La mia client interview per Bivio Milano che compie 10 anni

Il fatto che io ami e sostenga la moda circolare non è un mistero: ne parlo in questo sito, in vari articoli per altre testate, attraverso i social.

La moda circolare si innesta naturalmente nel concetto di economia circolare: è un cerchio nel quale i materiali continuano a girare senza mai perdere la loro utilità, attraverso riciclo (recycle) oppure rigenerazione (upcycle), ovvero quel tipo di riciclo che permette al nuovo prodotto di valere perfino di più rispetto a prima.

Nell’idea di circolarità, possiamo far rientrare vintage e second hand, due formule che amo particolarmente e che permettono che gli oggetti restino in circolo nella loro completezza.

Dopo decenni di sfrenato consumismo e in un momento storico in cui gira meno denaro rispetto al passato (per esempio rispetto ai goderecci Anni Ottanta), penso che allungare il ciclo di vita di oggetti e capi sia un’ottima idea, a beneficio delle nostre tasche, appunto, e a beneficio dell’ambiente.

Lego dunque l’amore verso vintage e second hand anche a motivazioni etiche tra le quali la sostenibilità, ambientale e sociale poiché la conseguenza di ogni forma di circolarità in ambito abbigliamento è infatti una moda più sostenibile, più etica e più responsabile. E, visto che lavoro proprio in tale ambito, sono particolarmente conscia di quanto sia necessario produrre meglio e meno, per rispetto verso le persone e verso il nostro pianeta.

Ho scritto “anche” parlando di motivazioni in quanto, in aggiunta al lato etico e responsabile, apprezzo il fatto che capi e oggetti godano di una seconda vita perché mi piace la Storia, quella con la S maiuscola, e mi piacciono le storie, quelle piccole e quotidiane di ogni giorno; sono dunque affascinata da tutto ciò che è appunto testimone di Storia, storie e significati e auspico che non vada perso.

Credo profondamente nel fatto che, in quanto testimoni di piccole e grandi storie, proprio la moda e l’abbigliamento siano potenti veicoli di comunicazione personale e sociale: ho rafforzato questa convinzione nel tempo, studiando la storia del costume e, oggi, insegnandola.

Alla luce di tutto ciò, soprattutto negli ultimi anni, oltre a preferire acquisti vintage e second hand rispetto al nuovo, ho incrementato due pratiche. Prima di tutto, applico quello che ho definito “fare shopping nei miei armadi”, ovvero cerco di reinventare ciò che già possiedo e che, magari, pur trovandosi nel mio guardaroba, non uso più da qualche stagione; in seconda istanza, regalo, baratto o vendo i capi che proprio non riesco a riutilizzare nemmeno tramite il “ripescaggio”.

Per quanto riguarda baratto e vendita, procedo portando capi e accessori in qualche mercatino soprattutto durante i week-end (avere la mia bancarella è una cosa che trovo super divertente) e poi mi affido a Bivio Milano.

Bivio è un negozio di fashion resale che ha aperto a Milano esattamente 10 anni fa e di cui ho già parlato in un altro mio articolo datato 2017.

La fondatrice è Hilary Belle Walker: nata a San Francisco, ma residente in Italia da oltre 20 anni, Hilary ha idee molto chiare e precise sulla moda second hand e su cosa rappresenti oggi.

E, naturalmente, sa molto bene cosa significhi aprire e gestire un negozio fisico nell’era web: nonostante qualcuno vedesse forse la sua idea come un’utopia, il tempo le ha invece dato ragione, visto che oggi le sedi fisiche di Bivio sono ben tre (oltre allo shop online per chi non si trova a Milano) e che il suo marchio festeggia, come ho detto, 10 anni (10 proprio come quelli che ha appena compiuto anche il mio sito).

