Zohara Tights, il look – personalizzato – inizia dalla calza

Lo confesso subito: io e i collant abbiamo un rapporto conflittuale, fatto di alti e bassi.

Come in altri casi e contesti della mia vita, è un rapporto che non conosce mezze misure e che si alimenta di estremi: posso andare in giro a gambe nude fino a novembre (ebbene sì e l’ho fatto anche quest’anno), poi passo direttamente ai collant più pesanti, minimo 70 denari.

Diciamo che non ho grande simpatia per i collant leggeri ai quali preferisco piuttosto la rete, a micro o maxi maglia: chissà, forse dipende anche dal fatto che sono un po’ maldestra e quindi meglio mi si addice ciò che è resistente rispetto a ciò che è delicato.

È bizzarro questo mio conflitto con i collant anche considerando che sono un’ammiratrice di tutto ciò che nella moda ha sostenuto la liberazione della donna: mi ritrovo spesso a riflettere su come e quanto la lotta per la nostra emancipazione sia andata di pari passo con la storia di alcuni capi e accessori che tutte noi oggi utilizziamo normalmente, magari senza rammentare l’importanza che essi hanno rivestito in determinati frangenti storici.

Tra questi indumenti che hanno contribuito a renderci più libere, figurano anche i collant: con grande passione, racconto alle studentesse dei miei corsi la loro genesi e ne ho parlato anche in un mio articolo per SoMagazine.

Conoscete questa storia interessante?

Nel 1938, si verificò un evento cruciale in mancanza del quale i collant non potrebbero esistere: il 27 ottobre di quell’anno, il presidente dell’azienda chimica DuPont annunciò l’invenzione di una nuova fibra sintetica chiamata nylon.

In precedenza c’era la seta che faceva delle calze un accessorio costoso e dunque per poche donne, pertanto la diffusione delle calze in nylon fu una piccola rivoluzione: nel 1940, la produzione procedeva a pieno regime spinta dall’enorme successo di pubblico.

L’avvento della Seconda Guerra Mondiale diede però un colpo fatale anche all’industria delle calze: la produzione di nylon venne infatti interrotta poiché le fabbriche venivano riconvertite a favore della produzione bellica.

Durante quei tristissimi anni, le donne ricorrevano a trucchetti per dare l’impressione di indossare le calze e, per esempio, disegnavano una linea sulla parte posteriore delle gambe proprio per simulare la cucitura tipica delle calze in nylon.

Dalla collezione Zohara Tights autunno / inverno 2017-18
Dalla collezione Zohara Tights autunno / inverno 2017-18

Con la fine della Grande Guerra, la produzione industriale tornò a stabilizzarsi in tutti i settori, ma le donne dovevano ancora attendere per poter godere di una nuova invenzione rivoluzionaria, ovvero quella dei collant: sì, perché fino ad allora si parlava di calze – avrete notato che io stessa le ho definite così – indossate con il reggicalze.

La persona alla quale viene attribuita la paternità del collant è lo statunitense Allen Gant ma, investigando un po’, si scopre un piccolo segreto: ciò che avrebbe fatto Mr. Gant sarebbe stato seguire le indicazioni della moglie e quindi, per voler essere precisi, fu la signora Ethel Boon Gant ad avere l’idea che si è poi evoluta nei moderni collant.

È innegabile che i reggicalze con i quali le calze erano sostenute fossero un po’ scomodi: non c’era altro modo per tenerle su e quello che Ethel Boon Gant fece fu unire un paio di calze a un paio di mutande, facendo quindi a meno del famigerato reggicalze.

Portò il suo alquanto rozzo collage al marito chiedendogli di produrre qualcosa di più tecnicamente avanzato e fu proprio ciò che fece Mr. Gant con l’aiuto dei suoi collaboratori presso la Glen Raven Knitting Mills, una fabbrica di tessuti del North Carolina: ecco come sono nati i collant.

La produzione entrò a pieno regime alla fine del 1959 ma, nonostante gli evidenti vantaggi, le nuove calze ebbero definitivo successo solo qualche tempo dopo, verso la metà degli Anni Sessanta, quando le minigonne sconvolsero nuovamente la moda femminile: dato che le calze non erano abbastanza lunghe per le gonne corte (molto corte!), i collant erano l’unica ragionevole alternativa.

