È il 26/11/2023, io sono grata e rimando il pensionamento

Anche quest’anno è arrivato il mio compleanno e, stavolta, ho intenzione di parlare di un’unica cosa: quanto io mi senta grata.

Pur essendo un po’ inquieta per tante situazioni che ci circondano, oggi voglio focalizzarmi sulla gratitudine. Anzi, proprio perché le cronache sono piene di tante tragedie di ogni ordine e grado, si deve essere più che mai grati per ogni singola cosa che si ha.

Mi riferisco ad amore e salute così come al fatto di avere un tetto sulla testa e cibo nel piatto. Sono grata ogni volta in cui riesco ad acquistare un nuovo libro, ad andare a una mostra, a fare una vacanza. E poi desidero rivolgere la mia gratitudine all’attività professionale che più mi ha impegnata nell’ultimo anno: l’insegnamento.

Ho già detto (qui) cosa penso circa insegnamento e buoni docenti. Oggi, però, confesso che, ultimamente, mi è capitato di avere un pensiero ricorrente: abbandonare l’insegnamento. Non perché non mi piaccia. Non perché non ami i ragazzi. Ma perché la differenza di età tra me (Generazione X) e loro (Generazione Z) sta diventando troppo ampia. Leggi tutto

Zerocalcare, LCG23 e quelle domande che devo (e dobbiamo) porci

Mi impegno ogni giorno in una cosa alla quale tengo molto perché, per me, è un principio fondamentale: rispettare opinioni e punti di vista altrui.

A volte non è facile portare avanti questo impegno, lo ammetto, perché non sono un’eroina né una santa. E sicuramente mi riesce meglio quando opinioni e scelte sono supportate da grande coerenza.

Pertanto, la prima cosa che voglio dire è che la scelta, tra l’altro molto sofferta, di Zerocalcare alias Michele Rech (cancellare la propria partecipazione a Lucca Comics & Games 2023 – LCG23 causa patrocinio dell’ambasciata israeliana) incontra il mio massimo rispetto in quanto è perfettamente coerente con lui, il suo pensiero, il suo percorso.

Ciò di cui desidero parlare è come la scelta di Michele mi abbia portata a pensare alle mie scelte.

Già, perché, nella rubrica A glittering calendar di questo sito, nella parte dedicata agli Eventi, trovate in questo momento (fine ottobre 2023) anche LCG23.
E sono qui per spiegarvi perché. Senza spocchia, con la sola volontà di motivare la mia scelta come se riflettessi ad alta voce.

Chi segue il mio lavoro lo sa: la rubrica A glittering calendar nasce per dare notizia circa eventi che abbiano valore culturale. Il mio scopo è quindi divulgare e informare.

Mettere o no la notizia di LCG23?

La rubrica è mia e sono io che decido cosa includere, è vero, ma faccio qualcosa che vuole essere per gli altri – e non per me stessa.
E se è doveroso che io fissi delle regole – le mie – è altrettanto doveroso porgermi delle domande, anche mettendo eventualmente in dubbio tali regole. Leggi tutto

Ho fatto Love Therapy con Floria Fiorucci, la sorella di Elio

Elio Fiorucci ha scritto un gran capitolo della storia del costume, a livello italiano e internazionale.

Ha fatto cose da autentico pioniere, molto tempo prima che diventassero comuni, a partire dall’apertura del suo negozio a Milano nel 1967, primo concept store in Italia.

Il suo denim ha fatto storia così come i suoi celeberrimi angeli.

Indimenticabile la commistione che ha saputo creare con l’arte e con artisti del calibro di Keith Haring. Era il 1983 quando Fiorucci ha affidato all’artista statunitense la decorazione del negozio in San Babila, precisamente in Galleria Passarella, completamente svuotato per l’evento.

E se non credete a me, se non credete se vi dico che Elio Fiorucci è stato importante ben oltre moda e costume, vi chiedo di leggere questo bellissimo articolo di Gianmarco Gronchi pubblicato in un sito che parla di storia dell’arte.

