Un occhio alla collezione Mario Valentino FW 2024 – 25

Non è la prima volta che parlo di Mario Valentino.

Ne ho parlato con particolare piacere nel 2018, l’anno in cui è uscito il bellissimo libro intitolato Mario Valentino – Una storia tra moda, design e arte.

Il volume di Ornella Cirillo, edito da Skira, ricostruisce la lunga e intensa avventura dello stilista Mario Valentino (1927 – 1991), protagonista indiscusso della moda italiana del Novecento e in particolare del periodo che va dagli Anni Cinquanta agli Ottanta. La ricostruzione passa attraverso la lettura del prezioso patrimonio documentario raccolto nell’archivio dell’azienda avviata agli inizi del XX secolo dal padre di Mario, Vincenzo, nel cuore di Napoli.

Oggi, la Mario Valentino prosegue il suo cammino. E, in occasione della Milano Fashion Week da poco terminata, l’azienda ha presentato le sue proposte per la prossima stagione fredda.

La collezione Mario Valentino FW 2024-25 nasce da un’armoniosa fusione tra estetica minimalista e stile glam, con l’intento di esaltare la femminilità e trasmettere un senso di grinta e audacia.

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Fabio Cannavaro e perché è l’ambassador giusto per Skechers

Fabio Cannavaro, ex capitano della nostra Nazionale di calcio, è protagonista delle campagne Skechers in Italia e in Spagna. Vi racconto i dettagli riflettendo su quanto sia importante la coerenza nella scelta di un ambassador.

Lo dico subito, chiaro e tondo: non capisco nulla di calcio.

Da piccola, tifavo per la Juventus semplicemente perché era la squadra del cuore di mio papà. Poi, da adolescente, ha vinto l’attaccamento alla mia città, Milano, e il mio cuore è diventato rossonero, battendo per una delle due squadre meneghine.

Ero abbastanza tifosa, all’epoca, senza esagerazione ma tifosa. Poi, nel tempo, ho perso completamente (o quasi) qualsiasi tipo di interesse. Soprassediamo sulle ragioni.

Il mio cuore è rimasto milanista e dunque gioisco per gli eventuali successi rossoneri, ma senza particolare trasporto. E poi tifo per la nostra nazionale, naturalmente.

Ho quindi partecipato anch’io ai festeggiamenti in strada quando l’Italia ha vinto la Coppa del Mondo nel 2006. E perfino io ricordo la finale del 9 luglio allo stadio di Berlino che ci vide prevalere sulla Francia per 5-3 ai rigori. E ricordo benissimo chi fosse il capitano della squadra: Fabio Cannavaro.

Ecco perché, quando ho ricevuto l’invito per la presentazione di Cannavaro come nuovo ambassador Skechers, mi sono immediatamente segnata l’appuntamento in agenda, nonostante il calcio non sia tutto sommato il mio forte. Leggi tutto

Uomini e tacchi, dal Re Sole fino a Diego Dolcini a Venezia 80

Uomini e tacchi: è un binomio che sorprende? È considerato un ossimoro?

In realtà, la storia d’amore tra uomini e tacchi è lunga e ricca di esempi.

E, come molti altri capi di abbigliamento, i tacchi alti non hanno genere. Anzi, a indossarli in passato sono stati spesso gli uomini, un po’ come accadde per il colore rosa: oggi è considerato femminile da tanti, ma per molto tempo è stato invece associato alla virilità.

Non voglio tediarvi con lunghi racconti storici e quindi mi limiterò a citare pochi esempi.

Il primo è Luigi XIV di Borbone. Il Re Sole ha regnato per ben 72 anni e 110 giorni dal 14 maggio 1643, quando aveva meno di 5 anni, fino alla morte avvenuta nel 1715.

Come ci hanno raccontato a scuola, Luigi XIV era un monarca assoluto. Tutti i poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario) venivano da lui esercitati nella convinzione che la sua autorità derivasse direttamente da Dio. E anche l’abbigliamento era espressione del suo potere: tra le altre cose, faceva ampio uso di scarpe con il tacco. Leggi tutto

Skechers annuncia la nuova collezione Skechers x kansaïyamamoto

Ricevo e volentieri condivido – Skechers annuncia la nuova collezione in edizione limitata Skechers x kansaïyamamoto ideata e creata insieme al grande maestro giapponese poco prima della sua scomparsa avvenuta il 21 luglio 2020 ♥

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Skechers dà vita a una collaborazione che si ispira allo stile iconico di Kansai Yamamoto: il risultato è una collezione nella quale l’immaginario d’avanguardia che ha sempre caratterizzato il lavoro del designer incontra la tecnologia e il comfort tipici delle creazioni dell’azienda calzaturiera.

La limited edition Skechers x kansaïyamamoto, composta da quattro modelli di sneakers per uomo e donna, abbraccia e rispecchia l’estetica del maestro nipponico. Distribuita in diversi Paesi tra i quali Giappone, Nord America ed Europa, la collezione è stata lanciata il 21 luglio, in occasione del primo anniversario dalla scomparsa del designer.

