Manolo Blahník a Milano per la mostra The Art of Shoes

Mercoledì, mentre ero seduta nella sala conferenze di Palazzo Morando intenta ad ascoltare un uomo meraviglioso e un favoloso couturier, continuavo a pensare a Sex and the City.

Quando guardavo i telefilm in tv e i film al cinema, quando invidiavo Carrie Bradshaw, Miranda Hobbes, Charlotte York, Samantha Jones per le loro vite spumeggianti e per i loro favolosi guardaroba, chi mai avrebbe potuto dirmi che, un giorno, io, proprio io, avrei incontrato Manolo Blahník, ovvero l’uomo che crea (nella finzione ma soprattutto nella realtà) le calzature oggetto del desiderio delle quattro amiche newyorchesi nonché di tutte le donne (reali) del pianeta?

Se qualcuno me lo avesse detto, magari qualche mese fa, non ci avrei mai creduto e credo avrei riso; invece è proprio vero che, talvolta, la realtà supera la fantasia e la finzione e così ho potuto conoscere il favoloso couturier spagnolo, scambiandoci anche quattro chiacchiere e scoprendo che è un uomo meraviglioso.

Colui che ha affermato «Shoes help transform a woman» è infatti il protagonista di una splendida mostra (scusate l’abbondanza di aggettivi iperbolici ma l’occasione lo merita) che si svolge dal 26 gennaio fino al 9 aprile 2017 presso Palazzo Morando, Museo del Costume, della Moda e dell’Immagine: l’incontro è avvenuto in occasione della conferenza stampa al quale era presente lui, Manolo Blahník (e sia benedetto il mio lavoro di editor!).

La mostra si intitola Manolo Blahník – The Art of Shoes, è curata da Cristina Carrillo de Albornoz ed è ospitata, appunto, a Palazzo Morando che è la sede deputata alla conservazione e alla valorizzazione del ricchissimo patrimonio di abiti e accessori, antichi e moderni, del Comune di Milano. La raccolta di calzature attualmente comprende circa 300 esemplari databili tra il XVI e il XX secolo, dalle scarpe rinascimentali ritrovate durante gli scavi intorno all’area del Castello Sforzesco fino all’alta moda.

The Art of Shoes si configura come un’occasione di reciproca valorizzazione, tra l’oggetto antico musealizzato e le moderne creazioni di Blahník: si tratta della prima esposizione in Italia dedicata all’iconico couturier spagnolo e mette in mostra una nutrita selezione di scarpe (ben 212 modelli) e di disegni (80) che coprono 45 anni di attività (anzi 46, come ha specificato il designer in conferenza stampa), a partire dal 1971.

È possibile ammirare creazioni calzaturiere che sono vere opere d’arte che proprio in Italia, precisamente nell’hinterland milanese, prendono forma in aziende che ancora oggi portano avanti una vocazione artigianale.

Ma non solo: l’esposizione intende infatti raccontare ed evocare la profonda influenza che arte e cultura – soprattutto quella italiana – hanno avuto e hanno ancora oggi sullo stilista. Dalla scultura greco-romana al barocco, da Il Gattopardo, il capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa traslato in pellicola da Luchino Visconti, ai coralli di Sicilia: tutto questo e molto altro ancora si ritrova nelle magnifiche calzature, sospese tra artigianalità e visione onirica, di Manolo Blahník.

Milano è stata scelta – in rappresentanza dell’Italia – per il forte legame che lo stilista sente con il nostro Paese, patria di forme d’arte e di artigianato riconosciute in tutto il mondo; Palazzo Morando, proprio in virtù della sua vocazione, è stato scelto come cornice prestigiosa e ideale per ospitare la mostra.

Dall’archivio privato dello stilista che conta oltre 30.000 modelli, Manolo e la curatrice Cristina Carrillo de Albornoz hanno selezionato – come dicevo – 212 scarpe (un insieme ben assortito quanto a colori, forme, volumi, effetti di pieno e vuoto) e 80 disegni. Questi ultimi rivelano le passioni che sono la fonte della sua ispirazione, ovvero espressioni artistiche quali l’architettura, l’arte, la letteratura e il cinema, la botanica, la cultura di Italia, Russia e Spagna nonché la storia del XVIII secolo.

Attraverso questa visione del colorato universo di Manolo Blahník, la mostra invita il pubblico a pensare la scarpa in modo diverso, ben oltre la moda, considerandola come oggetto fantasioso e dinamico, come una forma d’arte con personalità propria e spesso indipendente – non solo, dunque, come accessorio.

