Endelea SS 2024 on demand, il perfetto connubio tra moda e sostenibilità

Quando un progetto è autentico e sincero, quando mantiene nel tempo le sue premesse e promesse; quando avviene tutto ciò, sono felice di tornare a parlarne.

Nel 2022 ho pubblicato un articolo intitolato “Endelea, bellezza e concretezza di un brand davvero etico e sostenibile”.

In quell’articolo raccontavo di Endelea e della sua moda veramente etica e sostenibile partendo dai pensieri, dai valori e dal coraggio della fondatrice Francesca De Gottardo.

Perché sottolineo così fortemente i concetti di moda etica e sostenibile? Beh, perché oggi queste parole sono diventate quasi un trend e non tutto ciò che viene spacciato come etico e sostenibile lo è veramente.

Come avevo raccontato, Endelea è un progetto di natura economica, certo, ma prima di tutto è un progetto sociale e culturale. Non priva un popolo (i Masaai della Tanzania) dei propri elementi identitari. Non depaupera, non spoglia, non si appropria. Rispetta, crea dialogo e crea vantaggio economico alla fonte. Per tutti questi motivi affermo che Endelea è un brand etico. Veramente.

Ma attenzione… Leggi tutto

Metti una serata spumeggiante ad Arezzo da Rossella C con Sere Ku

Sono appena rientrata da Arezzo, bella città che mi piace per le sue tante sfaccettature.

Arezzo è stata patria di artisti e poeti tra cui Francesco Petrarca e Giorgio Vasari. È famosa per gli affreschi di Piero della Francesca all’interno della cappella della Basilica di San Francesco e per il crocifisso di Cimabue all’interno della chiesa di San Domenico. È nota anche per la Giostra del Saracino, torneo equestre che si tiene ogni anno in giugno e in settembre.

Arezzo è conosciuta anche come città dell’oro. Avevo raccontato qui la visita fatta nel 2015 al museo d’impresa di UnoAErre, importante azienda orafa fondata nel lontano 1926 proprio nella città toscana.

Questa volta sono tornata ad Arezzo per un evento che ha unito Sere Ku, brand di bijou fondato da Serena Ciliberti, e il concept store Rossella C.

Di Sere Ku e di Serena ho parlato tante volte. Ne ho parlato in questo sito qui e qui. Ne ho parlato e ne parlo attraverso i miei canali social anche indossando i suoi pezzi. Ci conosciamo da febbraio 2013 e, in oltre dieci anni, ho visto la sua fantasia crescere esponenzialmente senza esaurirsi mai. Il suo motto è «differenziare per differenziarsi» e questa filosofia la porta a sperimentare senza sosta, dando vita a gioielli e accessori decisamente fuori dall’ordinario. Anzi stra-ordinari. Leggi tutto

Endelea, bellezza e concretezza di un brand davvero etico e sostenibile

Durante la MFW, ho avuto modo di incontrare Francesca De Gottardo, fondatrice di Endelea:
vi racconto perché questo è un brand davvero etico e sostenibile.

Si è da poco conclusa l’edizione di Milano Moda Donna con cui stilisti e marchi hanno presentato le loro proposte per la prossima primavera / estate 2023.

Devo fare una confessione: a parte i marchi emergenti, non ho visto gran cose che mi abbiano fatto venire voglia di investire tempo per raccontarle oppure cose che mi abbiano fatto nascere il desiderio di possederle.

È vero, sono stata contenta di aver potuto osservare che (finalmente) è tornata l’atmosfera frizzante che caratterizzava la fashion week prima della pandemia (e la mia città ne aveva bisogno), ma sono altrettanto scontenta di dover prendere nota del rovescio della medaglia, ovvero di un’occasione perduta: dopo un intero mese di sfilate (il discorso non vale quindi solo per Milano) si è vista sicuramente tanta ricchezza, a volte al limite dell’ostentazione, ma pochissima creatività intesa come reale innovazione e cambiamento.

Insomma, dopo le sperimentazioni (se vogliamo imperfette e in alcuni casi anche abbastanza azzardate) delle stagioni di pandemia, la moda si sta nuovamente richiudendo in sé stessa, tra clienti super facoltosi e occhio costantemente (se non unicamente) puntato al fatturato. Leggi tutto

Valentina Bellotti e V.Bell, il lusso della personalità

Il motivo per cui ho un account in Instagram è l’immenso amore per la condivisione, amore che tra l’altro ha dato origine alla professione che ho scelto (comunicazione a 360 gradi).
Instagram mi dà l’opportunità di condividere pensieri, riflessioni, idee, sogni, desideri, speranze e – visto che sono completamente sincera e poco incline alla finzione – mi dà anche l’opportunità di condividere talvolta preoccupazioni, tristezze, delusioni, ansie.

