Oxfam Italia sostiene la moda inclusiva – e circolare – di I was a Sari

Ricevo e volentieri condivido – Tengo molto ai concetti di economia circolare e moda sostenibile, non solo in un’ottica ambientale, naturalmente importantissima, ma anche dal punto di vista sociale, altrettanto importante: per questo do volentieri spazio all’iniziativa di Oxfam Italia che prosegue il suo impegno con I was a Sari.

I was a sari è un’impresa sociale indiana che offre accessori e capi contemporanei realizzati donando nuova vita – come racconta il nome stesso – a sari di seconda mano: il capo di abbigliamento tradizionale femminile considerato fonte di orgoglio culturale passa attraverso una rigenerazione che consente la creazione di un nuovo capo unico.

Proprio il progetto I was a Sari sarà illustrato in uno dei tavoli di Creiamo un futuro di uguaglianza, la seconda edizione di Oxfam Festival in Italia, in programma dal 12 al 13 maggio a Firenze.

Qui sotto trovate tutti i dettagli incluso il link al sito e-commerce attraverso il quale si possono fare scelte doppiamente positive, perché aiutano le comunità più vulnerabili a combattere povertà e disuguaglianze economiche e di genere e perché ci permettono di fare nostri oggetti belli e anche veramente sostenibili.

Manu Leggi tutto

In India, grazie a Child in Need Institute, la scuola va dagli studenti

Oggi, a pochi giorni dall’inizio di un nuovo anno scolastico, desidero occuparmi di due argomenti che mi stanno particolarmente a cuore e che sono strettamente connessi tra loro: i giovani e l’educazione.

Non sono madre – per scelta – eppure le sofferenze dei più piccoli mi toccano profondamente e mi scoppia il cuore quando penso a quanti bambini e adolescenti vengano privati di diritti, libertà e sogni, soffrendo la fame, patendo malattie, subendo violenze e soprusi.

La cecità nei confronti del benessere fisico e mentale di giovani e giovanissimi è pura follia dato che essi incarnano il futuro: la loro condizione dovrebbe pertanto essere al centro di ogni nostro sforzo.
E il futuro passa attraverso l’educazione dei più giovani, attraverso il loro accesso a formazione, cultura e conoscenza.

Come ho detto, non sono madre eppure credo esistano tanti modi in cui ci si possa prendere cura di giovani e futuro: ho trovato il mio nell’insegnamento.

I miei studenti sono ragazzi che hanno completato gli studi superiori e si apprestano ad affacciarsi su un mercato del lavoro sempre più complesso e sfaccettato: dunque sono ‘grandi’, diciamo così, ma allo stesso tempo molti di loro hanno ancora bisogno della vicinanza degli adulti, hanno bisogno di rassicurazioni, guida, consigli. Leggi tutto

I bracciali Keep Out tra solidarietà e la nuova collezione Shot

La collezione SHOT di Keep Out

Considerare i post (scritti per il blog) e gli articoli (scritti per i vari magazine con i quali lavoro oppure ho lavorato) un po’ come dei ‘figli’: ebbene sì, ammetto di averlo fatto in varie occasioni, ma non perché io sia impazzita.
Conosco bene la differenza e quando ho accennato a un vago paragone desideravo semplicemente sottolineare quanto uno scritto possa essere ‘figlio’ della nostra creatività e quanto possa rappresentarci profondamente per l’argomento o per il lavoro e l’impegno che ha comportato.
In ogni post o articolo metto una parte di me, cuore e passione, così come tutto ciò che conosco e che cerco di far crescere studiando incessantemente.
Possiamo esprimere creatività in tanti modi e io cerco di esprimerla proprio così, raccontando pezzi del nostro passato (come nei post che narrano piccoli frammenti di storia della moda e del costume) oppure raccontando storie di creatività altrui perché il talento è il mio più grande amore ed è un argomento che mi sta molto a cuore.
Amo raccontare il talento di stilisti che sanno creare abiti e accessori, ma anche il talento di vari artisti (orafi, pittori, veri scrittori) e poi amo narrare le storie degli imprenditori che, partendo da idee geniali, riescono a mettere in piedi realtà che danno lavoro ad altre persone.

A glittering woman, questo mio blog, è pieno di storie di talento ed è come se ogni stilista, artista, imprenditore mi affidasse un pezzo del suo lavoro e della sua passione: mi piace prendermene cura e dimostrarmi all’altezza della fiducia che ripongono in me raccontandosi e spesso accogliendomi in casa loro, aprendo le porte delle loro attività e ospitandomi nel luogo più sacro che hanno.
Segno di questa mia cura nei loro confronti è fare ciò che si farebbe proprio con un figlio: seguire la loro crescita, il loro sviluppo, la loro evoluzione, le loro successive realizzazioni.
Quando è possibile, mi piace infatti continuare a seguire una persona o un brand ed è per me una grande gioia tornare a parlare di un progetto dopo anni: è un po’ come vedere un figlio che va all’università o firma il suo primo contratto o vince un premio in qualsiasi campo.