«Durante la sua carriera Kansai Yamamoto è divenuto una leggenda non solo nell’ambiente della moda: è stato d’ispirazione anche per molti altri artisti e Skechers è stata incredibilmente fortunata ad avere la possibilità di lavorare a questa collaborazione sotto l’influenza del maestro prima della sua scomparsa», racconta Michael Greenberg, presidente di Skechers. Leggi tutto

Skechers sponsorizza X Factor 2019 e riduce la plastica nel packaging

Non è un mistero: amo le sneaker (e le indosso spesso) e amo le Skechers, uno dei miei marchi preferiti.

Il perché è presto detto: le Skechers sono calzature che offrono un ottimo equilibrio tra tecnica ed estetica quindi, indossandole, riesco a rispettare le esigenze di salute salvaguardando però quella giusta dose di apparenza (proprio come avevo raccontato e spiegato dettagliatamente in un precedente articolo, soffermandomi anche sull’importantissima presenza del memory foam).

Se oggi torno a parlare di Skechers è perché sono stata piacevolmente colpita da due notizie che riguardano l’azienda che è uno dei player più importanti nel segmento performance e lifestyle: mi riferisco alla sponsorizzazione ufficiale di X Factor 2019 e ai tagli nell’utilizzo della plastica per il packaging.

La filiale italiana di Skechers ha infatti annunciato la sponsorizzazione ufficiale di X Factor 2019, il talent show prodotto da Fremantle in onda su Sky e giunto quest’anno alla sua tredicesima edizione.

Lo show, che è molto amato e seguito dal pubblico (e io sono in questo pubblico!), dà spazio allo stile inconfondibile del brand con alcuni modelli delle collezioni uomo e donna, in particolare, le Skechers Energy, le D’Lites e le Stamina.

Lo stile pop e colorato di Skechers sale dunque sul palco di X Factor, seguendo i concorrenti dai primi passi delle audizioni fino alle performance da aspiranti star: le eclettiche sneaker di Skechers sono le calzature ufficiali e completano il look dei concorrenti, cercando di esprimerne al meglio la personalità durante tutte le fasi del programma, incluse le durissime selezioni di Bootcamp (già in corso) e Home Visit. Leggi tutto

Il “Talento per la Scarpa” è Made in Italy: vince Edoardo Battellini di Gubbio

Era fine gennaio quando ho pubblicato un post per presentare il concorso Un Talento per la Scarpa.

Uno dei motivi per i quali ho fondato questo blog è fare scouting sostenendo il talento in qualsiasi sua forma: creare scarpe è un’attività complessa per persone decisamente talentuose.

In ambito moda, la calzatura è probabilmente quanto di più difficile si possa creare: richiede molteplici capacità e competenze poiché è una meravigliosa quanto delicata opera di architettura e progettazione.

Ecco perché sono stata felice di dare risonanza alla 19esima edizione di Un Talento per la Scarpa, concorso internazionale per giovani stilisti promosso da Sammauroindustria (l’associazione che raggruppa i principali imprenditori del distretto di San Mauro Pascoli con nomi del calibro di Casadei, Giuseppe Zanotti, Pollini, Sergio Rossi) insieme a Cercal (Centro Ricerca e Scuola Internazionale Calzaturiera) e in collaborazione con Confindustria Forlì-Cesena.

Per prendere parte a Un Talento per la Scarpa era necessario realizzare bozzetti, ricerche stilistiche, prototipi e collage di immagini sul tema dell’edizione 2018 – 2019, tema decisamente attuale e interessante: Urban chic, la décolleté irrompe nello street style.

Dopo l’accurata fase di selezione e dopo due anni oltreoceano, il titolo di migliore promessa della calzatura è tornato stavolta in Italia: ad aggiudicarsi la 19esima edizione del concorso è stato infatti Edoardo Battellini di Gubbio.

Il suo elaborato è stato giudicato il migliore su ben 124 partecipanti da tutto il mondo: Grecia, Spagna, Messico, Colombia, Germania, U.S.A., Romania, India, Polonia, Turchia, Argentina, Marocco, Ucraina, Albania, Perù, Israele, Russia, Macedonia, Senegal, Cina, Pakistan, Thailandia. Leggi tutto

Dr. Martens tra storia, curiosità, amore per loro e la collezione SS 19

Ho raccontato in varie occasioni come, dopo lunghi anni, la grande e folle storia d’amore tra me e le scarpe con tacco alto sia terminata senza ripensamenti né ritorni di fiamma.

Nessun evento tragico è alla base di questa fine: semplicemente, la nostra vita cambia e noi cambiamo così come mutano i nostri gusti e le nostre esigenze. Rivendico per tutti noi il diritto di evolverci e anche di cambiare idea.

Da quando ho abbandonato i tacchi alti, il mio amore si è riversato ancor di più su stivali, stivaletti, biker boots, anfibi, ballerine e sandali ai quali si sono aggiunte le sneaker che, un tempo, indossavo solo per le attività sportive.

Tutte le calzature che scelgo sono oggi unite da una caratteristica comune, ovvero quella di variare dal rasoterra (che porto con molta moderazione in quanto non è salutare quanto il tacco troppo alto) a tacchetti o rialzi o piccole zeppe che oscillano fra tre e massimo cinque centimetri, l’altezza che viene considerata ideale da molti ortopedici e podologi.