Non mi vergogno a raccontare che, nel 2015, quando è scomparso improvvisamente per un malore, ho pianto.
Perché Elio Fiorucci, oltre a essere un pezzo di storia (non manca mai nelle lezioni ai miei studenti), è uno dei motivi per cui mi sono innamorata della moda quando ero solo un’adolescente. Leggi tutto

Se avessi voluto piacere a tutti sarei nat* Nutella, ovvero la critica oggi

Da tempo noto un fenomeno ormai dilagante e incontenibile: la critica portata ai massimi livelli.
Critica a oltranza, su tutto e su tutti, sempre, comunque e in qualsiasi caso, per tutto e per il contrario di tutto. E spesso in modo aspro, esasperato, sopra le righe.

Come ho appena scritto, è un fenomeno in corso già da tempo, via social network ma non solo, eppure ultimamente sta raggiungendo livelli davvero preoccupanti, secondo me.
Saltellando qua e là in quello strano mondo che è ormai Instagram, per esempio, mi capitano sempre più sotto gli occhi casi emblematici.

Ne cito qualcuno?

Parto da un uomo che stimo davvero molto, single, ha in affido una bambina con sindrome di Down o trisomia 21: la critica per lui è scattata perché ha appena preso un cagnolino di razza anziché un meticcio in un canile.
Dare alla piccola un compagno a quattro zampe con cui giocare, rapportarsi e crescere mi sembra un’idea grandiosa, eppure alcuni commenti sottostanti il suo post (che scioglie letteralmente il cuore in punti come quello in cui lei mostra il libro di Pinocchio al cucciolo) variano da «mi meraviglio di te» a «avresti dovuto dare un esempio significativo adottando un cane e non comprandolo».

Giuro, sono rimasta basita. Leggi tutto

Ritmi sostenibili, sostenibilità verso innovazione, cultura e intrattenimento

La parola sostenibilità è una delle più utilizzate – e oserei aggiungere abusate – degli ultimi anni.

È però necessario utilizzarla bene, comprendendo fino in fondo quanto sia preziosa: riconduce a temi estremamente importanti e comporta rispetto e consapevolezza.

Come anticipavo nel post precedente e nell’ottica di essere sempre più attiva sul fronte sostenibilità sociale e ambientale, ho accettato molto volentieri l’invito a partecipare a un talk intitolato Ritmi Sostenibili.

Il talk è stato pensato e organizzato da Demood, collettivo che si pone un preciso obiettivo: celebrare creatività e bellezza in ogni forma.

Sempre in evoluzione, Demood ha le sue radici nelle Marche, regione in cui si incontrano natura e genio umano: ogni membro mette a disposizione il proprio talento e le proprie esperienze per realizzare progetti caratterizzati da sperimentazione e dinamismo.

Il loro progetto di punta è il Mood Festival e lo scorso anno ho raccontato (qui) che si tratta di un evento che nasce con l’idea di portare le atmosfere delle grandi rassegne musicali nel cuore delle colline marchigiane.

Mood Festival giunge quest’anno alla sua nona edizione: si terrà il 21 e 22 luglio al Castello della Rancia di Tolentino (qui tutti i dettagli) ed è accompagnato da una serie di novità tra le quali in primis il talk Ritmi Sostenibili che si è tenuto il 10 giugno presso il Campus Simonelli. Leggi tutto

Perché ho partecipato al talk “Ritmi Sostenibili” voluto da Demood

Oggi vorrei condividere alcune riflessioni riguardo moda e abbigliamento con voi, cari amici che mi fate l’onore di leggere questo spazio web, e vi spiegherò poi anche il motivo di questa condivisione.

Parto da un presupposto.