È per questo che oggi sono felice di tornare a parlare di Keep Out, un marchio che ho molto amato: torno a parlarne dopo quattro anni per raccontare due novità che mi piacciono tanto, ovvero una nuova collezione che si chiama SHOT e una bella iniziativa di solidarietà sociale.

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Fashion Victims, quelle VERE vivono, lavorano (e soffrono) in India

Era il 24 aprile 2013 quando il Rana Plaza, edificio commerciale di otto piani, crollò a Savar, sub-distretto di Dacca, la capitale del Bangladesh.
Le operazioni di soccorso e ricerca si conclusero con un bilancio dolorosissimo: 1.134 vittime e circa 2.515 feriti per quello che è considerato il più grave incidente mortale avvenuto in una fabbrica tessile nonché il più letale cedimento strutturale “accidentale” nella storia umana moderna.
Com’è tragicamente noto, il Rana Plaza ospitava alcune fabbriche di abbigliamento, una banca, appartamenti e numerosi negozi: nel momento in cui furono notate delle crepe, i negozi e la banca furono chiusi, mentre l’avviso di evitare di utilizzare l’edificio fu ignorato dai proprietari delle fabbriche tessili.
Ai lavoratori venne addirittura ordinato di tornare il giorno successivo, quello in cui l’edificio ha ceduto collassando – e per questo ho messo “accidentale” tra virgolette…

Lo voglio ripetere: nel crollo, persero la vita 1.134 persone e ci furono oltre 2.500 feriti.

Molte delle fabbriche di abbigliamento del Rana Plaza lavoravano per i grandi committenti internazionali e questo orribile sacrificio di vite umane ha squarciato il velo di omertà che copriva, a mala pena, pratiche che moltissimi, in realtà, conoscevano da tempo e fingevano di non vedere.

Chi ha buona memoria, ricorderà forse che di tutto ciò ho già scritto lo scorso anno; continuerò a farlo, continuerò a scriverne finché sarà necessario, fino a quando non ci sarà un vero cambiamento, così come continuerò (anche questo come ho già fatto l’anno scorso) a scrivere di Fashion Revolution, il movimento presente in 102 Paesi nel mondo che è stato fondato da Carry Somers (stilista per oltre 20 anni con il brand Pachacuti che ha rivoluzionato il concetto di trasparenza nell’ambito della catena produttiva nella moda) e da Orsola de Castro (voce autorevole della moda sostenibile con il suo marchio From Somewhere fondato sul concetto di upcycling).

Nel 2013, dopo la tragedia del Rana Plaza, Carry e Orsola hanno deciso di fondare Fashion Revolution, organizzazione che conduce una costante campagna di sensibilizzazione rivolta soprattutto al consumatore finale: promossa attraverso stampa e social media, prevede eventi che siano mirati a promuovere il concetto di moda etica e di sostenibilità.

Nell’ottica di tale campagna e insieme a Fashion Film Festival Milano nonché in occasione della Fashion Revolution Week 2019 (22-28 aprile), Fashion Revolution ha promosso martedì 23 aprile la proiezione di “Fashion Victims”, docu-film di Chiara Ka’Hue Cattaneo e Alessandro Brasile.

Il documentario “Fashion Victims” è ambientato nel Tamil Nadu, ovvero uno dei 29 stati che compongono l’India: questo stato si trova nel sud del Paese e qui milioni di adolescenti e di giovani donne lavorano nell’industria tessile, dalla filatura alla tessitura del cotone fino alla confezione di capi di abbigliamento, per il mercato locale e internazionale. Leggi tutto

Il fascino dell’India dal liquore Mahi Rosé al nuovo libro di Lucia Vastano

I luoghi comuni, le superstizioni, i “sentito dire” mi fanno diventare triste. Sono a favore delle esperienze dirette, per abbattere i nostri limiti e per stimolare la voglia di conoscere.

Uno dei modi in cui preferisco acquisire esperienze è senza dubbio viaggiare, appena posso e appena ho i soldi. È una cosa che amo molto e reputo che i soldi investiti in questa attività siano quelli meglio spesi, quelli che non rimpiango mai. Anni fa, precisamente nel 2005, andai in Vietnam col mio amore e altri amici. Ricordo ancora i commenti di alcune persone prima di partire: “e cosa ci vai a fare?”. Vi assicuro che è stato uno dei viaggi che hanno un posto particolare nel mio cuore e che non dimenticherò mai: se potessi, ci tornerei domani. Ho visto tanta bellezza, nei luoghi e nelle persone, e ho visto tanta dignità: un viaggio che mi ha lasciato un segno, regalato e insegnato moltissimo. E quando sono tornata e ho mostrato le foto a quelle stesse persona che prima della partenza mi avevano chiesto perché ci andassi… sono rimaste a bocca aperta, ve l’assicuro. Leggi tutto

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