Un’altra colonna portante del successo dei collant negli Anni Sessanta è stata l’invenzione dell’elastam: nota anche con il nome spandex o con il marchio Lycra, tale fibra venne in soccorso del nylon permettendogli di diventare elastico e rendendolo così perfettamente aderente alla gamba – e più attraente.

A proposito, a questo punto vi svelo un’ulteriore curiosità: sapevate che per un paio di collant sono necessari in media ben 14 chilometri di filato?

Una cifra ragguardevole!

Dalla collezione Zohara Tights autunno / inverno 2017-18
Dalla collezione Zohara Tights autunno / inverno 2017-18

Dal 1959 a oggi, i collant sono stati prodotti in innumerevoli modelli e colori, in alcuni casi con ulteriori finalità: ne esistono di idratanti, massaggianti, anti-cellulite, specifici per donne in gravidanza, con effetto push-up per i glutei, anti-fatica e perfino in versione spray.

Per quanto riguarda l’Italia, Castel Goffredo, località in provincia di Mantova, è conosciuta in tutto il mondo come la città della calza ed è infatti uno dei più importanti distretti al mondo per la produzione di calze e collant.

I collant sono spesso considerati indispensabili per un abbigliamento formale e sono quasi obbligatori in diversi casi e contesti: l’etichetta prevede, per esempio, l’obbligo di indossarli in occasione di qualunque cerimonia, matrimoni compresi, anche in piena estate.

Eppure, nonostante ciò, i collant hanno avuto periodi di alterna fortuna.

Per diversi anni, star, stylist e fashion editor li hanno addirittura banditi poiché il diktat era quello di uscire senza calze anche in pieno inverno e anche a costo di gambe viola e influenze (io non lo faccio per obbedire a tale diktat, lo giuro, ma per una personale avversione): si dice che la sparizione di calze e collant sia stata decretata addirittura da Anna Wintour, temuto direttore di Vogue America e zarina della moda…

In alternativa, per le più freddolose, sono sempre rimasti in auge i leggings, le calze prive di piede, da indossare in combinazioni diverse ma sempre tenendo presente che sono una variazione dei collant – e non dei pantaloni, mi raccomando!

E così, sulla scia di esperte e celebrità, moltissime di noi hanno riposto calze e collant – soprattutto quelli velati – nei più reconditi cassetti dei nostri guardaroba, considerandoli assolutamente out e, al limite, un privilegio riservato alle signore più grandi, diciamo così.

Dalla collezione Zohara Tights autunno / inverno 2017-18
Dalla collezione Zohara Tights autunno / inverno 2017-18

Ma nella moda nulla è definitivo, si sa, e tutto è invece ciclico con corsi e ricorsi.

Così, per esempio (esempio peraltro illustre), le sorelle Kate e Pippa Middleton hanno riabilitato proprio i collant velati e per giunta color carne: pare che, grazie a loro, i negozi inglesi abbiano registrato picchi di vendita inenarrabili. E anche una ex top model come Carla Bruni li ha indossati spesso quando era première dame di Francia.

Da un paio di stagioni, però, gli stilisti sono tornati a riproporre collant, calze e gambaletti in abbondanza, alla faccia di guru delle moda, influencer, editor e stylist: chi decretava la morte del collant, insomma, dovrà ricredersi e, forse, cederà alla tentazione di provare nuove proposte, colori e lavorazioni.

Io sono tra quelle utilizzatrici un po’ scettiche, ve l’ho confessato in principio, eppure sono pronta a ricredermi: ciò che conta per me è trovare un prodotto davvero valido ed è quello che – finalmente – ho trovato quest’anno grazie a Zohara Tights.

Il look inizia dalla calza: con questa idea semplice e allo stesso tempo rivoluzionaria, il brand Zohara presenta la sua collezione di calze e collant donna e bambina per l’autunno / inverno 2017-18.

Con oltre 200 proposte creative di stampe, grafiche, colori e suggestioni, Zohara è una raccolta di manifesti di stile fra i quali scegliere quello capace di calzare perfettamente l’umore del giorno e intorno al quale costruire il proprio look: ecco perché mi piace ed ecco perché ho scelto questo marchio che oggi è diffuso in tutto il mondo.

Dalla collezione Zohara Tights autunno / inverno 20017-18
Dalla collezione Zohara Tights autunno / inverno 20017-18

Per l’autunno / inverno 2017-18, le parole d’ordine della collezione Zohara – Urban, Cocktail, Pop, Antic, Geo Sport, Secret Garden – scrivono un diario al femminile pieno di energia e passione, per ragazze dai 2 ai 90 anni.