Il rapporto con l’abito accompagna l’uomo (e gli antenati più prossimi) da sempre perché risponde a un’esigenza di tipo primario, ovvero correlata alla nostra sopravvivenza: fin dai tempi delle caverne, abbiamo compreso di aver bisogno di coprirci per proteggerci e difenderci poiché siamo gli unici esseri a non essere dotati di un bagaglio protettivo e difensivo intrinseco che è invece proprio di altri animali.

Non abbiamo pelo o pelliccia, corazza, artigli e la nostra pelle non è da sola sufficiente a difenderci dalle intemperie, dal freddo e dal caldo: l’uomo ha dunque compreso velocemente di avere bisogno di completare ed equipaggiare il proprio corpo con qualcosa di esterno.

Ben presto, però, l’abito ha assunto ulteriori e numerose connotazioni, andando a raccontare la posizione sociale piuttosto che un ruolo professionale, come per esempio avviene nel caso delle divise, da quelle militari fino a quelle del personale medico. Leggi tutto

Maternità o meno, la vita riesce sempre a essere sorprendente

Ogni anno, puntualmente, faccio i miei auguri sinceri alle mamme per la loro festa, partendo da mia mamma e da mia sorella (madre di mia nipote) fino ad arrivare a tutte le amiche che vivono la maternità come esperienza appena iniziata oppure ormai consolidata.

Quest’anno vorrei aggiungere anche una riflessione su me stessa e premetto subito un paio di cose.

Non voglio in alcun modo rubare la scena alle mamme, tant’è che pubblico appositamente questa riflessione il giorno dopo la Festa della Mamma; non voglio neanche (e nemmeno lontanamente) paragonarmi alle madri per le quali nutro il massimo rispetto.

La mia è semplicemente una riflessione su me stessa, come dicevo, e su quanto io sia fortunata nonostante abbia deliberatamente rinunciato al prezioso dono di essere mamma.

Già, proprio così, sono una donna senza figli e lo sono per mia scelta in quanto, semplicemente, non li ho mai desiderati.

A oggi non mi sono pentita, nemmeno per un istante, della scelta di rinuncia alla maternità, nonostante le funeste profezie di tante persone – vedere la vignetta spiritosa qui sotto, un collage di frasi carine che mi sono sentita dire negli anni (senza voler fare del vittimismo, anzi, ci sorrido sopra). Leggi tutto

1° maggio 2013 – 1° maggio 2023, dieci anni di A glittering woman

Dieci.

Meditavo su quanto il numero dieci sia ricco di significati e simbologie.

Dieci è, per esempio, il numero di cifre alla base del sistema di numerazione detto decimale che, oltre ad avere dieci simboli con cui è possibile comporre qualsiasi numero, è in base 10 perché servono 10 unità di un ordine per formare un’unità dell’ordine successivo.

Anche il sistema di misura metrico decimale, uno tra i più diffusi e utilizzati, è in base 10, ossia il rapporto tra multipli e sottomultipli di ogni sua unità di misura è sempre 10 o una potenza di 10: ogni misura è 10 volte più piccola di quella immediatamente a sinistra ed è 10 volte più grande di quella immediatamente a destra.

Il numero dieci era considerato da Pitagora il numero perfetto e costituiva il cosiddetto tetraktýs o tetrattide, ovvero la successione aritmetica dei primi quattro numeri naturali: 1 + 2 + 3 + 4 = 10.

Dieci sono i decenni contenuti in un secolo e ognuno è fatto a sua volta di dieci anni: non posso non pensare ai miei studenti e a quando, durante i miei corsi, ci occupiamo di ogni decennio del Novecento dal punto di vista dell’evoluzione del costume.

A proposito di studenti e scuole: nelle primarie e secondarie, 10 è il voto che corrisponde all’eccellenza.

Si definisce decalogo una serie che si compone generalmente di 10 precetti (talvolta più o meno) in grado di riassumere norme o direttive fondamentali per un’attività.