Tra le mie scarpe preferite ho citato gli anfibi e, in questo caso, si tratta di una passione immensa che coltivavo fin da ragazzina nonostante, allora, mia mamma non volesse saperne di comprarmi le calzature al centro dei miei desideri, ovvero gli anfibi Dr. Martens.

Se non me li voleva comprare era sicuramente perché – assolutamente in buona fede – pensava che quegli stivali stringati dalla spessa suola a carrarmato non fossero adatti a una ragazzina piuttosto riservata e dal look poco alternativo o aggressivo, mentre in quegli anni il nome Dr. Martens andava un po’ a identificare la cosiddetta cultura underground, quella che si è posta in antitesi e in alternativa alla cultura di massa: le Dr. Martens sono state in effetti le calzature che hanno identificato e accomunato talune sottoculture tra le quali punk, skinhead, grunge, metallari.

Naturalmente, mi sono rifatta da adulta, perdonando mia mamma per la mancanza di cui ho sofferto: sto scherzando, naturalmente, sul fatto di definire la mia come una sofferenza, mentre non scherzo affatto quando mi auguro che mia mamma possa perdonare (o meglio comprendere) il fatto che la sua ex-ragazzina quasi bon ton si sia trasformata in una donna un po’ ribelle, sicuramente allergica a certi diktat come «tacco alto = femminilità». Leggi tutto

AAA cercasi Un Talento per la Scarpa con Sammauroindustria e Cercal

Ciò di cui vi parlo oggi nasce da due mie certezze quasi assolute.

La prima certezza – o forse sarebbe meglio dire consapevolezza – è il fatto che le scarpe sono una delle mie (tante) debolezze: l’ho appena ammesso anche nel post precedente parlando di sneaker.

La seconda certezza è che uno dei motivi per i quali ho fondato questo blog è fare scouting sostenendo il talento in qualsiasi sua forma: creare scarpe è un’attività complessa per persone decisamente piene di talento.

In ambito moda, la calzatura è infatti probabilmente quanto di più difficile si possa creare poiché richiede molteplici capacità nonché competenze.

La scarpa è in fondo una meravigliosa quanto delicata opera di architettura e progettazione e sono dunque molto felice di ospitare un’iniziativa che si pone l’obiettivo di trovare nuovi talenti per la moda calzaturiera.

C’è infatti ancora un mese per prendere parte alla 19esima edizione di Un Talento per la Scarpa, concorso internazionale per giovani stilisti promosso da Sammauroindustria (l’associazione che raggruppa i principali imprenditori del distretto di San Mauro Pascoli con nomi del calibro di Casadei, Giuseppe Zanotti, Pollini, Sergio Rossi) insieme a Cercal (Centro Ricerca e Scuola Internazionale Calzaturiera) e in collaborazione con Confindustria Forlì-Cesena.

Per prendere parte a Un Talento per la Scarpa è necessario realizzare bozzetti, ricerche stilistiche, prototipi e collage di immagini sul tema di questa edizione 2018 – 2019 che è decisamente attuale e interessante: Urban chic, la décolleté irrompe nello street style.

In palio c’è un periodo formativo al Cercal e uno stage di 6 mesi presso una delle aziende calzaturiere associate a Sammauroindustria.
Non solo: il vincitore del concorso percepirà la cifra di 4 mila euro quale contributo alle spese di soggiorno per il periodo del corso e dello stage.

La partecipazione è naturalmente gratuita ed è riservata a giovani nati dopo il 31 dicembre 1987, mentre è senza limiti di età per coloro che sono iscritti alle scuole di design o d’arte.

Il termine ultimo per la consegna delle domande è il 28 febbraio 2019: vi lascio qui il link del bando completo e vi segnalo che l’iscrizione va fatta online attraverso il sito del Cercal – link diretto qui.

La giuria che vaglierà i lavori sarà composta da rappresentanti delle aziende calzaturiere di Sammauroindustria affiancati da un rappresentante del Cercal.
Gli autori dei primi dieci bozzetti classificati saranno segnalati alle aziende calzaturiere di San Mauro e menzionati in occasione della serata di premiazione.
È prevista anche una particolare menzione alle scuole che si distinguono per numero e qualità degli elaborati presentati dagli studenti.

Oltre al link per l’iscrizione e al bando di concorso, vi lascio volentieri altri riferimenti utili.

Qui trovate il sito Cercal, qui la pagina Facebook, qui l’account Instagram. Tel. 0541.932965; e-mail: cercal@cercal.org

Qui trovate il sito Sammauroindustria e qui la pagina Facebook. E-mail info@sammauroindustria.com

Mi fa anche piacere segnalare che qui potete trovare una carrellata di tutte le precedenti edizioni del concorso a partire dalla prima nata nel 2000 con vincitori che arrivano da tutto il mondo: Italia (8 volte), Messico (5 volte), Russia (1), Cina (1), Giappone (1), Croazia (1), Germania (1).

Non mi resta che augurare bonne chance a chi deciderà di partecipare a Un Talento per la Scarpa: chissà che, un giorno, nella mia nutrita collezione di scarpe non ci sia la creazione di un talento che uscirà da questo concorso.