A ognuna il suo stile, insomma.

Siete attente ai trend? Fiori e grafiche dall’ispirazione pop e orientale vi permettono di seguire le tendenze più attuali oppure ci sono le grafiche tribali per le nuove comunità urbane.
Vi piace brillare? Ecco i bagliori metallizzati.
Vi sentite romantiche? Cuori e dichiarazioni d’amore in formato leggings fanno per voi.
Avete un animo vintage? Ci sono i fiori d’altri tempi e i dettagli da Roaring Twenties, i Ruggenti Anni Venti.
Volete viaggiare pur rimanendo in città? Sono allora perfetti gli animali, i cactus e i frutti esotici che conferiscono tocchi di magia da Paese delle Meraviglie.
Siete mamme e vi piace la tendenza Mini me, quella che accomuna il look di madre e figlia, ma non volete esagerare? Basta un paio di collant per farvi sentire vicine alla vostra bambina e lei a voi in un gioco divertente e senza scimmiottature spropositate.

L’obiettivo è quello di dare voce allo spirito che ogni donna custodisce in sé, che sia irriverente e ironico oppure classico e romantico, offrendo un alfabeto di stile che inizia dalle gambe per raccontare una nuova idea di moda nella quale l’accessorio diventa centrale poiché esiste la calza ideale per esprimere il proprio mondo perfino per chi – come la sottoscritta – cede ai collant solo a novembre.

Tutto questo è possibile perché Zohara è un brand per donne, fondato e promosso da donne.

L’alta qualità della manifattura completa la proposta, offrendo un prodotto resistente ed estremamente confortevole (altro punto a favore), realizzato in una taglia unica capace di vestire dalla 40 alla 48 per la donna e nelle varianti dai 2 agli 11 anni per la bambina.

Prima di salutarvi, vi dico un’ultima cosa: tenete d’occhio il mio account Instagram, se vi va, perché presto mi vedrete indossare i collant Zohara e dunque vedrete cosa ho scelto.

Questo perché – come sempre – vi presento solo ciò che testo personalmente e per cui posso serenamente mettere la faccia.

O le gambe 😉

Manu

 

 

 

Se volete seguire Zohara Tights e acquistare i loro prodotti:

Qui trovate il sito con e-commerce (facilissimo da navigare e usare grazie anche al vantaggio della taglia unica), qui trovate la pagina Facebook e qui l’account Instagram.

Per quanto riguarda i punti vendita fisici, Zohara è distribuito in tutta Italia in molti negozi: se volete conoscere il più vicino a voi, potete scrivere a lee@zoharatights.com

 

Il mio articolo sui collant per SoMagazine: qui

 

 

 

 

 

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Manu

Mi chiamo Emanuela Pirré, Manu per gli amici di vita quotidiana e di web. Sono nata un tot di anni fa con una malattia: la moda. Amo la moda perché per me è una forma di cultura, una modalità di espressione e di comunicazione, un linguaggio che mi incuriosisce. Scrivo e creo contenuti in ambito editoriale, principalmente proprio per la moda. Insegno (Fashion Web Editing, Storytelling, Content Creation) in due scuole milanesi. Vivo sospesa tra passione per il vintage e amore per il futuro e sono orgogliosa della mia nutrita collezione di bijou iniziata quando avevo 15 anni. Per fortuna Enrico, la mia metà, sopporta (e supporta) entrambe, me e la collezione, con pazienza e amore. Oltre a confessare un'immensa curiosità, dichiaro la mia allergia a pregiudizi, cliché, luoghi comuni, conformismo e omologazione. Detesto i limiti, i confini, i preconcetti – soprattutto i miei – e mi piace fare tutto ciò che posso per superarli. La positività è la mia filosofia di vita: mi piace costruire, non distruggere. Moda a parte, amo i viaggi, i libri e la lettura, l'arte, il cinema, la fotografia, la musica, la buona tavola e la buona compagnia. Se volete provare a diventare miei amici, potete offrirmi un piatto di tortellini in brodo, uno dei miei comfort food. Oppure potete propormi la visione del film “Ghost”: da sognatrice, inguaribile romantica e ottimista quale sono, riesco ancora a sperare che la scena finale triste si trasformi miracolosamente in un lieto fine.

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