Decalogo indica per antonomasia i Dieci Comandamenti dati da Dio a Mosè sul Monte Sinai (detti anche le dieci parole), i principi che svolgono un ruolo fondamentale nell’ebraismo e nel cristianesimo.

Decalogo (Dekalog) è il titolo della serie di 10 pellicole del 1988 dirette da Krzysztof Kieślowski proprio perché ogni episodio racconta una storia di vita quotidiana ispirata a uno dei comandamenti biblici e dieci furono anche le Piaghe d’Egitto, ovvero le punizioni che, secondo la Bibbia, Dio inflisse agli Egizi per non aver liberato gli ebrei dalla schiavitù. Leggi tutto

Quando sono compassione ed empatia a finire in croce

Ho letto molte opinioni sulla morte di Andrea Papi, il giovane uomo ucciso da un’orsa nei boschi nella provincia di Trento, sembrerebbe per istinto di difesa verso i propri cuccioli.

Queste letture mi hanno lasciata basita se non sconvolta e a sconvolgermi sono in particolare i commenti social di moltissime persone.

Non mi riferisco certo a chi non vuole la morte dell’orsa, ma a chi manca completamente di qualsiasi forma anche minima di empatia, solidarietà e compassione verso Andrea nonché di rispetto verso la sua famiglia e il loro dolore.

Va bene anzi benissimo la solidarietà verso l’orsa, ma i commenti agghiaccianti verso Andrea, le certezze assolute nel giudicare i suoi comportamenti senza sapere niente né di lui né della sua vita… ecco, come vanno inquadrati?

Anche a me fa orrore chi chiede a gran voce la mattanza degli orsi trentini, ma non dimentico la morte di Andrea, non oso (e non voglio) immaginare gli ultimi istanti della sua vita, non oso immaginare lo straziante dolore dei suoi cari. E soprattutto non giudico una persona che non conoscevo esattamente come non la conosceva chi oggi sputa facili e ovvie sentenze via social.

Tantissimi sono pronti a giudicare, a emettere sentenze e giudizi inappellabili e definitivi, a ergersi a esperti, sempre e comunque, questa volta esperti di orsi e della loro gestione.

In Trentino c’è un evidente e grosso problema, ma io, per esempio, non ho la più pallida idea di come risolverlo perché non è il mio campo e non sono sufficientemente preparata; mi limito quindi a tacere e anche a non giudicare né Andrea né i suoi comportamenti, tanto più che non vivo in quella zona e dunque non vivo sulla mia pelle le consuetudini e la quotidianità di quei luoghi e degli abitanti.

Avrei continuato a tacere sulla questione proprio perché non sono competente, ma ora – basita dalla durezza delle troppe cose lette – mi piacerebbe chiedere ai tanti esperti e ancora di più ai tanti spietati giudici se le loro scelte siano sempre perfettamente assennate e precise, ineccepibili e inattaccabili. Leggi tutto

Un saluto a Maurizio Costanzo da una ex bambina che lui ha influenzato…

Ero solo una bambina quando esordì il Maurizio Costanzo Show.

Nonostante fossi in un’età decisamente acerba, mi innamorai da subito e istintivamente di quel modo così particolare di fare giornalismo in televisione e ora mi fa sorridere pensare che, sicuramente, all’epoca, nemmeno sarei stata capace di spiegare con precisione cosa significasse il termine «giornalismo».

Ricordo quante discussioni avevo con mia mamma – che è sempre stata severa, rigorosa e inflessibile quanto a orari e disciplina – per ottenere di restare ancora un po’ in piedi e poter carpire ancora qualche minuto di trasmissione.
Lei teneva al fatto che io dormissi a sufficienza per poter affrontare bene la scuola il giorno dopo, io avrei preferito restare ad ascoltare l’uomo che tanto mi affascinava nonché i suoi ospiti sempre curiosi e interessanti.

E ricordo anche un episodio di diversi anni dopo.