E ricordate che solo i più sprovveduti aspettano a braccia conserte che la fortuna bussi alla loro porta: gli altri la vanno a cercare, magari costruendosela su misura. Proprio come un paio di buone scarpe.

Manu

La collezione Skechers SS 2019 fa felice anche chi ama le chunky sneaker

Come moltissime donne, ho anch’io un amore al quale non so resistere: le scarpe.

Nella mia vita, dall’adolescenza a oggi, ne ho collezionate così tante e di così tanti tipi da aver ormai perso il conto.

Ho scritto tanti tipi e, in effetti, la mia passione ha conosciuto fasi alterne: per lunghi anni, la predilezione è andata ai tacchi alti e poi, d’un tratto, l’intesa tra me e gli stiletti è terminata. Senza ripensamenti o ritorni di fiamma.

Imputo la tragica fine di un amore sfegatato (con i tacchi mi capitava perfino di correre…) al grande cambiamento che ho vissuto per quanto riguarda la mia vita professionale, ovvero il passaggio da lavoratrice dipendente ad autonoma.

È vero che, con i tacchi, a volte perfino correvo, ma quando ho iniziato a dover correre costantemente da un lato all’altro della città per i diversi appuntamenti salendo e scendendo da ogni mezzo pubblico immaginabile, a passare la maggior parte del tempo in piedi, a non avere un punto di appoggio fisso (per qualche anno non ho avuto uno studio mentre ora ne ho due, uno a casa e uno condiviso con altri professionisti)… beh, ecco, quando è successo tutto ciò, diciamo che a prevalere è stata l’esigenza di arrivare a casa con i metatarsi sani e salvi (ora che ci penso… qualche anno fa avevo scritto un post in cui parlavo anche di metatarsi…).

Perché la verità è che nemmeno il tacco alto più comodo del mondo può offrire la stessa libertà e agilità di una scarpa con tacco anatomicamente corretto – chiamiamolo così – ovvero quello tra tre e massimo cinque centimetri, come affermano all’unisono ortopedici e podologi. Leggi tutto

Pillole dalla mia #MFW: Mario Valentino FW 2018 – 19

Dalla presentazione della collezione Mario Valentino FW 2018 – 19 © Marco Scarpa

Qualche settimana fa, precisamente il 6 febbraio, sono stata in Triennale dove è stato presentato uno splendido volume attraverso il quale viene ricostruita l’intensa avventura di Mario Valentino, uno dei protagonisti della moda italiana tra gli Anni Cinquanta e gli Ottanta: la ricostruzione avviene grazie alla lettura del prezioso patrimonio documentario raccolto nell’archivio della sua azienda avviata sin dagli inizi del Novecento dal padre Vincenzo nel cuore di Napoli.

Dopo aver raccontato parte della storia meravigliosa di Mario Valentino in un mio precedente post, ho avuto l’opportunità di assistere a un nuovo capitolo del percorso della maison durante la Milano Fashion Week appena terminata: il 23 febbraio, è stata lanciata la nuova collezione di calzature e abiti in pelle, complice un nuovo ufficio stile che ha lavorato sempre partendo dal ricchissimo archivio, riuscendo a creare una collezione classico e innovativa al contempo.

Il progetto di Enzo Valentino (figlio del visionario fondatore e attuale amministratore delegato) è infatti quello di creare un ponte tra passato e futuro attraverso le nuove proposte, ricche di spunti appartenenti a una solida tradizione ma contemporanee nelle forme e nello stile: se nel libro – che come ho avuto modo di raccontare raccoglie gli esiti di un’appassionata quanto meticolosa ricerca condotta da Ornella Cirillo, docente di Storia della Moda –  si racconta Mario Valentino e la sua storia articolata, attraverso la collezione appena presentata si ritrovano le impronte di chi sa lavorare il pellame in tutte le sue varianti.

Il re della pelle (colui che «usava la pelle come tessuto», come veniva definito il fondatore che oggi avrebbe 90 anni) viene omaggiato nella collezione per il prossimo autunno / inverno, composta da forme estremamente femminili e da tomaie che si illuminano di colori vivaci tra cui brilla quello delle buganville in fiore.

La collezione Mario Valentino FW 2018 – 19 è impostata su tre forme di punta (sfilata, quadrata, a mandorla) e su innumerevoli tipologie di tacchi che abbracciano varie altezze: ogni tacco presenta una propria peculiarità e io segnalo in particolare quello scultura a base ottagonale (che abbina la sensualità del tacco alto alla portabilità del tacco grosso) e quello con gabbia (una reinterpretazione dello storico tacco del brand, diventato un’icona grazie all’inserimento di una rete in metallo).

I materiali utilizzati sono molteplici: si parte dai camosci presentati in diverse sfumature di colore (dal classico nero fino al viola passando per tinte sobrie come il testa di moro e tinte forti come il rosso fuoco) fino ad arrivare al camoscio stretch accompagnato dalla nappa anch’essa stretch, soffice ma decisa. La nappa viene declinata nelle varianti soffiata (una pelle granulosa dall’aspetto più sportivo) e laminata, presentata anche in una versione dorata con effetto craccato (quella che vedete anche nella foto qui sopra a destra).