Oltre alle calzature di Manolo Blahník, nelle sale sono esposte alcune scarpe provenienti dalla collezione delle Civiche Raccolte Storiche selezionato da Chiara Buss, storica del costume e del tessuto. Lo scopo non è tanto quello di creare un confronto, quanto piuttosto una sorta di dialogo attraverso il quale i modelli antichi convivono con le creazioni dello stilista spagnolo, impreziosendosi a vicenda e, al contempo, rendendo chiaro il percorso creativo che ha caratterizzato l’evoluzione della calzatura nel corso di cinque secoli, dal Cinquecento al Novecento.

Come ha detto Chiara Buss durante la conferenza stampa, la storia è meravigliosa ma  – per essere interessante – ha bisogno di essere raccontata bene, nel modo giusto: questa mostra lo fa (eccone un altro merito) e riesce a creare una bilanciata e armoniosa convivenza anche tra Palazzo Morando con i suoi arredi e le sue opere e le scarpe di Blahník che trovano una perfetta ambientazione, creando nuove e affascinanti suggestioni tra contenitore e contenuto.

L’esposizione è accompagnata dal catalogo firmato da Cristina Carrillo de Albornoz: il volume raccoglie le conversazioni tra Blahník e la curatrice e vi do un consiglio, se davvero amate il couturier comprate il libro perché è una fonte inesauribile di notizie, aneddoti, approfondimenti.

Da esso traggo un paio di cose che desidero condividere con chi legge questo mio post, in quanto trovo raccontino molto bene il grande stilista: la prima è una sua dichiarazione che – a mio avviso – non necessita di commenti.

«Sono un uomo fortunato; assaporo ogni attimo. Adoro la libertà di poter nutrire la mia immaginazione e poi creare splendidi oggetti. Esiste forse un lavoro migliore?»

La seconda è un episodio che narra il suo esordio e che è legato a un altro personaggio iconico, ovvero Diana Vreeland.

Nel 1971, Paloma Picasso e il fotografo Maurice Hogenboom organizzarono un incontro a New York tra Manolo Blahník e Diana Vreeland, allora direttrice dell’edizione americana di Vogue: lui si recò all’appuntamento con un portfolio pieno di disegni di scenografie, profondamente intimidito da una donna di cui da sempre venerava il senso dello stile.

La Vreeland, celebre per il suo sguardo attento e per la capacità di scoprire nuovi talenti, si soffermò in particolare su un disegno in cui figurava una caviglia avviluppata in edera e ciliegie e gli disse: «Concentrati sulle estremità e disegna scarpe. Fai quello che ti rende felice. Non pensarle come scarpe ma come capolavori».

Blahnik tornò a Londra deciso a dedicarsi con tutto sé stesso alle calzature e così, infatti, fece: cosa dite, la Vreeland aveva ragione?

Michael Roberts, Manolo Blahník al lavoro, 2002 <em>(Courtesy Michael Roberts)</em>
Michael Roberts, Manolo Blahník al lavoro, 2002 (Courtesy Michael Roberts)
© Manolo Blahník, <em>Arlety,</em> primavera / estate 2013, décolleté di camoscio bicolore con punta increspata
© Manolo Blahník, Arlety, primavera / estate 2013, décolleté di camoscio bicolore con punta increspata
© Manolo Blahník, <em>Camparinew,</em> primavera / estate 2016, Mary Jane a punta in lino a pois con finiture in capretto
© Manolo Blahník, Camparinew, primavera / estate 2016, Mary Jane a punta in lino a pois con finiture in capretto
© Manolo Blahník, <em>Celesta,</em> autunno / inverno 2016 – 2017, stivale in pelle scamosciata ricamato a mano in Italia con perle di vetro multicolore
© Manolo Blahník, Celesta, autunno / inverno 2016 – 2017, stivale in pelle scamosciata ricamato a mano in Italia con perle di vetro multicolore
© Manolo Blahník, <em>Parisa,</em> autunno / inverno 2016 – 2017, stivale in camoscio con decorazione in cristalli Swarovski
© Manolo Blahník, Parisa, autunno / inverno 2016 – 2017, stivale in camoscio con decorazione in cristalli Swarovski
© Manolo Blahník, <em>Suntaxa,</em> primavera / estate 2013, sandalo in lino e nappa
© Manolo Blahník, Suntaxa, primavera / estate 2013, sandalo in lino e nappa
Manolo Blahník ritratto all’inaugurazione della mostra
Manolo Blahník ritratto all’inaugurazione della mostra

Segnalo infine che, dopo Milano, la mostra approderà a San Pietroburgo (28 aprile – 21 luglio 2017) e poi a Praga (12 agosto – 12 novembre 2017); infine, sarà ospitata a Madrid quale omaggio di Manolo Blanhík alla sua terra natale. Meta del 2018 sarà invece Toronto.