Non ho la più pallida idea di quale trasmissione si trattasse, ma rammento che si chiedeva agli intervistati, persone fermate casualmente per strada, di citare i propri personaggi televisivi preferiti.
Una persona iniziò a snocciolare il proprio elenco e, nel bel mezzo, aggiunse «e poi Maurizio Costanzo Show».
Disse proprio così, non Maurizio Costanzo bensì Maurizio Costanzo Show, un piccolo errore, una simpatica e ingenua svista che, in realtà, era molto sintomatica e rappresentativa.
Indicava quanto fosse quasi impossibile separare lo show, ovvero la creatura, da Costanzo, ovvero il creatore, quanto fossero profondamente e intimamente fusi insieme in un unico concetto radicato nella testa, nel quotidiano e nell’immaginario non solo di quella persona, ma di moltissimi altri, ne sono certa, milioni di spettatori appartenenti a diverse generazioni.

Maurizio Costanzo era ed è sinonimo di talk show, sinonimo di un certo modo di fare televisione, interviste, giornalismo; incarnava e incarna il modo e il mondo che, fin da bambina, mi hanno affascinata e che hanno contribuito a farmi desiderare di fare quello che per me è il mestiere più bello e appassionante del mondo, ovvero comunicare, raccontare, condividere.

Buon viaggio, Maurizio, e grazie per quelle serate nonché per quell’amore precoce e istintivo e per quel seme che hai posto in me così come in molti altri.

Manu

P.S.: oggi ho guardato i funerali di Maurizio Costanzo in tv e mi sono commossa quando la figlia Camilla ha letto una lettera a nome suo e dei fratelli Saverio e Gabriele. Da venerdì, giorno della scomparsa di Costanzo, non avevo mai pianto ma oggi, davanti alle parole di Camilla e a quel «papino», lo stesso nomignolo che uso per il mio, mi si sono riempiti gli occhi di lacrime. Ringrazio Camilla, Saverio e Gabriele per la generosità del pensiero rivolto verso i «molti figli acquisiti» del loro papà ♥

 

Pensieri a proposito delle elezioni regionali del 12 e 13 febbraio 2023

Ho scattato questa foto lunedì 13 febbraio, presso le scuole medie della mia zona, andando a votare in occasione delle elezioni regionali in Lombardia.

Quella mattina ero felice perché stavo andando a esercitare un diritto esprimendo la mia opinione e ho reputato questo murale come un buon auspicio.

L’effigie di Borsellino e Falcone insieme a quelle parole mi hanno fatto pensare che sì, esiste speranza se i giovanissimi credono che scuola e conseguentemente istruzione e cultura siano i peggiori nemici di quel cancro che è la mafia.

(E scusate per il bidone dei rifiuti nel mezzo ma non potevo spostarlo, i carabinieri giustamente mi tenevano d’occhio.)

Mentre scattavo, ero davvero colma di fiducia e ottimismo; ora, a pochi giorni di distanza, mi sento semplicemente una povera illusa, sconfitta, delusa e amareggiata, profondamente. E se mi sento così è perché moltissime persone hanno scelto di non votare, di non esprimere la propria opinione.

I dati dell’affluenza per le elezioni regionali di Lombardia e Lazio dicono che ha votato il 40% della popolazione avente diritto rispetto al 70,63% delle precedenti omologhe del 2018.

Sono dati agghiaccianti: indicano che, statisticamente, solo 40 persone su 100 hanno scelto di esercitare il proprio diritto di parola.

Non so per quale o quali motivi gli altri 60 – la maggioranza – abbiano rinunciato: penso sia per sfiducia e correggo la mia precedente affermazione, in realtà è anche questa un’opinione o un’idea.

Non votare è un po’ come dire «tanto non serve, la nostra voce non conta, i politici fanno comunque ciò che vogliono».
Non voglio pensare che dietro tale idea ci sia semplice disinteresse, temo che ci sia appunto tanta sfiducia. Leggi tutto

Pensieri di un sabato pomeriggio in diretta dal divano di casa mia…

Sabato pomeriggio.