È presente il vitello lucido e nero che dona un tocco decisamente rock ad alcuni modelli ed è importante anche l’inserimento del pitone che viene utilizzato in varie versioni inclusa un’eccentrica variante fluo: immancabile qualche bordo in visone nonché le fodere in montone che compongono anche il sottopiede di alcuni modelli.

Per quanto riguarda i tessuti, è stato inserito il raso stretch come nei modelli cosiddetti a calza.

Tra le lavorazioni spiccano gli intarsi di pelle che vanno a costruire tomaie moderne ma legate alle lavorazioni storiche della Mario Valentino nonché il fiocco morbido ricavato anch’esso dall’archivio storico del brand e utilizzato come accessorio contemporaneo dalla duplice anima, visto che nasconde talvolta al proprio interno un contrasto di colore o di materiale.

Per quanto riguarda gli accessori, il focus è sull’oro che è il colore delle fibbie, dei morsetti, della lavorazione a gabbia del tacco e delle borchie della collezione Mario Valentino FW 2018 – 19.

Oltre al nero, al testa di moro e agli altri colori che ho già menzionato, tra le tinte predominanti non mancano il bordeaux e i riferimenti alla terra con toni che spaziano dal fango fino al ruggine. Risaltano, come accennavo, il rosso, il viola e il buganville nonché accenni di blu notte: il tutto è sottolineato dall’oro presente anche su pelli e tessuti.

Mi fa piacere sottolineare che le creazioni di Mario Valentino fanno anche parte della mostra Italiana, l’Italia vista dalla moda 1971 – 2001 a cura di Maria Luisa Frisa: aperta a Palazzo Reale fino al 6 maggio 2018, la mostra nasce con lo scopo di evidenziare la progressiva affermazione del sistema italiano della moda in uno straordinario trentennio di relazioni e scambi tra gli esponenti di quella generazione (artisti, architetti, designer, intellettuali) che ha impostato le rotte della cultura internazionale e ha affermato il concetto di Made in Italy. Abito, arte contemporanea, oggetti di moda e di design, fotografie, riviste, schizzi danno vita a un magnifico ritratto del quale fanno parte, appunto, anche le belle creazioni di Mario Valentino.

Attraverso la mostra e attraverso la collezione Mario Valentino FW 2018 – 19 (qui, sul sito di Camera Moda, potete vederla tutta, inclusi gli abiti, mentre qui trovate la pagina Facebook di MV), la storica azienda italiana vive un nuovo percorso e, grazie a un heritage solido e a una forte consapevolezza stilistica, inaugura una stagione di rinnovamento a livello internazionale.

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Manu

Ultra Violet, dice Pantone per il 2018: ecco la mia wishlist in 6 punti

Si chiama Ultra Violet e corrisponde al codice 18-3838: è il colore che il Pantone Color Institute ha scelto per il 2018 e che influenzerà ambiti tra i quali figurano moda e design.

Il mio articolo più recente per ADL Mag inizia con queste parole e così, ancora una volta, torno a parlare di un argomento che mi affascina molto: il colore con il suo ricco potenziale comunicativo e la sua articolata psicologia.

Lo scorso febbraio, direttamente qui nel blog, avevo raccontato come Pantone avesse scelto il Greenery per rappresentare il 2017, una sfumatura di verde a forte componente di giallo: quel colore mi piaceva parecchio ma, se posso esprimere la mia opinione, dichiaro la mia netta e decisa preferenza per il neo eletto Ultra Violet.

Sarà che il viola è sempre stato uno dei miei colori preferiti e che non sono minimamente superstiziosa, così come ho raccontato quando Hillary Clinton scelse un tailleur di tale tinta in un’occasione decisamente importante, episodio che riprendo anche nel pezzo per ADL Mag così come torno a raccontare il motivo per il quale il viola viene considerato un colore di cattivo auspicio.

Oppure sarà che la sfumatura scelta da Pantone è esattamente quella che preferisco io, ovvero un viola particolarmente intenso grazie alla forte predominanza di blu. Leggi tutto

Le mie scelte in pillole, Christmas edition: Adoro Te, Elena, e anche tanto

Siete seduti? Comodamente seduti?

Se state pensando «ma guarda questa che gran ficcanaso»… aspettate, vi spiego subito il motivo della mia domanda: mettetevi comodi (avete magari del popcorn a portata di mano?) perché sto per farvi una rivelazione che rovinerà definitivamente la mia carriera da fashion blogger, sempre ammesso che io ne abbia mai avuta una.

A ogni modo: come dovrebbe essere una che crede di fare la fashion blogger? Risposta: sempre impeccabile.
Ecco, la rivelazione è che io, in casa, sono invece inguardabile.

Sono una persona perennemente in movimento e essere in ordine è un atteggiamento che fa parte di me da sempre: eppure, a casa, mi prende invece un’indicibile pigrizia da outfit e sono capace di passare intere domeniche in pigiama, soprattutto nella stagione fredda.
Non parlo di pigiami accattivanti e anche un po’ ammiccanti: in inverno, indosso pigiami pesantissimi in felpa con sopra maglie oversize in pile e copro i miei piedini numero 35-36 con calzettoni in lana.
In effetti, mancherebbe solo il berretto in testa per fare di me una perfetta caricatura da vignetta.