E poi, soprattutto, mi permette di condividere visioni e progetti che mi piacciono, mi catturano, mi stimolano, mi affascinano.

Ma oltre a chiacchierare di tutto ciò, dai pensieri personali ai progetti in cui credo, una parte particolarmente emozionante è quando – di persona o via social – si ha l’impressione di essere ascoltati e compresi proprio in ciò che si desidera condividere, perché ascolto e comprensione sono due dei doni più belli che ci si possa fare a vicenda.

Quando amo un progetto, quando amo la visione di un creativo, quando questo creativo a sua volta si ferma ad ascoltarmi, quando decide di includermi nella sua visione e di fare qualcosa ad hoc per me… beh, la mia gioia e la mia gratitudine arrivano alle stelle.

Ed è proprio ciò che è capitato con Valentina Bellotti alias V.Bell.

V.Bell si pronuncia esattamente come il francese ‘vie belle’ che significa ‘vita bella’.
Un nome, una pronuncia, un destino per Valentina Bellotti, classe 1983, che si forma come accessories designer grazie ad anni di gavetta e ruoli importanti in aziende del calibro di Dolce & Gabbana e Costume National.

Matura in lei la voglia di spingersi oltre e crescere ancora di più e, parallelamente al lavoro di consulenza in ambito accessori, decide di fondare un marchio che rispecchi appieno i suoi principi e l’insieme di tutte le esperienze vissute: V.Bell muove i primi passi nel 2015.
Basato su alcune parole chiave che sono diventate un vero mantra per Valentina, V.Bell punta sull’interattività del prodotto grazie all’unione che nasce tra le capacità della designer (creatività e saper fare) e i desideri di ogni cliente.
E diciamolo pure, in un frangente storico e sociale in cui il mercato è saturo, il fatto di creare qualcosa in cui una persona possa riconoscersi fortemente – perché rispecchia completamente la sua personalità, il suo stile di vita, i suoi gusti, le sue esigenze – può essere visto come una nuova forma di lusso, la forma di lusso definitiva, direi.

Le nostre strade si sono incrociate tempo fa (novembre 2019, come testimoniato qui) e da allora non ci siamo più perse di vista.
Quando Valentina ha notato che adoro le micro bag, visto che lei ne propone alcune che funzionano anche da porta mascherina, ha deciso di assecondare la mia passione proponendomi di lavorare a una creazione tutta per me: naturalmente ho accettato con entusiasmo.

Io ho scelto alcune caratteristiche, lei ha fatto tutto il resto.
Adoro che un creativo segua la sua visione tarandola su di me (è un immenso onore!) e allo stesso modo Valentina adora lavorare a prodotti personalizzati, non convenzionali e non di massa, il più possibile unici, oltre a mettere al centro concetti nobilissimi quali upcycling, sostenibilità e lavorazioni rigorosamente handmade, come le preziose cuciture manuali appositamente in bella vista.
Upcycling è un termine (meraviglioso) che indica quei processi e quei progetti in cui si utilizzano materiali di scarto per creare oggetti di un valore maggiore del materiale di origine (quasi sempre destinato a essere gettato): è il termine perfetto per la filosofia V.Bell!

«Mi piace fare creazioni ad hoc per ogni persona – mi ha detto un giorno Valentina – perché così posso enfatizzare le caratteristiche della sua personalità.»

Quello che vedete qui sopra è il risultato di questa sua visione ed è il risultato di come sia riuscita ad ascoltarmi.
Il modello si chiama Selma mask case e può essere personalizzato quanto a pellami e colori secondo il proprio gusto.

Se anche voi amate il lusso della personalità e dell’unicità e volete quindi seguire Valentina Bellotti, vi lascio molto volentieri i suoi dettagli.

Qui trovate il suo sito, qui la sua pagina Facebook e qui il suo account Instagram.

Buona esplorazione.

Manu

Valier Venetia, la borsa che sa essere indispensabile

Le borse Valier Venetia

Tra me e il web è amore – l’ho dichiarato più volte.

Del web amo la meravigliosa possibilità di costruire ponti virtuali che diventano anche reali, di instaurare conoscenze, di essere tramite di scoperte, di essere garante della possibilità di continuare a esplorare il mondo anche in un momento in cui siamo stati obbligati a rimanere a casa, per ottime quanto giustificatissime motivazioni. Ma la testa no, lei può viaggiare ed è anche il web, appunto, a consentirglielo.