Enrico, mio marito, e io siamo rientrati da poco e siamo comodamente sdraiati sul divano della nostra casa.

Nell’aria suona la voce calda di Tracy Chapman, da un suo omonimo disco datato 1988: Enrico, che è un grande appassionato di musica e di vinili, l’ha trovato in una fiera specializzata dove ha trascorso la mattinata. A diffondere la musica è il sistema stereo che, come ogni vero appassionato, ha messo insieme lui nel tempo, pezzo dopo pezzo, anno dopo anno, pazientemente, e di cui è molto orgoglioso, giustamente.

Mentre Enrico si perdeva tra i vinili, anch’io mi sono dedicata a una delle mie passioni, quella per la camminata sportiva: mi sono regalata un bel giro in una giornata davvero spettacolare, uno straordinario anticipo di primavera con temperatura insolitamente tiepida per essere inizio febbraio. Pare che da domani torni il freddo ma non importa, oggi è stato bellissimo e io mi sono goduta a fondo ogni singolo istante dei miei 10 chilometri.

Il tempo era talmente tiepido che, una volta ricongiunti, abbiamo pranzato all’aperto, al sole, in un posto che entrambi amiamo molto: è a pochi minuti da Milano eppure sembra di essere in aperta campagna, c’è tanto verde e i cani sono i benvenuti, ci sono quattro zampe che scodinzolano e zampettano dappertutto portando un’allegra confusione. Leggi tutto

Pensieri sparsi… se ci si sente spare ovvero come un pezzo di ricambio…

Quando qualcuno dice la parola spare, io penso subito al mio primo vero lavoro, ovvero l’impiego in una società di ingegneria che progettava macchinari e apparecchiature per il settore petrolchimico.

Ci occupavamo naturalmente anche delle parti di ricambio, spare parts o spares, appunto, che poi raggiungevano i nostri macchinari i quali erano talvolta posizionati su piattaforme petrolifere in mezzo al mare oppure altre volte installati al servizio di gasdotti che si snodavano in qualche deserto; ricordo altrettanto bene come quelle destinazioni remote mi facessero fantasticare anche grazie ai racconti dei nostri tecnici che spesso raggiungevano gli impianti per fare manutenzione.

Dunque, quando ho appreso che Spare è il titolo dell’autobiografia di Harry, sono stata molto colpita dalla scelta di un termine a me familiare ma in tutt’altro contesto. E che è stato tradotto in “il minore”.

Capita abbastanza spesso che, nel passaggio da inglese a italiano, si facciano scelte leggermente diverse, come per esempio avviene nei titoli di tanti film: in questo caso specifico, non so se e quanto il fatto di smorzare la crudezza concettuale del pensiero originale sia stata una scelta che condivido. Leggi tutto

Un compleanno ‘significativo’, nuove consapevolezze e camminata sportiva

Ci siamo: è arrivato il mio compleanno ed è la volta di un compleanno… significativo, definiamolo così, e – di conseguenza – mi trovo a riflettere sul passare degli anni.

Visto che non è la prima volta che lo faccio, inizio a pensare che gli anni siano una fissazione dell’età, ovvero iniziamo a pensarci (troppo) spesso quando li percepiamo come tanti (e in effetti i miei iniziano a esserlo); poi penso a Julia Fox che, in questi giorni, a (soli) 32 anni (!), si è messa a disquisire dell’invecchiare e allora mi dico che no, ogni cosa è forse davvero semplicemente relativa.

A ogni modo, tornando a noi…

Vedete, cari amici, ciò su cui mi sono ritrovata a riflettere è che, tutto sommato, Madre Natura è stata gentile con me quanto a corredo di partenza o ‘starter kit’, se preferite.