Il problema è che alla sera e nei giorni di relax, appena rallento un po’ i miei ritmi da persona fin troppo attiva, soffro tremendamente il freddo (anche se di giorno vado in giro senza collant fino a novembre, come ho raccontato ultimamente).
In casa, dunque, non riesco a pensare di rinunciare a outfit comodi e pigiamoni: ammiro moltissimo le donne che riescono a stare in casa indossando leggerissime ed elegantissime sottovesti in seta riscaldate solo da piccoli e stilosi cache-cœur. Il tutto a piedi nudi, naturalmente.
Beh, io non potrei mai vestirmi come loro, purtroppo: morirei all’istante!
E, tra l’altro, d’estate la situazione non è molto più rosea…

Bene, ora che ho distrutto anche quella (minima) dignità da fashion blogger che potevo avere (e dopo aver fatto guadagnare l’aureola da santo a mio marito per il fatto di avere la moglie meno attraente di tutto il pianeta), posso spiegarvi il perché di questa rivelazione un po’ masochista.

Desidero infatti ringraziare pubblicamente una giovane designer che si chiama Elena Del Carratore: per merito suo, almeno i miei piedi si salvano dalla scarsissima attitudine della sottoscritta a essere charmante.

Elena è colei che disegna Adoro Te, una collezione che reinterpreta le slipper, un classico dell’eleganza da casa.

La casa è il nostro luogo più sacro, quello in cui viviamo momenti legati alla sfera affettiva, al relax e al tempo che dedichiamo a noi stessi: il progetto Adoro Te esprime al meglio questo concetto facendolo diventare quanto mai contemporaneo e creando un mondo avvolgente e raffinato.

Le slipper create dal brand sono raffinate pantofole che, nella forma, ricordano un mocassino: per questo inverno, vengono proposte in seta e in velluto stampati, floccati o ricamati, in nuance chic come per esempio porpora, ruggine, petrolio, testa di moro e l’attualissimo giallo senape. Leggi tutto

Milan Fashion Week, con le collezioni SS 2018 va in scena molto di più…

Lunedì è stato l’ultimo giorno della Milan Fashion Week e dell’edizione dedicata alle collezioni primavera / estate 2018 o SS 2018, come dicono gli addetti ai lavori.
Volete sapere se sono triste per la fine della MFW, visto che la moda è un po’ il mio pane e un po’ la mia malattia?
Certo, un po’ mi dispiace che termini perché amo ciò che faccio.
Però penso anche che ci siano belle cose da fare in tanti ambiti interessanti, non solo nella moda, quindi no, non sono affatto triste.

Chi legge più o meno abitualmente A glittering woman (non guasta mai ripetere il mio sentito e sincero grazie ) sa che, al termine delle settimane dedicate alla moda, pubblico un mio reportage con le riflessioni scaturite da sfilate e presentazioni alle quali ho assistito nonché da tutto ciò che fa da contorno.

Ho scritto di certe cattive abitudini dell’ambito in cui mi muovo, ho parlato della questione accrediti alle sfilate (e in verità l’ho fatto più di una volta), ho raccontato di metatarsi malconci e di sciocchi luoghi comuni.
Al termine della scorsa edizione, quella di febbraio 2017, ho scritto di una messa (sì, una messa) che mi ha lasciato tanta tristezza nonché di un importante salone e della completa cecità nel gestire gli ingressi.

E questa volta?

Beh, tralasciando il fatto che né le cattive abitudini né i luoghi comuni sono morti (purtroppo…) e sorvolando sul fatto che la gestione spesso incomprensibile degli accrediti prosegue pressoché senza miglioramenti, a parte tutto ciò, in verità devo ammettere che questa edizione è andata piuttosto bene – se non altro a livello personale.
Non ho cioè vissuto particolari disagi o incidenti di percorso, forse perché in alcuni casi ho deciso di rinunciare proprio in partenza – e non è una cosa bella, lo so.

Eppure, cari amici, vi devo dire che a volte perfino gli spiriti più tenaci (e io lo sono) si stancano di combattere contro i mulini a vento e decidono di fare un passo indietro.
Non è una rinuncia o una resa definitiva, sia ben chiaro: è solo una tregua in attesa di capire come riorganizzare le forze, è una pausa che mi serve a riprendere fiato, è un mettermi alla finestra in attenta osservazione.

Mai rinuncerò a combattere contro i luoghi comuni e la maleducazione (perché è questa una delle cattive abitudini alle quali mi riferisco), ma al momento sono stanca di continuare a scriverne.
Mi limito a prendere in prestito le parole della brava giornalista Lucia Serlenga che, nel suo reportage post-MFW SS 2018, rivolgendosi agli addetti ai lavori, scrive le seguenti testuali parole: «andrebbe ricordato a tutti quelli che fanno parte di un mondo ritenuto raffinato che prima vengono le persone». Leggi tutto

Second hand economy: i miei tre negozi preferiti a Milano

Oggi desidero parlare con voi di un argomento che mi sta molto a cuore: il second hand.

In un momento storico in cui circola meno denaro rispetto al passato (penso, per esempio, ai più goderecci Anni Ottanta), una delle soluzioni possibili è quella di allungare il ciclo di vita degli oggetti: così, dopo decenni di consumismo e di filosofia usa e getta, è il momento d’oro del riuso, dal vintage ai negozi second hand (o seconda mano), dai mercatini delle pulci alla pratica dello swap party.

