Andrea Mondin, colui che avrebbe fatto sognare perfino Cenerentola

Donne e calzature.

Un rapporto sul quale non si contano aneddoti e citazioni. E poi libri, novelle, favole, film.

A tal proposito, mi viene in mente una frase nella quale mi sono imbattuta navigando in rete e che mi è già capitato di citare in un articolo per un magazine.

Dice così: “Tutte le persone che pensano che le scarpe non siano importanti dovrebbero tenere a mente due nomi, Cenerentola e Dorothy”.

Cenerentola, ovvero colei che trova l’amore perdendo e ritrovando una scarpetta di cristallo; Dorothy, la protagonista del romanzo Il meraviglioso mago di Oz, colei che ritrova la strada di casa battendo per tre volte i tacchi delle sue Scarpette d’Argento. In effetti, chi meglio di queste due fanciulle potrebbe testimoniare l’importanza della scarpa giusta nel momento giusto?

Poi, c’è la saggezza popolare: sono certa che sarà capitato anche a voi di sentire dire, soprattutto dalle persone anziane, che dalle scarpe di una persona si possono capire molte cose. Credo sia una grande verità e non voglio pensare cosa comunichino le mie, soprattutto ultimamente (uso spesso modelli comodi che mi consentono di correre qua e là).

Anche un proverbio dei nativi americani dà un consiglio estremamente valido: “Prima di giudicare una persona, cammina per tre lune nei suoi mocassini”.

Valido per uomini e donne, indistintamente, così come lo è la saggezza dei nostri nonni ma, come dicevo in principio, il rapporto più stretto con le scarpe ce l’hanno proprio le donne ed è un rapporto quanto mai appassionato.

E così, a proposito di passione, oggi desidero presentarvi un designer che ha solleticato la mia, a prima vista e senza alcuna riserva né indugio, poiché a mio avviso le sue creazioni non sono solo belle e fatte con grande maestria artigianale, ma sono anche estremamente originali e ricche di personalità. E sono decisamente diverse da molte delle attuali proposte presenti sul mercato.

Mi riferisco ad Andrea Mondin, promettente stilista, giovane eppure con un curriculum di tutto rispetto.

Andrea nasce a Valdobbiadene, in provincia di Treviso: lì frequenta il liceo artistico statale e, dopo la maturità, segue un corso formativo grazie al quale vince una borsa di studio per uno stage di un anno presso Roberto Cavalli.

In seno all’ufficio stile, ha l’opportunità di partecipare alla creazione delle collezioni autunno / inverno 2001 – 2002 e primavera / estate 2002: in quegli anni, la maison è all’apice del successo, stilistico e mediatico, e le stampe di Cavalli diventano un segno iconico e distintivo.

Terminata l’esperienza fiorentina, Andrea si trasferisce a Milano dove frequenta l’Istituto Europeo di Design: concluso il periodo formativo in IED, viene contattato dall’azienda Dolce&Gabbana presso la quale matura la prima esperienza nel mondo della calzatura lavorando come junior designer per la linea D&G.

È il periodo in cui i due celebri stilisti si riappropriano della linea giovane che precedentemente era stata data in licenza: decidono di investire non solo nello stile, ma in particolare anche nella qualità artigianale della calzatura, dando un loro contributo a quel ruolo di preminenza che l’accessorio ha ormai acquisito nella moda e nello stile.

Andrea Mondin
Andrea Mondin

Inutile dire che l’esperienza è dunque molto significativa per Andrea: dopo tre anni con D&G – periodo che lo vede impegnato sia nella creazione e nella ricerca sia nel contatto con i professionisti dei calzaturifici – lo stilista viene contattato dall’azienda Gianni Versace. Presso il loro ufficio stile ricopre vari ruoli: attualmente, segue le collezioni di calzature uomo e donna per la linea Versus Versace e si occupa delle linee di accessori Versace Jeans.

Ho tenuto a raccontarvi tutto ciò perché tali ruoli e la conseguente esperienza maturata hanno permesso ad Andrea Mondin di arrivare a presentare una propria linea di calzature.

