Maternità o meno, la vita riesce sempre a essere sorprendente

Ogni anno, puntualmente, faccio i miei auguri sinceri alle mamme per la loro festa, partendo da mia mamma e da mia sorella (madre di mia nipote) fino ad arrivare a tutte le amiche che vivono la maternità come esperienza appena iniziata oppure ormai consolidata.

Quest’anno vorrei aggiungere anche una riflessione su me stessa e premetto subito un paio di cose.

Non voglio in alcun modo rubare la scena alle mamme, tant’è che pubblico appositamente questa riflessione il giorno dopo la Festa della Mamma; non voglio neanche (e nemmeno lontanamente) paragonarmi alle madri per le quali nutro il massimo rispetto.

La mia è semplicemente una riflessione su me stessa, come dicevo, e su quanto io sia fortunata nonostante abbia deliberatamente rinunciato al prezioso dono di essere mamma.

Già, proprio così, sono una donna senza figli e lo sono per mia scelta in quanto, semplicemente, non li ho mai desiderati.

A oggi non mi sono pentita, nemmeno per un istante, della scelta di rinuncia alla maternità, nonostante le funeste profezie di tante persone – vedere la vignetta spiritosa qui sotto, un collage di frasi carine che mi sono sentita dire negli anni (senza voler fare del vittimismo, anzi, ci sorrido sopra).

Chi mi conosce veramente bene ha invece smesso di profetizzare pentimenti e ha accettato il fatto che io stia bene così e che sia priva del desiderio di maternità, non perché sia egoista né perché pensi che i figli siamo limitazioni o zavorre – tengo a precisarlo.

Qui si innestano infatti ulteriori discorsi.

Credo che il pensiero (ancora piuttosto diffuso) che vuole che una donna sia veramente tale nonché veramente completa e realizzata solo attraverso la maternità sia una delle sciocchezze più grandi che io abbia mai sentito: una donna è, prima di tutto, una persona e quindi ogni donna può e deve trovare la propria completezza e realizzazione con o senza figli – e non attraverso i figli.

E se penso questo è perché i figli, secondo me, non si fanno affinché siano strumenti per realizzare noi stessi come esseri umani: si fanno (o si dovrebbero fare) per amore, puro e disinteressato, e pensare il contrario (ovvero pensare che siano un mezzo per essere completi e realizzati) è riduttivo e limitante, a mio avviso, non solo per tutte le donne come me, senza figli, ma anche e soprattutto per le mamme.

Non solo, sono anche convinta del fatto che la maternità non faccia di noi donne né delle sante né delle creature angelicate.

Essere mamme è difficile e faticoso ed è un percorso che prevede errori e cadute, vista la nostra condizione di esseri umani ovvero imperfetti: essere genitore – perché tutto ciò vale allo stesso modo per i padri – è dunque il mestiere più bello ma anche il più complesso e delicato che esista.

Quindi sarebbe ora di smetterla sia con i discorsi sulla realizzazione sia con le beatificazioni a priori, perché entrambi i pensieri rendono ancora più complessa e delicata la genitorialità, caricandola di ulteriori aspettative da soddisfare.

Ma ritorno a me…

Proprio alla luce di quanto sopra, sono convinta del fatto che non sarei stata all’altezza della complessità che ho menzionato e lo dico perché a volte faccio fatica a prendermi cura perfino di me stessa, figuriamoci occuparmi di un’altra creatura.

Credo pertanto che sarei stata una pessima madre e ho cercato conseguentemente di fare una scelta onesta e coerente, verso me stessa e anche verso un ipotetico figlio, altro che l’egoismo di cui qualcuno mi taccia.

Eppure la vita è strana e, proprio a me che non ho istinto materno, proprio a me che non sarei stata una buona madre, ha affiancato, negli ultimi anni, tanti giovani con i quali ho un bel rapporto di fiducia e stima, un rapporto che non mi permetto certo di paragonare a quello tra madri (anzi, genitori) e figli, non oso nemmeno pensarlo, ma che tuttavia è un rapporto fatto di presenza, affetto e continuità.

Questi giovani sono alcuni dei miei studenti, altri sono figli di amici cari e ci sono perfino alcuni ragazzi che mi hanno cercata attraverso Instagram; tutti loro guardano a me – mi fa impressione perfino scriverlo – come a un punto di riferimento, come a una persona con cui confrontarsi e dalla quale ricevere supporto.

Ho avuto una vita meravigliosa, finora, una vita ricca di esperienze intense, nel bene e a volte nel male, e ora mi ritrovo tra le mani anche questo regalo inatteso.

Sono infinitamente grata di ricevere un dono così straordinariamente prezioso e che, a me che pensavo di non essere all’altezza di un compito (e di un mestiere) troppo grande e importante, insegna invece che esistono vari modi di ricoprire un ruolo di riferimento, non come fa un genitore, certo, lo sottolineo nuovamente, ma comunque offrendo sostegno.

Offrire amore, presenza, tempo, cura, supporto e fornire gli strumenti necessari affinché un giovane possa essere in grado di affrontare la vita e il futuro: ecco, questo è per me il significato più profondo di maternità e paternità, questa è l’essenza del mestiere più bello e complesso, non certo quella di realizzare sé stessi.

Tale essenza è ciò che ho avuto come figlia ed è ciò che ho temuto di non poter offrire come genitore; sono sorpresa e grata di poter comunque fare parte di quel processo che, generazione dopo generazione, manda avanti il mondo e di poter avere un piccolo ruolo nonostante la mia scelta di non essere madre.

La vita è bella proprio per questo, perché ci sorprende e ci dimostra che i nostri progetti personali sono sempre infinitamente più piccoli e limitati dei suoi.

Manu

 

P.S. (1): a proposito, oggi è la Giornata Internazionale della Famiglia e quindi faccio gli auguri a noi tutti perché (quasi) ogni essere umano sente il bisogno di condividere l’esistenza con qualcuno che considera come la propria famiglia.

P.S. (2): aggiungo un’altra cosa. Se ho potuto parlare della scelta di non essere madre causa mancato desiderio e se ho potuto farlo per esperienza diretta e personale, non ho invece voluto intenzionalmente parlare di chi non può essere madre nonostante lo desideri: è una situazione che non ho vissuto e quindi, per rispetto, non ho osato parlarne. Dico solo che quel famigerato discorso dell’essere complete e realizzate soltanto attraverso la maternità risulta ancora più riduttivo e limitante per chi si è visto negato (e per svariati motivi) qualcosa che invece avrebbe desiderato. Ripeto, massimo rispetto e anche massima solidarietà ed empatia per queste donne.

P.S.: (3): dieci anni fa, nel 2013, scrissi un post su mia mamma e conclusi con la frase «se avessi avuto il coraggio di essere una donna diversa da quella che sono… avrei voluto essere come lei». Ecco, quelle parole si collegano perfettamente a quanto ho scritto qui oggi: se avessi scelto la maternità, avrei voluto essere esattamente come mia madre, la donna che più ammiro al mondo e che mi ha cresciuta nella libertà di poter essere ciò che desidero, inclusa la libertà di essere una donna senza figli.

P.S. (4): seguito condivisione di questo post in Instagram, è nato un confronto bellissimo. Se vi va di leggerlo, lo trovate qui.

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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