Fausto Colato experience: io artigiana per un giorno
Vi è mai capitato, guardando un oggetto, di pensare “ma sì, potrei essere capace di farlo anch’io”?
Lo confesso, a me è capitato di fare pensieri di questo tipo e non per arroganza, ve l’assicuro: credo capiti con quegli oggetti che fanno talmente parte della nostra quotidianità da portarci a considerarli non dico scontati, ma comunque piuttosto normali e semplici.
Faccio un esempio pratico: la cintura.
Chi di noi non la usa? Per gli uomini, poi, è fondamentale.
Ecco, fino a dieci giorni fa, avrei giurato che fare una cintura fosse un’operazione non particolarmente difficile o complicata: per carità, non immaginavo fosse una cosa alla portata di tutti (e soprattutto non alla mia portata, visto la mia manualità non eccelsa), ma – onestamente – non pensavo nemmeno che per fabbricarne una a regola d’arte, rigorosamente fatta a mano, di ottima qualità e destinata a durare nel tempo, fossero necessari addirittura una trentina di diversi passaggi.
Per fortuna, a sanare questa mia grande ignoranza è giunto il bravissimo Paky Sarao, il designer alla guida del laboratorio artigianale Fausto Colato, realtà manifatturiera specializzata in pelletteria di alto profilo.
L’azienda è nata nel 1989 e la lunga esperienza maturata sia in ambito produttivo sia nel campo della ricerca consente oggi alla Fausto Colato di proporre articoli che per qualità, stile e originalità ben rappresentano il made in Italy, quello autentico.
La produzione è infatti interamente portata a compimento nel laboratorio milanese e riguarda prevalentemente la lavorazione manuale di pellami esotici per la realizzazione di cinture nonché di pellami come cuoio e vitello per una gamma di articoli come per esempio borse, cartelle, portafogli.
Sotto la guida esperta di Paky, i maestri pellettieri selezionano accuratamente le pelli, certificandone provenienza e qualità, per poi eseguire lavorazioni precise, affascinanti e ricercate secondo la migliore tradizione artigianale italiana.
Paky è un grande conoscitore dei pellami esotici e, proprio perché li ama, tiene al fatto che nel suo laboratorio tutto sia limpido anche per quanto riguarda l’origine: l’intera produzione Fausto Colato osserva scrupolosamente le regole stabilite dalla normativa CITES, acronimo di Convention on International Trade of Endangered Species.
Si tratta di una convenzione internazionale firmata a Washington nel 1973 e ha lo scopo di regolamentare il commercio di fauna e flora selvatiche in pericolo di estinzione, mirando a impedire lo sfruttamento commerciale delle specie in pericolo: gli elenchi ufficiali delle varietà protette vengono aggiornati periodicamente e, in Italia, il CITES viene gestito da un’istituzione che fa parte del Corpo Forestale dello Stato.
Il documento che si richiede e che viene rilasciato è una sorta di carta di identità della pelle: vi si trova il paese di origine, il nome scientifico e comune e dati importanti come il tipo di provenienza (da allevamento oppure da animale cacciato in natura).
Il Servizio CITES si occupa del rilascio dei certificati e dei controlli, dalle dogane fino alle varie movimentazioni commerciali: in parole povere, ciò che entra come materia prima deve corrispondere a ciò che esce in termini di prodotto finito (e viceversa), il tutto allo scopo di rendere difficoltose le importazioni illegali di materiali non consentiti.
Tutto ciò è per me estremamente importante: come ho scritto in più occasioni, sono favorevole all’utilizzo dei pellami, ma esigo che detto utilizzo venga fatto con criterio, testa e secondo regole che devono esistere. Sono assolutamente contraria a un impiego indiscriminato, selvaggio e non regolamentato, dunque la scrupolosità di Paky da questo punto di vista aggiunge ulteriore valore ai suoi prodotti.