La collezione autunno / inverno 2016 – 17 da lui presentata è innanzitutto un omaggio al suo e nostro Paese, l’Italia, e alla sua regione d’origine, il Veneto.

Tema e ispirazione della collezione hanno radici nella città di Venezia e in particolar modo nella tradizione del costume e dell’artigianato tessile che tanto hanno contribuito alla fama della città che per molti secoli è stata ritenuta – a ragione – una delle più eleganti e sontuose del vecchio continente.

E infatti, l’ornamento che abbellisce e impreziosisce tutta la collezione di Andrea Mondin è la gorgiera, ovvero il colletto che rappresenta l’elemento distintivo del guardaroba aristocratico maschile e femminile dal XVI al XVII secolo.

La gorgiera compare in Italia attorno al 1530 nella sua forma più semplice (come colletto tutt’uno con la camicia bianca dotata anche di polsini arricciati): va poi aumentando di misura e di fattura fino a diventare un ornamento separato. Verso la metà del secolo, arriva a formare monumentali ruote in lino finissimo o in merletto.

Sono le merlettaie veneziane a creare dei veri e propri manufatti d’arte avvalendosi del ricamo ad ago eseguito su tombolo: tale lavorazione trasforma la gorgiera in un collare increspato a cannelli, interamente o in parte merlettato, e le grandi dame veneziane ne fanno largo e splendido uso esibendo creazioni ornate perfino di pietre preziose.

Sono soprattutto re e regine a mostrare costumi da cerimonia abbelliti da tale prezioso accessorio: i regnanti indossano gorgiere dalla misura importante e che incorniciano il volto come un’aureola, conferendo una bellezza composta e solenne.

La gorgiera nel suo variare di grandezza e sontuosità viene così a definire e sottolineare lo status sociale: più grande e maestoso è il colletto più grande è anche il potere della dama o del signore che ne sono portatori.

La gorgiera nell’arte ⇑ Sopra, esempio di gorgiera merlettata: <em>Marie Vignon, Madame la Connétable Lesdiguières,</em> ritratto di scuola francese, 1622 circa (Musée de Grenoble, fonte Wikimedia Commons) ⇓ Sotto, esempio di gorgiera a cannelli con polsini abbinati: <em>Portrait of Marie de Huelstre, wife of Willem van Vyve,</em> opera di Frans Pourbus the Younger, 1591 (Weiss Gallery London attraverso collezione privata dal Belgio, fonte Wikimedia Commons)
La gorgiera nell’arte ⇑ Sopra, esempio di gorgiera merlettata: Marie Vignon, Madame la Connétable Lesdiguières, ritratto di scuola francese, 1622 circa (Musée de Grenoble, fonte Wikimedia Commons) ⇓ Sotto, esempio di gorgiera a cannelli con polsini abbinati: Portrait of Marie de Huelstre, wife of Willem van Vyve, opera di Frans Pourbus the Younger, 1591 (Weiss Gallery London attraverso collezione privata dal Belgio, fonte Wikimedia Commons)

Tuttavia, occorre ammettere che la gorgiera non era certo un accessorio comodo: la testa si presentava su una sorta di grande piatto che irrigidiva ogni movimento, tanto più che cannucce nascoste lo tenevano in forma.

Con l’avvento dei colli a bavera, ossia dei grandi colletti quadrati di pizzo che vanno ad adagiarsi morbidamente sulle spalle, la moda della gorgiera scompare: vive un breve ritorno di fiamma nell’Ottocento quando il gusto romantico, influenzato anche dal melodramma e dalla lettura dei romanzi storici, ripesca l’antico colletto senza comunque tornare alle esagerazioni del periodo barocco.

Tornando alla collezione del nostro Andrea Mondin, si comprende come lo stilista sia affascinato dalla gorgiera e quanto bene l’abbia studiata decidendo infine di adottarla, anzi, di reinterpretarla: la sua versione segue sinuosa il fianco della tomaia della calzatura e, quando i piedi sono uniti, le porzioni di gorgiera vanno a ricomporre il colletto e a incorniciare il collo del piede stesso.