È in questo scenario che è maturata la conoscenza tra me e Valier Venetia, una conoscenza nutrita da una parte dal desiderio di aprirsi, raccontarsi e donarsi e, dall’altra, dal desiderio di accogliere e ascoltare per poi condividere.

Al centro di questa storia ci sono due donne, due sorelle che si chiamano Antonia e Gunilla e che hanno dedicato la prima parte delle loro vite all’azienda che il nonno aveva fondato negli anni Trenta del Novecento e che i loro genitori hanno poi mandato avanti per tanti anni.

In quegli anni, Antonia ha viaggiato in qualità di export manager e ha comprato decine di borse senza che mai nessuna soddisfacesse completamente le sue esigenze, ritrovandosi costretta a portare con sé una borsa da lavoro più una personale. Nel frattempo si confrontava con tante amiche tutte ugualmente sorprese dalla stessa mancanza, dal fatto che non esistesse una borsa da lavoro funzionale quanto piacevole e pensata per donne multitasking.

Gunilla è un’esteta e una perfezionista, ha studiato Belle Arti e ha una specializzazione come make-up artist: è ossessionata dalla cura per i dettagli, è perennemente alla ricerca di abiti e accessori di manifattura pregiata, ama i cappelli, i turbanti, i ventagli e gli occhiali. Mi ritrovo in queste sue passioni così come mi ritrovo nella sua insofferenza verso «le mode passeggere e le sbornie modaiole di corto respiro». Leggi tutto

Lisa C, il brand decisamente glittering di Anna Lisa Caruso

Dal sito Lisa C

Sapete qual è la soddisfazione più grande per chi, come me, si occupa di comunicazione in ambito moda?
Osservare il percorso di un brand nel quale si crede, nel quale si è vista la scintilla del talento, soprattutto se quel percorso porta a una diffusione e a un successo sempre maggiori: è ciò che è successo con Lisa C, il brand fondato da Anna Lisa Caruso.

Mi ero imbattuta nelle sue borse e nei suoi bijou per la prima volta nel 2014, innamorandomene e scrivendone più volte per uno dei magazine con i quali collaboravo in quel periodo; ora, a distanza di cinque anni, ho ritrovato Anna e le sue creazioni in occasione di un recente press day e il bello è che ho immediatamente riconosciuto il marchio perché, nonostante sia cresciuto in questi anni, Lisa C ha sempre avuto una caratteristica importante, ovvero la riconoscibilità.

Basta prendere in mano un suo pezzo per notare la cura con cui è realizzato e che diventa riconoscibile esattamente quanto una firma o un logo che vengano posizionati in bella mostra.

Classe 1969, Anna nasce in una famiglia partenopea che ha progettato e prodotto abbigliamento, borse e accessori fin dagli Anni Settanta.
Dopo aver studiato lingue sebbene in segreto desiderasse frequentare l’Accademia di Belle Arti, nel 1993 Anna inizia a lavorare occasionalmente nell’azienda di famiglia: emerge così il suo talento artistico che la porta a diventare il direttore creativo, dapprima come figura di riferimento nelle consulenze ai clienti e poi come designer di proprie collezioni.
La nascita di un marchio a suo nome è dunque un processo naturale e spontaneo che la porta, nel 2013, a fondare il marchio Lisa C, trasformandosi così definitivamente da giovane imprenditrice in designer.

Anna continua oggi a vivere e a lavorare a Napoli, luogo in cui avviene anche buona parte della produzione: innamorata da sempre di arte, letteratura e cinema, ama viaggiare e ama le grandi metropoli con il loro caos creativo fatto di luci e colori.
Simbolo di questo suo amore è soprattutto Los Angeles, la città che predilige e che spesso è fonte di ispirazione per le sue fantasiose creazioni.

Ah, a proposito di quel percorso di cui accennavo in principio…
Oltre a riconoscere subito tutti i suoi tratti distintivi, ho appreso con piacere che le sue collezioni sono ora vendute non solo in Italia ma in tutta Europa e anche in Asia, soprattutto in Giappone.
Vengono presentate nelle fiere internazionali più prestigiose e poi ospitate e commercializzate nei concept store più celebri.