Prima di tutto, però, occorre fare una doverosa distinzione tra vintage e second hand.

Il termine vintage indica espressamente oggetti prodotti almeno vent’anni prima del momento attuale e dunque si differenzia dal second hand che di solito è più recente. La caratteristica principale di un oggetto o di un capo vintage non è dunque soltanto quella di essere stato utilizzato in passato, bensì il valore che ha acquisito nel tempo per le sue doti di irripetibilità e irriproducibilità: rappresenta una testimonianza dello stile di un’epoca passata e magari ha anche segnato un particolare momento storico o un passaggio importante della moda o del design.

Tutto ciò è intrinseco già nel nome stesso: vintage deriva infatti dal francese antico vendenge, termine inizialmente coniato per i vini vendemmiati e prodotti nelle annate migliori e poi diventato sinonimo dell’espressione d’annata. Leggi tutto

A glittering woman… e siamo arrivati a quota quattro :-)

Talento, capacità, creatività, estro, passione: sono i termini più ricorrenti in questo blog.
Eppure, come per una sorta di beffarda legge del contrappasso, devo ammettere di non avere nessun talento né artistico né creativo.
Questa consapevolezza si trasforma in un grande rammarico, anche se non sono una persona che vive di rimpianti.
Il rimpianto è in effetti un sentimento che non mi appartiene: sono per l’azione, penso, decido e agisco, e quindi capita raramente che io mi rimproveri per non aver fatto quel che avrei dovuto fare.
Soffro invece ogni tanto di rimorsi, proprio per il fatto di essere spontanea, istintiva e talvolta impulsiva: agisco spesso di pancia e di cuore e ammetto, quindi, che ci sono cose che non rifarei.

Eppure, da piccola sembravo promettere bene quanto a talenti: avevo una certa buona predisposizione nel disegnare, dipingere, fare collage e bozzetti, un’inclinazione riconosciuta da maestri e professori fino alle medie.
Poi, però, per volontà dei miei genitori, seguii un’altra strada e il mio talento artistico subì una decisa battuta d’arresto.

Con la musica è andata anche peggio.
Riconosco che le lezioni di flauto alle medie erano una vera tortura, per me e per chiunque avesse la sfortuna di ascoltarmi: in tale ambito, non avevo alcun talento e massacravo il povero strumento tirando fuori notte a dire poco strazianti.
Non parliamo nemmeno del canto: credo di essere una delle persona più stonate che siano mai esistite. Dicono che l’intonazione sia questione di esercizio e di educazione vocale, ma non so se sia un modo gentile per rincuorare quelli senza speranza come me.
Comunque, visto che amo immensamente la musica, sfogo il mio amore cantando in macchina. Rigorosamente da sola.

Nulla di fatto nemmeno con la sartoria: rammendo qualche cosa o riattacco un bottone giusto per necessità.

Da bambina, oltre a disegnare e dipingere, infilavo perline: non so quanti bracciali e collane avrò fatto.
Oggi, però, mi limito a fare piccole riparazioni o modifiche sui pezzi della mia sterminata collezione di gioielli.

Per quanto riguarda la fotografia, qualcuno dice che io abbia buon occhio, ma non l’ho mai affinato con studi specifici né aiutato con strumenti idonei come una macchina professionale.

Comprenderete dunque il mio rammarico: mi sento come un insieme di occasioni mancate, ahimè, e, per anni, ho pensato con dispiacere di essere una persona… sterile.

Poi, è successa una cosa.
Ho capito che due delle cose che amavo e che amo follemente – moda e comunicazione – potevano convivere in grande armonia; non solo, insieme potevano dare addirittura vita a una (buona) forma di creatività.

È vero, non so dipingere, disegnare, suonare, cantare, cucire, creare un abito o un gioiello, eppure una capacità ce l’ho perfino io: mi piace inseguire il talento, riconoscerlo, sceglierlo accuratamente, cercare di diffonderlo dandogli voce nonché la chance di essere conosciuto.

Le parole sono diventate la materia prima con cui fare tutto ciò, le adopero come se fossero un pennello, uno strumento musicale, un ago.

E i creativi, i designer, gli stilisti, gli artisti dei quali mi occupo e dei quali racconto sono diventati membri di una famiglia che ho scelto e alla quale tengo molto.
Una famiglia che costruisco giorno dopo giorno, fatta di persone in gamba, volenterose, volitive, talentuose, capaci, coraggiose. Persone delle quali sono orgogliosa, come se fossero davvero sangue del mio sangue, anche perché il talento e la passione che esso genera sono in realtà legami forti capaci di unire le persone oltre le parentele di legge.

Nutro immensa stima e ammirazione per chi come loro ha il coraggio della fantasia.
Perché se avere fantasia e creatività è spesso un dono innato, decidere di assecondare tali doti e di non imbrigliarle, decidere di non omologarsi è invece una scelta. Precisa e molto, molto coraggiosa.
Ammiro le persone che non hanno paura di impegnarsi, di lavorare sodo, di inventare, di sperimentare, di rompere i confini dell’omologazione e della banalità.