State tranquilli, non è mia intenzione vantarmi, per carità, nessuno mi ha mai chiesto di posare per un calendario 😀 e non me ne stupisco affatto visto che so benissimo quale è la realtà: non sono né alta né slanciata, non ho misure da pin up né lineamenti perfetti e dunque altro che vantarmi, anzi, mi sono sempre lamentata.

Di cosa?

Per esempio ho sempre detestato la mia fisicità tendenzialmente mediterranea (posso definirla a clessidra) e mi sono lagnata nonostante i fianchi non strettissimi (è vero, lo sono) siano in realtà proporzionati alla vita stretta (ed è stretta ancora oggi); non ho mai amato le mie gambe tornite e mi sono lagnata nonostante io sappia benissimo che sono state forgiate (anche) da una vita di sport e di attività fisica, quindi non potrebbero mai essere sottili; insomma, non ho certo avuto il fisico longilineo e un po’ androgino che invece mi sarebbe tanto piaciuto avere. Leggi tutto

Una Venere isolata, il romanzo che fa dialogare la moda con il mistico

La moda è una materia superficiale ed è superficiale preoccuparsi troppo di cosa ci si mette addosso.

L’abito non fa il monaco.

Quante volte abbiamo sentito pensieri simili? Spesso.

Da quanto tempo si lotta (e lotto) contro questi pensieri che sono in realtà luoghi comuni? Da parecchio.

Sono luoghi comuni, esatto, perché se è vero che dedicarsi agli abiti non equivale certo a salvare vite umane, per carità, è altrettanto vero che ciò che ci mettiamo addosso non solo riesce a parlare di noi, ma racconta anche la società e il tempo in cui viviamo.

La moda e gli abiti raccontano la storia dell’uomo e l’evoluzione della società intersecandola e attraversandola profondamente: è un linguaggio potente al punto che, anche solo osservando la foggia degli abiti in un quadro o in una foto, possiamo procedere a una sua collocazione temporale certa e precisa se conosciamo la storia del costume.

Pertanto non sempre l’abito fa il monaco (sebbene divise, uniformi e vesti ecclesiastiche siano in realtà strettamente connesse con la persona che le indossa e con il mestiere che fa), certo, ma sicuramente conoscere l’alfabeto attraverso il quale la moda si esprime è importante, senza contare che la moda è un lavoro concreto che dà da mangiare a moltissime persone in tutto il mondo, da chi produce ciò che indossiamo a chi lo vende nei negozi passando per una  lunghissima filiera di mestieri e figure professionali. Leggi tutto

In India, grazie a Child in Need Institute, la scuola va dagli studenti

Oggi, a pochi giorni dall’inizio di un nuovo anno scolastico, desidero occuparmi di due argomenti che mi stanno particolarmente a cuore e che sono strettamente connessi tra loro: i giovani e l’educazione.

Non sono madre – per scelta – eppure le sofferenze dei più piccoli mi toccano profondamente e mi scoppia il cuore quando penso a quanti bambini e adolescenti vengano privati di diritti, libertà e sogni, soffrendo la fame, patendo malattie, subendo violenze e soprusi.

La cecità nei confronti del benessere fisico e mentale di giovani e giovanissimi è pura follia dato che essi incarnano il futuro: la loro condizione dovrebbe pertanto essere al centro di ogni nostro sforzo.
E il futuro passa attraverso l’educazione dei più giovani, attraverso il loro accesso a formazione, cultura e conoscenza.

Come ho detto, non sono madre eppure credo esistano tanti modi in cui ci si possa prendere cura di giovani e futuro: ho trovato il mio nell’insegnamento.

I miei studenti sono ragazzi che hanno completato gli studi superiori e si apprestano ad affacciarsi su un mercato del lavoro sempre più complesso e sfaccettato: dunque sono ‘grandi’, diciamo così, ma allo stesso tempo molti di loro hanno ancora bisogno della vicinanza degli adulti, hanno bisogno di rassicurazioni, guida, consigli. Leggi tutto

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