Tutte le creazioni Lisa C sono fatte a mano e i componenti vengono saldati manualmente.
Le collezioni (con cristalli Swarovski, pietre in resina, ottone) si sviluppano spesso attorno a temi legati al mondo animale, vegetale e floreale, presenti fin dal principio e amati da Anna per la loro delicatezza intrinseca.
Le collezioni più recenti attingono anche alla sua amata e già citata Los Angeles nonché a quella macchina dei sogni che è Hollywood, con ulteriori spunti presi dal mondo del circo e dall’arte del burlesque.
Oltre a spille, orecchini, bracciali e collane, Lisa C presenta fasce, cerchietti e barrette per capelli nonché borse con righe, pois e fiori abbellite da pin con cristalli che rappresentano unicorni, elefanti, leopardi, creature marine, cigni, pappagalli, fenicotteri, rondini, palme, cactus, fiori, stelle e cuori…
Il risultato è che il bestiario di Anna – fantasioso, coloratissimo, esotico, a volte immaginario – crea una continua connessione e un efficace dialogo tra natura e dimensione cittadina. Leggi tutto

Roberto Lucchi Hats & Art, indossa con fierezza l’estensione della tua personalità

Roberto Lucchi al lavoro

Il web è diventato ormai una sorta di realtà parallela in grado di amplificare le nostre possibilità: io vivo internet esattamente così, come amplificatore di opportunità, ma ammetto che la mia preferenza continua ad andare – e sempre andrà – alla vita reale.

Perché, per quanto mi piaccia intrecciare amicizie e conoscere cose nuove via web, è quando stringo una mano e quando guardo negli occhi una persona che capisco quanta verità e concretezza vi sia dietro il virtuale. A conquistarmi definitivamente sono la spontaneità e l’empatia che scattano oltre la tastiera e oltre lo schermo di un cellulare.

Così è stato con la persona della quale desidero parlarvi oggi: avevo visto i cappelli di Roberto Lucchi via Instagram e attraverso gruppi Facebook dei quali faccio parte, ma è stato quando l’ho incontrato in occasione di un recentissimo press day che è scattata la voglia di raccontare di lui che è persona spontanea, empatica, eclettica e, naturalmente, talentuosa.

Dopo il diploma da geometra, Roberto Lucchi, classe 1995, ha spaziato per un periodo tra diverse facoltà universitarie (scienze motorie, economia, accademia musicale…) e tra diversi lavori (pubbliche relazioni, vendita diretta, bar e ristorante, animazione…), apparentemente in maniera casuale: in realtà, stava cercando sé stesso e un modo per esprimere il suo mondo.

Roberto era infatti alla ricerca di un punto in comune tra tutto ciò che aveva sperimentato, qualcosa che riuscisse a esprimere la sua creatività e il suo lato artistico, che potesse creare armonia e allo stesso tempo economia, qualcosa che fosse un punto di contatto tra il sé e gli altri, rispondendo a una domanda che tutti noi abbiamo dentro: come posso io distinguermi in una società che tende all’omologazione?

Roberto ha trovato la sua risposta… nel cappello, letteralmente. Ed è lui stesso a spiegare come e perché.

«Il potere del cappello è qualcosa di incredibile poiché permette di completare un look o di stravolgerlo interamente. Non bisogna dunque lasciarlo morire ma al contrario rinnovarlo, di volta in volta, esattamente come una persona rinnova sé stessa.»

E così, nella calda estate del 2017, stanco dei soliti – e per lui noiosi – cappelli in paglia e colpito dalla difficoltà di trovare un oggetto dal quale si sentisse ben rappresentato, a Roberto viene l’idea di creare da sé un cappello artigianale e totalmente personalizzato.

Parte quindi alla volta di Firenze con qualche informazione di base sul processo di creazione del cappello, informazioni recuperate attraverso forum internet, e si dirige verso quella che è considerata un’autentica patria dei cappellifici: Signa. Leggi tutto

Le Gocce di Gioia – di nome e di fatto – di Irene, gioielli per il cuore

Quando sento parlare del web come quintessenza dei mali del mondo, francamente resto un po’ perplessa.
Ripeto sempre un concetto agli studenti di Accademia del Lusso ai quali tengo corsi di editoria e comunicazione della moda con focus specifico sulla loro evoluzione via web: il web è solo un mezzo, è solo uno strumento.
Non ha un’anima in quanto non è un essere vivente, pertanto non è di suo buono o cattivo, intelligente o stupido, onesto o disonesto, ingenuo o furbo.
Siamo noi a conferirgli un’anima a seconda dell’uso che ne facciamo, a seconda di ciò che da lui ci aspettiamo: per esempio, in qualità di nativa analogica e immigrata digitale (ovvero persona nata e cresciuta prima dell’avvento delle tecnologie), io ho dovuto conquistare il mio spazio poco a poco e mi aspettavo che, da curiosa di natura quale sono sempre stata, il web contribuisse ad annullare quelle barriere di qualsiasi tipo che ho sempre detestato e che mi facevano sentire limitata.
E questo ho avuto: ho ritrovato persone, ne ho conosciute altre che molto probabilmente non avrei potuto incontrare in altro modo, ho imparato tantissime cose, ho avuto accesso a molte informazioni e conoscenze.
Se dovessi dunque mettere sui due piatti di una bilancia positività e negatività avute dal web, il primo piatto sarebbe molto, molto, molto più pesante del secondo. Godrebbe di una superiorità schiacciante.