E concludo tornando, a questo punto, al mio entusiasmo iniziale a proposito di Manolo Blahník come uomo: amavo perdutamente le sue scarpe, ora amo lui che ho scoperto essere un Vero Signore (sì, con le iniziali maiuscole), disponibile, simpatico, piacevole, gentile, dai modi raffinati e allo stesso tempo diretti.

L’ho amato quando, in conferenza stampa, ha dedicato la mostra a due donne, Anna Piaggi (indimenticabile fashion editor di Vogue Italia, una delle mie figure di riferimento) e Franca Sozzani (direttrice di Vogue Italia appena scomparsa); mi sono commossa quando, durante un breve dialogo che abbiamo avuto, l’ho ringraziato per quella dedica e lui, visibilmente emozionato e con gli occhi lucidi, mi ha risposto «grazie, ma non mi ci faccia ripensare, ora, altrimenti mi metto a piangere».

E poi, davanti al mio imbarazzo – desideravo un ricordo del nostro incontro ma non osavo chiedere – lui ha compreso e mi ha proposto con semplicità «vogliamo fare una foto?»: l’ho ringraziato e lui mi ha risposto «ci mancherebbe, sono qui per questo».

Messaggio per tutti gli arroganti e gli altezzosi, giovani e non, della moda e non: prendete appunti, perché questa è la vera grandeur, come direbbero i nostri cugini francesi. Certi atteggiamenti, invece, sono solo spocchia, odiosa spocchia, perché – quando sei un grande – sono gli altri a riconoscerlo, senza bisogno di darsi tante arie.

Oh, Monsieur Blahník, meno male che non ha guardato i miei piedi: avrebbe visto un paio di stivali neri, del tutto lisci e con una piccola zeppa, un po’ anonimi, è vero, ma tanto comodi per muoversi rapidamente in città, sicuramente tanto lontani dalle preziose e dettagliate calzature che lei crea e che io amo così come sono amate da milioni di altre donne in tutto il mondo.

Eppure, sono certa che, con la signorilità che la contraddistingue, avrebbe fatto finta di nulla. Anzi, ripensandoci: forse le ha viste – credo che difficilmente le sfugga qualcosa – e ha davvero fatto finta di nulla. Merci.

Ah, un’ultimissima cosa.

Mi è venuto in mente che, in un episodio di Sex and the City, non ricordo la stagione, Carrie viene rapinata in strada: spaventata, dice al manigoldo «Prenda la borsa, l’anello, l’orologio, ma mi lasci le mie Manolo Blahník».

Sapete una cosa? Mai come oggi comprendo quella battuta 😉 🙂

Manu

 

 

 

Condivido con voi alcuni degli scatti che ho realizzato all’inaugurazione: riguardandoli, ho notato una volta di più la straordinaria varietà di forme, colori, materiali nonché la splendida armonizzazione con l’ambiente circostante. Chapeau!
Spero che gli scatti regalino la stessa sensazione a voi.
Per visualizzare la gallery, cliccate sulla prima foto e poi scorrete con le frecce laterali.

 

 

 

MANOLO BLAHNÍK. The Art of Shoes
a cura di Cristina Carrillo de Albornoz
Palazzo Morando | Costume Moda Immagine
Via Sant’Andrea 6 – primo piano, Sale Museali
Dal 26 gennaio al 9 aprile 2017
Orari: martedì – domenica ore 9-13 e 14-17.30 (lunedì chiuso; la biglietteria chiude un’ora prima)
T. +39 02 884 65735 – 46056

Ingresso comprendente il biglietto del Museo: 10 € intero – 8 € ridotto
Prima domenica del mese, mostra + Museo 6 euro; martedì dalle ore 14, mostra + Museo 6 euro; da martedì a domenica nell’ultima ora di apertura della biglietteria, mostra + Museo, 6 euro (qui trovate il tariffario completo con le riduzioni e gratuità)

La mostra è divisa in sei sezioni che esaminano i temi costanti e ricorrenti della carriera di Manolo Blahník.
La prima sezione comprende le calzature dedicate a personaggi storici e contemporanei che hanno ispirato o avuto un ruolo importante nella vita di Blahník: da Alessandro Magno passando per Brigitte Bardot fino ad arrivare alla leggendaria Anna Piaggi.
La seconda sezione comprende una selezione di scarpe che illustrano l’attenzione per il dettaglio elaborato e la ricchezza di materiali e colori usati con maestria squisita.
La terza sezione esamina la passione per l’arte e l’architettura e il modo in cui queste ispirano le costruzioni dello stilista.
La quarta sezione espone una selezione delle scarpe più fantasiose di Blahník, mettendo in evidenza la sua ironia e creatività: in questa sezione sono presenti le scarpe create nel 2006 per il film Marie Antoinette della regista Sofia Coppola.
La quinta sezione è dedicata alla natura, al profondo amore dello stilista per il mondo botanico, evidente fin dalla prima collezione.
Nell’ultima sezione sono infine esaminate le varie influenze geografiche e ambientali: qui trovano posto i modelli ispirati a Spagna, Italia, Africa, Russia, Inghilterra e Giappone.