I prodotti che escono dal laboratorio Fausto Colato vengono apprezzati da una clientela internazionale e sono attualmente presenti, oltre che sul mercato italiano, su quello europeo, giapponese e statunitense.
Paky non fa però affidamento solo sulla tradizione: studi continui e indagini di settore gli permettono di arricchire costantemente la gamma peraltro già vasta di modelli esistenti e così, in aggiunta ai modelli classici e continuativi, veri cavalli di battaglia dell’azienda, riesce a proporre articoli dal design innovativo, sempre in sintonia con l’evoluzione dello stile.
La produzione è talmente di alto livello che Paky e il suo team producono cinture che escono sul mercato non solo a nome Fausto Colato, ma anche per grandi marchi molto conosciuti.
Cura e ricerca si riflettono anche sulle fibbie: da quelle più semplici a quelle che sono delle piccole sculture, in argento e talvolta impreziosite con pietre, esse sono tutt’altro che dettagli e contraddistinguono ulteriormente la produzione.
Ciò in cui sono stata coinvolta insieme a tre colleghi (il mio amico Andrea Tisci di Fashion Ancien, Camilla Gullà di Camilla’s Secrets e Stefania Bravi di The Cherry Jam) è un vero e proprio workshop durante il quale, partendo da zero, ognuno di noi ha realizzato una cintura, naturalmente grazie alla guida esperta di Paky e della sua squadra.
Come potete vedere dalle foto che accompagnano questo post, quando scrivo che siamo partiti da zero non scherzo affatto né ingigantisco la cosa: Paky ha fatto scegliere a tutti noi il pellame preferito e da questo, passo dopo passo, siamo arrivati alla cintura finita.
Alcune operazioni sono state compiute da noi, altre sono state eseguite da lui o dal suo team in quanto sono passaggi che richiedono una certa maestria nell’utilizzo di strumenti e macchinari necessari.
Vi confesso che vedere nascere da zero la mia cintura e aver contribuito in prima persona a realizzarla è stata una gran soddisfazione: ero davvero elettrizzata e quando Paky ci ha dato l’opportunità di incidere una data personalizzata all’interno, non ho avuto un momento di esitazione.
Non volevo la mia data di nascita, dettaglio del tutto insignificante in questo caso, bensì la data di questo giorno stimolante e unico, a imperituro ricordo di un’esperienza che ho molto, molto apprezzato.
Ve lo posso dire ufficialmente: fare una cintura è tutt’altro che semplice.
Non per nulla, da questo laboratorio ne escono 32.000 all’anno che, in fondo, non è un numero enorme – non se messo a confronto con certe produzioni in serie e industriali. Eppure, diventa un numero importante se pensate che tutto in Fausto Colato è fatto a mano: allora 32.000 pezzi non appaiono pochi e fanno capire che questo team lavora moltissimo.
Non solo: ora che conosco i segreti, penso che, quando farò acquisti, sarò ancora più esigente del solito perché posso dirvi che una cintura fatta a mano è tutta un’altra storia, un valore autentico, qualcosa che può accompagnarci nel tempo e dunque è una scelta importante.
E allora, come sempre, vale una vecchia, buona regola: meglio comprare una cintura in meno ma di valore, fatta in Italia da veri maestri.
E pensare che in giro non ce ne sono più tanti… Per questo sono ancora più grata a Paky Sarao per questa meravigliosa esperienza, con l’augurio che il suo mestiere, una vera e propria nobilissima arte, non sparisca.
Sarebbe una perdita inestimabile.
Manu
Le foto (tranne la panoramica dello showroom e quelle in cui sono presente) sono miei scatti realizzati il 15 luglio presso il laboratorio Fausto Colato
Per maggiori informazioni e per approfondire:
Qui trovate il sito Fausto Colato (con Store Locator), qui la pagina Facebook e qui Instagram.
Se vi va, potete seguire A glittering woman su Facebook | Twitter | Instagram
Manu
Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.