Nel piatto della positività, trovano decisamente posto i designer, i creativi, gli stilisti, gli artigiani e gli artisti che ho conosciuto proprio grazie al web: in questo folto gruppo, figura una giovane donna che si chiama Irene e che è la fondatrice di Gocce di Gioia, un progetto che mi ha trasmesso belle vibrazioni dal primo istante.

Quando ho intercettato Irene attraverso Instagram, non è servito molto tempo perché rimanessi affascinata dal suo lavoro: crea gioielli – anelli, collane, pendenti, spille – ricavati da francobolli rari o antichi, da frammenti di porcellane tra le quali quelle cinesi e danesi, da elementi naturali forniti dalla sua bella regione, la Toscana.

Poi, Irene ha pubblicato le foto di alcuni pendenti ricavati da un vecchio mazzo di carte da gioco: «quando le ho trovate – ha scritto – avevano un leggero odore di tabacco e mi hanno fatto pensare a serate fra amici di una vita».
Ho confessato tante volte che, nell’ambito dei monili, amo in modo particolare quelli vintage e quelli che vengono definiti gioielli contemporanei (ovvero quei gioielli che non sono più espressione di status symbol come un tempo e che non mettono necessariamente al centro la preziosità economica bensì il valore dell’idea e del progetto, diventando quasi oggetti d’arte): non è un caso se gioiello vintage e gioiello contemporaneo sono legati dal fatto di valorizzare ciò che a me più interessa, ovvero proprio il valore morale, il significato, il fatto di rappresentare un ricordo o un’idea o un concetto.
Alla luce di tutto ciò, mi sono immediatamente innamorata delle parole di Irene e dell’immagine che con esse ha saputo evocare, poi mi sono innamorata del risultato da lei ottenuto con quelle carte: così, il pendente con la donna di picche è ora parte della mia collezione (lo potete vedere qui indossato qui e qui).
Non poteva restare tutto solo e dunque, ben presto, ha avuto la compagnia di un anello anch’esso con il seme di picche (qui indosso la coppia). Leggi tutto

I bracciali Keep Out tra solidarietà e la nuova collezione Shot

La collezione SHOT di Keep Out

Considerare i post (scritti per il blog) e gli articoli (scritti per i vari magazine con i quali lavoro oppure ho lavorato) un po’ come dei ‘figli’: ebbene sì, ammetto di averlo fatto in varie occasioni, ma non perché io sia impazzita.
Conosco bene la differenza e quando ho accennato a un vago paragone desideravo semplicemente sottolineare quanto uno scritto possa essere ‘figlio’ della nostra creatività e quanto possa rappresentarci profondamente per l’argomento o per il lavoro e l’impegno che ha comportato.
In ogni post o articolo metto una parte di me, cuore e passione, così come tutto ciò che conosco e che cerco di far crescere studiando incessantemente.
Possiamo esprimere creatività in tanti modi e io cerco di esprimerla proprio così, raccontando pezzi del nostro passato (come nei post che narrano piccoli frammenti di storia della moda e del costume) oppure raccontando storie di creatività altrui perché il talento è il mio più grande amore ed è un argomento che mi sta molto a cuore.
Amo raccontare il talento di stilisti che sanno creare abiti e accessori, ma anche il talento di vari artisti (orafi, pittori, veri scrittori) e poi amo narrare le storie degli imprenditori che, partendo da idee geniali, riescono a mettere in piedi realtà che danno lavoro ad altre persone.

A glittering woman, questo mio blog, è pieno di storie di talento ed è come se ogni stilista, artista, imprenditore mi affidasse un pezzo del suo lavoro e della sua passione: mi piace prendermene cura e dimostrarmi all’altezza della fiducia che ripongono in me raccontandosi e spesso accogliendomi in casa loro, aprendo le porte delle loro attività e ospitandomi nel luogo più sacro che hanno.
Segno di questa mia cura nei loro confronti è fare ciò che si farebbe proprio con un figlio: seguire la loro crescita, il loro sviluppo, la loro evoluzione, le loro successive realizzazioni.
Quando è possibile, mi piace infatti continuare a seguire una persona o un brand ed è per me una grande gioia tornare a parlare di un progetto dopo anni: è un po’ come vedere un figlio che va all’università o firma il suo primo contratto o vince un premio in qualsiasi campo.