Tutte queste persone sanano il rammarico di non saper creare nulla perché oggi credo che le mie parole possano aiutare la diffusione della bellezza che loro sanno creare.
Possiamo essere una squadra nella quale ognuno ha il proprio compito.

Ecco perché considero A glittering woman come la mia creatura.

Ecco perché amo questo blog: adoro scrivere per giornali e riviste, certo, ma qui… è diverso. Qui sono a casa.
Ed ecco perché amo voi, la comunità che è nata attorno a questo spazio e che è unita proprio dalla passione per bellezza, talento, capacità.
Ed ecco infine perché – come ho già raccontato lo scorso anno in occasione del suo terzo compleanno – A glittering woman è l’unica cosa della quale non mi sono mai, mai, mai pentita.

Oggi, A glittering woman compie quattro anni e sì, proprio così, è una delle cose delle quali non mi sono mai pentita, nemmeno per un istante: sono felice di aver aperto questo spazio e ne sono felice ogni giorno che passa, è stata ed è una scelta giusta.
Non mi sono mai pentita nemmeno di una singola riga che ho scritto qui e per una ragione molto semplice: sono sempre stata me stessa.
A glittering woman non potrebbe assomigliarmi di più né io potrei assomigliarle di più: tornerei a scrivere tutti i 527 post pubblicati (528 con questo) e non è poco, credo, soprattutto per una persona che ha il cruccio – lo ripeto – di non sapere creare nulla.
E amo Agw al punto che tutti i miei scritti – chiamateli post o articoli, per me non fa alcuna differenza – sono un po’ come figli, perdonatemi per il paragone.

Volete sapere un’ultima cosa?
Tempo fa, mi sono ricordata di un gioco che io e mia sorella facevamo da bambine.
Tra le innumerevoli cose che ci piaceva fare, tra bambole, Barbie, palloni, biciclette, pennarelli, costruzioni, giocavamo anche a creare dei giornalini. Lo ricordo perfettamente, passavamo ore a preparare copertine e sommari, imitando ciò che osservavamo entrare in casa nostra grazie a mamma e papà.
Insomma, un gioco e quasi un destino, oserei dire: oggi, questo blog… è il mio giornalino.

Tanti auguria te, A glittering woman.

Non ci sono rimpianti o rimorsi legati a te, né per situazioni né per decisioni.
Se tornassi indietro, aprirei di nuovo questo spazio. Anzi, lo farei prima.
Tutto ciò che hai portato e comportato è stato positivo, in mille modi diversi, perché la mia voglia di condivisione è sempre stata autentica e sincera e – di conseguenza –  A glittering woman non è mai stato uno specchio delle (mie) vanità.

È stato, è e sarà un luogo libero nel quale celebrare la positività perché – nonostante tutto, nonostante tempi certo non facili – io continuo a vedere tanta bellezza ovunque.

E farò del mio meglio affinché tu possa continuare a crescere in modo sano, così come ho fatto in questi quattro anni.

Manu

 

(Nella foto di apertura: collage di momenti da glittering woman alle prese con le mille forme del talento 🙂 Dall’alto, da sinistra: le meravigliose calzature di Andrea Mondin | Sul set della rivista Fashink per il mio styling con la modella Amy Beth | Le splendide borse di Annalisa Caricato | Io con il grande maestro Manolo Blahník all’inaugurazione della sua mostra a Milano | Perle di saggezza fotografate a un press day e che ben rappresentano la mia filosofia | Io all’evento della geniale app Urban Finder | Le spille di Paola Brunello tra fantasia e cuore | Io e la storica del gioiello Bianca Cappello all’inaugurazione della mostra dedicata al grande bigiottiere Carlo Zini | Due creazioni di Serena Ciliberti, una designer che non ha paura di osare )

 

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Situationist FW 17-18 e il vento di novità che viene dalla Georgia

Al termine di ogni edizione di Milano Moda Donna, ho in genere due diverse e quasi contrapposte reazioni.

Da un lato, sento il bisogno di creare una distanza allo scopo di riuscire a godere di un punto di vista complessivo, di un panorama completo.

È un po’ come se si guardasse un quadro o un arazzo: da vicino si possono vedere bene i dettagli, ma è solo allontanandosi un po’ che si può godere dell’opera nel suo insieme e comprenderne tutta la portata.

Qualcuno si scandalizzerà, forse, per il paragone con un’opera d’arte, ma in realtà il mio non vuole essere un paragone blasfemo: è esattamente il sentimento che provo dopo una settimana che si trasforma in un’overdose di stimoli. Sento il bisogno di regalarmi tempo e distanza per comprendere bene ciò che ho visto e per scegliere quelle che per me sono le collezioni davvero interessanti.

Subito dopo, però, nasce la seconda esigenza: dopo essermi regalata un po’ di tempo per la mia analisi, sento di non poter aspettare oltre e provo il desiderio di condividere ciò che ho amato con voi che mi fate il dono di frequentare questo spazio. Senza aspettare il prossimo autunno, in questo caso.

E così, oggi desidero parlarvi di Situationist, stilista georgiano che lo scorso febbraio ha catturato la mia attenzione per molti buoni motivi. Leggi tutto

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