Manolo Blahník
Con una carriera che dura da oltre 45 anni, è uno dei designer di calzature più influenti del mondo: le sue scarpe hanno stregato una schiera internazionale di ammiratrici sparse in tutto il mondo. È un artigiano: tuttora, per un paio di settimane ogni stagione, si reca nelle sue manifatture milanesi per dar vita personalmente a ogni collezione. Tutte le sue creazioni si basano su schizzi autografi che vengono tradotti in prototipi presso le fabbriche: ogni forma o tacco destinati alle sue scarpe vengono ancora perfezionati dalle sue stesse mani.
Nel corso degli anni, i successi di Manolo Blahník sono stati riconosciuti da diverse istituzioni in molti Paesi: Sua Maestà la Regina lo ha nominato Comandante Onorario dell’Eccellentissimo Ordine dell’Impero Britannico (CBE). Ha pubblicato numerosi libri (l’ultimo Fleeting Gestures and Obsessions): oltre a una linea di accessori femminili che comprende borse da giorno e da sera, il suo brand firma anche una collezione maschile di successo.

Il sito di Manolo Blahník: qui

Cristina Carrillo de Albornoz Fisac
Ex diplomatica delle Nazioni Unite, dal 1996 collabora come curatrice d’arte indipendente con i principali musei del mondo, oltre a essere critico d’arte e autrice. Ha lavorato anche per la Nobel Peace Foundation a Oslo.

 

Dal catalogo della mostra, in omaggio ad Anna Piaggi.

«Una delle persone a cui devo ciò che sono diventato è Anna Piaggi (1931-2012), la leggendaria fashion editor dell’edizione italiana di Vogue. Sono stato ispirato da molte donne straordinarie ma la divina Anna ha giocato il ruolo cruciale. Quando spostai la produzione delle mie collezioni a Milano, nei primi anni Ottanta, lei divenne l’artefice della mia carriera, fornendomi consigli e contatti preziosi. Anna è stata per me un faro e una grande amica, sin da quando la conobbi nel 1972 a Londra, nei pressi del mio negozio in Old Church Street. Era vestita in maniera impeccabile con uno Chanel decorato da inserti di pelliccia di quattro colori diversi e aveva ai piedi un paio di mie scarpe, mentre io portavo un cappotto Dior rosso con collo di velluto molto trendy. Mi avvicinai e le dissi: “Madame, vous êtes merveilleuse”. Tra noi si instaurò subito un rispetto reciproco. Anna era uno spirito intelligente e stravagante con un estro straordinario. Seguiva le proprie regole e con grande cura e senso dell’ironia creava su di sé abiti. La sua eccentricità, da alcuni ritenuta vistosa, non era mai finalizzata a farsi notare. In privato, Anna era una persona discreta. Ha ridefinito l’abbigliamento come forma d’arte. Ha portato la moda e lo stile di vita italiani all’attenzione del mondo, facendone la massima espressione dell’arte e della cultura.»

Personalmente e sentitamente grazie, Monsieur Blahník, per queste sue parole a proposito di una delle mie più grandi icone

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

Glittering comments

Barbara
Reply

Semplicemente grazie, Manu, x questo tuo articolo.
Adoro Manolo dalle prime puntate di sex snd the city, che mi hanno fatto compagnia nelle mie serate da single. e mi sono emozionata entrando nel suo negozio a New York. …stupido eh?!
Un bacione

Manu
Reply

No, Barbara carissima, non lo trovo affatto stupido.
Dovrei considerare stupida anche me stessa per l’emozione provata davanti a questo uomo speciale, ma non sottovaluto mai né le emozioni né le lacrime, né mie né altrui. Sai perché? Perché credo che siamo fatti di concreto e di immateriale, di quotidiano e di sogno. Credo che il nostro immaginario sia altrettanto importante quanto le cose tangibili e credo che siano sogni e sentimenti a costruire il quotidiano e a permetterci di sopportare la routine e talvolta il peso che porta con sé.
Quindi, ben venga la tua emozione entrando nel negozio a New York. E se qualcuno cerca di farti sentire stupida per questo… beh, regalagli un sorriso e continua a tenere stretta la tua capacità di emozionarti.
Ti mando anch’io un bacione,
Manu

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