È per questo che oggi sono felice di tornare a parlare di Keep Out, un marchio che ho molto amato: torno a parlarne dopo quattro anni per raccontare due novità che mi piacciono tanto, ovvero una nuova collezione che si chiama SHOT e una bella iniziativa di solidarietà sociale.

Leggi tutto

Dunia Algeri beachwear, il crochet ci fa belle (senza bisogno di prove)

La vita è strana, passano anni senza che io parli di beachwear e poi mi capita di imbattermi in ben due nomi interessanti nel giro di poco tempo: deve essere l’anno dei costumi da bagno…

Ho scritto ‘nomi interessanti’: lo sono dal punto di vista della mia passione per talento e qualità, in quanto i brand in questione hanno trovato la loro strada proponendo due diverse soluzioni, ognuna originale e personale a proprio modo.

Se da una parte ho raccontato la storia di un brand che è riconoscibile grazie a bellissime grafiche di propria progettazione e realizzazione, oggi torno a parlare di un brand che è diventato riconoscibile grazie alla propria interpretazione di una lavorazione artigianale di grandissima tradizione: mi riferisco alla maglieria (che diventa in questo caso uncinetto) e mi riferisco a Dunia Algeri.

Dunia realizza splendidi maglioni con un filato molto particolare che si chiama baby alpaca: l’alpaca (Vicugna pacos) è un simpatico mammifero della famiglia dei camelidi, addomesticato e allevato per utilizzarne la lana; insieme al lama, è una delle due specie domestiche di camelidi diffusa in Sudamerica.

La baby alpaca è la lana del dorso dell’animale, ovvero la parte più pregiata (poiché non tocca mai terra e dunque non si contamina con sporcizia e impurità) e l’appellativo baby si riferisce alla sua finezza, visto che la fibra è eccezionalmente sottile: specifico che la tosatura non arreca alcun danno all’animale in quanto viene fatta rigorosamente a mano, nel periodo primaverile, in modo che il vello ricresca in tempo per l’inverno.

Ho raccontato come e perché Dunia abbia pensato alla baby alpaca (nonché in cosa si concretizzi il suo lavoro) in un post che potete leggere qui: oggi vi racconto invece a cosa ha pensato per la stagione estiva. Leggi tutto

Tiziano Guardini onora il World Oceans Day con una capsule in Econyl®

L’8 giugno di ogni anno è il giorno in cui si celebra l’oceano, la sua importanza nelle nostre vite e come ognuno di noi può proteggerlo, ovunque viviamo.
L’idea è nata nel 1992 ed è stata poi istituzionalizzata nel 2002: da allora, il World Oceans Day collega persone di tutto il mondo e ispira azioni che vengono portate avanti durante tutto l’anno per proteggere questa straordinaria risorsa da cui tutti noi dipendiamo.
Tra le varie iniziative di quest’anno vi sono anche quelle di tanti brand del settore moda: ho scelto di parlarvi di Tiziano Guardini, uno stilista molto interessante tra coloro che popolano il panorama attuale.

Tiziano Guardini nasce a Roma negli Anni Ottanta.
Dopo la laurea in Economia, decide di intraprendere un ulteriore percorso di studi all’Accademia di Alta Moda Koefia di Roma, conseguendo il titolo di Fashion Designer.
Ottenuto un master in Responsabile del Prodotto, inizia diverse collaborazioni presso uffici stile di vari atelier, scegliendo poi di affiancare alcune aziende di prêt-à-porter e di accessori.

Nel 2012 partecipa alla manifestazione Limited/Unlimited proponendo la giacca ‘aghi di pino’: nello stesso anno viene invitato a partecipare alla Vogue Fashion Night Out a Roma e sfila con una sua creazione nell’ambito affascinante di Trinità dei Monti, accettando poi l’invito a esporre all’interno della mostra La seduzione dell’artigianato. Leggi tutto

Lazycrab, storia del marchio di Chiara e Angela e perché l’ho scelto

Oggi desidero raccontarvi una bella storia, tutta italiana e tutta al femminile.