Chi mi conosce bene e chi frequenta abitualmente il blog sa quanto io ami la storia della moda e quanto io apprezzi chi dimostra di conoscerla riuscendo a dare una propria personale interpretazione: ecco perché amo il lavoro di Andrea ed ecco perché ho deciso di presentarvelo.

Me ne sono innamorata fin dalla prima volta in cui ho potuto vedere e toccare le sue calzature in occasione del press day dello scorso aprile: la foto qui sotto è stata da me scattata proprio in quella occasione e lascia vedere anche i bellissimi bozzetti dello stilista.

Come ho già accennato, è noto come oggi calzature e accessori abbiano acquisito grande importanza assumendo un ruolo di prim’ordine; considerato tale ruolo, si può affermare che esiste dunque una forte similitudine tra la visibilità che hanno gli ornamenti odierni e la visibilità dell’ornamento che è stato protagonista della moda cinque-seicentesca.

Andrea Mondin sa cogliere, sottolineare ed esaltare tale similitudine: la gorgiera applicata alla calzatura viene così a creare uno stile iperbolico, dal sapore un po’ barocco e dalla raffinata eleganza, stile che viene ulteriormente messo in risalto dalla scelta di modelli quali il sabot, la mule e la ciabattina flat.

Non mancano i tronchetti nei quali la gorgiera diventa un accenno sussurrato, un suggerimento posto sul retro della calzatura.

Il primo prototipo della gorgiera di Andrea Mondin è stato il risultato della sua collaborazione con una costumista del Teatro La Fenice; la produzione viene oggi realizzata interamente a mano presso un’azienda toscana specializzata in plissettatura; infine, la calzatura viene prodotta in una delle aree di eccellenza della manifattura calzaturiera italiana, presso una storica azienda di Parabiago, in provincia di Milano.

La passione dello stilista per pieghe, drappeggi e plissettature viene messa in risalto anche dalla scelta molto accurata dei tessuti: con la sola eccezione del classico camoscio e del velluto, le tomaie sono spesso realizzate con tessuti d’arredamento francesi, mentre per le gorgiere la scelta cade sul raso e il gros grain.

Come si può vedere, la gorgiera creata da Andrea Mondin segue sinuosa il fianco della tomaia della calzatura e, quando i piedi sono uniti, i due lati vanno a ricomporre il colletto e a incorniciare il collo del piede stesso. (Foto: Giovanni Peschi)
Come si può vedere, la gorgiera creata da Andrea Mondin segue sinuosa il fianco della tomaia della calzatura e, quando i piedi sono uniti, i due lati vanno a ricomporre il colletto e a incorniciare il collo del piede stesso. (Foto: Giovanni Peschi)

La gorgiera (che con la sua forma a spirale è tra l’altro anche simbolo del tempo che ritorna) diventa l’omaggio di Andrea Mondin a Venezia.

La città lagunare è un luogo dove passato, presente e futuro sembrano talvolta confondersi e quasi dissolversi in un’atmosfera di bellezza assoluta e un po’ rarefatta, talvolta decadente eppure proprio per questo ricca di un indicibile e inafferrabile fascino al quale è quasi impossibile sottrarsi.

Venezia assomiglia proprio a una di quelle dame con gorgiera ritratte da tanti pittori, raffinate e solenni: lo stilista attualizza il colletto, lo rinnova e gli regala una nuova stagione di successi.

Cosa dire? Ben fatto, caro Andrea.

Considerato tale esordio, credo fermamente che il tuo cammino sarà lungo e proficuo. E, parafrasando i nativi americani, penso di poter dire che molte donne vorrebbero camminare nei tuoi mocassini, pardon, nelle tue ciabattine flat.

Credo anche che, oggi, Cenerentola amerebbe perdere – e soprattutto ritrovare – un tuo sabot al posto della scarpetta di cristallo; quanto a Dorothy, credo che le piacerebbe battere il tacco non delle Scarpette d’Argento bensì di un paio di tuoi tronchetti.

Ve lo immaginate, cari amici? Dorothy che fa ritorno a casa, in Kansas, con un paio di tronchetti con piccola gorgiera in satin…

Che ritorno chic!

Manu

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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