che consiste nel sistemare oggetti rotti attraverso l’uso di materiali preziosi: contiene – naturalmente – un messaggio intrinseco, ovvero che la vita consta non soltanto d’integrità, ma anche di rottura e che tale rottura va accolta come qualcosa che aggiunge bellezza.

Questo, invece, è solo e semplicemente l’anno della gratitudine. Leggi tutto

Pensieri in ordine (quasi) sparso: io e la (mia) salute…

Lo confesso: per quanto riguarda la salute, sono una persona molto fortunata.
Mi ammalo difficilmente e raramente: credo inoltre di avere una soglia di sopportazione del malessere piuttosto alta.
Quando ero una lavoratrice dipendente, incassavo ogni anno il cosiddetto premio presenza perché i miei giorni di assenza per malattia erano praticamente inesistenti.
Quest’inverno, per esempio, non ho avuto nemmeno un raffreddore, nonostante mio marito mi rimproveri di non coprirmi abbastanza. Non ha torto, in effetti: qualche anno fa, andavo a nuotare alle sette del mattino, prima di andare in ufficio, e uscivo dalla piscina con i capelli ancora bagnati, anche con la pioggia o con la neve. E senza cappello, naturalmente…
A volte, penso che qualcuno mi stia ripagando per tutti gli incidenti che ho subito da bambina. O, forse, quegli incidenti mi hanno temprata rendendomi più forte e donandomi una salute di ferro.
Recentemente, però, in occasione di una visita con il medico sportivo, quest’ultimo mi ha ventilato l’ipotesi di una cosa molto grave.
È stato un fulmine a ciel sereno e sono seguiti diversi controlli nonché visite specialistiche: ho covato tantissima ansia e, ogni volta in cui andavo a fare uno di quegli esami, mi sentivo come un’imputata in attesa di giudizio. Non ho memoria di un’altra volta in cui sia stata tanto in pensiero per la mia salute.
(Nota… folcloristica: nonostante tutto, però, non ho mai rinunciato ad affrontare le cose a modo mio e, anche per andare in ospedale, ho adottato tanta auto-ironia, come quella mattina in cui mi sono presentata con una collana di rossetti, come dimostra il selfie qui sopra, o come un’altra mattina in cui ho scelto una collana fluo. Altri pazienti mi guardavano come se fossi matta, le infermiere – divertite – mi hanno chiesto se i rossetti fossero veri. Sì, lo sono e la collana è un’altra opera di quel genio di Serena Ciliberti, anima di Sayang Ku. Mai perdere l’occasione di supportare il talento! 🙂 )
Tra attese varie e tempi tecnici, il tutto è durato esattamente tre mesi: per come è messa la sanità pubblica in Italia mi è andata benissimo, lo so, ma a me sono comunque sembrati mesi lunghissimi.
Durante questo periodo, ho taciuto la cosa a tutti con pochissime eccezioni: non ho detto nulla nemmeno ai miei genitori, non volevo si preoccupassero. Hanno già avuto la loro dose di preoccupazione quand’ero piccina e quando il fato si è accanito. Leggi tutto

Fiorella Ciaboco ospita Ridefinire il Gioiello

Non mi stanco mai di ripeterlo: mi piacciono i rapporti che crescono nel tempo andando a tracciare un filo sottile che unisce momenti e persone.

E mi piace ancor di più se questo filo che io immagino essere di colore rosso – rosso come la passione – unisce donne in gamba con tante energie da condividere: immaginate la mia gioia quando Sonia Patrizia Catena ha voluto coinvolgermi ancora una volta in Ridefinire il Gioiello e in particolar modo nella terza tappa del progetto del quale è ideatrice e curatrice.

Grazie alla sua formula itinerante, il progetto è ora ospite della Sartoria Fiorella Ciaboco in corso Como 9 a Milano con l’esposizione dei gioielli di tre delle 51 finaliste: le creazioni di Elena De Paoli, Erminia Catalano e Nelly Bonati sono in mostra presso l’atelier fino a venerdì 26 febbraio.

I gioielli premiati sono espressione di un viaggio in senso fisico e metaforico e sono frutto di suggestioni paesaggistiche secondo il tema della V edizione del progetto-concorso: sono stati premiati da Fiorella Ciaboco per l’alta artigianalità, per la fattura, per l’accostamento particolare dei tessuti e per il loro spirito di autentico made in Italy. Leggi tutto

Caro Babbo Natale ti scrivo (così mi distraggo un po’)

Da giovanissima non avevo mezze misure né sfumature: con gli anni ho imparato che i punti di vista – soprattutto i propri – sono fatti per essere messi in discussione, rivisti e anche sovvertiti, se e quando è necessario.