Le protagoniste si chiamano Chiara e Angela.
Chiara si occupa di produzioni audiovisive e fotografiche per una istituzione importante, mentre Angela è una libera professionista: è designer grafica e si occupa di loghi, brochure, pubblicità oltre a insegnare in un corso di interior design al Politecnico di Milano.
A legarle è una bellissima amicizia ventennale, ad accomunarle – tra le altre cose – è una fertile creatività: negli anni hanno portato avanti diversi progetti e idee fino a quando, alla fine nel 2016, è scattato in loro l’amore per il beachwear nonché la voglia di darne una personale interpretazione attraverso un loro brand.

È nato così Lazycrab, «senza troppi ragionamenti ma da semplici chiacchiere e risate», come mi hanno raccontato: nel nome si nasconde un simpatico granchietto, crab in inglese, che è stato anche il protagonista della prima capsule collection lanciata nell’estate 2017.

Il logo del marchio è formato dal lettering Lazycrab inserito in un cerchio che vuole avere la forma di un sassolino: parallelamente, il granchio si è trasformato in una stampa all-over fatta da una miriade di sassolini sui quali sono adagiati altrettanti piccoli crostacei, come potete vedere qui sotto. Leggi tutto

Creatività a quattro mani tra mamma e figlia con byMo design

Avviso: state per leggere l’ennesima delle storie di talento che amo raccontare qui in A glittering woman ed è una di quelle che hanno tutti gli elementi che preferisco.

Partiamo?
C’era una volta…
No, scusate: ci sono oggi due donne, precisamente una già adulta (che si chiama Laura) e una ancora bambina (che si chiama Viola).
A legarle è uno dei rapporti più intensi che esistano: sono mamma e figlia.

Dalla mente creativa di Laura Moalli, designer e fondatrice del marchio byMo design, nasce You are my Person: potrei forse descriverla come una linea di t-shirt, ma sarebbe limitativo poiché è il risultato di un lavoro a quattro mani e due cuori, quelli di Laura stessa e di Viola, la sua bambina di 9 anni.

Le t-shirt, in cotone bianco e rigorosamente Made in Italy, variano per la lunghezza delle maniche: lunghe, a tre quarti oppure corte.
Ciò che le rende particolari è il fatto di essere dedicate espressamente alle mamme e alle loro bambine: ogni modello, infatti, è disponibile sia per la mamma sia per la figlia, a partire dai 2 fino agli 11 anni, e Laura deve ringraziare la sua bambina perché le stampe che ornano le maglie sono la riproduzione dei disegni che Viola ha realizzato qualche anno fa, quando aveva tra i 5 e i 7 anni.
Viola è dunque una giovane artista in erba che Laura ha saputo riconoscere e coinvolgere in un progetto che, adesso, è il loro. Leggi tutto

Dunia Algeri e la lana baby alpaca, dal Perù alla lavorazione in Italia

Tra le belle scoperte che ho avuto modi di fare durante queste settimane di presentazione delle collezioni autunno / inverno 2019 – 2020 a stampa e blogger, figura senza alcun dubbio Dunia Algeri.

Dunia… siete incuriositi – come me – da questo nome?

Ebbene, partiamo proprio da questo: viene da Delitto e castigo, il romanzo pubblicato nel 1866 dallo scrittore russo Fëdor Dostoevskij e ambientato a San Pietroburgo.

Protagonista del romanzo è Rodiòn Romànovič Raskòl’nikov il quale ha una sorella di nome Avdot’ja Romànovna Raskol’nikova, chiamata anche Dunja o Dùnečka, personaggio di elevato valore morale e descritta come donna molto bella.

I Romani dicevano Nomen omen, sostenendo che nel nome di una persona sia già indicato il suo destino: devo dire che, anche questa volta, la locuzione si conferma come esatta.

Ma torniamo alla nostra Dunia che (brava e bella) è partita da un’idea precisa e virtuosa: rendere omaggio alla nonna paterna Giulia e alla sua expertise.

A Pedrengo in provincia di Bergamo, negli Anni Sessanta, nonna Giulia (le cui foto si trovano anche nell’atelier che ho avuto il piacere di visitare lo scorso 20 marzo, eccone una qui sotto) realizzava maglioni con il suo telaio manuale (anch’esso presente in atelier): Dunia ha deciso di fare la stessa cosa – ovvero splendidi maglioni – ma con un filato molto particolare che si chiama baby alpaca. Leggi tutto

Adalgisa De Angelis, i Sogni d’Arte di un’anima bella

Sono molto felice, oggi, di scrivere questo post.
Volete sapere perché?
Perché racconta di una persona che stimo: stimo molto Adalgisa De Angelis – questo è il suo nome – e sono incuriosita e attratta da lei, dai suoi progetti e dal suo lavoro.
Per me le persone sono più importanti di ogni cosa e sono il nucleo di tutto: sono inoltre fermamente convinta del fatto che i bei progetti si sviluppino attorno alle belle persone e Adalgisa lo è, è una bella persona
Avere l’opportunità di parlare di una persona interessante mi dà dunque gioia.