Attraverso Bivio si può comprare e vendere: a differenza di tanti posti che lavorano in conto vendita, loro acquistano immediatamente e si può decidere di incassare subito i contanti oppure di usufruire di un credito da usare in negozio entro un anno e anche in più volte.

Io opto sempre per il credito proprio in un’ottica di pura circolarità, visto che faccio entrambe le cose, ovvero da Bivio compro e vendo capi e accessori che ho amato molto e che, per svariati motivi, non mi rappresentano più.

Proprio perché li ho amati, mi dispiace che quei pezzi rimangano relegati nell’armadio e mi piace, invece, l’idea che possano rendere felici altre persone.

Sono una collezionista di moda molto appassionata, ma non mi piace l’idea di una collezione statica, congelata, ferma nel tempo: a mio avviso è normale che, se cresco come persona, si evolva altrettanto il codice comunicativo rappresentato da ciò che indosso.

Considerando quanta stima io nutra nei confronti di Hilary e della Bivio family, è stato per me un immenso onore partecipare a una client interview, format attraverso il quale l’ormai celebre negozio meneghino dà la parola a clienti diventati amici e che si sentono parte di quella che – appunto – si è trasformata negli anni in una famiglia allargata.

L’intervista con Bivio mi ha permesso di riflettere anche su quella che, oggi, è la mia definizione di stile.

Avere stile – e in particolare avere un proprio stile personale – per me significa cercare di comunicare e raccontare ciò che si è attraverso ciò che si indossa, significa condividere il dentro attraverso il fuori. Saper coscientemente selezionare i propri codici comunicativi, insomma, sia che corrispondano ai trend attuali sia che si pongano in contrapposizione.

Conseguentemente, la mia scelta stilistica personale coincide con un mix & match di cose che amo e che scelgo perché mi rappresentano e perché mi fanno stare bene.

Questo è il motivo per cui amo tanto vintage e second hand nonché i produttori indipendenti (soprattutto piccoli) a cui do il mio supporto ogni volta che posso, senza per questo sentire il bisogno di condurre campagne denigratorie o assolutiste contro i grandi player della moda ai quali è però giusto chiedere significativi cambiamenti nelle politiche di produzione e distribuzione. E ricordo che questa richiesta di cambiamento vale per tutti i segmenti, nessuno escluso, ovvero fast fashion, certo, ma anche luxury fashion, poiché nessuno è esente da responsabilità se oggi la sostenibilità in ambito moda è ancora lontana dall’essere totale.

E se dovessi descrivere il mio stile usando degli aggettivi, ne userei tre che descrivono quindi anche la mia personalità.

Il primo aggettivo è eclettico perché ho gusti e interessi eterogenei e quindi ho bisogno di vestire varie sfaccettature di me; il secondo è atemporale perché, più che alle tendenze, sono interessata a capi da tenere a lungo e poi reinventare, come ho raccontato; e infine il terzo aggettivo è umorale, lo ammetto, perché mi rendo conto che ciò che indosso rappresenta e manifesta quasi sempre i miei pensieri e stati d’animo sotto vari punti di vista, per esempio nei colori (più o meno vivaci) oppure nelle forme e fogge (più o meno formali). E questo riporta alla mia idea, ovvero comunicare ciò che si ha dentro attraverso il fuori.

Non mi resta, allora, che ringraziare Hilary e Bivio per avermi scelta, considerandomi un’amica e dandomi l’opportunità di riflettere anche su me stessa.

Buon compleanno, Bivio, e lunga vita al second hand.

Emanuela Pirré

 

P.S. (1): posso suggerire di leggere il post in cui Hilary racconta tante cose a proposito della sua visione e della nascita di Bivio? Sottoscrivo tutti i suoi pensieri, parola per parola

P.S. (2): qui potete vedere la versione sottotitolata della mia intervista (for English speaking people) e qui potete leggere qualche pensiero circa i conflitti con me stessa che risolvo quando mi imbarco in progetti in cui credo – come parlare di Bivio e moda second hand

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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