Lo scorso anno, più o meno di questi tempi, avevo raccontato di non amare particolarmente le feste comandate con la conseguenza che non sono entusiasta all’idea di distribuire consigli per i regali, nello specifico per Natale.

Non ho cambiato idea sulle festività e continuo a pensare che tutto ciò che ho da dire sia già più o meno contenuto nel mio lavoro quotidiano e nei post che pubblico giorno dopo giorno qui sul blog, tuttavia, visto che mi sono arrivate diverse richieste, ho voluto mettermi in discussione e rivedere questo mio punto di vista almeno parzialmente, anche perché inizio a sentirmi un po’ come il malefico Grinch: quasi tutti sembrano essere presi dall’atmosfera natalizia che ormai si sta insinuando ovunque, quindi… che sia io la guastafeste? Leggi tutto

Chi trova Sere Ku (e Serena Ciliberti) trova un tesoro

In quel di Torino, vive e lavora una giovane donna. Ha gli occhi azzurri, una graziosa frangia bionda, un sorriso contagioso e mani d’oro con le quali riesce a trasformare gli oggetti più disparati – metri da sarta, spolette e ditali da cucito, mollette da bucato, forcine, cucchiaini, penne e matite colorate – in monili affascinanti.

No, non è il principio di una favola. È la storia di Serena Ciliberti e del suo brand Sere Ku.

Ripensando a quando ci siamo conosciute, non so se ridere o piangere, anzi, aspettate: sorrido decisamente perché, nonostante una neve fittissima che stava flagellando ininterrottamente la Settimana della Moda di febbraio dell’anno scorso, d’un tratto ho incontrato lei, luminosa perfino in quel giorno da lupi. E lei è riuscita a raddrizzare una giornata decisamente storta (ero fradicia da testa a piedi), facendo sì che mi innamorassi all’istante e perdutamente delle sue creazioni.

Da allora, da febbraio 2013, non ho mai smesso di indossarle: i suoi pezzi sono non convenzionali e sono portatori di ironia, allegria, vivacità e personalità. Se sono di cattivo umore ma tiro fuori una sua collana o un suo bracciale… mi torna il sorriso all’istante.

E poi, quando porto un suo pezzo, mi succede sempre qualcosa di bello e divertente. Leggi tutto

Happy birthday (anche se lo detesto) to me

Di una persona che scrive per passione e per lavoro si potrebbe essere portati a pensare che non resti mai senza parole e che sappia sempre cosa dire.

In realtà non è così, anzi, volete sapere cosa capita a me? Di solito mi inceppo e bisticcio con le parole proprio quando si tratta di spiegare con chiarezza le mie emozioni e i miei sentimenti.

Tutto ciò mi fa sorridere, lo trovo buffo, ma in fondo è ciò che succede in tanti mestieri: c’è un detto che racconta che il ciabattino, dopo aver aggiustato le calzature di tutti, va in giro con le scarpe rotte. Eh, la saggezza popolare…

Scrivo 364 giorni all’anno celebrando il talento e la bravura altrui: l’unico giorno che dovrei dedicare a me stessa, il 365°, quello del mio compleanno, uno in tutto l’anno, non so cosa dire.

La verità è che da bambina aspettavo con impazienza il 26 novembre: oggi, da adulta, lo cancellerei dal calendario. Quest’anno, intanto, l’ho cancellato da Facebook.

E poi scrivi un post qui?, penserete magari voi e non posso darvi torto: ultimamente sono la regina delle contraddizioni e dell’incoerenza. E spesso mi sento esattamente come una pallina dentro un flipper: sballottata. Leggi tutto

Tanto di cappello a Doria 1905

Ci sono gesti e abitudini che non passano mai di moda, che non sono soggetti a trend, che non hanno tempo.

Bere un buon caffè al bar.
Leggere il giornale fresco di stampa al mattino.
Andare a comprare il pane appena sfornato e assaggiarlo quand’è ancora caldo.
Aprire per la prima volta un libro appena acquistato.
Indossare capi ben fatti, secondo tradizione, per esempio un cappello.
Fare cappelli è un’arte nobile e lo sa bene Doria, brand storico dal passato prestigioso proiettato oggi verso ricerca e innovazione allo scopo di fondere lo studio dei propri archivi e delle lavorazioni sartoriali con tecniche di produzione di avanguardia.

Doria 1905 affonda le sue radici nella tradizione del fatto a mano: propone copricapo per uomini e donne, coppole, trilby, cloche, berretti, caps, fedora, tutti preparati con massima cura e attenzione quanto a scelta dei materiali, rifinitura dei dettagli e rispetto per la storia e l’esperienza del vero made in Italy.
L’azienda riesce così a mantenere inalterate lavorazioni tramandate di generazione in generazione sebbene le stesse vengano appunto innovate grazie a tecniche avanzate. Leggi tutto

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