Tra l’altro, racchiudere Adalgisa De Angelis nello spazio di un post è un’impresa alquanto ardua (vedrete quanto sfaccettata sia la sua creatività), ma ci provo.

È un’impresa perché Adalgisa, fondatrice di un progetto artistico e creativo che si chiama Sogni d’Arte, è una persona davvero poliedrica che non ha mai avuto paura di sperimentare in ambiti che – al momento! – comprendono la moda, il gioiello, il design e l’arte.

Dopo studi artistici, Adalgisa ha iniziato la sua avventura nel 1994 aprendo uno spazio nel centro storico della sua città, Salerno, ridando nuova vita a tutto ciò che la ispirava (vecchi mobili inclusi), mentre da vecchi tessuti ha iniziato a creare borse, gioielli e cappelli.
Poco tempo dopo, ha iniziato a portare le sue creazioni in varie fiere tra cui il Macef di Milano, vendendo in tutto il mondo: i suoi accessori sono stati immortalati su tante riviste di moda tra le quali Elle, Glamour, Vogue, Gioia, Donna Moderna, Grazia.
Ha anche iniziato a creare accessori e costumi per vari spot, film, spettacoli teatrali, programmi e serie televisive; alcune sue creazioni sono in vendita anche presso i book shop di vari musei.

Nel 2013 è diventata Maestro Artigiano e dal 2016 ha ripreso la sua grande passione: l’arte.
Ha già esposto le sue opere – quadri, arazzi, installazioni – in varie mostre ed eventi tra cui la Biennale di Venezia e Paratissima a Torino: ha esposto a Milano, Padova, Parma, Modena e anche a Siviglia, in Spagna.

Nel lavoro di Adalgisa De Angelis identifico l’utilizzo di diversi materiali (tra i quali la carta e il tessuto), diverse tecniche (tra le quali gli arazzi e le lavorazioni con la 3D pen) e diverse tematiche (tra le quali il viaggio in ogni sua sfumatura): cercherò di raccontarvi tutto (o quasi) procedendo con ordine.

Partiamo dai materiali, ovvero la carta e il tessuto.
Con la carta, Adalgisa costruisce delle barchette, quelle a origami che tutti noi abbiamo probabilmente fatto o provato a fare da bambini.
Quella adoperata da Adalgisa è carta alla quale lei dona una seconda vita: fumetti vintage e libri antichi oppure biglietti del tram, da Salerno (la sua città di nascita) fino a Milano (la sua città d’adozione).

Perché la carta? Leggi tutto

Dolores Bacchi + Simonetta Martini = DuElle, bijou che sfidano il tempo

Voi credete alle coincidenze e al caso?
Io non molto, se devo essere sincera.
Credo piuttosto al fatto che i nostri sogni e i nostri desideri possano essere trasformati in azioni concrete e dunque possano portare a situazioni e incontri che sembrano il frutto di “coincidenze” ma che, in realtà, abbiamo appunto agevolato o creato noi stessi proprio attraverso quelle azioni.
E credo al fatto che esistano delle cosiddette “affinità elettive” ovvero delle somiglianze di vario genere che possiamo percepire quando conosciamo qualcuno: a quel punto, scatta un riconoscersi a vicenda e il desiderio di rafforzare un legame nato da un’intesa istintiva o basato su un comune sentire.

La storia che desidero raccontarvi oggi nasce proprio da queste “non coincidenze”, nasce da energie messe in moto da persone accomunate da grandi affinità, che si assomigliano e che credono negli stessi valori.
Il punto di partenza è Stefano Guerrini, persona che ho nominato in tante occasioni: fashion editor e stylist, maestro e mentore, amico.
Stefano è originario di Lugo di Romagna, in provincia di Ravenna, luogo che potrebbe sembrare lontano da quella Milano considerata la capitale della moda ma che sa invece riservare chicche e perle preziose che sfuggono magari a occhi distratti e frettolosi, ma certo non sfuggono all’occhio attento e competente di chi quel territorio lo conosce, lo ama e lo sa valorizzare.

E così, tra le perle di Lugo e provincia, Stefano ha puntato i riflettori anche su Dolores Bacchi e Simonetta Martini, creatrici di un brand di bijou al quale hanno dato il nome DuElle.

Leggi tutto

error: Sii glittering... non copiare :-)